martedì 5 luglio 2011

XIV domenica del tempo ordinario



Dal libro del profeta Zaccaria 9, 9-10.
«Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra».

Salmo 144 - Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 9. 11-13
Fratelli, voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

Alleluia, alleluia alleluia.
Ti rendo lode o Padre,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 11, 25-30
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».



Commento



Cari fratelli e care sorelle, il tempo che ci si apre davanti è una stagione fuori dal normale. Siamo infatti in tempo di vacanze estive: i ritmi della vita ordinaria cambiano, anche lo scenario delle nostre giornate muta, o perché si parte per andare fuori, o perché, per chi resta, il clima caldo e pesante e lo svuotamento della città ne cambiano il volto e la vita. Ma se questo appartiene ad un normale avvicendamento delle stagioni, allo steso tempo mi sembra che un tratto di questo tempo si rivela particolarmente pericoloso, soprattutto perché si presenta in modo subdolo sotto le vesti di un’apparente normalità. Cioè il fatto che l’estate è, in sostanza, il tempo in cui essere più pienamente se stessi. Ciò si esprime nel dedicare il proprio tempo e occupazioni a sé, senza distrazioni, applicarsi alla soddisfazione dei propri desideri, quelli che magari durante l’anno non possiamo esprimere, dimenticare il resto del mondo, e così via. Insomma mettere il più possibile al centro se stessi senza doversi occupare di altro. Si definisce questo libertà, l’espressione più autentica di sé, e come tale la viviamo magari in tanti piccoli aspetti quotidiani.
Ma rendiamoci conto, fratelli e sorelle di quanto triste sia una tale concezione: è accettabile essere liberi solo per 15 giorni? Si può essere se stessi solo quando si sta lontani dalle persone e i luoghi abituali della nostra vita? È concepibile essere felici perché scarichi di responsabilità e di occupazioni? Mi sembra una situazione ben triste che se vera vuol dire che per la maggior parte della nostra vita siamo schiavi e infelici. Perché accontentarsi di così poco e non ambire ad una felicità sempre, ad una libertà duratura? In fondo è questa la lezione che la generazione che ci segue sta imparando meglio da noi adulti, e cioè che la felicità è qualcosa di circoscritto a pochi lembi di vita, per questo bisogna sballare, rinchiudersi nei paradisi finti delle esperienze estreme che con i lampi di luce della discoteca del sabato sera coprono il grigiore e il non-senso degli altri sei giorni della settimana.
Nel vangelo che abbiamo ascoltato Gesù parla di gente infelice e schiacciata da un peso, alla quale offre la libertà dall’oppressione e la felicità del ristoro: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.” Ma questa non passa attraverso un allontanarsi dalla preoccupazione per gli altri o il dedicarsi tutto e solo a sé, ma dal legarci a un giogo soave: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” La vera libertà cioè è nel legarsi ancora più strettamente al Signore Gesù, e farsi letteralmente “portare” da lui. Sembra un paradosso: come si fa a essere liberi e felici se si è legati e non si può andare dove ci pare? Usando le parole di S. Paolo nel suo rivolgersi ai Romani, potremmo dire: come posso essere felice se non posso essere me stesso, come il mio carattere mi impone, come l’istinto mi fa essere, come il gusto, la passione, l’umore del momento mi suggerisce? Paolo chiama tutto ciò “il dominio della carne” cioè quello che ci sembra proprio nostro e di cui non possiamo fare a meno, come la carne che ricopre le nostre ossa. Possiamo eliminare cose che ci sembrano così intime e la cui piena espressione ci sembra darci la felicità e la soddisfazione suprema? Ma noi, continua Paolo, non siamo stati concepiti come figli della carne, ma dello Spirito. Cioè noi non siamo figli solo dell’umore, dell’ambiente in cui siamo nati e cresciuti, delle tradizioni culturali della nostra terra, delle reazioni istintive che chiamiamo “carattere” o “indole”, ma siamo figli di qualcuno ben più grande e bello, ma soprattutto che non finisce con il passare delle stagioni e non va fuori moda, costringendoci a continue rincorse dei modelli di successo. Perché rinunciare al carattere di figli di Dio che ci è stato impresso al momento della creazione, in cui Dio ci volle a sua immagine e somiglianza, per essere invece imitatori sguaiati e penosi dei modelli irraggiungibili della pubblicità?
Potremmo dire che questo è troppo difficile e pesante, che costa troppa fatica e rinuncia, che non siamo pronti, ecc… ci sono mille scuse per preferire la vita piccola e misera invece della grandezza della vocazione a cui il Vangelo ci chiama. Ma piuttosto chiediamoci cosa vale più la pena costruire per il nostro futuro: l’esaltazione di un breve periodo e la frustrazione quotidiana oppure la libertà vera e il ristoro del Vangelo? Infatti sì è vero, bisogna legarsi a un giogo e accettare con umiltà la diminuzione della nostra autonomia e indipendenza, ma poi una volta legati al Signore sarà a lui a portare il peso maggiore e a sollevarci dalla fatica vuota di un vivere falsamente libero. Il vangelo ce ne indica la via, ma bisogna farsi piccoli e umili: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.” Fintanto che saremo sicuri delle nostre convinzioni e forti del nostro seguire “la carne” il vangelo non ci parla: sì, ne sentiamo le parole, ma non parla al cuore e non cambia la vita, ma se impariamo l’umiltà di ritenerci piccoli diverremo figli di una sapienza più grande che viene dalla benevolenza di Dio e dal dono del suo Spirito.
Fratelli e sorelle, non contentiamoci in questo tempo delle piccole soddisfazioni della falsa libertà di chi si dedica a se stesso, ma ambiamo anche in questo tempo a are nostri i doni dello Spirito che sono un senso alto e ambizioso della nostra vita che acquista senso e valore proprio dal non essere spesa solo per se stessi. Scopriremo così che il giogo soave del Vangelo non è qualcosa per pochi o per gente che non sa godersi la vita, ma la vera felicità che non passa e non finisce.

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