sabato 12 ottobre 2019

XXVIII domenica del tempo ordinario - Anno C - 13 ottobre 2019


 
 
Dal secondo libro dei Re 5, 14-17

In quei giorni, Naamàn, il comandante dell’esercito del re di Aram, scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato dalla sua lebbra. Tornò con tutto il seguito da Elisèo, l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore».

 

Salmo 97 - Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2, 8-13

Figlio mio, ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.  Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
In ogni cosa rendete grazie:
questa infatti è volontà di Dio

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 17, 11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, le letture di oggi ci richiamano la realtà di una malattia, la lebbra, che oggi ha un po’ il sapore di una favola antica (anche se ogni anno nel mondo vi sono ancora ben 250 mila nuovi casi, ma in paesi lontani da noi), ma che al tempo di Gesù era una vera piaga sociale ben presente alla mente e agli occhi di tutti i suoi ascoltatori. Ognuno aveva presente queste figure simili a fantasmi, sia perché sfigurate dalla malattia, sia perché obbligati a vivere isolati, ai margini estremi della società, senza poter avere rapporti con nessuno. L’isolamento infatti era l’unica misura conosciuta al tempo, per evitare il contagio. Ad essa si accompagnava poi un pesante giudizio: per la mentalità dell’epoca infatti essa era una punizione per un comportamento malvagio o immorale e in fondo chi ne era colpito se lo era meritato.

Oggi nessuno di noi vede un lebbroso, se non attraverso i media, ma possiamo dire che tante altre malattie suscitano reazioni simili a quelle descritte. Isolamento e marginalità, come anche un giudizio pesante, accompagnano spesso chi già soffre per il male che subisce. Se pensiamo ad esempio alle varie forme di dipendenza, da sostanze stupefacenti o da farmaci o dal gioco, o la malattia psichica, così spesso sono causa di un abbandono anche da parte dei familiari stessi, provati dalla fatica o spaventati dal giudizio sociale che isola e pesa. Eppure esse sono malattie dalle quali si può guarire, e che l’isolamento aggrava fino ad esiti tragici. Oppure la vecchiaia, che possiamo definire come un fascio di tante malattie messe assieme, che spesso genera abbandono e il giudizio che siano vite ormai non più degne di essere vissute e, per questo, tolte di mezzo.

Ma vediamo come nelle letture di oggi sono considerati questi malati. Il secondo libro dei Re ci mostra un uomo straniero, pagano, comandante di un esercito nemico che va dal profeta Eliseo e chiede di guarirlo dalla lebbra. Nelle righe precedenti vediamo una lotta fra i due, perché Namaan resiste a seguire le indicazioni di Eliseo perché considerate troppo banali: a cosa poteva servire bagnarsi sette volte nel fiume Giordano? Ma poi lo straniero cede, compie i bagni e guarisce.

Anche noi tante volte crediamo che guarire o cancellare gli effetti malvagi del male come l’isolamento, il giudizio, la condanna, sia qualcosa di difficile, quasi impossibile e richiede uno sforzo al di sopra delle nostre capacità, tanto che si rinuncia prima ancora di provare. Ma l’uomo di Dio a quel malato chiede solo di fidarsi del Signore che non ha bisogno di mezzi estremi, ma usa anche ciò che è semplice e alla portata di tutti per vincere il male. Quel bagno è l’immersione in un amore che avvolge tutta la persona, e c’è bisogno di ripeterlo sette volte, che, secondo la simbologia della Scrittura, significa per sempre, cioè c’è bisogno di accompagnare il malato nella fedeltà di un affetto duraturo e non con un episodio isolato.

La gioia del malato è grande e vuole sdebitarsi con Eliseo con un regalo che possiamo immaginare principesco. Ancora una volta si presenta la tentazione di chiudere il rapporto con un gesto che metta fine al debito e quindi anche alla relazione. Il rifiuto di Eliseo suscita nel malato guarito una riflessione più profonda: egli capisce che la guarigione è un dono di Dio il quale vuole aprire con lui un rapporto duraturo e profondo: Naaman decide di prendere la terra per costruire nel suo paese un luogo dove continuare a pregare Dio che lo ha guarito.

La Scrittura ci suggerisce dunque come proprio nel momento della malattia, in cui si è deboli e fragili, se ci si rivolge a Dio non solo egli non fa mancare il suo aiuto, ma si apre una via per un nuovo rapporto con lui, duraturo e significativo.

Infine la guarigione operata da Gesù nel Vangelo di Luca presenta molti aspetti paradossali. Gesù ai dieci lebbrosi che chiedono il suo aiuto propone di andare al tempio a farsi vedere dai sacerdoti. Infatti erano loro che, in base alla legge ebraica, potevano certificare la malattia e la guarigione dei lebbrosi. Cioè mentre sono ancora malati li invia a farsi riconoscere guariti. È paradossale, ma Gesù con questo invito vuol dire che per essere guariti c’è bisogno di aver fede. e che chiedere la guarigione presuppone la certezza che essa sia già stata accordata da Dio. I lebbrosi accettano questa sfida e vanno, e mentre camminano sono sanati tanto da giungere al tempio senza più la lebbra.

Ancora una volta l’episodio di Gesù mette in discussione la nostra poca fede che pretende di avere le prove prima di fidarsi. È come dire a Dio: tu fai il primo passo e poi, se mi hai convinto, mi lascerò raggiungere. Ma non è Dio ad aver bisogno di noi, e lui molti primi passi li ha già compiuti da tempo, ma noi abbiamo sempre bisogno di prove ulteriori.

Cari fratelli e care sorelle, la cultura del nostro tempo ci fa rifuggire dalla malattia e dai malati, illudendoci con il mito di una giovinezza e sanità eterna. In realtà la malattia fa parte del vivere e del morire dell’uomo, ma può essere il luogo decisivo per maturare una fede più autentica e sincera. Chi incontra i malati e non fugge si rende conto come si possa vivere la debolezza fisica come una forza propulsiva che ci spinge a inoltrarci sulla via di una fede più autentica e abbattere tante barriere a lui che, quando siamo forti e sani, innalziamo a difesa.


Preghiere

O Dio ti ringraziamo perché ci liberi dalla prigione di una vita chiusa dal piccolo orizzonte individuale, per aprirci alla libertà di un amore senza confini.

Noi ti preghiamo

 
Guidaci, o Signore Gesù, sulla via che ci conduce all’incontro con il fratello e la sorella malati, perché aprendo la nostra vita ad essi impariamo a vivere come discepoli dell’unico Maestro.

Noi ti preghiamo

 
Aiutaci o Signore Gesù a vincere la paura che ci chiude all’incontro con i fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi del nostro aiuto. Fa’ che sappiamo vedere nel volto di chi incontriamo qualcuno da amare e a cui tendere la mano amica.

Noi ti preghiamo


Guida o Signore tutti coloro che sono persi nei sentieri tortuosi del male e non trovano la strada per incamminarsi verso di te. Fa’ che, anche con il nostro esempio, la tua Parola orienti i loro passi e illumini il loro cammino.

Noi ti preghiamo

 
Sostieni o Dio del cielo tutti coloro che sono colpiti dal male e soffrono a causa della violenza e della guerra. Per le vittime dei conflitti, fa’ che trovino presto il sostegno e la consolazione di cui hanno bisogno.

Noi ti preghiamo


Guarda con amore a noi tuoi figli e, nonostante il nostro peccato, guida i nostri passi sulla via del bene. Fa’ che, fidandoci del tuo amore misericordioso, affidiamo a te la nostra salvezza.

Noi ti preghiamo.

 
Proteggi e sostieni o Padre del cielo tutti coloro che annunciano la tua Parola e cercano di viverla, perché il tuo Nome porti salvezza e vita dove oggi regnano le tenebre del male.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Padre Santo, di essere sempre al nostro fianco perché anche nei momenti bui e di dimenticanza sappiamo accorgerci della tua presenza amorevole ed essere grati per la tua grande bontà.

Noi ti preghiamo

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