sabato 15 novembre 2025

XXXIII domenica del tempo ordinario, giornata mondiale dei poveri - Anno C - 16 novembre 2025

 



Dal libro del profeta Malachìa 3, 19-20

Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

 

Salmo 97 - Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.

Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani, +
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra.

Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 3, 7-12

Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 21, 5-19

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, oggi la Chiesa celebra in tutto il mondo la nona “Giornata mondiale dei poveri” che papa Francesco ha voluto istituire per mettere al centro della nostra attenzione la realtà di quanti sono “scartati” nella nostra società e non attraggono la nostra attenzione. Sì, il papa ha sentito il bisogno di un richiamo esplicito al ruolo che i poveri hanno nel piano di salvezza annunciato da Gesù, cioè quella “buona notizia – vangelo” che è venuto a portare.

I poveri nella narrazione evangelica svolgono un ruolo unico: infatti essi sono gli unici con i quali egli si è identificato (“quello che avete fatto ad uno di questi piccoli lo avete fatto a me”); gli unici che ha dichiarato beati (“beati i pover, i perseguitati”), assieme a quanti sono loro amici; gli unici che ha esplicitamente indicato come i primi destinatari del suo Vangelo (“i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”); quelli ai quali promette la sua vicinanza speciale che dona conforto e salvezza (“venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò”); quelli che più facilmente hanno accesso al Regno di Dio (“è più facile che un cammello entri per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei cieli”).

Ebbene questa è la prima cosa sulla quale l’odierna giornata mondiale dei poveri vuole farci soffermare: i poveri non sono una realtà trascurabile per chi si dice cristiano. Eppure non sempre noi ne teniamo conto, come interesse e impegno di solidarietà concreta.

Il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato è pieno di riferimenti angoscianti. Vengono preannunciati eventi catastrofici: “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.” Sembra che parli di oggi, che descriva le immagini che così spesso passano davanti ai nostri occhi attraverso i media dell’Ucraina, di Gaza o dei recenti uragani delle Filippine. Ma forse queste parole, più semplicemente, descrivono la forza del male che agisce da sempre nella storia dell’umanità. In ogni tempo infatti, così come oggi, vi sono parti dell’umanità che soffrono per le guerre, le catastrofi, le ingiustizie. Il Vangelo dunque sembra volerci mettere in guardia da un senso scontato circa le vicende drammatiche del mondo e da una certa conseguente indifferenza che ci spinge a ritenere che esse non ci riguardano. Lo stesso potremmo dire anche delle vicende più vicine a noi, dei cataclismi e dei disastri che avvengono nelle vite di tanti individui isolati e che li portano talvolta a vivere come veri e propri naufraghi o sopravvissuti da immani tragedie. Pensiamo ai senza dimora che sono rimasti per strada senza protezione e famiglia, o i migranti sospinte dalle guerre e dalla miseria, o i detenuti costretti a subire una doppia condanna nelle condizioni disumane cui sono sottoposti, tanto che numerosi sono i suicidi.

Davanti a questa realtà il Signore Gesù ci offre un’indicazione precisa: “Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza.” Le ferite che il male causa agli uomini e le donne del mondo, siano esse popoli lontani o persone a noi più prossime, devono essere tutte occasione per “dare testimonianza” cioè per mostrare il nostro amore e, mossi a compassione, offrire aiuto. Come? Sarà il Signore stesso a offrircene “parola e sapienza” cioè ad aiutarci a trovare i modi opportuni, l’importante è non chiudere il cuore nell’indifferenza.

Papa Leone XIV ha dedicato proprio al tema del significato dell’incontro con i poveri per i cristiani e per la Chiesa tutta il suo primo documento, intitolato “Dilexit me”, cioè “Mi ha amato”. Fra le altre cose egli sottolinea un aspetto importante, e cioè non solo quanto noi possiamo essere utili per le persone più svantaggiate e in difficoltà, ma quanto l’incontro amichevole con esse arricchisca di significato e senso la nostra stessa vita: “È una sorprendente esperienza attestata dalla tradizione cristiana e che diventa una vera e propria svolta nella nostra vita personale, quando ci accorgiamo che sono proprio i poveri a evangelizzarci. In che modo? Nel silenzio della loro condizione, essi ci pongono di fronte alla nostra debolezza. L’anziano, ad esempio, con la fragilità del suo corpo, ci ricorda la nostra vulnerabilità, anche se cerchiamo di nasconderla dietro il benessere o l’apparenza. Inoltre, i poveri ci fanno riflettere sull’inconsistenza di quell’orgoglio aggressivo con cui spesso affrontiamo le difficoltà della vita. In sostanza, essi rivelano la nostra precarietà e la vacuità di una vita apparentemente protetta e sicura. A questo proposito, ascoltiamo di nuovo San Gregorio Magno: «Nessuno dunque si senta sicuro dicendo: io non derubo gli altri, perché mi limito a far uso dei beni a me concessi secondo giustizia. Il ricco epulone infatti non fu punito perché volle per sé i beni altrui, ma per aver trascurato sé stesso dopo aver ricevuto tante ricchezze. La sua condanna all’inferno fu determinata dal fatto che nella felicità egli non conservò il sentimento del timore, divenne arrogante per i doni ricevuti, non ebbe alcun sentimento di compassione».” (Dilexit me 109)

Ringraziamo allora il Signore perché il suo vangelo non abbandona i ricchi ai loro vani sogni ingannevoli di autosufficienza e superiorità, ma mette al centro chi è povero e così facendo ci provoca tutti a maturare un’umanità sensibile e generosa, pronta a cogliere le occasioni che ci sono date per riconoscere nei poveri il Signore che ci si fa vicino.

 

Preghiere 

 

Donaci o Signore la sapienza di vivere come tuoi figli poveri e piccoli, bisognosi del tuo sostegno e di edificare una vita buona nutrita del tuo amore,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Dio Padre misericordioso i nostri sforzi di essere tuoi discepoli fedeli, ascoltatori della Parola e docili esecutori dei tuoi comandi,

Noi ti preghiamo

 

Perdona la durezza dei nostri cuori o Dio, che ci fanno cercare la sicurezza in ciò che non vale e non dura. Aiutaci a far affidamento su di te per imparare la vita del vangelo che non  si consuma,

Noi ti preghiamo

  

Guida o Signore Gesù chi ti cerca e non sa come incontrarti; stai accanto a chi si è perduto nelle vie che non conducono a nulla. Indica a tutti la via del voler bene generoso e gratuito come il modo migliore e più appagante di vivere,

Noi ti preghiamo

 

Accogli o Padre del cielo tutte le vittime della violenza, consola i feriti e chi ha perso tutto. Raduna i dispersi e ridona speranza e coraggio a chi deve affrontare la durezza di un futuro incerto,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Signore che la sensibilità e la generosità dei tuoi discepoli soccorra chi è povero e nel dolore a causa della forza del male. Apri i cuori di tutti noi alla compassione per chi sta male,

Noi ti preghiamo.

 

Guida e proteggi o Padre il nostro papa Leone, perché mantenga fisso lo sguardo a te nell’indicare alla Chiesa e agli uomini di buona volontà il cammino del Vangelo verso la salvezza,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Dio tutti i cristiani nel mondo, specialmente i più deboli e i perseguitati. Fa’ che il vangelo sia per loro un sostegno capace di renderli operatori di pace dove prevalgono odi e rivalità,

Noi ti preghiamo

sabato 8 novembre 2025

Festa della dedicazione della basilica lateranense - 8 novembre 2025

 


Dal libro del profeta Ezechiele 47,1-2.8-9.12

In quei giorni, [un uomo, il cui aspetto era come di bronzo] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».

 

Salmo 45 - Un fiume rallegra la città di Dio.

Dio è per noi rifugio e fortezza,
aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare.

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,
la più santa delle dimore dell’Altissimo.
Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.

Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.
Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto cose tremende sulla terra.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 3,9c-11.16-17

Fratelli, voi siete edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Ecco, è giunto il tempo in cui i veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e verità.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 2,13-22

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, festeggiamo oggi la dedicazione della basilica lateranense, cioè della cattedrale di Roma che è considerata come la madre di tutte le chiese, e con essa celebriamo la santità del luogo in cui in tutte le parti del mondo si celebra la Liturgia eucaristica.

Questa festa, celebrata sin dall’antichità con solennità, potrebbe farci sorgere una domanda: che importanza ha il luogo in cui si celebra la messa, non è la stessa cosa qui o altrove?

In fondo le prime comunità cristiane si riunivano per celebrare la cena del Signore nelle case dei cristiani stessi, dove c’era più spazio, e ancora oggi a Roma vi sono le tracce di queste primissime case usate come chiesa. Non è uno spreco l’uso di edificare luoghi così grandi solo per la celebrazione del culto divino? E poi Dio non lo possiamo trovare ovunque, che bisogno c’è di radunarsi qui?

Io credo che ci sia una santità del luogo che viene proprio dal fatto di essere dedicato in modo esclusivo alla celebrazione della liturgia. Santità infatti significa “diversità”, e i santi sono coloro che vivono diversamente dal modo comune. Così il luogo: l’edificio non è santo per una sorta di misteriosa virtù interna, ma perché è un luogo “diverso”, separato dal resto dal mondo, perché in esso non valgono le logiche di tutti e di sempre, ma regna la legge del Vangelo. Ad esempio in passato la chiesa era considerata un “santuario”, e per questo chi si rifugiava in essa non poteva essere catturato dalle forse armate del potere.

L’edificazione stessa della chiesa non è casuale, e la configurazione delle città antiche lo rivela: la chiesa era il luogo più alto, in genere in cima alla collina o al monte su cui si edificavano solitamente i centri abitati; si affacciava su una piazza ampia, che costituiva come un abbraccio alla popolazione che vi si dirigeva per la celebrazione liturgica; era un luogo che per configurazione architettonica si distingueva subito dagli altri edifici: c’erano la facciata, il campanile, la cupola, ecc… a renderlo immediatamente riconoscibile. Essa in genere era dedicata al Santo locale, ne conservava la memoria e attorno ad esso si costruiva anche l’identità del popolo, con le sue feste, le storie e le leggende che vi erano legate, i racconti miracolosi tramandati nel tempo ad avvalorare la straordinarietà di quel luogo. Insomma la chiesa era un luogo “altro” rispetto al resto della città. Potremmo dire che in esso si respirava un’altra aria, la bellezza circondava chi vi entrava e tutto parlava di un mondo diverso da quello comune, dalle immagini al profumo dell’incenso, dalla stessa configurazione degli spazi per il popolo, il coro, il presbiterio, ecc…

Tutto ciò non per dire che bisogna rimpiangere il passato e guardarvi con nostalgia come all’epoca d’oro del cristianesimo.   

Io credo che dobbiamo oggi difendere dalla banalizzazione e omologazione di tutto la necessità che il luogo in cui si celebra la messa comunichi un messaggio, e questo è possibile non solo per la bellezza e dignità del luogo, esso può essere anche umile e semplice, ma se la comunità che vi si raduna vive con unanimità e profondità lo spirito evangelico che rende possibile l’incontro che vi si realizza, fra gli uomini e con Dio.

Innanzitutto in chiesa la centralità non è di nessuna persona, ma dell’altare e dell’ambone, i due luoghi che si ergono più elevati di tutti: sono la tavola sul quale ci è offerto come cibo sia il corpo e il sangue di Cristo che la sua Parola, affinché settimanalmente ce ne nutriamo. Il protagonismo è del Signore, a lui tutti siamo rivolti. In chiesa tutto il popolo si riunisce, senza differenza di età, di ceto sociale, di provenienza nazionale, di istruzione. È il popolo di Dio, bello e santo proprio perché raccoglie tutti in un unico abbraccio. Qui ognuno ha un posto, e la presenza di ciascuno di noi è una ricchezza alla quale non vogliamo rinunciare. Qui colui che nel mondo è considerato l’ultimo, il più peccatore o il più umile, e chi invece è onorato e riverito hanno la stessa dignità, perché siamo radunati non per i nostri meriti, reali o presunti, ma per il nostro bisogno di essere convocati, incontrati, amati da Dio.

Già solo queste pochi elementi fanno di questo luogo un luogo santo, cioè diverso da tutti gli altri perché in esso vigono non le leggi e le consuetudini del mondo, ma la legge di Dio e del suo Vangelo. Ecco allora la bellezza di poter avere a disposizione un luogo che ci ricorda periodicamente e ci educa ad uno stile di vita, affinché conformi tutta la nostra esistenza.

Nel Vangelo abbiamo ascoltato cosa fece Gesù nel tempio invaso da mercanti e cambiavalute. Essi non facevano nulla di male, ed anzi la loro presenza era anche utile alla gente che saliva al tempio e doveva offrire animali in sacrificio e monete come offerta, ma il problema era che il tempio così diveniva un luogo uguale mondo, in cui valeva la logica commerciale, si vendeva e si comprava, si facevano affari come ovunque in città. Perdeva così la sua differenza, preziosa per fondare il rapporto personale con Dio di chi in esso poteva raccogliersi in preghiera.

Anche da questo luogo fisico, e da ciò che in esso siamo chiamati a vivere, prende infatti forma tutta la nostra esistenza cristiana. Non a caso il Concilio definiva la liturgia che vi si celebra come “la fonte e il culmine” della vita cristiana. Un luogo dal quale tutto nasce e dove tutto trova il suo traguardo massimo, in essa non solo impariamo ad amare, alla scuola di Cristo, ma in essa sperimentiamo e viviamo il massimo di quell’amore, se siamo capaci di riconoscere nei gesti, nelle parole e nelle azioni che compiamo la realizzazione dell’amore che Dio ci comunica. L’immagine usata da Ezechiele del santuario come sorgente di un flusso di acqua buona che santifica tutto ciò che avvolge rende bene ciò che qui siamo chiamati a vivere: da questa sorgente del corpo e sangue di Cristo e della Parola di Dio ci abbeveriamo perché anche attraverso di noi essa possa raggiungere tutti gli angoli del mondo, quelli più nascosti e lontani. Dissetiamoci allora da essa venendo in questo luogo per gustare la diversità della vita evangelica. Non per sentirci migliori o per assolvere un obbligo cui siamo abituati, ma per far nostra la responsabilità di portare la vita che qui sgorga, santificata dalla presenza del Signore, ovunque andiamo.

 

Preghiere 

 

O Dio nostro padre, aiutaci a rispondere con gioia al tuo invito a radunarci in questo luogo per ricevere il dono del tuo Copro e Sangue e per ascoltare la tua Parola,

Noi ti preghiamo

  

O Signore, fa’ che raccolti attorno alla mensa del tuo Corpo e Sangue e della tua Parola scopriamo la bellezza di un modo di vivere che non si adatta alle leggi del mondo ma segue docilmente te, nostro buon pastore,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per tutti i discepoli che la domenica si radunano in tutte le chiese del mondo per essere un’unica famiglia alla tua sequela. Fa’ che scompaiano divisioni e ostilità, e che tutti viviamo il tuo amore che ci costituisce fratelli e sorelle di un unico Padre,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Padre del cielo, che questo luogo in cui ci raccogliamo a pregare sia sempre accogliente e nel nostro stare insieme chiunque possa riconoscere i segni inconfondibili dell’amore di Dio,

Noi ti preghiamo

 

Fa’ o Signore Gesù che ogni uomo e donna trovi un posto nelle chiese del mondo e nelle comunità che le abitano. Perché nessuno sia escluso perché povero, straniero, sconosciuto, nemico. Fa’ di tutte le chiese un luogo di protezione e una casa per tutti, specie i più piccoli

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Dio proteggi le comunità riunite in preghiera nelle tue case nel mondo intero, specialmente lì dove mani violente uccidono e perseguitano. Fa’ che la pace regni in tutti i luoghi,

Noi ti preghiamo.

 

 Accogli e santifica la nostra vita o Padre santo, noi te la presentiamo qui ogni domenica perché tu la trasformi e la renda capace di trasmettere a tutti il messaggio salvifico del Vangelo,

Noi ti preghiamo

 

Guida e proteggi o Dio il nostro papa Leone. Fa’ che rafforzi con l’esempio e con la parola la chiesa edificata sulla tua Parola e la renda sempre più conforme al tuo esempio,

Noi ti preghiamo

sabato 1 novembre 2025

Commemorazione dei fedeli defunti - anno C - 2 novembre 2025

 


Dal libro di Giobbe 19,1.23-27a

Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

 

Salmo 26 - Contempleremo il Signore nella terra dei viventi

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: +
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5,5-11

Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Chiunque vede il Figlio e crede in lui

avrà la vita eterna;

Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 6,37-40

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi facciamo memoria dei defunti. È un’occasione che ogni anno ci viene offerta per pregare per i nostri cari che ricordiamo con affetto, ma anche per tutti quelli che nessuno ricorda, che sono scomparsi nell’anonimato e che solo Dio nel suo amore fedele ricorda e accoglie nel suo regno.

Ma questa ricorrenza è anche l’occasione per soffermarci, almeno una volta l’anno, sulla realtà della morte e su cosa ci attende dopo di essa, argomenti che in genere rifuggiamo perché ci turbano. I brani della Scrittura che oggi abbiamo ascoltato ci aiutano a orizzontarci su di un tema così spinoso.

Ieri, nella celebrazione della festa di tutti i santi, ricordavamo chi ci ha preceduto e vive ora nella compagnia di Dio, in una dimensione in cui non esistono quelle mezze misure nelle quali noi siamo abituati a vivere. Noi infatti per lo più cerchiamo sempre di barcamenarci fra le difficoltà del vivere quotidiano accontentandoci di un compromesso onorevole fra le esigenze del bene e la difficoltà a realizzarlo, fra i pericoli del male e il fascino che egli esercita con le sue illusioni. Ma se questo compromesso in qualche modo ci è possibile qui nella nostra vita terrena, la dimensione che ci attende e nella quale già si trovano coloro che sono defunti è la realtà della chiarezza e della decisione: o salvezza o perdizione, o bene o male. Non esiste un bene che è anche un po’ male o un male che si stempera nel bene. Non a caso in tutte le grandi tradizioni religiose non c’è via di mezzo: o inferno, o paradiso.

Davanti a questa radicalità della realtà dopo la morte si può essere tentati di fuggire in due modi: uno è negare che esista un oltre dopo l’esistenza terrena; l’altro è evitare in tutti i modi di farsi interrogare da quella dimensione così diversa dalla nostra e che non lascia compromessi di comodo. La scelta della Chiesa di farci fermare, almeno una volta l’anno, sulla realtà di quanti sono già entrati nella presenza di Dio ci aiuta a non fuggire, ma a farci loro vicini, non solo nella preghiera e nel ricordo affettuoso, ma anche con la riflessione sul senso della vita che la Scrittura ascoltata oggi ci propone.

Sì, è necessario farci illuminare fin da subito dalla luce dell’eternità che è l’assenza di compromesso fra bene e male che caratterizza la vita dopo la morte, per poter scegliere con decisione fin da subito di vivere il bene, come il Vangelo ci invita a fare.

È la scelta che fa il profeta Giobbe con quelle sue parole così decise: “vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. Questa certezza, affermata in modo così deciso, è maturata da Giobbe dopo che è stato messo alla prova assai duramente, da lutti, malattie e abbandoni. Tutto questo dovrebbe spingere Giobbe a ridimensionare la sua fiducia in Dio e nella possibilità di vivere il bene, e a rassegnarsi alla forza invincibile del male con la quale bisogna scendere a patti. È la tentazione che viviamo anche noi. Ma Giobbe sceglie invece per la certezza della presenza di Dio nella sua vita, al cui cospetto egli si mette per farne suo il modo di pensare e di agire, così diversi da quelli normali.

Il primo elemento dunque che la memoria dei defunti ci pone davanti è la necessità di maturare, come Giobbe, una fiducia in Dio che va al di là delle difficoltà presenti. Ben modesto sarebbe infatti un rapporto che regge solo nella buona sorte e si rompe invece nei momenti di difficoltà.

San Paolo nel brano della lettera ai Romani fa sua la scelta di fiducia di Giobbe, e va oltre. L’Apostolo aggiunge che la certezza con cui, assieme a Giobbe, possiamo affidarci a Dio non è tanto frutto di uno sforzo di volontà dell’uomo, ma è il risultato della constatazione di un amore così grande che non si è curato che fosse da noi ricambiato o meritato, ma che si è donato anche se non riceveva nulla in cambio. Egli scrive: “Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” È questa misura larga di amore che ci spinge a confidare in Dio. Un amore così gratuito non ha limiti, nemmeno quelli della morte. Non accetta compromessi e non delude mai perché è fedele fino alla fine. Questo è il secondo elemento: possiamo fidarci di Dio perché lui si è fidato e ci ha amati per primo e senza condizioni e la sua fedeltà è senza limiti.

Infine l’evangelista Giovanni ci riporta alcune parole di Gesù dalle quali possiamo trarre, ancora una volta, il fondamento sul quale basare la nostra fiducia in Dio.

Gesù infatti ci spiega che non sarà la decisione dell’uomo, la sua forza di volontà, le sue capacità o la sua integrità a salvarlo, ma la fedeltà di Dio, nonostante tutto e contro ogni evidenza, pur di salvarlo: “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.” Unica condizione che ci è posta è quella di non rifiutare questa volontà e lasciarci da lei determinare per il bene.

Tutte queste ragioni ci rafforzano nella scelta di fidarci del Signore e di trovare in lui motivi di speranza per un futuro che non è destinato al nulla o abbandonato a se stesso. Questa stessa speranza ci spinge a credere che anche i nostri cari e tutti coloro che, passando da questa vita, si sono affidati a lui non hanno creduto invano, ma hanno continuato a trovare in Dio il Padre sollecito e amorevole che sempre li ha accompagnati.

 

 Preghiere

 Ti preghiamo o Signore per tutti i nostri cari, amici e parenti i cui nomi ti presentiamo. Accoglili nella tua infinita bontà e misericordia, perché possano godere in eterno della vita che non finisce,

Noi ti preghiamo

 

Ti ricordiamo, o Padre tutte le persone defunte che non sono ricordate da nessuno. Perché la solitudine e l’abbandono in vita vengano riempite dal tuo amore in cielo,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio, vinci la forza del male che semina odio e divisione sulla terra. Fa’ che noi decidiamo di seguire sempre il tuo volere e scegliamo in ogni occasione per il bene che abbiamo la possibilità di compiere,

Noi ti preghiamo

  

Sostienici o Signore nel nostro cammino, fra gli ostacoli e le tentazioni del vivere quotidiano. Fa’ che la luce del Vangelo ci illumini sempre nelle nostre scelte,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi e consola o Padre del cielo tutti i poveri che vivono con durezza la loro vita. Per chi è senza casa, senza lavoro, per chi è colpito dalla malattia, per gli anziani, per chi è vittima dell’ingiustizia,

Noi ti preghiamo

  

Libera, o Padre onnipotente, il mondo dalla piaga della guerra. Dona pace e salvezza a quanti oggi soffrono e muoiono per la violenza,

Noi ti preghiamo.

 

Proteggi o Dio la tua Chiesa da ogni male. Guidala nel suo cammino perché sia sempre e ovunque annunciatrice audace del vangelo e porto sicuro per chi cerca salvezza dal male,

Noi ti preghiamo

  

Accompagna, o Signore, il papa Leone nel suo impegno di padre e pastore del tuo gregge. Fa’ che la franchezza delle sue parole e l’autenticità della sua testimonianza siano una luce che guidi i passi di tutti i credenti,

Noi ti preghiamo