sabato 19 settembre 2020

Esaltazione della Santa Croce - 20 settembre 2020



Willy Monteiro Duarte


Dal libro dei Numeri 21, 4b-9

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì.  Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo.  Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

 

Salmo 77 - Non dimenticate le opere del Signore! 

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore. 

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza. 

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira 
e non scatenò il suo furore.

Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippesi 2, 6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.

Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.  Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo iniziato questa celebrazione festiva seguendo in processione la croce che racchiude in sé le tante croci del secolo alle nostre spalle. Infatti in quella croce di umile legno sono incastonate pietre che provengono una da Dachau, che ricorda il genocidio di oltre sei milioni fra ebrei, zingari e oppositori del regime nazista perpetrato durante la II guerra mondiale; una viene da Etchiamdzin, capitale dell’Armenia che ha visto negli anni 1915-16 il genocidio di un milione e mezzo di armeni ad opera del regime di Ata Türk; una viene da Niakibanda, Rwanda, dove nel 1974 si è realizzato l’eccidio di circa un milione di persone di etnia tutsi nei 100 giorni di una sanguinosissima guerra civile. Poi vi è un filo spinato e un proiettile di granata della I guerra mondiale e una scheggia di bomba del secondo conflitto mondiale. Infine vi è un frammento di un giubbotto salvagente di un profugo sbarcato nell’isola di Lesbo, in Grecia, che ricorda le almeno 15.000 persone inghiottite dal Mare Mediterraneo nei viaggi della speranza in questo ultimo decennio.

È una croce che, come dice un antico inno cristiano, è “legno bagnato dal sangue”, e continua a esserlo nelle tante croci che oggi sono piantate nel mondo, alcune delle quali abbiamo ricordato .

In questo giorno in cui celebriamo la Santa Croce abbiamo voluto seguirla fisicamente, per realizzare quanto Gesù disse: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24).

Gesù ci dice che per seguirlo, cioè essere discepoli, bisogna rinnegare se stessi e assumere la croce come dimensione della propria vita. Ma che vuol dire, che bisogna soffrire e morire come lui?

Un proverbio della sapienza indiana dice: “Tutto quello che non è donato va perduto”. Mi sembra che esso rappresenti bene il significato più profondo della croce: Gesù ha voluto che la propria vita non andasse perduta, e per questo l’ha donata tutta, fino all’ultimo, e infatti gli è stata restituita più ricca e più bella con la resurrezione. D’altronde lo aveva detto alle folle: “fatevi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano” (Mt 6,20). Una vita donata e non trattenuta per sé accumula un tesoro prezioso che non viene consumato dal passare del tempo né può essere rubato dal maligno, ma resta per sempre come uno scrigno di inestimabile valore.

Care sorelle e cari fratelli, questo credo possa essere il messaggio che oggi riceviamo da questa festa della Santa Croce: il tempo, le preoccupazioni, le risorse, i sentimenti e tutto quello che abbiamo a disposizione è reso duraturo e prezioso se donato agli altri, mentre si consuma e deperisce se trattenuto per se stessi. La croce per questo costituisce il tesoro dell’eredità di Gesù, perché ci ricorda come il dono di sé, fino al massimo che è la vita, non è mai una perdita, ma il modo con il quale tutto è salvato e ci arricchisce.

Nei giorni scorsi abbiamo avuto un esempio chiaro di tutto ciò. Sappiamo come nel paese di Paliano un giovane di appena 21 anni è stato ucciso a botte da un gruppo di violenti teppisti. Willy era un ragazzo umile, figlio di immigrati da Capo Verde, si guadagnava la vita lavorando in un albergo, i genitori fanno le pulizie negli appartamenti di Roma. Non fumava e non beveva, per questo accompagnava volentieri gli amici, per riportarli a casa dopo qualche birra. Quella sera si è accorto che un suo amico era in difficoltà, vittima dell’aggressione violenta di alcuni picchiatori, ed è intervenuto per sedare la rissa.

Era stanco del turno di lavoro appena finito, non era coinvolto nella lite, era di passaggio, era inerme, aveva tutti i motivi per far finta di niente e andarsene per i fatti propri, ma ha visto l’amico in difficoltà e non ha esitato a dare tutto se stesso per volergli bene fino in fondo, difendendolo nel momento del pericolo. La sua vita gli è stata tolta a botte, ma non è andata perduta, anzi è diventata più preziosa, come qualcosa dal valore immenso. Willy giocava a calcio e sognava di diventare un famoso calciatore della Roma, ma è diventato famoso perché un eroe dell’amicizia.

Sappiamo che Dio quella vita gliel’ha restituita, eterna e gloriosa nel suo Regno, ma anche a noi quella vita è offerta come qualcosa di prezioso da conservare nella memoria e nel cuore, come l’esempio di un nostro fratello più piccolo che è stato grande nell’amore. Egli, con la sua fede ingenua e semplice nella forza dell’amore, ha saputo assumere su di sé la sua croce: un’amicizia che non si fa intimidire e ha seguito l’esempio di Gesù.

Care sorelle e cari fratelli, anche noi quotidianamente siamo spettatori di piccole e grandi violenze, perpetrate in nome del colore della pelle o della nazionalità, in nome della superiorità della giovinezza sull’età anziana, come si è fatto con disinvoltura negli istituti durante la fase più dura della pandemia, attraverso le parole, l’indifferenza o gli atteggiamenti. Possiamo dire che non sono fatti nostri, non è colpa nostra, abbiamo altre responsabilità e interessi da tutelare, come quella sera poteva pensare anche Willy, ma se diamo retta a queste ragioni la nostra vita si consuma e deperisce, diviene scialba e spenta, una vita che non vale la pena di essere vissuta, le tarme la consumano e il diavolo se la ruba via

Ma se invece seguiremo il suo esempio le piccole-grandi croci che incontriamo diventeranno la nostra croce da portare assieme a Gesù e la nostra vita si impreziosirà del senso pieno e ricco dell’amore vissuto fino in fondo.

Cari amici nei nostri occhi abbiamo le immagini del campo profughi di Moria a Lesbo: 13.000 rifugiati in attesa davanti alle porte chiuse dell’Europa che fa finta di niente. L’incendio che ha distrutto quel campo nei giorni scorsi ha reso le loro condizioni di vita ancora più drammaticamente precarie. Alcuni giorni fa gruppi di cittadini tedeschi hanno manifestato a Francoforte con lo slogan: “Wir haben Platz, Noi abbiamo posto” indicando la responsabilità che sentivano di fare qualcosa e di accogliere. Quella gente, pur con motivazioni diverse, si è fatta carico di una croce non loro, piantata oggi in Grecia e drammaticamente lasciata sola dall’Europa dei commerci e degli affari.

Vorrei allora oggi proporvi di fare anche noi spazio innanzitutto nei nostri cuori, di non ignorare e far finta di niente, ma di fare un’offerta perché divenga qualcosa di veramente prezioso per chi ha bisogno di tutto.

È un gesto simbolico, un esempio, ma che rappresenta l’impegno a raccogliere l’eredità di Willy, a seguire, come abbiamo fatto oggi, la croce di chi ha offerto tutto sé stesso, e per questo non ha fatto andare perduto niente della sua vita, delle sue parole, delle sue azioni, del suo amore.


 

Preghiere 

 

O Signore Gesù, dalla croce a cui sei stato inchiodato ci provochi ad un amore per tutti ed alla misericordia. Fa’ che rispondiamo con disponibilità al tuo invito, Noi ti preghiamo

 

O Dio nostro Padre, dona con abbondanza a tutti gli uomini l’amore che fa donare agli altri e che fa riconoscere in ognuno il proprio fratello e la propria sorella, Noi ti preghiamo

 


 

O Spirito di amore, riempi i nostri cuori perché non vinca la paura e la rassegnazione, ma prevalga il desiderio di restare accanto alle croci piantate nel mondo per aiutare quanti oggi ne sopportano il peso,

Noi ti preghiamo

 

 

O Dio manda dal cielo la tua benedizione su quanti affrontano viaggi rischiosi e faticosi per raggiungere un approdo di pace e serenità. Proteggi quanti fuggono per mare e per terra, salvali dalla cattiveria degli uomini e dai pericoli della natura,

Noi ti preghiamo

 


 

Proteggi o Padre buono gli uomini e le donne che vivono in guerra. Dona pace ai paesi sconvolti dalla violenza e schiacciati dal terrorismo,

Noi ti preghiamo

 

 

 

Sostieni o Signore i tuoi figli ovunque dispersi, radunali nella famiglia dei discepoli che si riuniscono ai piedi della tua croce per celebrarti risorto e nutrirsi del tuo corpo e sangue. Proteggili da ogni pericolo e dalla tentazione di fuggire dalla croce,

Noi ti preghiamo

 

 

 

 

sabato 12 settembre 2020

XXIV domenica del tempo ordinario - Anno A - 13 settembre 2020

 




Dal libro del Siracide 27, 30 - 28, 9

Rancore e ira sono cose orribili, e il peccatore le porta dentro. Chi si vendica subirà la vendetta del Signore, il quale tiene sempre presenti i suoi peccati. Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore, come può ottenere il perdono di Dio? Chi espierà per i suoi peccati? Ricordati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui. 

 

Salmo 102 - Il Signore è buono e grande nell'amore.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 14, 7-9

Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. 

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore:
come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Matteo 18, 21-35

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». 

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, il Padre Nostro è la preghiera che forse recitiamo più spesso, in essa si afferma: “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Si parla, ovviamente dei nostri peccati e di quelli che altre persone hanno commesso nei nostri confronti. Nel Padre Nostro le due cose sono collegate, anzi dall’una (il perdono che noi siamo disposti a concedere) dipende l’altra (il perdono che noi chiediamo a Dio). Gesù con queste parole non dice niente di nuovo. Egli riprende lo stesso concetto espresso nel brano del Siracide che abbiamo da poco ascoltato: “Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? Se lui, che è soltanto carne, conserva rancore, come può ottenere il perdono di Dio?

Che cosa significa?

A prima vista sembra essere riaffermata una normale logica mondana: le cose bisogna meritarsele. Se perdono agli altri infatti, sembra voler dire il Siracide, accumulo dei “crediti” con Dio e “mi merito” il suo perdono. È la logica commerciale del dare e dell’avere, del contraccambio, del guadagno.

Ma il perdono di Dio si fonda su un’altra logica, quella della gratuità. Il perdono anzi è proprio l’espressione più alta della gratuità del suo voler bene.

Lo ha spiegato bene Gesù nel famoso discorso della montagna quando disse alla folla: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico.” E fin qui Gesù ricapitola la sapienza del buon senso comune che tutti conoscevano bene, ma poi prosegue e va oltre di essa, descrivendo invece la sapienza di Dio: “Ma io vi dico: … il Padre vostro che è nei cieli … fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?” (Mt 5,43-47). Dio fa del bene a tutti indistintamente e non solo ai meritevoli o a quanti presumono di esserlo, perché il suo amore non è in ricambio di quello ricevuto, ma “previene”, apre la via, offre motivi per suscitare amore negli altri. Dio non ama per essere riamato, ma perché nell’altro l’amore prevalga su ogni altro sentimento e intenzione, perché siano sciolti i nodi di “non-amore” che imprigionano tanti uomini e donne.

Questo afferma Gesù: non c’è nessun motivo per voler bene, se non volerne affermare la forza e farne splendere la bellezza, perché questo è il modo migliore per vivere.

Ed ecco allora come si spiega la richiesta di perdono del Padre Nostro: non “perdonami, perché me lo sono meritato col perdono che ho concesso io” ma piuttosto: “Saprò riconoscere che tu mi vuoi bene al di là dei miei sbagli, perché io stesso voglio bene agli altri senza fare caso se mi conviene o se sono in obbligo.” Con quelle parole ci affidiamo all’amore di Dio certi che esso c’è già, nonostante tutto, ma chiediamo a lui la capacità di accorgercene, quella capacità che viene dal voler bene anche noi come lui.

Il perdono di Dio infatti c’è, è già nel suo cuore fin dal momento stesso che noi facciamo qualcosa di male, siamo noi che dobbiamo imparare a sentirne il bisogno, a riconoscerlo e ad accettarlo con umiltà, come qualcosa che ci restituisce la vita vera.

L’esempio che Gesù fa nella parabola ascoltata oggi ci aiuta a capire proprio questo. A quel servo è stato perdonato molto, ma non perché se lo è meritato, anzi, ma perché il padrone gli vuole bene e quel suo amore è più forte dello sdegno per il male ricevuto da lui. Il servo beneficato da un gesto così magnanimo non lo capisce e non lo apprezza, pensa, magari, solo di essere fortunato ad avere un padrone così sciocco e incapace a curare i propri interessi. Lo vediamo dal fatto che quando è lui ad avere l’opportunità di voler bene rifiuta di voler bene a sua volta, anche se è molto poco quello che gli è chiesto.

Ecco che allora, nel momento stesso in cui dimostra di non saper voler bene, anche il bene ricevuto viene meno, si dissolve come cenere al vento. Il perdono è donato da Dio, ma bisogna essere capaci di sentirne bisogno, riconoscerlo e accettarlo.

Impariamo da lui a dare tutto il nostro voler bene senza pensare di rimetterci o fare calcoli. Chi ama si arricchisce infatti, perché diviene capace di vedere e di godere del tesoro di amore che Dio riversa nella vita di ciascuno.

 

 Preghiere 

 

O Signore Gesù che ci hai amati fino alla fine di un amore infinito, accogli il nostro pentimento per il male compiuto e trasforma le nostre vite perché diveniamo capaci di voler bene a tutti,

Noi ti preghiamo

 

 

O Dio Padre nostro, manda il tuo Spirito a scaldare le nostre esistenze, perché animati da esso impariamo ad amare come tu sai fare,

Noi ti preghiamo

 

 

Signore, troppo spesso giudichiamo i nostri fratelli e sorelle e guardiamo ad essi come rivali o nemici. Fa’ che sappiamo riconoscerli tutti come i tuoi figli ai quali doni la tua misericordia,

Noi ti preghiamo

 

 

O Gesù, troppo spesso pensiamo di non avere bisogno per perdono del Padre o che esso non può cambiare la nostra vita. Fa’ che impariamo a scoprire la bellezza di essere accolti come figli che tornano nella sua casa,

Noi ti preghiamo

 


 

O Signore nostro Gesù Cristo, ti preghiamo per quanti soffrono a causa della guerra e della violenza, per quanti muoiono a causa dell’odio fratricida, dona pace e salvezza al mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

 

O Dio del cielo, guarda con amore ai più poveri, a quanti sono schiacciati sotto il peso della miseria e dell’abbandono. Soccorri ciascuno di loro e manda noi a manifestare il tuo amore paterno,

Noi ti preghiamo.

 

 


O Dio del cielo, ti preghiamo per il papa Francesco, conservalo nel tuo amore e rafforzalo nell’impegno di annunciare il Vangelo al mondo di oggi,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per quanti non ti conoscono e non hanno mai ricevuto l’annuncio evangelico, fa’ che presto tutta l’umanità sia riunita nella famiglia dei tuoi figli,

Noi ti preghiamo

sabato 5 settembre 2020

XXIII domenica del tempo ordinario - Anno A - 6 settembre 2020


 
 

Dal libro del profeta Ezechiele, 33, 1.7-9

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia.
Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te.
Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tuti sarai salvato».
 
Salmo 94 – Alzati o Signore a giudicare la terra
Alzati o Dio, giudice della terra,
Rendi ai superbi quello che si meritano
Fino a quando, Signore, i malvagi
Trionferanno sopra i giusti?

 Calpestano il tuo popolo, o Signore
Opprimono la tua eredità.


Ma il Signore è il mio baluardo,
roccia del mio rifugio è Dio.
 
Su di loro farà ricadere la loro malizia, +
Li annienterà per la loro perfidia,
li annienterà il Signore nostro Dio.
 

Dalla lettera di San paolo apostolo ai Romani, 13, 8-10

Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.
 

Alleluja, alleluia, alleluja

Il Signore ascolta ed esaudisce
I fratelli che si amano.

Alleluja, alleluia, alleluja
 

Dal Vangelo secondo Matteo, 18, 15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

 
Commento

Care sorelle e cari fratelli, le letture che abbiamo appena ascoltato mettono bene in evidenza cosa è per Dio l’amore. Tutti noi sentiamo che è qualcosa di bello e la sua importanza per una vita veramente umana, ma purtroppo spesso viene malinteso e perde il suo senso più profondo. Se ne fa qualcosa di evanescente, di sentimentale e d’incontrollabile: ora c’è, ora non più. La Scrittura spesso invita a considerare cosa sia l’amore, ma si pensa che non c’è bisogno di rifletterci troppo, perché è qualcosa di spontaneo, innato. Si dice: “va’ dove ti porta il cuore” proprio per significare che è un sentimento che viene da sé, non possiamo controllarlo ma solo assecondarlo così come ci si manifesta.





È vero, l’amore è radicato nel profondo di ogni uomo e di ogni donna, perché esso è inscritto in ciascuno di noi dall’atto creativo di Dio che ci ha fatti, proprio attraverso di esso, simili a sé. Per questo per conoscerlo e viverlo, dobbiamo farlo emergere non come capita, ma come Dio ce lo ha dimostrato lui stesso per primo. Il nostro amore è autentico se è come quello di Dio.

Noi possiamo conoscerlo bene poiché ne facciamo esperienza fin dalla nascita, poiché tutto ci è stato donato gratuitamente e per amore, senza nostro merito né diritto: la vita, il nutrimento, il sole, il creato, la famiglia, ecc…

Dio ci ha voluto bene “prima” e non per merito nostro, ma, cosa ancora più importante, non smette di amarci anche se facciamo di tutto per non meritarcelo.

Per Dio il suo rapporto con ognuno è importante e va salvaguardato non finché tutto funziona, se non sorgono problemi. Questo è quello che pensiamo noi: se le cose non vanno vuol dire che l’amore non c’è più, come fosse una candela che si è consumata e non fa più luce. Un rapporto che funziona così non è amore, ma è convenienza, opportunismo, lo si sente importante finché ha qualcosa da darmi, se mi appaga. In poche parole se è più quello che ricevo di quello che do. In realtà proprio questo è il segno che vero amore non c’è stato mai, nemmeno prima, quando tutto sembrava andare bene. L’amore è una lampada che arde con l’olio del proprio voler bene, e se la luce si spegne è perché io non l’ho alimentata.

Per questo Paolo parla ai Romani dell’amore come un debito verso gli altri: debito “di un amore vicendevole”, cioè con tutti. Come faccio ad avere un debito anche con chi non conosco, con chi non mi ha mai voluto bene? Sì c’è un debito perché, noi l’amore l’abbiamo ricevuto da Dio fin dall’inizio, come dicevo poco fa, in modo abbondante e gratuito, e sta a noi ora restituirlo. Paolo continua: “qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: "Amerai il prossimo tuo come te stesso"”. Non dice “amerai il prossimo che ha amato te”, o “finché lui ama te”, o “dopo che lui ha amato te”. No, dice “ama il prossimo” e basta, perché sei in debito di amore e ogni occasione che ti è offerta è buona per restituire almeno un po’ del tanto che hai già ricevuto. E poiché è impossibile pareggiare l’amore di Dio, sempre saremo in debito!

Allo stesso tempo però, questo debito non è un peso che opprime. Non può essere un peso essere stati amati così tanto. Se non ci sentiamo debitori vuol dire che siamo incapaci di sentirci amati, irriconoscenti per tutto quello che abbiamo ricevuto. Questo sì che è un peso che rende infelici!

Il vangelo di Matteo conclude il ragionamento affermando che l’amore di cui siamo debitori consiste principalmente nella nostra responsabilità perché i fratelli e le sorelle siano felici, nessuno escluso. Il fatto di essere stati tutti adottati da Dio come figli ci rende tutti responsabili gli uni degli altri, perfino se nemmeno ci conosciamo. Questo è il fondamento dell’amore cristiano. Esso infatti non è affidato ai miei stati d’animo né è una mia concessione, ma è una mia precisa responsabilità. Gesù infatti dice: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo, ecc..” Cioè il fatto che qualcuno agisca male contro di te è una domanda personale, sei cioè chiamato a condividerne il peso e sentire, di conseguenza, l’urgenza di scollarlo di dosso come se tu stesso ne fossi appesantito. Non è, al contrario di quanto si pensa, un buon motivo per sentirsi liberi da ogni responsabilità. Se qualcuno è avvinto dai legacci del male, in tutte le sue forme, scatta la responsabilità di tutti i fratelli di sciogliere quei legacci e sostituirli con i legami dell’amore che liberano e salvano dal peccato e dall’oppressione del male. Dice infatti Gesù “tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo” come aveva detto anche a Pietro.

Ci è dato dal Signore il potere di sciogliere e legare, cioè di liberare dal male e unire nell’amore, esercitiamolo! Abbiamo ascoltato dal profeta Ezechiele come il Signore considera colpevoli quelli che non esercitano tale potere e non fanno nulla perché gli uomini siano liberati dal male: “se tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te.”  È il principio di responsabilità di cui parlavamo prima.

Ecco perché allora i rapporti spesso ci appaiono così fragili, perché fondati su false idee di amore che ci rendono incapaci di voler bene. Proprio quando ci sono più difficoltà è allora che c’è più bisogno di amore, proprio dove abbonda il peccato, la divisione, l’ingiustizia, lì c’è bisogno di voler più bene.

Sentiamoci responsabili dei fratelli, in debito di amore, di attenzione, di compassione, di perdono e misericordia, e saremo felici. Perché la felicità non è aver ragione, essere dalla parte giusta, con la coscienza a posto, ma è stare col Signore e lui ci ha detto: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Uniamoci con i fratelli nel suo nome, cioè in nome del suo amore e staremo con Lui.

 



Preghiere
 

O Signore nostro Gesù Cristo, aiutaci a riconoscere con gratitudine i doni che abbiamo ricevuto da te: la vita, la salute, la pace, e tutto quello che rende la nostra vita felice. Fa’ che siamo sempre grati a te per tutto.

Noi ti preghiamo

 

Insegnaci o Padre del cielo a vedere in chi ci sta davanti il fratello e la sorella che tu hai adottato come figlio e per il quale Gesù è morto e risorto,

Noi ti preghiamo

 


Donaci o Signore Gesù di imparare l’amore vero che è sollevare dal bisogno chi ci sta accanto e sostenere chi è oppresso dal male,

Noi ti preghiamo

 

Sorreggi o Dio il nostro passo incerto quando perdiamo la strada che porta a te e ci inoltriamo nei sentieri dell’egoismo e dell’indifferenza,

Noi ti preghiamo

 

Guida o Padre del cielo tutti coloro che non ti conoscono e non ti ascoltano, perché scoprano anche con il nostro aiuto che la vita piena viene dal riconoscersi tuoi figli e fratelli di ogni uomo e di ogni donna,

Noi ti preghiamo

 

Accogli nella tua misericordia o Signore tutti i poveri che invocano il tuo aiuto: guarisci i malati, dona pace a chi è in guerra, proteggi chi è nel pericolo e senza protezione, consola chi soffre,

Noi ti preghiamo.

 


Dona o Signore alla tua Chiesa ovunque diffusa nel mondo le parole e i gesti del tuo amore, perché l’annuncio del Vangelo tocchi i cuori e li scaldi.

Noi ti preghiamo

 

Accompagna con la forza del tuo Spirito Santo il nostro papa Francesco nell’impegno di cercare la pace e di portarla agli uomini. Fa’ che ognuno di noi sia operatore del bene e costruttore della famiglia dei tuoi figli, 

Noi ti preghiamo