giovedì 31 ottobre 2019

Festa di Tutti i Santi - 1 novembre 2019





Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 7,2-4.9-14
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

Salmo 23 - Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Dalla lettera prima lettera di san Giovanni apostolo Gv 3,1-3
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Alleluia, alleluia alleluia.
Venite a me,
voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Commento


Cari fratelli e care sorelle, oggi la liturgia ci fa soffermare sulla realtà della santità di tanti nostri fratelli e sorelle che ci hanno preceduto nella via del Vangelo. Sono persone che hanno affrontato anche difficoltà e ostacoli per mantenere la propria fedeltà al comandamento dell’amore che il Signore Gesù ci ha lasciato, specialmente nei confronti dei più poveri e piccoli. A volte proprio per questo abbiamo una immagine dei santi come eroi che hanno vissuto una vita così al di sopra delle nostre possibilità, tanto da sentirli esempi inavvicinabili da noi persone comuni.

In realtà le esistenze dei santi ci comunicano un messaggio ben diverso. Esso non erano eroi che proprio perché eccezionali hanno saputo voler bene anche in mezzo a tante difficoltà, piuttosto, al contrario, sono persone che hanno cominciato volendo bene a qualcuno, in obbedienza al vangelo, e l’amore di Dio si è fatto strada in loro che lo hanno lasciato entrare, fino a invaderli letteralmente con la forza di un voler bene così grande che li ha portati a vivere un amore sì eroico, perché vittorioso sulla forza del male e senza limiti. Sì perché l’amore è una forza che travolge: se lo lasciamo entrare, magari solo attraverso uno spiraglio del nostro cuore, esso prende possesso di esso, lo fornisce di una forza inaspettata e fa compiere cose di cui prima nessuno si sarebbe ritenuto capace. È l’esperienza dei santi, molti dei quali noi conosciamo, che non sapevano all’inizio dove la docilità al Vangelo li avrebbe portati e che si sono ritrovati a vivere una misura così larga dell’amore di Dio che li ha travolti.

Infatti, attraverso il suo amore Dio ci rende suoi figli: abbiamo ascoltato l’apostolo Giovanni erompere in un grido di gioia: “vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio”. È una esclamazione che sottolinea come la forza di una amore sovrabbondante ci immette nella condizione di essere figli di Dio, cioè legati a lui da un vincolo che non ha termine ed è per sempre. Nel nostro animo però prevale spesso un senso di scontentezza, perché dimentichiamo i motivi di gratitudine e di gioia, ed anzi amiamo coltivarci lo scontento, come bambini capricciosi e viziati da genitori troppo generosi. Come quei bambini ci sentiamo vittima di ingiustizia ogni volta che la vita osa dirci un no, o quando incontriamo anche un semplice ostacolo.

La cosa più grave è che chi vive questa ingratitudine rifiuta di essere figlio perché è quell’amore che ci rende tali. Chiudendoci ad esso, ci impediamo da soli di avere un Padre da amare, a cui fare riferimento e da cui ricevere aiuto. Preferiamo invece piuttosto rivendicare la nostra solitudine di orfani, che porta spesso alla mancanza di ogni speranza e prospettiva.

Davanti a questa realtà così comune Giovanni rivendica che figli “lo siamo realmente!”, basta ammettere la nostra fragilità e impotenza davanti alla vita, la nostra incapacità di voler bene con generosa disponibilità, il nostro spontaneo sfuggire dal fare il bene che pure è alla nostra portata, per ammettere che senza un padre siamo senza prospettive.

Eppure è così normale sentirsi appagati dal fatto di ritenersi figli solo di se stessi, artefici autonomi e indipendenti del nostro destino. Chi rinuncerebbe mai alla propria autonomia e desidererebbe sottomettersi ad un padre? C’è un grande fascino nel proclamarsi orfani, perché crediamo che questo ci offra l’opportunità di dimostrare quanto valiamo. Ci sembra riduttivo inserirci in una storia che ci precede e che continuerà dopo di noi, cioè quella di un figlio in una famiglia larga. Ci sembra che questo offuschi la nostra originalità.

Anche noi siamo invitati a far parte di una storia che va oltre noi stessi come individui, ma è fatta, come nell’immagine dell’Apocalisse, di un popolo di persone che hanno accolto la vocazione ad essere figli. Abbiamo ascoltato che quel popolo di persone vestite di bianco hanno “lavato i loro vestiti nel sangue dell’Agnello.”  La tradizione della Chiesa ha visto in queste parole l’imitazione di Cristo martire per amore degli uomini, ma lavare gli abiti nel sangue dell’Angello significa anche rinnovare e rendere splendente l’abito della nostra vita accettando di farselo trasformare dall’amore di Gesù che si è manifestato fino a donare tutto se stesso, fino al sangue.

Dice Giovanni: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.” Cioè, l’essere figli di Dio non significa essere ingabbiati in un destino preconfezionato, anzi, significa essere veramente liberi da tutte quelle schiavitù che l’orfano, per poter vivere, deve accettare dai suoi padroni. Chi rivendica di essere senza padre e afferma la sua libertà assoluta in realtà si lega mani e piedi alle idee di riuscita che il mondo ci offre, e spesso non certo per la nostra convenienza. 

Ma chi invece sa di essere figlio e sa che dal Padre può attendersi tutto il bene, se chiede con cuore puro e accetta serenamente la sua guida, diventa libero di essere un figlio forte di una storia lunga che lo precede e artefice di un futuro buono che verrà dopo di lui e che è in suo potere costruire. Tutto è possibile al figlio che si fa forte dell’amore del padre, anche vincere il male e sconfiggere la paura che sembrano avere un potere assoluto sugli uomini.

Cari fratelli e care sorelle, è questo il messaggio delle beatitudini che Gesù proclamò ai suoi discepoli e ripete alle folle di ogni tempo. Il figlio non è schiavo della paura delle contrarietà della vita, è libero perché è forte dell’amore del Padre su cui sa di poter contare. Per questo non lo vince il pianto, la persecuzione e l’insulto, perché confida in una forza che niente può abbattere, quella dell’amore. Chi può impedire di amare se io lo voglio? E chi ci separerà dall’amore di Dio, si chiede l’Apostolo Paolo, se non siamo noi a volercene allontanare (Rm 8,35)? Questo vogliono descrivere le beatitudini, cioè la condizione di quanti hanno vissuto, e vivono oggi, la santità: è il ritratto di chi è libero e forte della forza della propria figliolanza con Dio, e non con le illusorie immagini vincenti di questo mondo.

Cari fratelli e care sorelle, questo hanno vissuto i santi, e per questo li ricordiamo oggi. Le loro storie ci dimostrano che non è impossibile vivere la libertà di essere figli di Dio, di accogliere con umiltà il suo amore e di non rivendicare con orgoglio e ingratitudine la nostra autonomia. È questo il messaggio che ci viene da una storia lunga alla quale siamo chiamati di entrare a far parte, perché dentro il popolo dei figli di Dio ci salviamo e possiamo far nostra la salvezza che viene da Dio.
 



Preghiere 

O Dio nostro padre, aiutaci a non rinnegare mai di essere tuoi figli, ma di tornare a te con umiltà, per riempire il nostro vuoto col tuo amore,
Noi ti preghiamo


Guida o Dio chi si allontana da te e cerca con orgoglio l’illusione della forza dell’orfano. Aiuta ciascuno a trovare la via del figlio che sa di essere amato e sostenuto da te, Padre buono e misericordioso,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio quanti annunciano e testimoniano il Vangelo, unica via che rende liberi di amare e capaci di operare il bene,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore quanti ti cercano nella via umile del servizio ai fratelli e alle sorelle poveri e piccoli. Fa’ che ti incontrino come Signore della consolazione e Padre della speranza,
Noi ti preghiamo




Proteggi o Dio le comunità dei discepoli che si riuniscono nel tuo nome. Perché nessuno sia più perseguitato a causa del Vangelo e si realizzi l’incontro e il rispetto fra i popoli e le fedi diverse,
Noi ti preghiamo


Consola o Padre misericordioso chi oggi è nel dolore: i profughi, i migranti, gli anziani, i malati, i senza casa e senza famiglia. Dona a tutti consolazione e salvezza,
Noi ti preghiamo.



Dona o Dio sicurezza e serenità a quanti sono colpiti dalla violenza della guerra. Perché cessino i colpi che essa infligge a chi ha perso tutto e fa fatica a ricostruire il proprio futuro,
Noi ti preghiamo


O Dio, Proteggi e accompagna papa Francesco nel suo cammino di testimone del Vangelo. Fa’ che dai suoi gesti e dalle sue parole aprano nuove vie di unità nell’amore,
Noi ti preghiamo



sabato 26 ottobre 2019

XXX domenica del tempo ordinario - Anno C - 27 ottobre 2019


 
 
Dal libro del Siracide 35, 15-17.20-22

Il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

 

Salmo 33 - Il povero grida e il Signore lo ascolta.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 4,6-8.16-18

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
 
Alleluia, alleluia alleluia.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo,
affidando a noi la parola della riconciliazione.
Alleluia, alleluia alleluia.

 Dal vangelo secondo Luca 18, 9-14
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».



 
Commento

Cari fratelli e care sorelle, le letture della liturgia di oggi ci propongono di soffermarci a riflettere sulla preghiera. Essa è qualcosa di essenziale e necessario per la vita del discepolo, direi che è come per un bambino rivolgersi ai genitori o a chi si prende cura di lui. Ogni bambino ha bisogno di chiedere ciò di cui necessita, dal cibo all’acqua da bere, o un vestito caldo quando ha freddo, ecc…; ne ha bisogno per chiedergli aiuto se si sente male, se è spaventato o stanco; ne ha bisogno per chiedere i tanti “perché?” che i bambini hanno, per farsi spiegare come sono fatte le cose, come funzionano, perché esistono, ecc…; infine ne ha bisogno anche solo per gioire della loro compagnia, per attirare la loro attenzione e sentirseli vicini. Sono tutti bisogni che capiamo bene e che anche noi abbiamo sperimentato da piccoli.

Poi però si cresce, e questo tante volte significa imparare a fare come se non avessimo più bisogno di qualcuno accanto che ci aiuti, ci spieghi, ci faccia compagnia, ci guidi, come fanno la mamma e il papà col loro bambino. Questa potremmo dire è la condizione dell’adulto: autonomia, autosufficienza, indipendenza, ecc...

Lo stesso avviene anche nel nostro rapporto con Dio. 

Anche come cristiani si crede di diventare adulti, ed allora ci sembra inutile pregare: non abbiamo più nulla da chiedere, abbiamo già le risposte e le risorse per fare da soli a guidare noi stessi, altrimenti ci sentiremmo infantili e ridicoli. Diveniamo cioè come quel fariseo di cui parla Gesù, che sta in piedi nel tempio, tutto soddisfatto di sé. Il suo rivolgersi a Dio non è una preghiera, non chiede e non si attende una risposta, solo esibisce con orgoglio i propri meriti rivendicando il diritto davanti a Dio di essere apprezzato e, in fondo, lasciato in pace. Di due cose si sente soprattutto forte: della sua onestà davanti agli uomini (“ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano”) e della sua onestà davanti a Dio (“Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”). Cioè è convinto di fare già tutto quello che è tenuto a fare, non è in debito né con gli uomini né con Dio. Per questo non ha bisogno né degli uni né dell’altro.

Il racconto di Gesù ci mostra accanto a lui un’altra persona. Fin da subito si capisce che è un poco di buono, e non può nascondere di esserlo. Come potrebbe, tutti sanno che è un pubblicano, cioè un traditore e un ladro, uno che guadagna sulle disgrazie altrui perché si mette al servizio degli sfruttatori del proprio popolo. Egli però ha coscienza del proprio peccato, e lo dimostra col modo di fare (“fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto”) e con le parole (“O Dio, abbi pietà di me peccatore”). Il pubblicano, al contrario del fariseo, sa di non essere a posto, che la sua condizione è di chi è in debito con gli uomini e con Dio. Sa di aver bisogno del perdono degli uni e dell’altro, e si rivolge a loro con umiltà, confidando nella loro misericordia.

Gesù sottolinea la differenza agli occhi di Dio fra questi due: il secondo, il peccatore, è giustificato, cioè torna a casa rivestito da Dio dell’abito magnifico della sua giustizia, mentre il primo no, non lo ha chiesto, perché già da solo si è cucito indosso l’abito dell’onestà umana.

Ci sembra paradossale: chi ha fatto del male è trattato con amicizia da Dio, mentre chi è onesto è guardato da Lui con freddezza? Il secondo andrebbe punito per il male fatto, invece è premiato con la benevolenza di Dio.

Cari fratelli e care sorelle, come già abbiamo detto altre volte, la giustizia di Dio è diversa dall’onestà degli uomini, perché essa si esprime soprattutto come misericordia, cioè il desiderio irrefrenabile di Dio di colmare il vuoto di amore di chi glielo chiede. Sì, il modo di fare giustizia di Dio è far vincere il bene in chi ammette di averne bisogno, e Dio lo fa con una dose sovrabbondante di amore che spiazza l’uomo e lo spinge dalla sua parte, perché gli fa sentire che egli lo ama come un figlio.

Per questo chi ha sperimentato la misericordia di Dio, o chi la invoca, non può rivolgersi a lui come un adulto, sicuro di sé, onesto e che nega il proprio vuoto di amore. Egli invece sa di essere un figlio davanti a Dio, un bambino accanto al padre da cui si aspetta tutto ciò di cui ha bisogno, e la sua attesa non resta mai delusa, perché Dio è un padre attento e sollecito con i suoi figli. 

Fratelli e sorelle, pregare non è tanto una pratica, ma una condizione, un modo di essere e di pensarsi. La nostra preghiera non si limita al tempo, poco o molto che sia, che passiamo a recitare suppliche o lodi. Pregare significa innanzitutto coltivare in ogni momento della nostra vita la coscienza di essere figli, senza temere di mostrarsi come si è veramente in profondità, cioè deboli e peccatori, e per questo bisognosi di cura, guida, comprensione e misericordia. La nostra preghiera è vivere come figli che guardano al Padre per imparare a somigliargli in ogni momento della loro giornata.  I poveri ce lo insegnano, perché, come fa il pubblicano, non possono nascondere il loro bisogno che li rende dipendenti in tutto dagli altri. Per vivere devono chiedere e sperare che qualcuno misericordioso si muova a compassione. Torniamo bambini davanti a Dio, poveri, bisognosi, senza vergogna né paura di chiedere aiuto, lasciamoci guidare, o anche solo stiamo con lui, come fanno spesso i bambini, per il piacere di essere rassicurati e protetti. Perché l’adulto onesto è solo e disperato, mentre il bambino amato da Dio è forte davanti alla vita, pieno di fiducia e ricco di speranza, invincibile contro il male per la forza del suo amore.
 

Preghiere

O Padre misericordioso, accoglici umili e peccatori. Perdonaci del male commesso e donaci la salvezza che viene dall’essere tuoi figli.

Noi ti preghiamo
 

O Dio fa’ che non viviamo orgogliosamente soddisfatti di noi stessi e convinti della superiorità sugli altri. Insegnaci a non temere la debolezza e a riconoscerci bisognosi dell’amore dei fratelli e del tuo perdono.

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù che ti sei fatto umile servitore degli uomini, insegnaci a guardare a te come un esempio e un modello da imitare. Aiutaci ad essere sempre pronti a voler bene.

Noi ti preghiamo

 

Ti raccomandiamo o Padre misericordioso tutti coloro che camminano sulla via del male e perdono la vita propria e quella degli altri. Fa’ che anche con il nostro esempio comprendano la gioia che viene dal vivere per il bene.

Noi ti preghiamo

 

O Signore del cielo aiutaci a combattere fin da ora la buona battaglia e a conservare la fede in te che sei Padre buono. Sostienici nei momenti di dubbio e incertezza perché vinca sempre il desiderio di restarti vicino.

Noi ti preghiamo

 
O Dio rendi il nostro cuore puro e umile, perché la nostra preghiera ti raggiunga oltre le nubi. Dona guarigione e salvezza a tutti coloro che ci sono a cuore, da’ pace e gioia a chi è nel dolore. Accogli nel tuo Regno i nostri fratelli e sorelle defunti.

Noi ti preghiamo.

 
O Dio che sei il re della pace, fa’ cessare ogni guerra e ogni violenza perché con cuore riconciliato ognuno sappia costruire un destino comune nella concordia.

Noi ti preghiamo


Proteggi o Signore il nostro papa Francesco e tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi. Fa’ che chi annuncia il tuo nome e vive secondo il Vangelo possa toccare il cuore di chi ancora non ti conosce.

Noi ti preghiamo

sabato 19 ottobre 2019

XXIX domenica del tempo ordinario - Anno C - 20 ottobre 2019


 
 
Dal libro dell'Esodo 17, 8-13

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

 

Salmo 120 - Il mio aiuto viene dal Signore.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode, +
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.


Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 3, 14-4, 2

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Dio ascolta la preghiera,
di chi lo invoca con fiducia.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 18, 1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.  Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».  E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

 
Commento



Cari fratelli e care sorelle, l’invito domenicale che ci raccoglie assieme attorno alla mensa del Signore ci tira fuori dal groviglio feriale dei mille affanni e ci fa salire su un monte, come fece Mosé in quella giornata di lotta fra il popolo d’Israele e Amalek, come abbiamo ascoltato dal libro dell’Esodo.


Sì, questo in cui siamo è un luogo alto, come un monte, perché è reso tale dalla presenza del Signore che ci parla. È vero, è una piccola chiesa, eppure ogni domenica il Signore ci invita a salire sull’alto colle di questa casa perché ci vuole parlare fuori dalla confusione feriale, e farci abbracciare con lo sguardo del nostro cuore tutto il nostro quartiere, ma anche di più, la città di Terni e il mondo intero. Sull’alto del monte si è vicini a Dio, ma anche si vede più lontano. E questa domenica, dedicata dalla Chiesa universale alle Missioni, lo facciamo tenendo presente nel nostro cuore i tanti missionari che dedicano la loro esistenza a far incontrare il Signore ai popoli che non lo hanno ancora conosciuto, spesso in situazioni di estrema difficoltà e pericolo. Ad essi ci vogliamo fare vicini nella preghiera e col sostegno concreto della nostra colletta odierna.
Mosè dal colle sul quale era salito poteva vedere la lotta che si svolgeva fra i due eserciti in combattimento. Anche noi qui dall’alto possiamo vedere le tante lotte che coinvolgono uomini e donne attorno a noi. E questo è un dono del Signore, perché quando ci stiamo in mezzo non ce ne accorgiamo perché abituati o perché siamo anche noi coinvolti nelle nostre battaglie per prevalere, per imporre il nostro modo di vedere, per avere ragione, e così via. È facile infatti la cultura del nemico secondo la quale per essere forti e contare qualcosa bisogna essere contro qualcuno. Per questo la Messa della domenica è un dono prezioso, perché ci fa salire in alto, ci fa smettere di combattere e ci fa vedere le lotte dal di fuori e ci fa rendere conto di cosa sono veramente, ma, soprattutto, qui possiamo incontrare il Signore che è la vera pace.
Mosè era fuori dalla battaglia ma non la osservava come chi vede le cose con distacco. È preoccupato perché vede gente soffrire, combattere, odiarsi, farsi del male, per questo alza le braccia verso il Signore e invoca la sua pace.
Anche noi, come Mosè, possiamo alzare le nostre braccia ed invocare la fine delle tante lotte che ci mettono gli uni contro gli altri: deboli contro forti; ricchi contro poveri; italiani contro stranieri, ecc.… Possiamo invocare da Dio il dono della pace per i cuori sconvolti da odi e rancori, e per coloro che sono oppressi e colpiti dal fratello. Possiamo chiedere la fine della condanna che pesa slle vite di chi è debole, come gli anziani, gli ammalati, i poveri. La fine della tristezza dei più giovani che non riescono a vedere una strada per il loro futuro. La fine della sofferenza dei tanti che sono colpiti dalla guerra e dalla violenza che provocano la fuga di tanti attraverso il mare, come vediamo in questi giorni in Siria. Ogni domenica, dall’alto del monte della messa domenicale, vediamo tutta questa sofferenza attorno a noi e come Mosè abbiamo il potere di alzare le nostre braccia e pregare il Signore che non è sordo alla nostra invocazione e sostiene chi soccombe sotto il peso del male.
Tanti però preferiscono non salire su questo monte, perché è faticoso, ed è più facile, nella mischia della vita quotidiana, cercare un angolo riparato in cui nascondersi nell’indifferenza. Così facendo ci si illude di sfuggire al male e di trovare la pace perché non si vede quello che avviane attorno a noi e non ci si sente coinvolti. Ma, fratelli e sorelle, questa è una falsa salvezza dal male, perché esso non viene solo da fuori, ma, anzi, il più delle volte sgorga proprio da dentro di noi. Per questo gli diamo poco peso e lo tolleriamo quasi con noncuranza, perché lo sentiamo come una parte di noi. Eppure le sue conseguenze non sono meno tragiche della violenza che ci circonda. Le guerre che insanguinano i popoli nascono da cuori bellicosi e contrapposti.
Restando nascosti nell’indifferenza e nell’egoismo sanciamo la nostra condanna ad essere per sempre sottomessi alla schiavitù del male. L’unico modo per vincere il male infatti non è ignorarlo, ma combatterlo, in sé e negli altri, come fece Gesù che non sfuggì il male ma se lo assunse sulle proprie spalle, fin sulla croce.

Non basta sentirsi a posto perché non si hanno responsabilità dirette, bisogna piuttosto riconoscere le radici del male in noi e attorno a noi ed estirparle. È il ruolo che Mosè si assunse sul monte della preghiera. Partecipa con fatica e sofferenza alla guerra e, alzando le braccia e invocando l’aiuto di Dio, riesce a vincerla. Egli però non confida solo nelle sue forze, ma anzi ha bisogno di Giosuè e i suoi soldati che combattono e di Aronne e Cur che sorreggono le sue mani. Mosè non è un eroe isolato: è bisognoso di aiuto, come noi, e la sua forza è proprio nel farsi aiutare e nel coinvolgere altri nella sua battaglia contro il male.

Abbiamo bisogno del fratello e della sorella per vincere il male: la pace e la felicità a cui tutti giustamente aspiriamo non viene dall’isolamento dell’indifferenza, ma dall’alleanza con tanti con i quali sorreggersi le braccia l’un l’altro nello sforzo di farci intercessori davanti a Dio e costruttori della pace.

Questa casa allora possiamo dire che ogni domenica allarga le sue mura e nella nostra preghiera diventa sconfinata: non è più un luogo piccolo e insignificante, confuso nel caos della città, ma diventa un monte altro sul quale osservare il mondo, partecipare dei suoi dolori, avvertire con passione il suo bisogno di bene, e dove assieme ci sosteniamo per alzare le mani e chiedere a Dio la forza di fare nostra la battaglia contro il male del mondo.

Care sorelle e cari fratelli con questo sogno negli occhi invochiamo l’aiuto del Signore e la nostra vita cambierà, il mondo attorno a noi sarà migliore, più umano e caldo di amore.

Preghiere


Ti ringraziamo o Dio misericordioso perché ci convochi sul monte santo della liturgia. Fa’ che usciamo dalla confusione della vita ordinaria per imparare a guardare al mondo con gli stessi tuoi occhi misericordiosi e buoni.

Noi ti preghiamo

 
Guida o Padre buono i nostri passi perché non ci disperdiamo su strade che ci allontanano da te e dai fratelli, ma, come una famiglia, ci incamminiamo assieme verso la domenica, luogo dell’incontro con te.

Noi ti preghiamo

 
O Signore Gesù, aiutaci a vincere le rivalità e le contrapposizioni che ci dividono dagli altri. Tu che sei mite e umile di cuore mostraci la via dell’amore che conduce alla pace vera.

Noi ti preghiamo

Fa’ o Signore che tutti quelli che cercano un senso alla loro vita possano incontrarlo nell’amore che tu insegni. Guida i passi degli incerti perché incontrino fratelli e sorelle testimoni del vangelo e operatori di pace.   

Noi ti preghiamo

 
Dona o Signore la tua pace ai popoli in guerra, fa’ tacere le armi e aiuta tutti gli uomini a vivere con animo riconciliato, perché nessuno più muoia e soffra per mano del fratello.

Noi ti preghiamo


Sostieni o Padre misericordioso tutti coloro che sono nel bisogno: chi è senza casa, chi è solo e nel dolore, i malati e i prigionieri. Dona al mondo intero guarigione e salvezza.

Noi ti preghiamo.

 
Guida e proteggi o Dio il tuo servo papa Francesco. Fa’ che le sue parole e le sue azioni parlino di te a chi ancora non ti conosce.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore Gesù per tutti quelli che sono in pericolo in mare alla ricerca della libertà e della pace. Proteggi il loro viaggio e salvali dalla morte, fa’ che trovino un approdo sicuro e braccia accoglienti.

Noi ti preghiamo

sabato 12 ottobre 2019

XXVIII domenica del tempo ordinario - Anno C - 13 ottobre 2019


 
 
Dal secondo libro dei Re 5, 14-17

In quei giorni, Naamàn, il comandante dell’esercito del re di Aram, scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato dalla sua lebbra. Tornò con tutto il seguito da Elisèo, l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore».

 

Salmo 97 - Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2, 8-13

Figlio mio, ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.  Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
In ogni cosa rendete grazie:
questa infatti è volontà di Dio

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 17, 11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, le letture di oggi ci richiamano la realtà di una malattia, la lebbra, che oggi ha un po’ il sapore di una favola antica (anche se ogni anno nel mondo vi sono ancora ben 250 mila nuovi casi, ma in paesi lontani da noi), ma che al tempo di Gesù era una vera piaga sociale ben presente alla mente e agli occhi di tutti i suoi ascoltatori. Ognuno aveva presente queste figure simili a fantasmi, sia perché sfigurate dalla malattia, sia perché obbligati a vivere isolati, ai margini estremi della società, senza poter avere rapporti con nessuno. L’isolamento infatti era l’unica misura conosciuta al tempo, per evitare il contagio. Ad essa si accompagnava poi un pesante giudizio: per la mentalità dell’epoca infatti essa era una punizione per un comportamento malvagio o immorale e in fondo chi ne era colpito se lo era meritato.

Oggi nessuno di noi vede un lebbroso, se non attraverso i media, ma possiamo dire che tante altre malattie suscitano reazioni simili a quelle descritte. Isolamento e marginalità, come anche un giudizio pesante, accompagnano spesso chi già soffre per il male che subisce. Se pensiamo ad esempio alle varie forme di dipendenza, da sostanze stupefacenti o da farmaci o dal gioco, o la malattia psichica, così spesso sono causa di un abbandono anche da parte dei familiari stessi, provati dalla fatica o spaventati dal giudizio sociale che isola e pesa. Eppure esse sono malattie dalle quali si può guarire, e che l’isolamento aggrava fino ad esiti tragici. Oppure la vecchiaia, che possiamo definire come un fascio di tante malattie messe assieme, che spesso genera abbandono e il giudizio che siano vite ormai non più degne di essere vissute e, per questo, tolte di mezzo.

Ma vediamo come nelle letture di oggi sono considerati questi malati. Il secondo libro dei Re ci mostra un uomo straniero, pagano, comandante di un esercito nemico che va dal profeta Eliseo e chiede di guarirlo dalla lebbra. Nelle righe precedenti vediamo una lotta fra i due, perché Namaan resiste a seguire le indicazioni di Eliseo perché considerate troppo banali: a cosa poteva servire bagnarsi sette volte nel fiume Giordano? Ma poi lo straniero cede, compie i bagni e guarisce.

Anche noi tante volte crediamo che guarire o cancellare gli effetti malvagi del male come l’isolamento, il giudizio, la condanna, sia qualcosa di difficile, quasi impossibile e richiede uno sforzo al di sopra delle nostre capacità, tanto che si rinuncia prima ancora di provare. Ma l’uomo di Dio a quel malato chiede solo di fidarsi del Signore che non ha bisogno di mezzi estremi, ma usa anche ciò che è semplice e alla portata di tutti per vincere il male. Quel bagno è l’immersione in un amore che avvolge tutta la persona, e c’è bisogno di ripeterlo sette volte, che, secondo la simbologia della Scrittura, significa per sempre, cioè c’è bisogno di accompagnare il malato nella fedeltà di un affetto duraturo e non con un episodio isolato.

La gioia del malato è grande e vuole sdebitarsi con Eliseo con un regalo che possiamo immaginare principesco. Ancora una volta si presenta la tentazione di chiudere il rapporto con un gesto che metta fine al debito e quindi anche alla relazione. Il rifiuto di Eliseo suscita nel malato guarito una riflessione più profonda: egli capisce che la guarigione è un dono di Dio il quale vuole aprire con lui un rapporto duraturo e profondo: Naaman decide di prendere la terra per costruire nel suo paese un luogo dove continuare a pregare Dio che lo ha guarito.

La Scrittura ci suggerisce dunque come proprio nel momento della malattia, in cui si è deboli e fragili, se ci si rivolge a Dio non solo egli non fa mancare il suo aiuto, ma si apre una via per un nuovo rapporto con lui, duraturo e significativo.

Infine la guarigione operata da Gesù nel Vangelo di Luca presenta molti aspetti paradossali. Gesù ai dieci lebbrosi che chiedono il suo aiuto propone di andare al tempio a farsi vedere dai sacerdoti. Infatti erano loro che, in base alla legge ebraica, potevano certificare la malattia e la guarigione dei lebbrosi. Cioè mentre sono ancora malati li invia a farsi riconoscere guariti. È paradossale, ma Gesù con questo invito vuol dire che per essere guariti c’è bisogno di aver fede. e che chiedere la guarigione presuppone la certezza che essa sia già stata accordata da Dio. I lebbrosi accettano questa sfida e vanno, e mentre camminano sono sanati tanto da giungere al tempio senza più la lebbra.

Ancora una volta l’episodio di Gesù mette in discussione la nostra poca fede che pretende di avere le prove prima di fidarsi. È come dire a Dio: tu fai il primo passo e poi, se mi hai convinto, mi lascerò raggiungere. Ma non è Dio ad aver bisogno di noi, e lui molti primi passi li ha già compiuti da tempo, ma noi abbiamo sempre bisogno di prove ulteriori.

Cari fratelli e care sorelle, la cultura del nostro tempo ci fa rifuggire dalla malattia e dai malati, illudendoci con il mito di una giovinezza e sanità eterna. In realtà la malattia fa parte del vivere e del morire dell’uomo, ma può essere il luogo decisivo per maturare una fede più autentica e sincera. Chi incontra i malati e non fugge si rende conto come si possa vivere la debolezza fisica come una forza propulsiva che ci spinge a inoltrarci sulla via di una fede più autentica e abbattere tante barriere a lui che, quando siamo forti e sani, innalziamo a difesa.


Preghiere

O Dio ti ringraziamo perché ci liberi dalla prigione di una vita chiusa dal piccolo orizzonte individuale, per aprirci alla libertà di un amore senza confini.

Noi ti preghiamo

 
Guidaci, o Signore Gesù, sulla via che ci conduce all’incontro con il fratello e la sorella malati, perché aprendo la nostra vita ad essi impariamo a vivere come discepoli dell’unico Maestro.

Noi ti preghiamo

 
Aiutaci o Signore Gesù a vincere la paura che ci chiude all’incontro con i fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi del nostro aiuto. Fa’ che sappiamo vedere nel volto di chi incontriamo qualcuno da amare e a cui tendere la mano amica.

Noi ti preghiamo


Guida o Signore tutti coloro che sono persi nei sentieri tortuosi del male e non trovano la strada per incamminarsi verso di te. Fa’ che, anche con il nostro esempio, la tua Parola orienti i loro passi e illumini il loro cammino.

Noi ti preghiamo

 
Sostieni o Dio del cielo tutti coloro che sono colpiti dal male e soffrono a causa della violenza e della guerra. Per le vittime dei conflitti, fa’ che trovino presto il sostegno e la consolazione di cui hanno bisogno.

Noi ti preghiamo


Guarda con amore a noi tuoi figli e, nonostante il nostro peccato, guida i nostri passi sulla via del bene. Fa’ che, fidandoci del tuo amore misericordioso, affidiamo a te la nostra salvezza.

Noi ti preghiamo.

 
Proteggi e sostieni o Padre del cielo tutti coloro che annunciano la tua Parola e cercano di viverla, perché il tuo Nome porti salvezza e vita dove oggi regnano le tenebre del male.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Padre Santo, di essere sempre al nostro fianco perché anche nei momenti bui e di dimenticanza sappiamo accorgerci della tua presenza amorevole ed essere grati per la tua grande bontà.

Noi ti preghiamo