lunedì 21 febbraio 2011

VII domenica del tempo ordinario







Dal libro del Levitico 19, 1-2. 17-18
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

Salmo 102 - Il Signore è buono e grande nell'amore
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 3, 16-23
Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Alleluia, alleluia alleluia.
Chi osserva la parola di Gesù Cristo,
in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5, 38-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


Commento



Cari fratelli e care sorelle, i brani della Scrittura ascoltati oggi contengono tutti e tre l’invito ad essere santi. Lo dice esplicitamente il libro del levitico (prima lettura): “[Dio disse a Mosè] Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi”; poi Paolo riprende: “santo è il tempio di Dio, che siete voi.” E infine l’evangelista Matteo ci riporta le parole di Gesù: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Ma cosa vuol dire essere santi? Non è qualcosa al di fuori della nostra portata?
Noi abbiamo presente alcune figure di santi che ci sono più familiari o care. Il loro ricordo ci deve far sentire più vicina la perfezione, o santità, di cui parla Gesù, perché con il loro esempio dimostrano che anche noi, uomini come loro, possiamo diventare santi: se è stato possibile per loro, lo è anche per noi oggi. Infatti spesso si ha una idea deformata della santità, come l’essere senza difetti o mancanze. No, non è questa la perfezione di cui parla l’apostolo Paolo: non è la perfezione di questo mondo, quella teorica della figure geometriche, ma è essere come Dio, e Giovanni ci dice che Dio è amore.
Proviamo allora ad entrare, attraverso i brani ascoltati, dentro la perfezione o santità di cui ci parla la Scrittura. Il libro del levitico pone la santità come l’obiettivo della vita di tutti i membri del popolo di Israele, scelto da Dio come suoi figli. Infatti per esso essere santi corrisponde ad essere un ebreo, e non un superuomo, qualcuno dalle doti straordinarie. L’ebreo infatti non solo crede in Dio, ma è invitato ad assomigliargli: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.” Cioè: siate come me! Per questo per gli Ebrei era così importante mantenere la diversità dei loro comportamenti rispetto a tutti gli altri popoli, perché da questi si poteva riconoscere la santità del popolo e quindi del singolo membro. Il Levitico dunque dipinge una sorta di ritratto dell’ebreo, descrivendo tutto quello che lo rende diverso dagli altri popoli e dalle altre fedi. Ma poiché Dio sa che non sempre si riesce ad assomigliare al modello proposto, propone allo stesso tempo anche le vie con cui ottenere il perdono di Dio e tornare sulla strada buona dopo che ci si è avventurati su quella sbagliata. Essere santi infatti non significa non sbagliare mai, ma saper riconoscere il proprio errore e chiederne perdono per tornare a camminare seguendo le orme di Dio.
L’apostolo Paolo continua sulla stessa strada, ma va un po’ oltre. Per lui infatti l’uomo non può raggiungere la santità solo se si comporta nei modi prescritti dalla legge, che lui da buon fariseo conosceva perfettamente, ma se fa entrare Dio nella sua vita in modo così forte che è come se lui stesso cominciasse a vivere in sé: “Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? … santo è il tempio di Dio, che siete voi.” La consuetudine con il Signore, la conoscenza delle sue Parole, la compagnia costante con lui e il conservarne fedelmente la memoria ci rendono così intimi che lui e il suo Spirito vengono ad abitare dentro di noi e a vivere nella nostra vita. E’ come dire: fidati e credi nella sua Parola ed essa, quasi senza che te ne accorgi, diventa il tuo modo di vivere, cioè la tua vita parlerà di essa.
Infine l’evangelista Matteo ci riporta alcune parole di Gesù che ci richiamano il discorso della montagna e le sue beatitudini. Il Signore parla infatti della perfezione dell’uomo prendendo a modello quella di Dio: essa consiste infatti per Gesù sostanzialmente nel dare a chi abbiamo accanto, cioè all’altro, la priorità assoluta, prima persino del ragionevole o del proprio interesse. E’ quello che ha fatto Gesù: è nato, vissuto, morto e finalmente risorto non per suo interesse, anzi contro di esso, ma per l’interesse esclusivo di noi uomini. Gesù fa degli esempi concreti, che ci sono assai familiari: “se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. ecc…” Come già dicevamo alcune settimane fa’ a proposito delle beatitudini, sono affermazioni inspiegabili e contro ogni logica, che si possono non capire, ma gustare ed apprezzare nella loro bellezza solo se uno prova a viverle.
Tanto altro si potrebbe dire su questo tema, ma non certo ora. Piuttosto vorrei pormi con voi la domanda che a questo punto sorge spontanea: la Scrittura ci parla di santità, ci invita a perseguirla e ci mostra anche delle vie concrete da seguire. Lo sappiamo, e conosciamo anche molti di questi consigli, ma ci chiediamo: perché dovremmo seguirli e applicare a noi quella logica illogica e paradossale della perfezione evangelica e delle beatitudini?
Non è una domanda retorica, ma è la domanda su cui si gioca tutta la vita, perché determina la scelta di come spenderla. E’ la domanda che sta alla base del fatto che pur conoscendo tante volte il Vangelo non lo viviamo.
Io non credo che ci sia una risposta razionale a questa domanda: perché vivere così? L’unica risposta possibile infatti è “perché mi fido, di Dio e di chi l’ha già vissuto”, e “perché intuisco, e forse talvolta ho sperimentato, che è il modo migliore di vivere.” Altri motivi non ce ne sono. Per questo dobbiamo essere grati alla testimonianza dei santi, cioè di coloro che ci hanno preceduto e hanno fatto, prima di noi, un tratto di quella strada indicata dal vangelo. Ci hanno raccontato di cosa è significato per loro, e ce lo raccontano i testimoni della loro vita. Non è stato un sacrificio e una rinuncia, ma la scoperta di quella perla preziosa che, scoperta nel campo, qualcuno vende tutto per poterla acquistare. Sì la santità è una perla preziosa, il modo più prezioso di vivere, e la intravediamo semi sepolta nel campo della vita. Vale veramente la pena allora vendere tutto quello che non vale altrettanto, lasciare la sapienza del mondo di cui parla il vangelo che ci fa calcolare i rischi e le convenienze e determina le scelte della vita sulla base della logica dell’evidenza. Vendiamo tutto questo che davanti al valore di quella perla rivela tutta la sua vanità inconsistente. Arricchiamoci allora dell’unica cosa che vale, la sapienza del Vangelo che ci guida a spendere la vita per gli altri, guadagnando il tesoro.

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