sabato 30 marzo 2019

IV domenica del tempo di quaresima - Anno C - 31 marzo 2019




Dal libro di Giosuè 5,9-12

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

 

Salmo 33 - Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5,17-21

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te.

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

 

Dal vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, ogni anno, in questo tempo di Quaresima, la liturgia ci propone questa parabola di Gesù come spunto per interrogarci e comprendere dove ci troviamo nel cammino di esodo dalla vita di sempre. Siamo partiti o restiamo ancora attaccati al nostro modo di essere di sempre, senza riuscire a compiere i passi della Quaresima che ci conducono fino a Gesù risorto? Sono le domande della Quaresima che da quattro settimane la liturgia ci pone, come una voce amica e preoccupata della salvezza della nostra vita. Perché molto è in gioco: il senso, la pienezza, la felicità della nostra vita e questo tempo non passi invano.

E la parabola del “figlio prodigo e del padre misericordioso” ascoltata oggi ci aiuta a comprendere meglio qual è il cammino da compiere in questo tempo.

Innanzitutto, ci dice il Vangelo, questo è un tempo per “ritornare in sé”, come fece il figlio minore dopo essersi accorto di vivere una vita senza prospettive, schiava e infelice. È un cammino verso la propria interiorità. Ci accompagna e guida la Scrittura e ci restituisce una coscienza di noi stessi e della nostra situazione più autentica, svelando un volto di noi stessi che non ci piace.

Un modo di vivere frettoloso e distratto ci spinge a sfuggire dal contemplare quello specchio che ci riflette come siamo veramente. Ciò che in esso contempliamo a volte ci rattrista, e l’atteggiamento autoassolutorio o di fuga rende tiepidi i sentimenti, sia di gioia come di dolore. Ma il dispiacere che la Scrittura suscita è un dispiacere di pentimento, cioè di dolore per la distanza dal bene che Dio ci vuole, lo stesso dolore con cui quel giovane figlio contempla la propria condizione presente e che lo spinge a ricordarsi del bene che il padre gli vuole e a desiderare di riaverlo accanto a sé. La Scrittura infatti non separa mai lo svelamento del peccato dall’offerta di perdono: sono i due volti di chi si riflette in un unico specchio, e cioè il nostro vero volto, ma anche quello trasfigurato dal suo amore, bello e felice.

Diffidiamo dalla tentazione di enfatizzare la forza del male che ci avvince, atteggiamento che magari noi contrabbandiamo come pentimento, ma che in realtà spesso nasconde la rinuncia a provare a cambiare. Esercitiamoci invece a esaltare la misericordia di un Dio che, anche davanti al peccato più grave, non rinuncia a indicare la via del ravvedimento e del ritorno a lui e ci corre incontro, proprio come fece quel padre misericordioso.

Ma oltre a quel giovane che si era allontanato dalla casa del padre la parabola ci parla di un altro figlio, che invece vi era rimasto. Al contrario del più giovane, il figlio maggiore è sempre stato col padre, lavora onestamente, è parsimonioso e onesto. Davanti alla festa che il padre fa al figlio ritornato si indigna e nemmeno vuole entrare in casa. Egli, dobbiamo ammetterlo, non ha torto: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso.” Egli applica alla propria situazione un senso di giustizia che mette in luce tutta l’ingiustizia del padre. Egli è stato cedevole col figlio minore nel concedergli i suoi beni, poi, una volta rientrato, non lo rimprovera aspramente come meriterebbe anzi gli fa festa e lo tratta come uno di casa, invece di cacciarlo via, addirittura imbandisce per lui una tavola sontuosa. Tutto ciò indigna il fratello maggiore.

Tante volte noi siamo come lui. Ragioniamo con il conteggio del dare e dell’avere e ci sentiamo in credito nei confronti degli altri e, addirittura, pure nei confronti di Dio. Elenchiamo i nostri meriti: non ho mai fatto nulla di male, sono onesto e rispettoso, cerco di essere giusto e restituire ciò che devo, ... Quanti calcoli, quanti confronti con gli altri, quanti giudizi, quante condanne e autoassoluzioni!

Questa logica però, ci dice la parabola in modo chiaro, è estranea a Dio! Dio non è giusto, altrimenti saremmo già condannati in partenza e senza speranza. Chi vive la logica dei meriti e della giustizia resta fuori dalla casa del Padre, freddo, anzi scandalizzato dalla festa che in essa si tiene, rancoroso verso di lui. E quanto spesso sono questi anche i nostri atteggiamenti: rivendicativi, vittimisti, sempre pronti a mettere in luce i nostri meriti e il “diritto” ad una ricompensa che non arriva.

Il Padre, invece, vive la logica del perdono che è libera dalla rete dei calcoli e dei giudizi. Il perdono non tira le somme, né fa giustizia, ma trasfigura chi lo riceve e chi lo offre portandoli entrambi nella grande festa dell’amore.

Il giovane tornato è ripulito e rivestito, come uno sposo a festa, e tutti in casa partecipano alla gioia del suo ritorno alla vita. Il figlio maggiore invece non riesce a scrollarsi di dosso lo sporco della giornata pesante di lavoro e la rabbia del presunto torto subito. Egli non sa perdonare, perché non sa voler bene, rimane così al freddo, sporco e malvestito. La sua recriminazione dei meriti lo lascia infelice e rabbioso.

Fratelli e sorelle, anche noi ragioniamo come quel figlio che, pur stando a casa e lavorando per il padre, è più lontano da lui di quello che invece si è allontanato ed è ritornato pentito. Quest’ultimo trova la forza di ritornare perché ricorda l’amore che gli è stato donato dal Padre, l’altro non se ne accorge nemmeno più, pur vivendo gomito a gomito con lui. Il cammino che separa il figlio diventato guardiano dei porci dal padre è molto più breve di quello che allontana come un abisso incolmabile l’altro dal genitore. Approfittiamo di questo tempo in cui Dio ci si fa vicino in modo speciale per colmare l’abisso di freddo calcolo e di un senso di giustizia che ci allontana da lui. Impariamo da quel giovane scapestrato ma capace di ricordare l’affetto, dissoluto, ma pronto a tornare fra le braccia del Padre. Il nostro cammino sia come il suo, un esodo di Quaresima dalla vita di sempre. 
 

Preghiere


O signore Gesù che ci guidi in questo tempo di Quaresima sul cammino della conversione, apri il nostro cuore e scaldalo, perché ascoltiamo e viviamo il Vangelo,

Noi ti preghiamo

  
O Dio, nostro padre paziente e misericordioso, accoglici vestiti dell’abito del pentimento, perché possiamo vivere nella tua casa la festa del perdono,

Noi ti preghiamo

 


Ti ringraziamo o Dio perché non disprezzi chi torna a te pentito, ma gli corri incontro felice. Vieni incontro anche a noi e perdona tutto il male di cui siamo complici,

Noi ti preghiamo

  
Ti invochiamo o Signore Gesù, fa’ che sappiamo esserti compagni nel cammino della passione che si avvicina. Donaci un cuore sensibile per restarti vicini senza cadere nel sonno dell’indifferenza,

Noi ti preghiamo
 

Soccorri o Padre buono tutti coloro che soffrono e sono nel dolore. Chìnati su tutti quelli che invocano il tuo soccorso e suscita in noi uno spirito generoso di solidarietà,

Noi ti preghiamo


Attira verso di te, o Dio nostro Padre, tutti coloro che ti sfuggono e camminano su sentieri che non portano a nulla. Mostrati loro padre buono e misericordioso

Noi ti preghiamo.
 

Guida e proteggi o Signore la tua Chiesa impegnata nel difficile compito di vivere e annunciare il Vangelo. Fa’ che lo Spirito illumini sempre il papa Francesco e lo protegga da ogni male,

Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio tutti i tuoi figli ovunque dispersi, perché forti dell’amore di Cristo affrontino le difficoltà della vita con animo lieto e spirito pacifico,


Noi ti preghiamo

martedì 19 marzo 2019

III domenica del tempo di Quaresima - Anno C - 24 marzo 2019





Dal libro dell'Esodo 3,1-8a.13-15
In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.  Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».  Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».  Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

Salmo 102 - Il Signore ha pietà del suo popolo.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10,1-6.10-12
Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria
Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria

Dal vangelo secondo Luca 13,1-9
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato nella prima lettura che Dio apparve a Mosè mentre era al pascolo con le pecore. Dio irrompe nella vita dei suoi figli nella normalità delle occupazioni quotidiane, come fa oggi, in questa giornata straordinaria, tempo di fraternità fra di noi e di vicinanza del Signore che, a sua volta, ci chiede di stargli vicino in modo speciale in questo tempo di Quaresima.
Mosè vede un roveto in cui una fiamma brucia, ma non consuma. Cioè è un calore che scalda e illumina, ma non distrugge, anzi avvolge col proprio splendore ciò che circonda. Così è l’amore che Dio rivolge a noi uomini. Con esso Dio scalda i nostri cuori, tante volte infreddoliti da un senso di tristezza o di paura, li illumina indicando la via del bene da compiere per non perdersi e non sprecare la vita, ci avvolge con la sua protezione e ci rispetta, non consuma la vita, come a volte noi siamo invece portati a fare bruciando le nostre energie in un fuoco che lascia dietro di sé solo la cenere della delusione. Mosè a quella vista si avvicina attratto ed anche a noi il fuoco dell’amore di Dio ci attira. Sentiamo che è bello farci avvolgere da esso, e per questo oggi ci siamo voluti radunare insieme a celebrarlo e a ringraziarlo perché vuole accendere anche noi con questo stesso fuoco. È quello che Gesù disse una volta: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,19), e quando stiamo assieme, fra di noi e con lui, proviamo dentro quel fuoco che Gesù getta. Lasciamoci accendere perché scaldi e illumini anche noi!
Quello di Gesù è un fuoco, cioè un modo di voler bene, diverso da quello degli uomini che non vogliono sprecare il calore e la luce per gli altri, ma tenere tutto per se stessi. Noi a volte vorremmo rubare il calore dagli altri più che donarlo, consumando le amicizie, sprecandole e lasciandole morire, quello di Gesù, invece, dona agli altri più che cercare per sé stesso, e solo così il fuoco aumenta e non si raffredda mai.
Mosè, abbiamo visto, si avvicina a quel roveto e mentre lo osserva sente la voce di Dio rivolgersi a lui: sì, Dio parla agli uomini innanzitutto col calore del suo volergli bene, con i segni del suo amore che scalda, illumina e protegge. Dio chiede a Mosè, prima di tutto di togliersi le scarpe, perché quello è un luogo santo. Togliersi le scarpe significa camminare con delicatezza e rispetto, senza calpestare con il proprio passo pesante chi è più debole e fragile, ma anzi andargli incontro. Questo tempo di Quaresima che stiamo vivendo vuole insegnarci proprio questo: a riconoscere il fuoco speciale dell’amore di Dio, ad avvicinarci a lui per lasciarcene incendiare anche noi, ad imparare la delicatezza e il rispetto del passo con il quale avvicinarci ai fratelli, alle sorelle e a Dio stesso.
Dio continua dicendo che non è indifferente alla situazione degli uomini che sono nel dolore: la schiavitù, le sofferenze, la forza con cui il male li schiaccia non gli sono estranei. Anzi prepara per noi una via di uscita, un esodo, per raggiungere un futuro felice: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido …: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire … verso una terra bella e spaziosa, … dove scorrono latte e miele”
Anche a noi oggi la voce potente di Dio si rivolge in questo luogo che brucia del suo amore. La S. Messa è il luogo in cui l’amore di Dio si manifesta per ogni uomo e gli trasmette il suo calore e la sua luce, tanto che da essa usciamo trasfigurati e capaci anche noi di portare il fuoco del suo amore agli altri. Oggi poi, uscendo da qui, festeggeremo insieme questa voce di Dio che ci promette la liberazione dalla tristezza e dal male, perché Dio non parla solo ma a chi lo ascolta fa vivere ciò che dice. E allora la festa che ci aspetta è festa dell’amore di Dio che scalda e illumina, e ci fa gustare la bellezza del banchetto del Regno al quale siamo tutti invitati a sederci con lui.
Mosè era un semplice pastore, persona non importante né colta, ed oggi ci viene proposto dalla liturgia come modello del discepolo, l’uomo della Quaresima. Egli è pronto ad ascoltare la voce di Dio che gli parla e vuole entrare in amicizia con lui, per poter portare una buona notizia a tutto il popolo.
Questo può essere anche il nostro itinerario di Quaresima.

L’alternativa, fratelli e sorelle, è quella di restare nel deserto arido di umanità, come Mosè, indaffarati dietro alle proprie pecore. Lì diventiamo tutti come il fico sterile di cui ci parla il Vangelo: “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò”. Se non ci accostiamo con fiducia al roveto ardente della liturgia, se non partecipiamo con cuore aperto e sincero al banchetto in cui Gesù dona tutto se stesso per volerci bene fino alla fine, resteremo incapaci di dare buoni frutti di conversione e di perdono, di amicizia e solidarietà con gli altri. Riceviamo con gratitudine le cure del buon contadino che è Gesù, i colpi della sua zappa ci svegliano dal torpore egocentrico, il concime sparso è la sua Parola che ci raggiunge ed entra in circolo, se la accogliamo. Gesù è veramente un contadino misericordioso che non si stanca di coltivare il terreno della nostra vita sperando un giorno di trovarvi i frutti tanto desiderati.
  
Preghiere  

Ti ringraziamo o Signore perché sei vicino al tuo popolo e ascolti il lamento di chi è nel dolore. Donaci la liberazione dal male che opprime e dal peccato che lo favorisce. Perdonaci sempre o Signore,
Noi ti preghiamo


Guidaci o Padre misericordioso nel cammino della Quaresima, perché docili al tuo insegnamento e attenti alla tua Parola sappiamo compiere l’esodo da noi stessi per giungere a te,
Noi ti preghiamo


Solleva, o Dio del cielo, l’indigente dalla polvere e il povero dall’immondizia, consola il misero e guarisci ogni piaga, perché il tempo che viene sia benedetto dal tuo amore,
Noi ti preghiamo


Guida i nostri passi, o Dio, perché illuminati e scaldati dal tuo amore che brucia ma non consuma sappiamo ascoltare le tue parole e scoprire la bellezza di stare alla tua presenza,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio per Francesco, nostro papa e pastore amorevole. Guida i suoi passi sui sentieri del Vangelo e donagli sempre la pace del cuore e la salute del corpo,
Noi ti preghiamo


Illumina la tua Chiesa, o Spirito di Dio, in questo tempo santo di Quaresima. Fa’ che si apra presto per tutto il popolo di Dio un tempo di frutti abbondanti di conversione e pace,
Noi ti preghiamo


venerdì 15 marzo 2019

II domenica del tempo di Quaresima - Anno C - 17 marzo 2019





Dal libro della Genesi 15,5-12.17-18
In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate».

Salmo 26 - Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Ascolta, Signore, la mia voce. +
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 3,17-4,1
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria
Dalla nube si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio l’amato: ascoltatelo».
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria

Dal vangelo secondo Luca 9, 28b-36
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, l’apostolo Paolo rivolge ai cristiani di Filippi l’esortazione a non seguire l’esempio di quelli della comunità che “si comportano da nemici della croce di Cristo”. Qui Paolo non si riferisce a pagani ostili alla fede cristiana ma ad alcuni dei fratelli che con il loro modo di fare mostrano di non dare valore alla croce, di disprezzarla. Sì perché non bisogna essere nemici del cristianesimo per disprezzare la croce, basta metterla da parte, come un incidente di percorso nella vita di Gesù, come qualcosa che è andato storto nella sua vicenda che sembrava invece conoscere tanti successi e il consenso delle folle.
È la tentazione che tante volte viviamo anche noi di giungere alla Pasqua senza passare attraverso la passione e senza fermarci ai piedi della croce del Signore. È la stessa tentazione di Pietro che all’annuncio con il quale Gesù rivelò ai dodici il destino che lo attendeva a Gerusalemme disse: “Non sia mai, non ti avvenga mai una cosa così.” In realtà Gesù non volle evitare l’esperienza del rifiuto da parte del popolo, dell’incarceramento, del giudizio, del tradimento, e infine del dolore e della morte, tutte esperienze che fanno parte della vita degli uomini e che sono come riassunte da quel segno spaventoso che è la croce. Volle passare attraverso di esse per superarle, per vincerle, e per portare con sé alla vittoria sul male quanti hanno fatto e continuano a farne esperienza sulla propria carne. Il suo è stato come un esodo, cioè un’uscita, dalla terra della schiavitù del male verso la terra della consolazione e della felicità, della pace e della speranza, della compagnia col Signore, della vittoria definitiva sul male.
Anche il Vangelo che oggi abbiamo ascoltato ci parla di un esodo: “Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.” Sì, tutta la vita di Gesù è stata un continuo pellegrinare, di villaggio in villaggio, di regione in regione, ma quel giorno, sul monte, Mosè ed Elia parlano con lui di un esodo che deve avvenire a Gerusalemme. È la passione, morte e resurrezione del Signore, vero esodo da un mondo dominato dal dolore e dalla morte per giungere alla gloria della vita risorta e che non finisce più. È un cammino difficile, Gesù lo sa bene, e nel momento più difficile, nell’orto degli ulivi, proverà paura e angoscia, ma non tornerà indietro e nemmeno si fermerà, proseguendo fino in fondo, accompagnato dall’amore del Padre.
Mentre parla dell’esodo che deve compiere il Signore si trasfigura apparendo ai tre apostoli nella gloria che sarà poi quella della sua resurrezione. Sì perché l’esodo realizza la trasformazione della vita già mentre lo si sta compiendo. Il cammino che la Quaresima ci propone è come un esodo dall’aridità della vita spesa per se stessi verso la gioia del dono gratuito e generoso dell’amore per gli altri, e per questo ci trasfigura mentre lo compiamo; la preghiera, il digiuno e la carità che si offrono di farsi nostre compagne in questo tempo, plasmano infatti il nostro modo di vivere, rendendolo sempre più simile a Gesù, una vera e propria trasfigurazione che ci rende uomini e donne nuovi, molto diversi da come eravamo prima di partire.
Nello stesso momento però in cui Gesù si trasfigura Pietro Giacomo e Giovanni invece sono “oppressi dal sonno” e si addormentano. Seguono il ritmo del loro corpo, con le sue esigenze naturali e le assecondano, e non si accorgono che c’è un tempo di Dio che segue ritmi diversi. Così è per la Quaresima, tempo benedetto in cui vivere un esodo da sé, ma noi preferiamo seguire i ritmi del nostro tempo, regolato dai propri stati d’animo e umori, esigenze e necessità. Per questo anche per noi è così facile addormentarci, vivere cioè senza sentire accanto a noi la presenza del Signore che compie il suo esodo. Ad un certo momento però, Pietro e gli altri si svegliano, all’improvviso, e anche a noi avviene in certe situazioni che ci svegliamo dal torpore egocentrico e sentiamo la presenza di Gesù, vicina, forte e piena di amore. Pietro è contento, quella visione della presenza gloriosa di Dio accanto a sé lo esalta, e propone a Gesù di piantare tre tende.
Ma come? Gesù si accinge a compiere un esodo, cioè un cammino, e Pietro propone di fermarsi lì? Il sonno del discepolo lo rende estraneo a Gesù, a quello che lui si accinge a fare. Questo avviene anche a noi: un momento di esaltazione, l’entusiasmo di una situazione speciale ci rende felici, ma non basta per essere in sintonia con Gesù. L’evangelista Luca commenta infatti: “Egli non sapeva quello che diceva.”
Il Signore nemmeno risponde a Pietro che gli propone di fermarsi. Gesù ha una missione, ha fretta di raggiungere Gerusalemme, anche se sa che lo attendono giorni difficili, per dare la prova del suo amore più forte della morte, quella croce attraverso la quale vincere la morte e risorgere.
Fratelli e sorelle, quanta distanza c’è fra Pietro e Gesù! Il povero pescatore si esalta per la bellezza della vita trasfigurata dall’amore di Dio, ma non capisce che essa è il frutto di un esodo da compiere, giorno per giorno, passo dopo passo, senza stancarsi né rallentare. Anche per noi è così: non basta sentirci qualche volta appagati per una cosa capita o un sentimento provato. Sì, certo, sono esperienze importanti e felici, ma devono essere solo tappe di un esodo da sé che continua, sennò noi ci troveremo addormentati e sperduti, avvolti nella nebbia di una vita che non capiamo più e dove la strada sembra perduta.
Lì, in quella nebbia che avvolge i tre discepoli la voce del Padre indica una strada: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!” Dio rivela, con paziente insistenza, come si fa a restare con il Signore Gesù, senza perdersi nel sonno: ascoltandolo. Nell’ascolto del Vangelo anche noi compiamo quell’esodo che ci permette di trasfigurarci e di giungere alla gloria del Signore risorto. Non per un momento di esaltazione, ma per una lenta e paziente uscita da sé stessi.
È l’indicazione che oggi ci proviene da questa liturgia su come vivere il tempo della Quaresima. Facciamo spazio dentro di noi alla Parola di Dio, impegniamoci a viverla. Mentre lo facciamo scopriremo che è il modo più felice di vivere. È quella trasfigurazione progressiva che man mano che ascoltiamo ci cambia dentro e nel nostro modo di essere con gli altri.
Se seguiremo Gesù che si avvia verso Gerusalemme, facendoci compagni della sua preghiera e del suo amore generoso non fuggiremo davanti alla paura della passione, non rinnegheremo la croce, non lo abbandoneremo, ma restando con lui, fino ai piedi della croce, parteciperemo anche della sua resurrezione.

Preghiere  

O Signore, ti ringraziamo perché ci inviti a salire con te sul monte della preghiera e a compiere l’esodo della Quaresima. Fa’ che sappiamo essere attenti alla tua Parola per godere della tua compagnia,
Noi ti preghiamo


O Padre del cielo che ci inviti ad ascoltare ogni parola del tuo Figlio, aiutaci a mettere in pratica il Vangelo che ci è annunciato e a lasciarci docilmente trasfigurare man mano che ti seguiamo,
Noi ti preghiamo


O Dio nostro, proteggi, consola e salva quanti sono deboli e malati, chi vive per strada, chi è immigrato da Paesi lontani. Fa’ che la famiglia dei tuoi discepoli accolga ciascuno come un figlio e un fratello,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore che nel tempo che ci separa dalla memoria della Passione ci prepariamo a non fuggire davanti alla sofferenza, ma intenerendo il nostro cuore, sappiamo restare come amici fedeli vicino alla tua croce e ad ogni uomo che soffre,
Noi ti preghiamo



Padre del cielo, ti preghiamo per il nostro papa Francesco, proteggilo e rafforza il suo impegno ad annunciare il Vangelo, perché la sua testimonianza e le sue parole ci aiutino a vivere sempre di più l’amore per i piccoli,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore tutti i discepoli che si riuniscono attorno al tuo Santo Nome, fa’ che con la loro testimonianza sappiano indicare a molti la via del Vangelo e alleviare la fatica di vivere dei poveri che incontrano,
Noi ti preghiamo.


O Signore, perdonaci quando siamo addormentati e diveniamo sordi alla tua Parola. Aiutaci a restare vigili e attenti a non perdere nessuno dei tuoi insegnamenti,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Padre per la pace nel mondo intero. Proteggi quanti oggi sono minacciati dalla guerra e guarisci i cuori di quanti coltivano odio e violenza.
Noi ti preghiamo