sabato 25 marzo 2023

V domenica di Quaresima - anno A - 26 marzo 2023

 


 

Dal libro del profeta Ezechiele 37, 12-14

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.

 

Salmo 129 - Il Signore è bontà e misericordia.

Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.

Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.

Io spero, Signore, Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.

Più che le sentinelle l’aurora, Israele attenda il Signore, +
perché con il Signore è la misericordia
grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 8-11

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.  

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Io sono la risurrezione e la vita, dice il Signore,

chi crede in me non morirà in eterno.

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

 

Dal vangelo secondo Giovanni 11, 1-45

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.  Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberatelo e lasciatelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il vangelo della resurrezione di Lazzaro ci introduce al tempo che da domenica prossima vivremo assieme a Gesù, quello della settimana sante della sua passione, morte e resurrezione.

Fin dall’inizio del brano le parole degli apostoli ci mostrano il clima di ostilità violenta che si era maturato contro Gesù: “Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?” gli dicono infatti quando manifesta l’intenzione di tornare a Betania, villaggio nei pressi di Gerusalemme. E poi, subito dopo la resurrezione di Lazzaro, i sommi sacerdoti e i farisei presero la decisione definitiva di togliere Gesù di mezzo: “dicevano: «Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione … meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera»”. (Gv 11,47-50).

Questo è l’atteggiamento nei suoi confronti, e Gesù lo sa, eppure decide di tornare dai suoi amici Lazzaro, Marta e Maria, proprio nei luoghi in cui le nubi dell’ostilità si addensavano sul suo capo.

Vediamo qui come per Gesù l’amicizia e l’amore per gli altri conta più di tutto, più della sua tranquillità e sicurezza, più del rischio della sua vita stessa. È quello che vedremo, ancora più evidente, nella passione. Capiamo meglio come quella sua scelta testarda, nonostante tutti gli avvertimenti, di andare a Gerusalemme non era dettata dal desiderio di sfidare le autorità religiose e i capi del popolo, né dall’intenzione di innescare una rivoluzione popolare per sconfiggere il potere colonizzatore romano restaurando la monarchia indipendente. No, come ha fatto tornando a Betania dai suoi amici, Gesù va a Gerusalemme per amicizia e per amore per quel popolo a cui aveva dedicato tutta la sua vita. Troppo grande era il messaggio che doveva loro trasmettere che non poteva restare semi-nascosto nella periferia dei villaggi, ma doveva essere proclamato nel cuore del popolo e della fede, la città santa di Gerusalemme.

Da tutto ciò comprendiamo bene come la vita di Gesù sia vita donata, spesa per gli altri. Non accetta che sia risparmiata e messa al sicuro, di preservarla. Questa è la chiave con la quale possiamo capire tutto il Vangelo della vita di Gesù, e tanto più la sua passione e morte. Quella di Gesù è una vita spesa per gli altri, consumata, quasi logorata dalla fatica di parlare e incontrare le folle una persona alla volta, con parole, gesti, azioni personali e intense. È una vita non risparmiata nel camminare incessante, non comoda, senza una casa in cui tornare a riposare, sempre in strada per manifestare l’amore e la vicinanza di Dio, anche quando era faticoso, difficile, pericoloso, non opportuno farlo.

Sì, anche per Lazzaro, Marta e Maria Gesù non si risparmia, perché la sua è vita donata, spesa per gli altri.

Accanto a questo messaggio però, il vangelo di oggi ce ne offre un altro che ne è il compimento, e cioè che la vita donata non va perduta, anzi essa è restituita da Dio rafforzata, piena e felice. Lo dice il lungo dialogo di Gesù con Marta e Maria dal quale emerge la loro fede nella resurrezione: “Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà …  chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo…».” Questo è quello che Gesù vuole, suscitare la fede in lui, in modo che venga adottata una vita come la sua, donata e spesa per gli altri, che Dio restituisce rafforzata. E la resurrezione di Lazzaro, amico speciale di Gesù, l’unico per il quale il Signore piange nei vangeli, suscita la fede in tanti di quelli che lo vedono: “Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.”

Care sorelle e cari fratelli, come accennavo, il vangelo di oggi ci guida dentro il mistero a cui saremo posti innanzi nella settimana santa di passione morte e resurrezione di Gesù. È il mistero di una vita che proprio perché spesa e donata non va perduta, ma anzi è restituita a Gesù rafforzata e resa eterna dal Padre con la sua resurrezione. È la domanda che viene oggi posta a ciascuno di noi: quanto della mia vita, cioè del mio tempo, della mia fatica, dei miei interessi e preoccupazioni sono donati, spesi per gli altri? Oggi comprendiamo meglio che ciò che non è donato va sprecato, che ciò che non è speso per gli altri si consuma e finisce, non ha futuro.

Preghiamo perché il tempo benedetto di Quaresima che stiamo vivendo nel suo ultimo tratto ci doni questa consapevolezza per far sì che il nostro incontro col risorto sia con un discepolo che ascoltando il vangelo, pregando e nutrendo la carità fraterna vive e crede in lui, e, come lui, non morirà in eterno. 

 


Preghiere 

 

O Signore nostro Gesù Cristo, ti preghiamo: donaci la fede che ci renda capaci di vivere come te , donando tutto noi stessi agli altri.

Noi ti preghiamo

 

O Dio Padre onnipotente, rendi umano il nostro cuore e sensibile il nostro animo, perché davanti al tuo figlio che va a morire non restiamo come spettatori estranei ma viviamo con partecipazione commossa i segni di un così grande amore per tutti,

Noi ti preghiamo

 


Signore Gesù insegnaci a pregare, perché non siamo timidi e freddi, ma come Marta e Maria sappiamo chiedere la guarigione e la resurrezione per il nostro fratello oppresso dalla forza del male,

Noi ti preghiamo

 

O Padre nostro, fa’ che come figli sappiamo sempre chiederti ciò di cui abbiamo bisogno, fiduciosi che tu ci ascolti ed esaudisci. Aiutaci a non rinunciare ad aspettarci da te vita e salvezza,

Noi ti preghiamo


 

Aiuta e sostieni o Signore tutti coloro che sono nel dolore in questo tempo e in modo particolare per quanti sono stati colpiti dalla violenza del terremoto in Turchia e Siria. Ascolta l’invocazione di chi è nel dolore e prendi nelle tue mani la vita di chi è oppresso dal male. 

Noi ti preghiamo

 

 

Sostieni o Padre del cielo la nostra poca fiducia in te, accresci in noi la certezza che il tuo amore non finisce e che la tua misericordia cancella il nostro peccato. Guarisci le nostre vite e perdona, o Dio, il nostro peccato.

Noi ti preghiamo.

 

 

Aiuta o Dio quanti in questi giorni si preparano ad incontrarti sulla via dolorosa della tua passione. Concedi a ciascuno di noi di non restare freddi e indifferenti ma di vivere accanto a te che doni tutto te stesso per la salvezza degli uomini,

Noi ti preghiamo

 

Benedici e proteggi o Padre del cielo il nostro papa Francesco e quanti, come lui, spendono la vita per l’annuncio e la testimonianza del Vangelo. Fa’ che i loro sforzi producano frutti buoni di pace e conversione dei cuori,

Noi ti preghiamo

 

 

 

venerdì 17 marzo 2023

IV domenica di Quaresima - Anno A - 19 marzo 2023

 


 

Dal primo libro di Samuele 16, 1b.4a. 6-7. 10-13

In quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato. Quando fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: «Alzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi.

 

Salmo 22 - Il Signore mi guida su pascoli erbosi
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 5, 8-14

Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».

 

Gloria a te, o Signore, re di eterna gloria

Io sono la luce del mondo, dice il Signore,
chi segue me, non sarà nelle tenebre
Gloria a te, o Signore, re di eterna gloria

 

Dal vangelo secondo Giovanni 9, 1-41

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e lavati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane». 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il vangelo di Giovanni ci trasporta oggi per le strade di Gerusalemme. Sono affollate e caotiche, piene di gente che va ognuna per i fatti propri. È il modo di vivere nelle città di ogni tempo, in cui i destini degli uomini si sfiorano, ma difficilmente si incontrano.

Così era anche la situazione di un cieco che stava al bordo della strada: Gesù e i discepoli passando lo vedono, ma per questi ultimi è solo l’occasione per porsi un interrogativo di tipo filosofico: “chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?” Cioè il loro sguardo distratto e superficiale non vede quella persona per chi egli è, con la sua dignità di essere umano sofferente per la malattia e l’isolamento conseguente, ma solo come un “caso” che suscita la loro discussione, ma non li interroga personalmente.

La stessa cosa avviene a tutti quelli che intervengono subito dopo: I farisei scandalizzati da Gesù che guarisce di sabato contravvenendo alla legge, la gente intorno che non lo riconosce più, i genitori contrariati da tanta notorietà e dai rischi che ne conseguono. Tutti discutono, ognuno assume una posizione, polemizza, ma il cieco rimane sullo sfondo, senza importanza, è solo un oggetto di cui parlare, così come nessuno si rende veramente conto dell’importanza di quello che è avvenuto. Il profeta Isaia dice che “ridare la vista ai ciechi” è un segno messianico (Is 35,5), uno squarcio di Regno di Dio si è aperto, la benevolenza di Dio si è manifestata, la natura è stata ribaltata dalla forza di un amore più forte del male. Eppure non c’è nessuno dei presenti che gioisca del fatto che il cieco ha riacquistato la vista, nemmeno i suoi genitori!

Sì, il male spesso si impadronisce della vita negli uomini e la influenza tanto da non permettere loro di riconoscere l’eccezionalità della forza del bene quando essa prevale su quella del male. È più facile infatti accettare la realtà così come è, come qualcosa contro la quale è inutile ribellarsi, anche quando essa è accompagnata da sofferenza. Invece Gesù non si rassegna.

Sì davanti alla forza del male che in questi nostri tempi si manifesta nella guerra o nelle tragiche morti in mare, spesso è prevalso un senso di impotenza e paura che spinge ad accettarla con un senso di abitudine rassegnata. Invece possiamo fare molto, almeno per lenirne le conseguenze più pesanti che, come sempre in questi casi, colpiscono i più deboli e i poveri. Gesù lo dice esplicitamente: “perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato.” Sì, dobbiamo vivere questo tempo come un’opportunità per manifestare le opere di Dio, e non per rafforzare le opere del maligno che vuole spegnere la preoccupazione solidale per l’altro. Gesù ci pone di fronte una responsabilità impellente, non una semplice opzione facoltativa: “Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato”! e l’opera di Dio è non darsi riposo finché non prevalga il bene, senza lasciare spazio all’istinto di autopreservazione e del risparmio di sé.

È quello che Gesù fa: non sta lì a discutere, a valutare i pro e i contro, a saggiare cosa pensano gli altri, ma davanti alla sofferenza di un uomo lo ama fino in fondo assumendola su di sé come propria, e questo impone una svolta decisiva al corso normale degli eventi: il cieco riacquista la vista

Questo perché solo Gesù lo vede come un uomo, ne avverte la sofferenza e gli vuole subito bene, combatte per lui e vince il male. Gli altri sono ciechi di umanità. È questo il senso del rimprovero che il Signore muove a quelli che giudicano male il suo operato: “Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane.”

Anche noi spesso siamo ciechi, perché non sappiamo vedere nell’altro un uomo, la sua storia, la porzione di sofferenza di cui è carico, il fratello, la domanda di amore rivolta a me. Magari crediamo di vederci bene perché sappiamo individuare un “caso”, lo inquadriamo in una categoria, sappiamo anche dire chi dovrebbe occuparsene e in che modo, ma non riusciamo a scorgervi uno che interroga proprio me, siamo ciechi di umanità.

Queste domeniche di Quaresima ci accompagnano verso Gerusalemme dove Gesù va a morire. Con quali occhi vedremo quel nazareno imprigionato, trascinato nelle strade, deriso e oltraggiato? Ci metteremo a discutere su chi ha torto e ragione, sulle colpe e le responsabilità altrui, sull’opportunità o meno di certe scelte di Gesù?

Con quali occhi vedremo quel poveraccio caricato di una croce e infine appeso ad essa in mezzo al trambusto delle strade piene di calca per la festa imminente? Ci fermeremo o resteremo indaffarati a preparare la nostra festa, a scacciare la paura con la distrazione e la concentrazione su di sé?

Questa Quaresima è tempo che ci è donato per guarire dalla nostra cecità all’umano. Altrimenti con quali occhi vedremo Gesù morire? Ma soprattutto con quali occhi ci accorgeremo che la tomba è vuota, che Gesù è risorto e il male assoluto, la morte, è vinta dalla forza del suo amore?

Questa domenica viene come un avvertimento importante: facciamoci aprire gli occhi da Dio per poter vedere l’umanità di chi abbiamo di fronte. In un tempo difficile come il nostro impariamo a vedere il fratello e la sorella dietro il velo dell’isolamento che ci allontana sempre più. Impariamo la misericordia di Gesù che va verso la morte a Gerusalemme, la sua tenerezza davanti al prossimo, la compassione per chi è povero, la simpatia per il fratello e la sorella, il desiderio di essere solidali e non indifferenti. Impariamo a vederci come ci vede lui, amando.

 

Preghiere 

  

O Signore noi ti preghiamo, guarisci la nostra cecità al bisogno del povero e lava i nostri occhi dal velo dell’egoismo. Aiutaci ad essere come te misericordiosi e pronti ad aiutare chi è nel dolore.

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Padre del cielo che sappiamo gioire della liberazione del prigioniero e della guarigione del malato, perché ogni buona notizia è segno dell’avvicinarsi del tuo regno di pace e di giustizia.

Noi ti preghiamo

 

O Gesù che ti avvii verso Gerusalemme per essere condannato a morte, salva quanti sono colpiti dalla violenza del male, accogli nel tuo regno di amore quanti sono morti.

Noi ti preghiamo

  

Donaci o Padre la grazia di seguire il nostro Signore fin sotto la croce per accoglierne l’eredità di amore. Fa’ che non fuggiamo spaventati ma restiamo fedeli a lui.

Noi ti preghiamo

 

Guarda con amore o Dio del cielo tutti coloro che sono oppressi dalla minaccia della guerra in questi giorni difficili di timore. Allontana presto ogni violenza e conduci i tuoi figli alla salvezza.

Noi ti preghiamo

  

O Signore fa’ che tutti i tuoi figli si radunino ai piedi della croce per contemplare il mistero di un amore così grande. Mostraci il tuo cuore aperto alla misericordia e al perdono persino per chi ti stava inchiodando alla croce.

Noi ti preghiamo.

 

Guarisci o Padre chi è malato e nel dolore, consola chi è disperato, proteggi chi è solo, senza casa e famiglia. Fa’ che il grido del povero sia ascoltato e consolato da fratelli pronti a soccorrerlo.

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Signore Gesù tutti i tuoi figli che ovunque nel mondo invocano il tuo nome e si affidano alla tua misericordia. Fa’ che la loro testimonianza evangelica disarmi i cuori e susciti benevolenza in tutti.

Noi ti preghiamo

venerdì 10 marzo 2023

III domenica del tempo di Quaresima - Anno A - 12 marzo 2023

 


Dal libro dell’Esodo 17, 3-7

In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?» Allora Mosè invocò l’aiuto del Signore, dicendo: «Che farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!» Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani di Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e và! Ecco, io starò davanti a te sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè così fece sotto gli occhi degli anziani d’Israele. Si chiamò quel luogo Massa e Meriba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?»

 

Salmo 94 – Alzati o Dio giudice della terra

Fino a quando i malvagi o Signore

Fino a quando i malvagi trionferanno?

Sparleranno, diranno insolenze

Si vanteranno tutti i malfattori?

 

Calpestano il tuo popolo Signore

Opprimono la tua eredità.

Uccidono la vedova e il forestiero

Massacrano gli orfani.

 

Ma il Signore è il mio baluardo

Roccia del mio rifugio è il mio Dio.

Su di loro farà ricadere la loro malizia +

Li annienterà per la loro perfidia,

li annienterà il Signore nostro Dio.

 

Dalla Lettera di Paolo Apostolo ai Romani 5, 1-2. 5-8

Fratelli, giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Io ti darò acqua viva, dice il Signore

Che ti disseterà in eterno.

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

 

Dal Vangelo secondo Luca Gv 4, 5-42

In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le disse: «Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?», o: «Perché parli con lei?».  La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, il brano del libro dell’Esodo ci mostra il popolo di Israele messo a dura prova dalla mancanza di acqua durante il loro viaggio nel deserto. Essi giungono a maledire il fatto che Mosè li abbia liberati dalla schiavitù in Egitto perché vedono davanti a sé la prospettiva della sete fino al pericolo di morirne. Per questo vogliono abbandonare Mosè e provare altre strade diverse da quelle che lui indica loro.

Il mondo di oggi è pieno di masse di donne e uomini che cercano la liberazione dalla loro sete. Interi popoli in fuga da guerre e miseria hanno sete di una nuova terra nella quale costruirsi un futuro migliore. I giovani hanno sete di posare lo sguardo su un mondo diverso da quello che le generazioni che li hanno preceduti, cioè noi, gli hanno trasmesso con un ambiente compromesso dall’inquinamento e la vivibilità messa in discussione da violenza e guerre, ma come unica alternativa spesso trovano solo quello allucinato stravolto da alcool e droghe. Gli adulti sono spaventati e infragiliti, hanno sete di relazioni solide e capaci di dare felicità, sulle quali appoggiarsi in vista di un futuro, la vecchiaia, che li spaventa, ma spesso non trovano altri motivi per stare con gli altri che non sia il mio bisogno di oggi, la mia utilità, la convenienza personale. Insomma anche oggi il popolo variegato delle donne e degli uomini contemporanei sono delusi e scontenti di un cammino della vita arido, desertico, nel quale non trovano l’acqua che possa estinguere la loro sete di una vita degna e felice.

Ma come rispondere a tante domande e aspirazioni, spesso contradditorie e complesse, in rapido cambiamento e che mettono in discussione le nostre scelte e modi di vivere?

Il brano dell’Esodo che abbiamo ascoltato si conclude con una notazione che mi sembra riassuma tutte il complicato panorama delle domande della donna e dell’uomo di oggi: “gli Israeliti … misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?»

Ecco la domanda che ricompone in un solo, semplice interrogativo la complicazione dei mille interrogativi che vengono esplicitati o implicitamente posti dal mondo di oggi: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?

È la domanda di chi cerca le tracce della presenza di Dio nel mondo, di scorgerne i tratti del volto, di riconoscerne, in mezzo a tante contorsioni umane, la semplicità di un voler bene autentico e disinteressato che risponda all’insoddisfazione e all’inquietudine di tutti i cuori.

Questa domanda è rivolta a ciascuno di noi: siamo noi un riflesso del volto di Dio in mezzo agli uomini? Siamo un segno, umile e piccolo, della sua presenza fra le vicende che sconvolgono l’oggi? Guardando me come risponderebbe il giovane, l’immigrato, l’adulto sazio e ricco, il mendicante, il malato, l’anziano alla domanda cruciale: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” Il mio modo di vivere, cioè, parla del mio incontro personale avvenuto con lui, di quelli che lasciano un segno indelebile?

È la stessa domanda che poneva la donna samaritana al pozzo, stanca di una vita che non trovava mai acqua capace di dissetare. Ne aveva cercata ovunque: ben cinque mariti, e finalmente ne trova incontrando Gesù con il quale ha un lungo dialogo.

Ma poi, dopo aver ricevuto il Vangelo di una fonte di acqua che finalmente la disseta, di un amore che appaga le sue ricerche, si fa annunciatrice e testimone che “il Signore è in mezzo a noi.

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donnadice l’evangelista Giovanni. La sua vita diventa cioè un segno evidente che il Signore è in mezzo a loro, che lo si può incontrare, che ha parole di vita e acqua che disseta, ed è questa la risposta che essi cercavano. Sappiamo dal Vangelo che un villaggio di Samaritani non volle accogliere Gesù (Lc 9,52), non era un ambiente facile, anzi ostile, come spesso ci appaiono tanti oggi nel loro porre domande esistenziali lontane da quelle tradizionali del linguaggio della fede o della Chiesa. Ma da quella donna riconobbero che il Signore era fra loro e da quella donna, persona di poco valore per la mentalità dell’epoca, ricevettero la possibilità dell’incontro personale con Gesù, tanto da farli giungere a dire alla samaritana: “Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”

Care sorelle e cari fratelli, in questo tempo di Quaresima siamo chiamati a non sfuggire alle domande delle folle del mondo, a non temerne la distanza dalla nostra sensibilità per i modi a volte scomposti di porle, ma diveniamo noi una risposta vivente, capace di mostrare che “sì, veramente il Signore è fra noi” ed io l’ho incontrato.

 

Preghiere

 

O Signore ti preghiamo perché come la Samaritana anche noi ci accontentiamo di un’acqua che non disseta. Fa’ che attingiamo alla fonte inesauribile del tuo amore che libera dal male.

Noi ti preghiamo

 

O Padre del cielo, donaci una fede che guarda alla vita nuova del risorto come alla meta del proprio cammino. Non farci fuggire difficoltà e ostacoli per giungere assieme a te al traguardo della vittoria definitiva sul male.

Noi ti preghiamo.

 

Ti invochiamo o Dio, dona pace e salvezza al mondo intero, specialmente ai popoli che sono sconvolti dalla guerra e dalla violenza. Fa’ che ovunque cessi il rumore sinistro delle armi e inizi un tempo nuovo di riconciliazione.

Noi ti preghiamo

  

Accompagna o Signore quanti ti cercano e fatti trovare come compagno benevolo della loro vita. In modo particolare ti preghiamo per tutti i malati, perché trovino da te guarigione e consolazione.

Noi ti preghiamo

 

Guarda con misericordia o Dio il nostro impegno in questa Quaresima per prepararci un cuore capace di restare accanto a te fin sotto la croce. Perdona le nostre colpe e guarisci ogni nostra infermità.

Noi ti preghiamo

  

In questo tempo di Quaresima o Signore Gesù, donaci di invocare il tuo aiuto, riconoscendoci umili e piccoli, bisognosi di essere accolti e aiutati da te come da un padre buono.

Noi ti preghiamo

 

Accompagna sempre o Padre del cielo il papa Francesco. Fa’ che le sue parole restino impresse nei nostri cuori e siano di aiuto nel cammino verso di te.

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Padre tutti i cristiani che in questo tempo si preparano alla Pasqua. Fa’ che anche dove la fede è combattuta e perseguitata tutti i tuoi discepoli possano celebrarti nella pace e attenderti risorto.

Noi ti preghiamo

sabato 4 marzo 2023

II domenica del tempo di Quaresima - Anno A - 5 marzo 2023

 


Dal libro della Genesi 12, 1-4

In quei giorni, il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.

 

Salmo 32 - Donaci, Signore, la tua grazia: in te speriamo.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 1, 8b-10

Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo.

 

Lode a te, lode a te, o Signore nostro re!

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio amato: ascoltatelo».
Lode a te, lode a te, o Signore nostro re!

 

Dal vangelo secondo Matteo 17, 1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».  All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, con questa seconda domenica continuiamo il nostro cammino di Quaresima. Già due tappe sono state percorse: il mercoledì delle ceneri, quando siamo stati invitati a considerare la fragilità della nostra vita nel segno austero della cenere e polvere, e domenica scorsa, quando il Signore Gesù ci ha indicato da dove possiamo ricavare la forza per riempire la nostra debolezza, e cioè la Sapienza di Dio contenuta nella Scrittura.

Oggi la Liturgia si è aperta con l’invito rivolto da Dio ad Abramo: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò.” Abramo è una persona rappresentativa dell’uomo di fede, e Dio invita anche noi in questa Quaresima di intraprendere con lui, il viaggio verso la sua Resurrezione. L’invito di Dio è accompagnato da una promessa: “Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”. In quell’invito ad uscire dalla propria terra abituale è insita anche una vocazione a divenire “benedizione” per la propria famiglia e il mondo intero, cioè capaci di dire parole e compiere azioni che comunicano il bene. Infatti per essere capaci di dire il bene dobbiamo averlo nel cuore, viverlo e sentirlo come un’urgenza dentro di noi. Non perdiamo occasione per spendere parole capaci di diffondere attorno a noi benevolenza, serenità, pace, comprensione umana e solidarietà concreta.

Ma se, al contrario, il nostro cuore è pieno di malevolenza, diffidenza e paura, le nostre parole non sapranno che comunicare la maledizione di una vita vissuta male. Gesù ha detto infatti: “come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore. L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive.” (Mt 12,34-35) Ecco allora la necessità di “uscire dalla nostra terra” per usare le parole rivolte ad Abramo, cioè dal dire male, così naturale e diffuso, che è il lamento egoistico, il giudizio malevolo, l’avarizia di segni di generosità e accoglienza.

In questi giorni abbiamo assistito con sgomento all’affondamento del battello che ha causato la morte di, forse, un centinaio di migranti.  Si tratta di persone che hanno affrontato un viaggio lungo e pericoloso nella speranza di trovare un futuro migliore. Viviamo un paradosso: mentre noi sentiamo la nostra terra come maledetta dalle diverse crisi che l’hanno colpita in questi ultimi anni: crisi sanitaria del Covid, crisi economica ed ora la guerra, alle porte dell’Europa si ammassano persone che aspirano ad entrarvi e la definiscono come una terra benedetta dalla pace, dalla sicurezza, dalle opportunità di costruire un futuro migliore. Le mani protese di quei migranti benedicono le nostre terre in cui si può vivere, studiare, essere curati, crescere i propri figli senza timore di essere uccisi, di dover fuggire e perdere tutto.

Eppure gli europei rifiutano questa benedizione e preferiscono pronunciare la maledizione della chiusura violenta ed egoista, con parole e gesti duri d’inaccoglienza. Essi rivelano cosa riempie il cuore del nostro continente, e manifestano quale eredità essa lascia ai suoi figli.

Cari fratelli e care sorelle, forse noi non riusciamo a cogliere con chiarezza i frutti avvelenati di questa maledizione che l’Europa sta pronunciando su se stessa. Essa svuota di umanità le nostre terre e i nostri popoli, già così duramente provati dalla predicazione dell’odio che vi si pratica diffusamente. Chiediamoci con le parole della Scrittura ascoltate: quale eredità vogliamo lasciare ai nostri figli? Una terra avvelenata dalla paura che si fa egoismo, chiusura, indifferenza al dolore altrui, o la benedizione che ci giunge da chi vede in noi una terra in cui c’è un futuro migliore e un approdo di pace?

Infatti l’eredità che lasciamo ai nostri figli non è solo il benessere del PIL o la crescita delle borse, cose a cui siamo ogni giorno attentissimi, ma, come abbiamo ascoltato dal Vangelo, un patrimonio di umanità da cui poter trarre cose buone. Pensiamo a quanto hanno dovuto faticare le generazioni del dopoguerra a purificarsi dall’eredità di male lasciata da quelle che le hanno preceduto, una eredità di oppressione coloniale esercitata su popoli lontani, di un odio razziale che ha prodotto il genocidio della Shoà,  la violenza fratricida di ben due guerre mondiali con milioni di morti ed enormi distruzioni. E ancora oggi vediamo rigurgitare qui e là rivoli maleodoranti di quell’eredità. Vogliamo che le generazioni future guardino alla nostra come a quella che ha rifiutato la benedizione gettando sulla nostra Europa l’ombra sinistra della maledizione degli egoismi e della xenofobia? Accumuliamo invece un tesoro da lasciare in eredità con i frutti duratori delle parole e azioni buone, frutti di solidarietà, vicinanza e accoglienza. Sia questa Quaresima allora per ciascuno di noi un tempo di uscita dal ripiegamento egoistico su se stessi per stringere le mani che si protendono verso di noi come alla terra della speranza e del futuro, sapendo dire e vivere le parole buone che sono benedizione per il futuro del nostro popolo.

 

Preghiere 

 

Ti preghiamo o Signore nostro perché viviamo in questo tempo di Quaresima il dolore per il nostro peccato, ma anche la gioia della fiducia che dall’incontro con te potremo ricevere il perdono.

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Dio per quanti sono minacciati dalla guerra e dalla violenza. Per l’Ucraina, la Siria, la Terra Santa e tutti i Paesi dove le armi seminano morte e distruzione. Dona presto o Padre pace e salvezza.

Noi ti preghiamo

 

Accogli o Padre il nostro sforzo di uscire come Abramo dal deserto delle chiusure e degli egoismi, per giungere presto alla terra promessa di una vita convertita all’amore e all’accoglienza.

Noi ti preghiamo

  

Guarda con amore alla tua Chiesa o Padre del cielo, perché questo tempo di Quaresima sia per tutti i tuoi discepoli un tempo di ascolto della Parola e di conversione del cuore.

Noi ti preghiamo

 

Sostieni con il tuo amore, o Padre misericordioso, quanti soffrono per la miseria e l’abbandono e tutti quelli che si sforzano di essergli vicini. Uniscili nella benedizione di una vita consolata e beata.

Noi ti preghiamo

  

Con insistenza o Dio ti preghiamo per quanti fuggono dalla violenza e dalla miseria. Per le vittime del recente naufragio in Calabria, per quanti sono morti. Fa’ che mai più si ripetano simili tragedie e le vite di tutti siano preservate da ogni male e pericolo,

Noi ti preghiamo.

 

Benedici o Dio il papa Francesco e sostieni il suo impegno di indicare Te come unica via per la felicità dell’uomo. Rafforza quanti cercano in lui una guida e un esempio per esserti più vicini.

Noi ti preghiamo

  

Proteggi tutti i cristiani perseguitati per la loro fede nel tuo Nome. Fa’ che si aprano ponti di comprensione fra i popoli e le religioni, così che nessuno più soffra e sia discriminato.

Noi ti preghiamo