venerdì 17 luglio 2020

XV domenica del tempo ordinario - Anno A - 12 luglio 2020





Dal libro del profeta Isaia 55, 10-11

Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». 

 

Salmo 64 - Visita la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.

Tu visiti la terra e la disseti:
la ricolmi delle sue ricchezze. 

Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu fai crescere il frumento per gli uomini. 

 

Così prepari la terra:
ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, 

la bagni con le piogge
e benedici i suoi germogli. 

                                                                                                                                              

I prati si coprono di greggi, +
di frumento si ammantano le valli;
tutto canta e grida di gioia. 


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 18-23

Fratelli, io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità — non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa — e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. 

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 13,1-23

Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca; si pose a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava, una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda».  (…)  Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l’uomo che ascolta la parola e subito l’accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».

 

Commento


Cari fratelli e care sorelle, le letture della liturgia di questa domenica ci parlano del modo più immediato e comune con cui Dio ci si fa vicino, cioè attraverso la sua Parola.

Tante volte si accusa Dio di essere lontano, indifferente ai drammi, o lo si cerca nelle esperienze originali, nelle emozioni forti. Oppure, e questo forse è il caso più frequente, non lo si cerca affatto, perché non se ne sente il bisogno. Agli uni e agli altri oggi la Scrittura dice che Dio ci sta vicino, più di quanto ci rendiamo conto e nel modo più semplice e diretto, cioè parlandoci, rivolgendoci la sua Parola. È questo infatti il modo più umano che esiste per conoscersi, essere amici, volersi bene. È il modo con cui anche noi costruiamo i nostri rapporti, proprio a partire dalla parola, affettuosa, interessata, comunicativa dei nostri sentimenti. È ascoltando le parole di una persona che ci rendiamo conto se ci ama, e ciascuno di noi può trovare molti esempi nella sua storia personale, di quando una frase, un discorso ci hanno colpito il cuore e ci hanno fatto sentire quanto qualcuno ci amava. Esse irrorano la nostra vita, come una benefica pioggia, ci dice nella prima lettura il profeta Isaia, e sono donate a tutti indistintamente. Dio non ha paura di essere rifiutato né pretende che sia l’altro a compiere il primo passo per accettare di avere un rapporto con lui. È Dio a rivolgersi a noi per primo, anche quando siamo sordi perché arrabbiati, delusi, spaventati. Sta a noi prestare ascolto e rispondergli, lui c’è.

Ma poi Isaia continua e ci dice che non solo questa Parola è abbondante e offerta a tutti, proprio come la pioggia che Gesù altrove dice, “cade sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45), ma che è anche efficace. Sì, perché di parole inutili ne ascoltiamo e ne diciamo molte. Se facessimo un conto delle parole che pronunciamo e ascoltiamo in una giornata quante sono vere e piene di significato? Tante sono solo formali e non significano niente, oppure sono false, e nascondono sentimenti d’inimicizia. Invece la Parola di Dio è sempre buona. Egli ci ha dimostrato che è pronto a pagare di persona per le sue parole, fino alla morte. Se le ascoltiamo, come dice Isaia, sentiamo che sono parole che dissetano le nostre vite spesso aride, riarse dal sole cocente della vita: “Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra … così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto.” Se dopo aver ascoltato la Parola restiamo uguali a prima, è perché non l’abbiamo fatta scendere sul terreno della nostra vita, ma ci siamo riparati da essa con l’ombrello dei nostri pregiudizi o di un ascolto che dà per scontato. Quante volte accusiamo Dio di non ascoltarci, quando siamo noi a non ascoltare lui che ci parla!

Il più delle volte non ascoltiamo la Parola di Dio semplicemente perché pensiamo di conoscerla già. Sì, forse l’abbiamo già udita altre volte, ma ogni volta essa è diversa, perché la comprendiamo meglio, o semplicemente perché cambiamo noi, la vita, il mondo. Così facendo però la rendiamo inefficace, come lettera morta. Oppure l’ascoltiamo ma la vita prende il sopravvento, come racconta la parabola, e diamo più ragione ai nostri affanni o semplicemente a quello che da’ una soddisfazione passeggera, e la parola si secca e muore dentro di noi.

Ne vediamo un esempio nel brano della lettera ai Romani che abbiamo ascoltato Paolo ci parla delle “sofferenze del momento presente”. Anche oggi vediamo attorno a noi tanto dolore, che talvolta ci tocca o di cui siamo solo spettatori. Pensiamo, ad esempio, ai venti di guerra che soffiano in tanti paesi mietendo vittime innocenti. Paolo spiega come il dolore sia sì sempre un male, ma vada anche considerato come le doglie che accompagnano la nascita di una vita nuova. Pur nell’assurdità del male, esso deve essere colto come l’occasione per far nascere qualcosa di nuovo: un sentimento di solidarietà, un aiuto concreto, consolazione, compagnia, perdono, ecc… Ma questo può avvenire solo se il terreno della nostra vita viene irrigato dalla Parola di Dio che ci cambia modo di vedere, sentire e pensare. Allora il male subìto può essere occasione per rafforzare il bene che è in noi. Il dolore che vediamo attorno a noi può essere occasione per far nascere un nuovo impegno di solidarietà.

Questo vuol dire che se facciamo irrigare la nostra vita dalla Parola di Dio anche sul terreno del dolore germoglierà il seme della speranza, perché ogni nascita è sempre accompagnata dal dolore delle doglie. Vorrei dire di più: se non si prova il dolore delle doglie è difficile che nasca qualcosa di buono nella vita. Questo non significa che bisogna cercare le sofferenze, ma che esse fanno parte della vita, nostra personale o di chi ci sta accanto, ma noi le fuggiamo spaventati quando le vediamo, o malediciamo Dio quando si abbattono su di noi. Anche Gesù ha subito il dolore della passione e crocifissione, ma non ha maledetto Dio né è fuggito via, e poteva farlo, ma dalle doglie del suo dolore personale ha fatto nascere la vita nuova della resurrezione per donarcela. Anche noi se ci fermiamo davanti a chi soffre e ci facciamo carico del suo dolore, consolandolo, scopriamo che la sofferenza che condividiamo fa nascere in noi un’umanità nuova, più vera, più profonda e umana. Il cristiano nasce dalle doglie, nel senso che è alla prova del dolore, proprio o altrui, irrigato e fecondato dall’ascolto della sua Parola, che matura sentimenti di pietà, misericordia e solidarietà e la speranza che si fa lotta per il bene. Tutti noi dobbiamo rinascere ogni giorno nella nostra fede non fuggendo il dolore e non vivendolo con rassegnazione, ma alla luce della Parola di Dio, perché così il Signore ci insegna a guardarlo con i suoi occhi, cioè come ciò che accompagna la nascita di qualcosa di nuovo e migliore.

Fratelli e sorelle, accogliamo la parola di Dio come un seme prezioso che germoglia e fruttifica, se custodito e coltivato con cura. Quanto ne facciamo cadere a vuoto, quanto ne facciamo seccare per la nostra aridità o soffocato dalle spine del nostro pensare solo a noi stessi. Allarghiamo il cuore invece per accogliere quanto più pioggia possibile, perché ogni goccia spenga la nostra sete e renda la nostra vita terreno fertile capace di dare frutti buoni.



Preghiere
 

 

O Signore Gesù che parli alla nostra vita con amore e vicinanza, fa’ che ascoltando l’annuncio del vangelo diveniamo esecutori fedeli della tua volontà di salvezza.

Noi ti preghiamo

 

 

Guidaci sempre o Dio Padre del cielo perché camminiamo sulla tua strada, affrontando le difficoltà che incontriamo senza scoraggiarci.

Noi ti preghiamo

 



Illumina le nostre menti e apri i cuori dei tuoi discepoli, perché ogni volta che sentiamo la difficoltà di mettere in pratica il Vangelo ti invochiamo e chiediamo il tuo aiuto per esservi fedeli.





Noi ti preghiamo

 

 

O Dio nostro aiuto e sostegno, non lasciarci accontentare di una vita spesa male e con poco senso. Indicaci la via per la quale anche nella fatica e nella sofferenza possiamo far nascere una vita rinnovata dal vangelo.

Noi ti preghiamo

 


 

Proteggi o Padre del cielo tutti coloro che hanno bisogno del tuo sostegno. Guarisci i malati, libera i prigionieri, proteggi chi è solo, consola i sofferenti. Libera tutti dal male,



Noi ti preghiamo

 

 

Proteggi o Dio chi, nel tuo nome, annuncia e testimonia il Vangelo. Fa’ che liberi da impacci e pericoli possiamo accompagnare verso di te chi ancora non ti conosce.

Noi ti preghiamo.

 

 
Illumina o Santo Spirito la mente e il cuore di papa Francesco che accompagna il gregge dei discepoli e lo guida verso di te. Dai coraggio e profondità al suo cuore



Noi ti preghiamo

 

 

Fa scendere il dono della tua Pace in ogni luogo, o Dio nostro Padre, specialmente il Terra Santa. Perché cessi la violenza e la guerra,

Noi ti preghiamo

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