sabato 26 luglio 2025

XVII domenica del tempo ordinario - Anno C - 27 luglio 2025

 


Dal libro della Genesi 18, 20-21. 23-32

In quei giorni, disse il Signore: «Il grido di Sodoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sodoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.  Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sodoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».  Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci». 

 

Salmo 137 - Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dei, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita; 
contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano. 

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi 2, 12-14

Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, 
per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!

Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 11, 1-13

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

“Padre, sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione”».

Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo ascoltato il passo del libro della Genesi che precede quello della prima lettura di oggi. In esso si descrive Abramo come l’uomo dell’incontro, che accoglie gli sconosciuti vincendo l’istinto naturale a diffidare di chi non si conosce e a non sentirsi in obbligo di ospitare colui davanti al quale niente ci impegna, come appunto il caso degli estranei che si presentano alla tenda di Abramo di cui parla la Genesi. 

L’intimità con quei tre sconosciuti, che si rivelano poi essere gli inviati del Signore, nata in seguito all’accoglienza rende Abramo fecondo, perché dopo quello che fa per ricevere i tre ospiti ottiene il dono di un figlio, cosa che, dopo tanti anni di sterilità non sperava più. Ma anche, ed è quello che apprendiamo dal brano di oggi, quell’intimità nata tra il patriarca e gli emissari di Dio concede ad Abramo il dono di essere un intercessore potente per la salvezza di una intera città, grande e popolosa come Sodoma.

Gli emissari di Dio lo dicono chiaramente poco prima delle parole che abbiamo ascoltato: “Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra?” Dio si sente in dovere di aprire il suo cuore ad Abramo su quello che sta per fare, proprio perché quell’uomo si è dimostrato amico e pronto ad assumersi una responsabilità grande per il suo popolo, come portavoce del Signore e guida in suo nome. Questo fatto è importante, perché ci dice come sia Dio a prendere l’iniziativa e ad aprire il suo cuore per primo a chi si presenta a lui come l’amico pronto ad accoglierlo. Davanti a questo confidarsi di Dio Abramo inizia una contrattazione da abile mercante per ottenere la salvezza della gente di cui Dio ha deciso l’annientamento. Eppure quella gente è sconosciuta ad Abramo, egli non è di quella città, e sicuramente le loro colpe sono grandi, ma nonostante tutto Abramo sceglie per loro e inizia la trattativa con Dio. Mercanteggia con lui la salvezza di un popolo numeroso. Usa la sua furbizia raffinata di chiedere prima poco, poi sempre di più fino ad ottenere il massimo.

L’atteggiamento di Abramo ci suggerisce una verità molto importante della vita sia degli individui che delle società. E cioè che non si è mai tutti buoni o tutti cattivi, ma che la presenza di una parte, per quanto piccola, di bene è un appiglio valido per sperare che la massa e la maggioranza malvagia tutta intera possa essere redenta.

Abramo non nega il male che c’è in Gomorra e il bisogno di arginarlo con una misura di giustizia, ma contesta che la soluzione sia eliminare il male assieme al bene esistente. Questa concezione è presente anche nel Vangelo, quando Gesù dice (citando Isaia) che “non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta” (Mt 12,20), o di non strappare la zizzania dal campo di grano per non rischiare di sprecare anche il frutto buono (Mt 13,24-30). Lo stesso vale per l’individuo, che non sarà mai del tutto cattivo, ma può sempre essere recuperato al bene facendo leva sulla parte buona che in ognuno esiste.

La stessa concezione è passata persino nell’ordinamento civile che prevede che la pena detentiva abbia come scopo primario non tanto quello di ricambiare con un male inferto il male causato alla vittima del reato, cioè lo spirito di vendetta, ma piuttosto quello di recuperare il colpevole di un crimine riabilitandolo a svolgere un ruolo costruttivo e proficuo dentro la società.

Dio, e questo appare ancora più straordinario, si lascia convincere e cede all’insistenza di Abramo. Dio cambia idea e muta il suo progetto di porre drasticamente fine ad un mondo corrotto e violento.

E forse, dovremmo chiederci, proprio l’intercessione di un giusto frena ancora oggi l’ira di Dio e lo trattiene dall’eseguire il suo giudizio con decisione e fermezza. Forse, chissà dove, un uomo amico di Dio come Abramo si sta sforzando di far cambiare idea a Dio e lo fa recedere dalla sua decisione: Dio accetta di salvare la città se troverà anche solo cinque giusti.

Cari fratelli e care sorelle, oggi da questa liturgia giunge a ciascuno di noi l’invito ad essere uno di quei cinque giusti che guadagnano la salvezza di un’intera città. Ognuno di noi ha la possibilità di rappresentare quella parte di bene che fa lievitare un’intera società, anche in maniera non eclatante, verso la salvezza che è la giustizia e la pace comune.

Nessun gesto è inutile, nessuna azione è irrilevante, ma contribuisce a motivare la speranza in tutti che una vita migliore è possibile per tutti.

 

Preghiere 

 

O Signore che dal cielo ascolti il grido che sale a te per l’ingiustizia e il dolore degli uomini, accogli l’intercessione dei giusti e perdona il peccato e la violenza così largamente diffusi,

Noi ti preghiamo

  

O Padre buono suscita in ciascuno di noi un cuore accogliete e ospitale alla tua Parola, perché il male che si manifesta nel mondo sia vinto e sconfitto dal bene,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per le vittime delle guerre, per quanti sono morti e per i feriti. Guariscili e lenisci il dolore di quanti hanno perso i loro cari,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Signore a costruire con impegno una società più giusta nella quale ci sia un posto per tutti e nessuno sia schiacciato e oppresso dal male. Rendici operatori di pace che disarmano i cuori violenti e spengono le passioni contrapposte,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni e rafforza o Dio il papa Leone, perché sappia guidare con decisione il gregge dei tuoi discepoli verso un tempo di pace e di giustizia, perchè ciascuno riconosca nell’uomo e nella donna che gli sta accanto il fratello e la sorella che Dio ama come un figlio,

Noi ti preghiamo

  

Guida o Signore su pascoli buoni quanti hanno fame di amore e di senso per la loro vita, fa’ che le comunità dei discepoli siano ovunque un porto sicuro e accogliente per chi è disperso e senza meta,

Noi ti preghiamo.

sabato 19 luglio 2025

XVI domenica del tempo ordinario - Anno C - 20 luglio 2025

 


Dal libro della Genesi 18, 1-10

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

 

Salmo 14 - Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Calossesi 1, 24-28

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

 

Alleluia, alleluia alleluia
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
e producono frutto con abbondanza
Alleluia, alleluia alleluia

Dal vangelo secondo Luca 10, 38-42

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il racconto dell’incontro di Gesù con le due sorelle Marta e Maria sembra a prima vista un elogio dell’inutilità. Maria si presenta come una donna pratica ed energica, e forse ci viene spontaneo riconoscerci in lei. La immaginiamo generosamente indaffarata a preparare un’accoglienza degna all’ospite. Che c’è di male? Ed è altrettanto normale che provi un senso di meraviglia nei confronti della sorella, la quale, invece, se ne sta senza fare nulla. Eppure, per assurdo, Gesù apprezza l’inerzia di Maria e sembra svalutare l’energico darsi da fare di Marta.

Che senso ha?

Il brano che abbiamo ascoltato ci rappresenta bene la paradossalità del giudizio e del comportamento di Gesù, il quale tante volte sembra rovesciare il valore che ordinariamente si dà alle cose della vita. Gesù ci invita sempre a guardare al mondo, agli altri e a se stessi con uno sguardo diverso, dalla prospettiva di Dio, cosa che noi facciamo fatica a fare.

Gesù nel brano ascoltato legge in profondità il cuore delle due sorelle, così come il loro atteggiamento lo manifesta. Marta ha al centro della propria attenzione sé stessa, e lo si vede non tanto dal suo darsi da fare, che di per sé non è sbagliato, ma dal tono aspro del suo rimprovero: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” La sua recriminazione è più nei confronti di Gesù che della sorella, come a rivendicare più attenzione per sé. E poi non esita a rivolgergli un comando secco ed arrogante: “Dille dunque che mi aiuti.” Quelle parole rivelano il cuore di Marta e i sentimenti che lo occupano. Gesù è solo il motivo per rivendicare i propri meriti e mettere in cattiva luce la sorella. Possiamo dire che persino il cibo che sta preparando per l’ospite è avvelenato da questa sua arroganza saccente.

Di Maria invece si dice poco, solo che ascoltava, ai piedi di Gesù. È come sopraffatta dal desiderio di ascoltarlo, di manifestare cosa c’è al centro del proprio interesse e di riempire il proprio cuore della sapienza che Gesù riversa su chi lo ascolta.

Ecco allora il senso dell’elogio che Gesù fa dell’apparente “inutilità” di Maria, la quale in realtà fa molto di più di Marta: tiene a bada il proprio ego e la smania di apparire e di essere al centro e fa spazio a Gesù. Lei costruisce la propria interiorità di discepola, cioè quella roccia che è l’unica sulla quale, racconta il Vangelo, ha senso costruire l’edificio del proprio agire, perché non crolli rovinosamente.

Maria invece ha scelto di dare solo sfogo alla propria naturalezza un po’ greve e sicura di sé, rivelando la convinzione di non aver nulla da imparare da Gesù, e infatti non lo ascolta, non si fa mettere in dubbio dalla sua accondiscendenza per Maria inerte, vuole solo fare bella figura.

Dicevo, all’inizio, che Gesù sembra elogiare l’inutilità dell’atteggiamento di Maria, e questo è vero se consideriamo “inutile” tutto ciò che non mette al centro sé stesso e la smania di apparire: la preghiera, l’ascolto dell’altro, l’umiltà, la padronanza sul proprio istinto, il lavoro paziente su di sé per convertirci al modo di vedere e di agire di Gesù.

Certo anche l’azione conta, e Gesù, come notavamo domenica scorsa, chiede al dottore della legge di mettere in pratica concretamente quello che sa che è giusto e buono: “Va’ e anche tu fa lo stesso.” Ma c’è altrettanto bisogno di costruirsi prima un terreno solido e roccioso sul quale fondare il proprio agire.

È quello che facciamo qui assieme la domenica.

Nella logica “pratica” anche la liturgia è inutile: perché doversi radunare tutti insieme, non sarebbe più pratico starsene ognuno a casa propria? Perché stare tanto tempo ad ascoltare brani della Scrittura che conosciamo già? Perché ripetere tante formule sempre uguali? Perché nutrirsi del corpo e sangue di Cristo? E così via. Ma Dio sa che abbiamo bisogno di un lento e costante lavoro di edificazione della nostra interiorità, che le parole ascoltate e ripetute ci aiutano a modellare la coscienza che abbiamo di noi stessi e del mondo, che la Parola di Dio anche se è sempre la stessa apre ogni volta squarci nuovi di consapevolezza e di sapienza, che il corpo e sangue di Gesù è un cibo materiale e spirituale allo stesso tempo come materiale e spirituale deve essere il nostro agire nel mondo, che vivere tutto ciò assieme in una comunità ci aiuta a non mettere al centro se stessi  ed a sentirci parte di un popolo largo amato da Dio nel quale c’è posto per ognuno, ecc…

Ecco allora l’invito che è rivolto oggi anche a noi: occuparci di ciò che conta di più, cioè che viene prima, che è fondamento necessario del nostro agire, perché gli dà valore e lo qualifica. E questo “che conta di più” è la Parola del Signore, la sapienza che comunica a chi si fa discepolo, spogliando se stesso dalla naturalezza ingombrante e facendo così spazio al suo Spirito trasformatore.


 Preghiere

Ti ringraziamo o Signore perché ci sei venuto incontro e ci hai accolto come un umile amico e compagno della nostra vita. Fa’ che sappiamo imitarti accogliendo ogni fratello e ogni sorella che incontriamo,

Noi ti preghiamo

  

O Gesù ti preghiamo per tutte le vittime del terrorismo e della guerra. Consola chi oggi è nel dolore e suscita sentimenti di riconciliazione in tutti.

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Signore la frettolosità e superficialità del nostro incontro con te. Aiutaci ad ascoltare la tua Parola con cuore aperto e accogliente, per modellare la nostra umanità sulla tua.

Noi ti preghiamo

  

O Gesù vero amico dell’uomo, aiutaci a sederci con disponibilità ai tuoi piedi come fece Maria, per non perdere nemmeno una delle parole che ci rivolgi,

Noi ti preghiamo

 

Insegnaci o Padre misericordioso le vie del perdono e della pace come vittoria sull’odio e la sopraffazione che tanto dolore causano nel mondo. Rendici imitatori del Signore che è mite e umile di cuore,

Noi ti preghiamo

  

Salva o Dio quanti soffrono per la povertà e l’abbandono, per le vittime dell’ingiustizia e della mancanza di umanità. Libera tutti dal giogo pesante che li opprime e dona salvezza a ciascuno,

Noi ti preghiamo.

sabato 12 luglio 2025

XV domenica del tempo ordinario - Anno C - 13 luglio 2025

 

 


Dal libro del Deuteronomio 30, 10-14

Mosè parlò al popolo dicendo: «Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima. Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».

 

Salmo 18 - I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 1, 15-20

Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 10, 25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato alcune parole del vangelo di Luca che conosciamo bene, tanto che sono divenute proverbiali. Si dice infatti “fare il buon samaritano” di colui che un po’ ingenuamente s’illude di risolvere le ingiustizie facendosi carico di situazioni particolarmente difficili.

Ma questa parabola di Gesù non mette in luce tanto il tema del rapporto con i bisognosi del nostro aiuto, quanto piuttosto l’atteggiamento che l’uomo deve avere nei confronti della Scrittura. Gesù rivolge queste parole ad una persona che aveva interrogato Gesù su come ottenere la salvezza. Egli non è uno sprovveduto, anzi conosce bene la Scrittura e sa già la risposta a questa domanda: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso.” Egli è in grado di fare come una sintesi di tutta la Torah e Gesù davanti a ciò non ha altro da dire che: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai.

Il Signore cioè mette in evidenzia che conoscere la via per giungere alla salvezza non basta, bisogna percorrerla. Davanti a questo invito emerge il vero nodo che stringe quell’uomo, buon conoscitore della Legge, ma restio a mettere in pratica questa conoscenza.

Preferisce restare sul terreno della dottrina, per sfuggire la prassi, ed ecco che chiede a Gesù chi è questo prossimo di cui parla la Scrittura e del quale ciascuno è chiamato ad occuparsi in quanto credente. Egli vuole una definizione chiara: è il parente? O il vicino di casa? O il correligionario? O chi altro rientra in questa categoria? Scopo della domanda è circoscrivere la casistica, sapere quando una persona è tenuta ad aver cura di qualcuno e quando invece è libera di ignorarlo.

Se vogliamo il suo è il tipico atteggiamento legalista o moralista di una certa religiosità, giudaica ed anche cristiana, che limita i propri obblighi religiosi all’osservanza di alcune prescrizioni, in modo scrupoloso ma senza necessità di andare oltre la loro mera applicazione formale.

È questa la mentalità dei due uomini dei quali parla Gesù, i quali passano davanti all’uomo mezzo morto e proseguono per la loro strada. Essi sono persone di religione, probabilmente si stavano recando a Gerusalemme per officiare il culto, il compito che dovevano adempiere per essere a posto con la legge. Avere a che fare con un moribondo, avvicinarsi troppo o addirittura toccarlo li avrebbe posti in una condizione d’impurità che avrebbe loro impedito di svolgere il loro ruolo religioso di levita e sacerdote. Un buon ebreo non avrebbe potuto condannarli: avevano fatto il loro dovere per non contravvenire alla legge del culto.

Gesù però smaschera l’ipocrisia che sta dietro a questa mentalità, portando l’esempio di un terzo uomo, il quale passa, vede, ha compassione e si prende cura del moribondo, non lo lascia morire. Eppure egli è un samaritano, cioè appartiene ad una minoranza etnica che praticava un ebraismo eretico: non andavano al Tempio di Gerusalemme e non osservavano tante delle leggi ebraiche. Eppure, sembra dire Gesù, la sua umanità lo porta a obbedire al comandamento più profondo, che è quello della pietà per il sofferente e della cura sollecita dell’altro che si trova in una condizione di così grande bisogno.

Quell’uomo, magari nemmeno troppo esperto in cose di religione, ha ascoltato una voce più profonda della legge formale, obbedisce al senso di umanità scritta nel suo cuore, come chiede di fare il brano del deuteronomio che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica.” La parola di Dio, ci dice Gesù, se resta codificata in norme di comportamento esteriori e scritta sulla carta è lettera morta, ma se entra nel cuore e diventa azioni concrete è parola viva, che entra cioè nelle vicende umane e le modifica.

In effetti seguire il comando dell’umanità ha fatto sì che il samaritano cambi decisamente il suo programma. Invece di andare fino a Gerusalemme come era nei suoi programmi, si ferma con l’uomo ferito, fa tutto quello che può per prestargli il soccorso immediato e poi porta il malcapitato alla locanda e si ferma lì una notte con lui. Continua a preoccuparsene anche quando è andato via, promettendo di tornare e di farsi carico di tutto quello che sarà necessario in seguito.

Il samaritano non era tenuto a farlo, niente lo legava a quel giudeo caduto in disgrazia. Anzi, tutto li divideva: etnia, religione, gruppo sociale. È la sua scelta di farsi vicino a lui nonostante tutto che lo rende suo prossimo, e non un comandamento o una casistica.

L’uomo che aveva interrogato Gesù non può fare a meno di riconoscere che è quest’ultimo ad aver osservato realmente la legge, perché ha ascoltato quella scritta nel cuore, mentre gli altri due, pur formalmente ineccepibili nel loro comportamento, ne avevano infranto lo spirito profondo, restando alla superficie della norma scritta.

Ecco allora che Gesù rivela con le sue ultime parole il capovolgimento che il Vangelo porta nelle vite degli uomini. La questione non è di essere scrupolosi nell’applicare le leggi, le consuetudini, le tradizioni ma di considerare la Parola di Dio una voce che parla dal cuore, che incarna cioè il senso di umanità più autentico e sincero, quello che Gesù stesso manifesta.

Le ultime parole di Gesù sono un invito perentorio a chi lo aveva interrogato: “Va’ e anche tu fa’ così.” Non si tratta di esprimere ideali o riaffermare i tanto conclamati valori, si tratta invece di una prassi da applicare, di un agire secondo la legge di umanità che talvolta contrasta con il buon senso o le norme. Da essa, e non da altro, dice Gesù, ci giunge la salvezza che fa ereditare la vita eterna.

 

Preghiere 

 

O Signore Gesù, buon samaritano delle nostre vite, soccorrici quando lasciamo morire il nostro cuore dietro i muri dell’indifferenza e della freddezza. Insegnaci la compassione che tu per primo hai provato per noi e che abbatte ogni muro di divisione,

 Noi ti preghiamo

  

O Dio del cielo, ti ringraziamo perché hai attraversato i cieli per farci giungere la tua Parola e per renderla familiare alla nostra vita. Perdona la nostra durezza di cuore che l’allontana e la rende estranea.

 Noi ti preghiamo

 

Salva o Padre buono le nostre vite, spesso incapaci di compassione per chi sta male. Insegnaci a vivere con sensibilità e disponibilità e a fermarci accanto a chi sta male.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per quanti in questo tempo soffrono per la guerra e il terrorismo. Per le vittime della violenza, per quanti sono uccisi e feriti,

Noi ti preghiamo

 

Guida e proteggi o Dio il nostro papa Leone, perché il suo annuncio di mitezza e riconciliazione raggiunga i cuori divisi e li convinca alla pace,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per ciascuno di noi, perché in questo tempo di dispersione e distrazione non siamo concentrati su noi stessi, ma restiamo aperti e disponibili alla tua voce,

Noi ti preghiamo.

sabato 5 luglio 2025

XIV domenica del tempo ordinario - Anno C - 6 luglio 2025

 


Dal libro del profeta Isaia 66, 10-14
Rallegratevi con Gerusalemme,
esultate per essa tutti voi che l’amate.
Sfavillate con essa di gioia 
tutti voi che per essa eravate in lutto.
Così sarete allattati e vi sazierete
al seno delle sue consolazioni;
succhierete e vi delizierete
al petto della sua gloria.
Perché così dice il Signore:
«Ecco, io farò scorrere verso di essa,
come un fiume, la pace;
come un torrente in piena, la gloria delle genti.
Voi sarete allattati e portati in braccio,
e sulle ginocchia sarete accarezzati.
Come una madre consola un figlio,
così io vi consolerò;
a Gerusalemme sarete consolati.
Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore,
le vostre ossa saranno rigogliose come l’erba.
La mano del Signore si farà conoscere ai suoi servi»

Salmo 65 - Acclamate Dio, voi tutti della terra. 
Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!».

«A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.

Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.

Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati 6, 14-18

Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.  Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
La pace di Cristo regni nei vostri cuori;
la parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.
Alleluia, alleluia, alleluia.
  

Dal vangelo secondo Luca 10, 1-12. 17-20

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città». I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, il Vangelo di Luca ci descrive Gesù in viaggio verso Gerusalemme e il suo “metodo” di mandare avanti a sé i discepoli a preparare il terreno per l’incontro della gente con lui, per accogliere il seme del Vangelo.

Innanzitutto il numero di settantadue discepoli non è casuale. Settantadue, secondo la tradizione ebraica, erano le nazioni della terra. È come dire che questo invio dei discepoli apre l’orizzonte evangelico a tutti i popoli, a tutte le nazioni, a tutte le culture. Per Gesù nessuno deve restare escluso dall’annuncio del Vangelo. La Pentecoste, quando tutte le nazioni che sono sotto il cielo “udirono annunziare nelle loro lingue le grandi opere di Dio” (At 2,11), inizia già qui, proprio mentre Gesù muove i suoi passi verso Gerusalemme.

Proprio perché il suo sguardo è rivolto a tutti, fino ai confini della terra, Gesù sottolinea ai discepoli la grandezza della loro missione: “La messe è molta”. Nessuno è escluso dalla sua preoccupazione e, di fronte a questa moltitudine immensa, con un accento di tristezza, aggiunge: “ma gli operai sono pochi”. Sì, c’è una sproporzione tra l’enorme attesa e il piccolo numero di discepoli.

Questa notazione del Signore ci deve fare innanzitutto pensare a quanto ciascuno di noi sia indispensabile: nessuno è esentato dalla responsabilità dell’annuncio del Vangelo, che consiste, come avviene per quei settantadue, nel preparare l’animo di chi incontriamo ad incontrare Gesù, le sue parole, la sua presenza viva. Non siamo noi infatti il contenuto dell’annuncio, né lo è la straordinarietà delle nostre azioni, ma la bellezza e la gioia del vangelo.

Inoltre non si tratta di una semplice sproporzione numerica, è anche nella qualità dell’annuncio. Anche questa è una sfida che dobbiamo raccogliere.

Noi forse siamo pochi e certamente dobbiamo crescere anche nel numero. Ma anche se fossimo numerosissimi, senza vivere un’esistenza evangelica non possiamo fare nulla. Il problema è che siamo un lievito poco vivace, un sale poco saporito, una luce poco vivida. Ecco perché attorno a noi si fa fatica spesso a percepire la presenza operante di Dio.

Questa è la preoccupazione che il Signore vuole comunicarci. Ma cosa vuol dire essere bravi operai? Il Signore lo suggerisce ai 72 con brevi ma densi cenni.

Innanzitutto, Gesù, di fronte a una messe così grande, manda i discepoli due a due. Non era più logico mandarli uno a uno e raddoppiare così i luoghi raggiunti? Gregorio Magno scrive che Gesù mandò i discepoli due a due perché la prima predicazione fosse innanzitutto il loro amore vicendevole. Questo vuol dire essere lievito, sale e luce. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). Il volersi bene dei fratelli è il primo e più efficace annuncio evangelico.

Poi dobbiamo notare che Gesù guardando al mondo non dice: “Vi mando nel deserto arido e incolto”, ma “la messe è abbondante”. Cioè lo sguardo di Dio sa cogliere innanzitutto il buono che già è germogliato nelle persone e chiede ai suoi discepoli di valorizzarne il frutto, di raccoglierlo perché non vada perduto, svilito e sprecato. Cioè attorno a noi dobbiamo saper cogliere i segni di un bene che Dio stesso ha seminato e coltivato, anche attraverso altri che ci hanno preceduto, ma che ha bisogno di essere preservato e raccolto perché non vada perduto.

Il compito dei missionari si riassume in tre azioni che Gesù indica chiaramente: portare la pace, guarire i malati, annunciare che il Regno di Dio è vicino, cioè è possibile e raggiungibile. Il primo passo è contrastare l’azione divisiva del male che mette gli uni contro gli altri. Quante energie sono sprecate nel rivaleggiare, quanto lavoro è sprecato nel fare a meno a tutti costi degli altri. Il secondo è far gustare l’amore di Dio che risana le vite distorte dalla forza del male che fa soffrire e fa ammalare. Il terzo è donare una prospettiva a chi ha perso la speranza in un futuro migliore, indicare un traguardo felice verso cui incamminarsi, quel regno di Dio che non è un’utopia impossibile, ma è vita buona realizzabile e alla portata di ciascuno.

Allora, la Gerusalemme verso la quale il Signore si incammina e che ci indica come meta del nostro cammino, è la città ove tutti gli uomini, tutte le nazioni, tutti i popoli si ritrovano raccolti come una sola famiglia. Per questo ci deve preoccupare la tendenza della nostra cultura di questo tempo ad enfatizzare l’identità individualista, personale o di gruppo, di nazione, di razza, che suscita sentimenti e atteggiamenti di contrapposizione e rivalità fino a sfociare nella guerra, ma anche il dileggio per la generosità, indicata come pericolosa ingenuità o temerarietà, la volgarità con cui il bene è apertamente disprezzato.

Fratelli e sorelle, non è facile camminare come discepoli, tentati come siamo di fermarci in un angolo confortevole, ma abbiamo la forza che è la pace donata dal Signore e l’amore vicendevole che la manifesta. Sì, è vero, la nostra fede appare una “forza debole”, così vulnerabile e che rischia sempre di soccombere; è debole perché non ha né armi, né arroganza; eppure è a tal punto forte da spostare i cuori degli uomini pesanti a volte come montagne.

La conclusione del brano evangelico ce lo conferma: “I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”. C’è dunque un potere dato ai discepoli: quello di voler bene agli uomini a ogni costo e sopra ogni cosa. Questo è l’unico grande e fortissimo potere del cristiano che nessuno può sottrarci. Non esiste supremazia politica o culturale, non esiste potere economico o altre armi che possano incidere sulla vita del mondo tanto quanto il granellino di senape di fede in lui e di amore per gli altri che il Signore ci dona.

 

Preghiere 

 

O Signore Dio nostro, ti ringraziamo perché vieni nelle nostre vite a portare la novità del vangelo. Fa’ che sappiamo accoglierla con gratitudine, come la salvezza che il mondo attende,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Signore a non aver paura della novità del vangelo, a non preferire ciò che già conosciamo e che il mondo ci propone. Insegnaci ad avere fiducia in te che ci guidi verso un nuovo modo di vivere,

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Dio del cielo, vieni e visita la nostra vita, perché ogni nostra azione sia guidata dal tuo Spirito e animata dal desiderio di realizzare il bene che tu hai preparato per le nostre vite.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo, o Signore, per tutti coloro che sono nel dolore: per i poveri, i malati, gli anziani, le vittime delle guerre, della violenza e del disprezzo. Fa’ che i tuoi discepoli siano operatori di pace e costruttori di giustizia dove ce n’è più bisogno.

Noi ti preghiamo.

 

O Dio, aiutaci a vivere il bene che ci proponi. Fa’ che incontrando ogni uomo e ogni donna sappiamo riconoscervi il fratello e la sorella che ci doni e per i quali continui a offrire tutto te stesso come un Padre buono e pieno di misericordia. 

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Signore Gesù quanti lodano il tuo nome e invocano il tuo aiuto. Mostrati in ogni momento pastore buono delle nostre vite, maestro mite ed umile dei tuoi discepoli nel mondo.

Noi ti preghiamo