sabato 20 luglio 2024

XVI domenica del tempo ordinario -anno B - 21 luglio 2024

 


Dal libro del profeta Geremia 23, 1-6

Dice il Signore: «Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio d’Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del Signore. Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia».

 

Salmo 22 - Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

 

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare, +
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 2, 13-18

Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.

 

Alleluia, alleluia, alleluja
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia, alleluia, alleluja

 

Dal vangelo secondo Marco 6, 30-34

In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo visto i discepoli mandati da Gesù ad annunciare il Vangelo a due a due, ed oggi l’evangelista Marco ci racconta come, dopo, cercassero un momento di tranquillità per riposare e per raccontarsi le esperienze vissute. Ma ecco che, inaspettatamente, si ritrovano di fronte una folla di gente che li cerca. Davanti a questo non prevale in Gesù la preoccupazione per sé e per i suoi, ma “ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.” Sì, il Signore mette avanti a tutto il bene di quanti ha di fronte e che esprimono il bisogno di trovare una via e di essere guidate, dimentica la stanchezza e il desiderio di tranquillità e risponde alla domanda di quelle folle di gente disorientata.

Per noi invece quanto è difficile accorgerci del bisogno degli altri! Spesso sono una massa di estranei, il loro agitarsi un fastidio che non ci preoccupiamo di decifrare. Per Gesù però nessuno è un estraneo e la domanda di ciascuno, anche se confusa in una folla, va accolta, compresa e amata, perché la sente rivolta a lui personalmente.

L’immagine che la Scrittura usa spesso per descrivere il modo del Signore di prendersi cura della gente è quella del gregge e del pastore. Non ha un’idea individualistica del prendersi cura di ciascuno per conto suo, perché il primo aiuto che Dio ci dà è quello di non essere individui isolati, ma un gregge, una famiglia, una comunità. Il primo bisogno dell’uomo, ci fa comprendere la Scrittura, è di essere radunato, raccolto, raggruppato, cioè di non restare da solo davanti al mondo e a Dio.

È quello che esprime bene Paolo con quella sua immagine: “in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli … di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia.” Noi diamo invece così poca importanza a questa realtà, è forse l’ultima delle nostre preoccupazioni!

Il profeta Geremia, abbiamo ascoltato nella prima lettura, esprime tutto il dispiacere di Dio perché coloro ai quali aveva affidato la sua gente non hanno avuto la preoccupazione di tenerli insieme, e dice:  Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati” e poi afferma che lui stesso se ne occuperà:   Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli.”

Cari fratelli e care sorelle, noi tutti sentiamo forte il messaggio del mondo che invita a differenziarci, a costruire steccati e muri che ci tengano isolati. “Prima io!” dicono alcuni, “Via gli altri!”. Si chiudono porti, strade e soprattutto cuori all’altro. Per Dio invece siamo tutti parte di un unico gregge, un popolo. Il maligno si chiama diavolo perché semina divisione, vuole separare il popolo di Dio in tante individualità arrabbiate e ostili l’una alle altre, così le controlla meglio e se ne impossessa. Non restiamo vittima dell’opera tenace e insistente del “divisore”, facciamo invece nostra la preoccupazione di Dio: “Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una.” Che bella espressione quest’ultima: non ne mancherà neppure una. Non solo nessuno è di troppo, ma anzi, se manca anche solo uno ne sentiamo la mancanza!

Il primo frutto dell’essere un popolo unito e senza divisioni è il dono più prezioso che esista, la pace: “Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia.” La sua Parola è una risposta a tutti i nostri problemi, che sono sempre frutto dell’azione separatrice del diavolo che mette gli uni contro gli altri. Gesù quando torna dai suoi dopo la resurrezione annuncia il dono della pace: “Vi do la pace” ma sottolinea “vi do la mia pace” perché sa che il divisore camuffa per pace l’essere da soli, individualisti ed egoisti, ma la “sua pace” è altra cosa, deriva dal far parte del suo popolo, della sua famiglia, dove c’è un posto per tutti, nessuno escluso.

Cari fratelli e care sorelle, non solo Gesù insegnò questo alle folle radunate, ma anche lo visse lui per primo: si fece vicino, cioè fratello; pacificò il proprio e l’altrui animo abbattendo le separazioni fisiche, psicologiche, nazionali, culturali ecc.

La narrazione evangelica prosegue raccontando come quelle folle restarono a lungo ad ascoltare Gesù. Non si stancarono, non giudicarono quegli insegnamenti inutili o poco adatti alla propria situazione. Per questo, divenuto tardi per tornare a casa, Gesù si preoccupò anche di cosa tutta quella gente potesse mangiare e li sfamò moltiplicando i pochi pani e pesci a disposizione, come racconta Marco subito dopo.

Sì, Dio ha cura del suo popolo riunito, ed anche a noi oggi, piccolo popolo che lui ha radunato attorno a sé, offre il nutrimento delle sue Parole e del suo Corpo e Sangue, perché impariamo da lui ad essere tutti membra di un unico corpo.

 

Preghiere

 

O Signore Gesù, radunaci nel gregge unito dei tuoi discepoli. Aiutaci a seguirti docilmente senza tralasciare i tuoi insegnamenti, e troveremo nella famiglia dei tuoi figli la risposta ai nostri bisogni.

Noi ti preghiamo

  

O Padre del cielo, guarda con amore a quanti sono disorientati e senza guida, divisi e isolati. Abbi compassione di loro e torna a indicare a quanti ti invocano la via della salvezza,

Noi ti preghiamo

  

O Signore, abbi cura di quanti sono in difficoltà. Ti preghiamo per i malati, i sofferenti, chi è anziano e indifeso, per i profughi, i migranti, per chi è senza casa e protezione. Dona a tutti guarigione e salvezza dal male,

Noi ti preghiamo

  

Dona pace o Dio a tutti i popoli in guerra. Per il Medio Oriente, la Siria, l’Ukraina. Fa’ che cessino ovunque le guerre e le violenze,

Noi ti preghiamo

 

Guida e proteggi o Dio il nostro papa Francesco. Dà forza alla sua parola e vigore alla sua testimonianza del Vangelo che annuncia a tutti gli uomini della terra un modo diverso di vivere,

Noi ti preghiamo

  

Guarda con amore o Signore a quanti in questi giorni soffrono per la durezza del clima. Per gli anziani, i dtenuti, coloro che sono malati. Dona a tutti loro il ristoro della tua presenza amica.

Noi ti preghiamo

sabato 13 luglio 2024

XV domenica del tempo ordinario - Anno B - 14 luglio 2024

 


Dal libro del profeta Amos 7, 12-15

In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasìa e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomoro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele».

 

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: +
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1, 3-14

Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Padre illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 6, 7-13

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.  E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

 

Commento

Domenica scorsa abbiamo ascoltato nel vangelo il fallimento della predicazione di Gesù nei luoghi in cui era nato. Subito dopo, abbiamo ascoltato, Gesù va in giro per i villaggi ad annunciare il Vangelo a chi non lo conosceva. Cioè il Signore non resta prigioniero del mondo già conosciuto, ma va incontro al mondo più vasto, gli altri villaggi: è lì che lo incontriamo anche noi! Il Signore visse un’esistenza nomade, non si fa imprigionare da un àmbito, da una famiglia, da una cultura e da un ambiente. Gesù si fa pellegrino alla ricerca degli uomini, negli angoli più lontani ed incontra tanti. Oggi abbiamo ascoltato il suo invito, rivolto ai sui discepoli e a noi, a fare la stessa cosa: “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli”.

Ma che significa per noi oggi? A volte pensiamo al missionario che annuncia il vangelo come ad una persona che fa una vita molto diversa dalla nostra. Vediamo come Gesù nel Vangelo descrive i discepoli inviati.

Innanzitutto Gesù li manda a due a due perché il loro non essere da soli sia il primo annuncio a chi li incontra: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). L’essere fratelli, parte di una famiglia larga e non individui slegati l’uno dall’altro è infatti la prima buona notizia, un vero “vangelo”, che possiamo offrire a questo nostro mondo in cui spesso la vita è resa triste dalla solitudine, a volte subita, ma spesso anche cercata attraverso il rifiuto dell’incontro fraterno con gli altri. Il cristiano anche quando è da solo non è mai un individuo isolato ma è sempre un figlio, un fratello, una sorella, parte di una famiglia larga, di un “noi” plurale, e si preoccupa del bisogno di ciascun membro perché ciascuno stia bene. Questa è la prima testimonianza che rende “missionari del Vangelo”. Il primo passo che Gesù fa compiere ai suoi discepoli è l’uscita dall’ ”io” individuale, dal pensarsi come una persona che vive come su un binario che non ne incrocia altri.

Poi, come secondo elemento, Gesù invita a non portarsi dietro un bagaglio pesante: vestiti, cibo, proprietà, ingombranti ausili per il viaggio, ma solo un bastone, sandali e una tunica. Ciò significa che spesso il nostro passo è lento e pesante perché siamo ingombri di giudizi, abitudini, modi di fare e di essere, pensieri che sono come un pesante bagaglio che ci appesantisce. Anzi, chi ha un bagaglio troppo ingombrante si convince che è meglio non partire per niente, per non rischiare di perdere qualcosa e di sentire la mancanza di qualcosa durante il cammino. Lasciamoci dietro tutto questo inutile ciarpame, lasciamoci stupire dall’incontro con gli altri, senza credere di avere già con noi tutta la conoscenza di cui abbiamo bisogno. Lasciamoci toccare e magari anche ferire dal bisogno del fratello, senza doverci coprire di corazze dure e pesanti per difenderci, di avere già spiegazioni e soluzioni pronte per tutto.

Solo una cosa ci serve, dice Gesù: un bastone. Questo, al suo tempo, era il segno del pellegrino, come era lui stesso. Sì, il bastone su cui possiamo poggiare con sicurezza nel nostro pellegrinaggio inviati da Gesù è la Scrittura, appoggio solido e infallibile. Poggiamoci ad essa per prendere le nostre decisioni, per fermarci davanti a chi chiede, per alzare lo sguardo su un orizzonte più vasto, per non perdere mai la speranza di cieli e terre nuove che possano sostituire quelle attuali. Esso ci sostiene nei momenti difficili e ci evita di inciampare negli ostacoli.

Gesù poi invita i suoi discepoli ad entrare nelle case, cioè a non sfuggire dal rapporto personale, intimo con gli altri. Questo ci fa paura, perché ci rende vulnerabili e ci fa scoprire la vulnerabilità degli altri. Noi siamo piuttosto abituati a restare sulla soglia delle case, da dove possiamo gettare uno sguardo, ma senza entrare veramente dentro. C’è bisogno di sedersi accanto, parlare, restare a lungo con il fratello e la sorella, nel luogo della nostra e della loro vita ordinaria, cioè la casa di ciascuno, perché possiamo trasmettere la bellezza della vita con il Vangelo. L’incontro fugace e superficiale, sulla porta, non comunica nulla e ci lascia estranei alla vita degli altri.

Infine Gesù raccomanda di non deprimersi per l’insuccesso: lui ne ha conosciuti tanti, ma allo stesso tempo non ha perso mai la speranza che in futuro qualcosa potesse cambiare. Lo dimostra quel gesto di scuotersi la polvere dai piedi nel lasciare chi non ha voluto accogliere il Vangelo. Anche questo estremo gesto non è una definitiva rinuncia, ma è “come testimonianza per loro” cioè un segnale lasciato perché possa rimanere comunque un segno.

Insomma essere discepoli che annunciano il Vangelo non è un compito per gente speciale. È alla portata di tutti, anche nostra. Basta accettare di uscire da sé e farsi pellegrini, compagni dei fratelli, senza troppe sicurezze e pesanti pregiudizi, pronti a poggiarsi sulla Parola di Dio. Quante volte, chiediamoci, parliamo del Vangelo con altre persone, o raccontiamo del nostro incontro col Signore? Siamo avari e timorosi di farlo, come fosse scortese e inopportuno, ma se siamo convinti che questo è veramente il cuore e il bello della nostra vita, come evitare di dirlo nelle situazioni “opportune e inopportune”, come ci invita a fare l’Apostolo?

Il racconto evangelico di oggi si conclude con la descrizione dei frutti dell’annuncio: cambiamento di vita, liberazione dal male, guarigione. Quei discepoli riuscirono a compiere genti straordinari perché erano portatori non di sé stessi, ma, come dice Paolo, si sono lasciati adottare da Dio e ne hanno ricevuto in eredità la potenza di una parola forte che cambia la realtà.

A noi, fratelli e sorelle, prendere sul serio l’invito di Gesù a compiere i miracoli di bene dei quali tutti nel mondo hanno un grande bisogno.

 

Preghiere 

 

O Signore Gesù, accompagnaci sulle vie della vita perché possiamo seguire te e non la sapienza di questo mondo e realizzare la vita nuova che il Vangelo annuncia,

Noi ti preghiamo

  

O Dio fa’ che usciamo da noi stessi per farci pellegrini come Gesù. Aiutaci ad incontrare i fratelli e le sorelle con il desiderio di essere assieme a loro la tua famiglia,

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci Gesù a non disprezzare nessuna persona, per quanto umile o peccatrice sia, ma ad operare perché per ognuno si realizzi l’incontro con te che cambia e salva la vita, 

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Dio ad essere testimoni credibili e autentici del Vangelo, capaci di viverlo con semplicità e fiducia. Fa’ che vedendo come ci amiamo tutti comprendano che siamo tuoi discepoli,

Noi ti preghiamo

 

Aiuta o Signore chi è povero e indifeso: le vittime della guerra e della violenza, specialmente in Ucraina e Terra Santa, chi è malato o anziano, chi è senza casa, prigioniero, debole. Dona a tutti la tua pace,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi i cristiani ovunque nel mondo, specialmente dove sono perseguitati e ostacolati. Fa’ che la loro audacia nel vivere il Vangelo sia come un seme da cui nasca un futuro di pace per tutti,

Noi ti preghiamo.

 

 

sabato 6 luglio 2024

XIV domenica del tempo ordinario - Anno B - 7 luglio 2024

 



Dal libro del profeta Ezechiele 2, 2-5

In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genia di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».

 

Salmo 122 - -I nostri occhi sono rivolti al Signore.

A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.

 

Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.

 

Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12, 7-10

Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo Spirito del Signore è su di me:
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 6, 1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci parla di stupore, e ce ne presenta due aspetti diversi. Dapprima infatti espone l’atteggiamento stupito dei familiari e compaesani di Gesù davanti alle sue parole e ai segni che compie, e poi, al termine, lo stupore di Gesù davanti alla reazione incredula e diffidente di quelle stesse persone.

I compaesani di Gesù si stupiscono dell’insegnamento che lui espone alla gente radunata nella sinagoga, che probabilmente lo ha visto fin da bambino partecipare alla preghiera, ma il loro meravigliarsi è pieno di fastidio perché il suo pensiero e agire si discosta dalla tradizione del villaggio, dal modo di pensare condiviso da tutti.

È la reazione di stupore per la novità del Vangelo che istintivamente coglie chi lo ascolta perché si discosta così tanto dal buon senso da apparire paradossale. Il Vangelo infatti non è mai una benedizione acquiescente del già esistente, né tantomeno l’invito a trovare un aggiustamento di compromesso fra il bene teorico e il male reale, piuttosto, davanti alla vita degli uomini, esso si pone sempre come un segno di novità e una domanda di cambiamento radicale, e questo suscita meraviglia.

Ma poi, come vediamo nell’episodio evangelico, quello stupore diventa fastidio per la pigrizia spirituale del conservatorismo insito in ciascuno di noi. I compaesani di Gesù non riconoscono più quel figlio del loro villaggio, e non si riconoscono più nelle sue parole e comportamenti, ma questo è sempre vero per chi ascolta il Vangelo. Esso infatti non è lo specchio che riflette il mondo così come è, ma piuttosto è una lente che cambia la visuale, mette a fuoco tanti dettagli che abitualmente sfuggono e restituisce la visione vera della realtà, non più sfocata o deformata dal nostro individualismo egocentrico, dalla pigrizia delle abitudini e dalla comodità del male che ha la forza di esistere già, mentre il bene va sempre costruito.

Questa immagine del mondo osservato attraverso la lente del Vangelo è più vera di quella che noi possiamo avere da noi stessi, perché è come Dio lo vede e come lo ha voluto fin dalla creazione: pacifico, abitato da gente misericordiosa e umana, non divisa da egoismi e asprezze, guarita dalle ferite profonde che il male provoca sui più deboli, ecc… Questa immagine che il Vangelo ci offre del mondo ci appare però un sogno idealistico e utopico, e finiamo per preferire quello che invece noi già conosciamo.

Davanti a questo rifiuto anche Gesù si stupisce: “si meravigliava della loro incredulità.” È la meraviglia piena di tristezza davanti al rifiuto orgoglioso di chi non sa che farsene della salvezza che Gesù è venuto a portare. Sì, quella gente crede di sapere già come va la vita e cosa desiderare. Ha la certezza delle proprie idee e convinzioni. Perché dovrebbe accettare la proposta di un modo nuovo di vivere, che bisogno c’è? A che scopo cambiare idea se si è così convinti di sé? Eppure le prime parole della predicazione di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo” hanno messo bene in chiaro da subito che la prima cosa che Gesù chiede è proprio di cambiare modo di vedere e di agire.

Il Signore è amareggiato davanti a tanta durezza e diffidenza, proprio da parte di coloro che lo conoscevano da lungo tempo e avrebbero potuto più facilmente fidarsi delle sue parole. Ma non basta la familiarità, dice Gesù: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” Spesso anche per noi la familiarità con Gesù, col Vangelo e con le cose della fede ci portano a considerarle così scontate che ormai non ci chiedono più di cambiare nulla della nostra vita.

L’Apostolo Paolo nel brano della seconda lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato riprende questo tema e fa un’affermazione che risuona paradossale: la debolezza è la sua vera forza! È il paradosso della fede cristiana: Gesù fatto uomo, umiliatosi cioè fino a perdere le prerogative divine, fino a farsi uccidere in croce, è la salvezza del mondo, lui che non ha saputo nemmeno salvare se stesso! Paolo si riferisce al fatto che proprio la debolezza della carne lo rende più vulnerabile al Vangelo, perché meno sicuro di sé e forte delle proprie certezze.

L’apostolo parla di una “spina” che lo punge nella carne e costituisce una memoria costante della sua debolezza. Anche noi in questo tempo segnato così pesantemente dalla guerra abbiamo imparato a convivere con la “spina” della violenza fratricida, cioè con la manifestazione di come le persone possano divenire disumane e assassine, tanto da volgere le armi contro coloro che non gli hanno fatto nulla di male, il vicino, il fratello nella fede, i bambini, gli anziani, gli inermi. Questa “spina” deve tenere sempre sveglio il nostro rifiuto di tutto ciò e il desiderio di farci forti di un potere che non sono le armi e la violenza, ma il voler bene, la solidarietà, la cura reciproca, a partire dai più deboli, e a farne il fondamento di un nuovo modo di vivere. Bisogna far sì che il dolore e la morte di tanti in guerra non pieghi verso di sé la nostra umanità, fino a rendere tutto ciò accettabile o addirittura giusto, ma ci faccia desiderare fortemente di trasformare la società odierna sul fondamento della fraternità che raccoglie tutti davanti all’unico Padre e disarma i cuori e le braccia.

Lasciamoci attrarre dal volto bello e umano di una realtà diversa possibile che Dio vuol farci scoprire specchiandoci nel suo Vangelo. Accostandoci con fiducia a Gesù, alle sue parole e ai segni che compie nella storia, scopriamo la bellezza di divenire più simili a lui. Paolo parla di una forza, frutto del riconoscerci poveri e bisognosi e riempiti per questo dalla grazia del Signore che non si fonda su ciò che già siamo, ma sul desiderio di essere suoi discepoli e non di noi stessi.

 

Preghiere 

 

O Signore ti ringraziamo perché ci insegni a non confidare nella forza e nella grandezza degli uomini, ma ci inviti a farci come te: umili servitori e fratelli generosi,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Dio a non disprezzare la novità del vangelo e a non preferire ciò che già conosciamo e sappiamo della vita. Aiutaci a cercare per tutta la vita di imparare da te, e non da noi stessi,

Noi ti preghiamo

 

O Padre onnipotente ti preghiamo per tutti coloro che sono nel dolore e soffrono per la durezza della vita: per chi è anziano e malato, per i prigionieri e i senza casa, per chi è profugo in terra straniera, per chi è in guerra: salva e consola tutti,

Noi ti preghiamo

  

Suscita in noi o Signore un cuore di carne, capace di compassione e misericordia, perché sappiamo restituire con generosità e affetto il tanto ricevuto da te,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi e guida o Dio tutte le famiglie dei tuoi discepoli che ogni domenica si riuniscono attorno alla mensa della parola e dell’Eucarestia, perché siano testimoni di un vangelo che dà vita e speranza,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Signore Gesù chi è abbattuto e senza speranza, fa che l’incontro con te risorto sia per ciascuno occasione di conversione e ritorno a Dio,

Noi ti preghiamo.