sabato 26 giugno 2021

XIII domenica del tempo ordinario - Anno B - 27 giugno 2021


 

Dal libro della Sapienza 1,13-15; 2,23-24

Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

 

Salmo 29 - Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 8,7.9.13-15

Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.  Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Marco 5, 21-43

[In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.] Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando [dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: alzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.]

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato dal vangelo di Marco un episodio della vita di Gesù che racchiude due grandi miracoli: la resurrezione della giovane figlia di Giairo e la guarigione della donna emorroissa. Sono due situazioni molto diverse da tanti punti di vista, ma all’origine di tutti e due gli episodi c’è la fiducia ingenua di due persone. Nel primo caso si tratta di un padre, una persona importante che rivestiva il ruolo prestigioso di capo della sinagoga, il quale non ha vergogna di gettarsi ai piedi di Gesù, di farsi piccolo e umile per implorare il suo aiuto per la figlia gravemente malata. Nel secondo caso invece una donna malata cerca di toccare il lembo del mantello di Gesù, nemmeno spera di potergli parlare, ma è convinta che questo la farà guarire. Tutte e due queste persone rivelano una grande umiltà: non pretendono di imporre a Gesù il loro “caso” perché importante, o perché ne hanno diritto, ma implorano come mendicanti l’attenzione di Gesù. Il vangelo ci propone il loro atteggiamento come quello del vero credente e discepolo. San Paolo nella lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato dice come Gesù lui per primo è stato umile: “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.” Con queste parole l’apostolo ci aiuta a capire il vero significato dell’umiltà di Gesù. Il suo non è l’atteggiamento di chi si fa piccolo davanti a chi è importante o potente per ricavarne un vantaggio. L’umiltà del Signore è frutto dell’amore per gli uomini, è un chinarsi verso di noi per farsi vicino a noi. Il capo della sinagoga e la donna malata si chinano davanti a Gesù non per paura o per servilismo nei suoi confronti, ma proprio perché hanno fiducia in lui non hanno vergogna di mostrare il loro bisogno, la loro piccolezza e miseria. Essi ci insegnano l’atteggiamento con il quale stare davanti al Signore. Tante volte noi, al contrario, nascondiamo agli altri il nostro bisogno, ci mostriamo forti e indipendenti da tutti. Non ci piace essere umili perché ci sembra di perdere di autorevolezza e di esporci al rischio di essere prevaricati. Nei nostri rapporti con la gente stiamo attenti a non fare più di quanto siamo tenuti a fare e a non mostrarci remissivi, disposti a subite torti o offese. Ma il Signore ha detto “siate come me che sono mite e umile di cuore”. L’umiltà ci rende simili a Gesù, è segno di vicinanza a lui che è modello di umanità perfetta.

A questo loro atteggiamento fa riscontro l’irrisione e lo scetticismo di chi sta attorno a loro. Il vangelo li definisce col nome di “folla”, cioè come una massa confusa, senza nome né volto. Dentro la folla non si sa essere umile, perché si è attenti a non lasciarsi superare dall’altro, ci si fa strada sgomitando e si resta a galla come in un mare agitato. Per questo irridono il capo della sinagoga e gli dicono impietosamente: ormai tua figlia è morta, che stai ad agitarti tanto, ci perdi anche di dignità. A Gesù che cerca la donna che lo ha toccato i discepoli rispondono ironici dicendo che è inutile cercare perché nella calca vincono sempre l’anonimato e la confusione e non si può incontrare una persona precisa. Ma né Gesù, né Giairo e neppure la donna malata si lasciano assorbire dalla confusione anonima della folla, ma si incontrano e parlano, si guardano, vivono un rapporto di amicizia e interesse reciproco sincero.

È quello che succede anche a noi ogniqualvolta usciamo dalla confusione anonima della folla per incontrare Gesù personalmente, faccia a faccia, e questo diventa possibile solo se siamo umili, se partiamo cioè dal nostro bisogno di lui.

Il miracolo della guarigione della donna e della resurrezione della giovane figlia di Giairo avvengono senza che la folla se ne accorga, per loro le cose vanno come sempre, non c’è niente di nuovo. Infatti alla folla non interessa il bene che si realizza, ignora persino il miracolo che avviene davanti a loro. Solo chi è umile e non si fa grande orgogliosamente si accorge del bene che c’è e sa farsene coinvolgere. Anche noi troppo spesso viviamo avvolti nella folla e non ci accorgiamo dei piccoli e grandi miracoli di amore che avvengono. Ci sfiorano, ma noi siamo troppo presi dallo spintonarci a vicenda nella folla.

Per incontrare Gesù e il bene che egli opera bisogna uscire dalla folla. Non è impossibile, basta farsi piccoli, cercarlo, ascoltarlo, accostarsi al lembo del suo mantello che sono i poveri, la parte più bassa della società, sfiorare la loro vita. Ci accorgeremo così della forza di bene che promana da lui, della guarigione e della gioia che riempie chi lo incontra, della vita nuova che è donata a quella fanciulla di cui tutti dicevano: è inutile fare niente, tanto è morta.

Fratelli e sorelle, ogni domenica il Signore passa accanto a noi, si fa vicino e disponibile. Non restiamo confusi nella folla distratta e agitata, non restiamocene per conto nostro, isolati, chiniamoci umilmente ai suoi piedi, come Maria, per ascoltare le sue parole e farci guarire da lui le ferite del nostro egoismo e indifferenza. Non ci preoccupiamo se qualcuno accanto a noi può ironizzare o sentirsi superiore, perché quello che conta è che il nostro cuore sarà rinnovato dalla forza buona che Gesù ci dona.

  

Preghiere 

O Signore Gesù che ti sei chinato fino a noi facendoti uomo per la nostra salvezza, aiutaci a non vivere orgogliosamente pieni di noi stessi, ma umili e con mitezza.

Noi ti preghiamo

  

O Padre che ci ami di infinita bontà, accogli noi tuoi figli nonostante il peccato, la freddezza e la distanza da te. Aiutaci ad essere umili discepoli del vangelo per incontrarti vivo e pronto a soccorrere ogni uomo.

Noi ti preghiamo

 

Gesù ti chiediamo di guarire le infermità della nostra vita: la durezza di cuore, l’egoismo, l’infedeltà, il poco amore. Fa’ che accostandoci a te umilmente la nostra vita sia trasformata.

Noi ti preghiamo

  

Ti ringraziamo Signore per tutti i miracoli di amore che compi accanto a noi: per la consolazione che doni agli afflitti, la guarigione dei malati, il perdono dei peccati e il sostegno ai deboli. Fa’ che tutti sappiamo esserti grati per ognuno di essi.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore Gesù per i cristiani che vivono in tante parti del mondo così travagliate da guerre e violenza. Dona loro la protezione del tuo amore che scioglie ogni difficoltà.

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Signore per la salute dei malati. Guarisci il cuore e il corpo di chi soffre perché la forza del tuo amore sia proclamata in ogni luogo dove la morte e il dolore sembrano vincere.

Noi ti preghiamo.

lunedì 21 giugno 2021

XI domenica del tempo ordinario - Anno B - 13 giugno 2021


 

Dal libro del profeta Ezechiele 17, 22-24

Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò». 

 

Salmo 91/92 - È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore

e cantare al tuo nome, o Altissimo,

annunciare al mattino il tuo amore,

la tua fedeltà lungo la notte.


I1 giusto fiorirà come palma,

crescerà come cedro del Libano;

piantati nella casa del Signore,

fioriranno negli atri del nostro Dio.


Nella vecchiaia daranno ancora frutti,

saranno verdi e rigogliosi,

per annunciare quanto è retto il Signore,

mia roccia: in lui non c’è malvagità. 

 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5, 6-10

Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione - siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:

chiunque trova lui, ha la vita eterna

Alleluia, alleluia, alleluia.

   

Dal vangelo secondo Marco 4, 26-34

In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme ger­moglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene semi­nato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.   

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, l’Apostolo Paolo parla della nostra condizione attuale definendola un “esilio lontano dal Signore, finché abitiamo nel corpo”. Sì la nostra realtà è di persone appesantite da un attaccamento alla realtà fisica che ci frena nel nostro cammino verso Dio. Ma con l’espressione “abitare nel corpo” Paolo non indica solo la realtà fisiologica del nostro essere in vita in carne ed ossa, ma più in generale un modo di vivere e di pensare che segue le leggi del vivere fisico.

Sono le abitudini e i modi di essere che hanno tutta la materialità di una mentalità che mette al primo posto le cose. È per esempio quell’istinto a difendere il proprio spazio fisico dalla presenza dell’altro, visto come un disturbo e un’intrusione, quando non addirittura un’indebita invadenza. Pensiamo a quanto si dice in questi tempi riguardo alla presenza degli immigrati fra di noi. Li si giudicano ingombranti e fastidiosi, forse anche oscuramente minacciosi, ma quanto ci è difficile andare oltre quella fisicità materiale per intuire dietro quei volti storie di uomini e donne come noi, cariche a volte di dolore, di sogni, di umiliazione, di speranza, forse anche di amore e generosità! Sì, siamo istintivamente portati a dare valore e peso solo alla fisicità materiale, come se tutto il resto non contasse. Oppure pensiamo, per fare un altro esempio, a quanta attenzione diamo al nostro corpo: cure mediche, diete, attività fisica, cura dell’estetica e dell’abbigliamento, ecc… e, a confronto, quanta cura diamo alla nostra interiorità. Lo squilibrio è evidente, non c’è bisogno di quantificare. Il fisico, il materiale, il corporeo ha una rilevanza enorme, e le sue esigenze sono giudicate prioritarie su tutto il resto.

È questo che ci rende lontani da Dio, come “in esilio”, dice Paolo. Non perché per lui abbia valore solo lo spirito, opposto al nostro corpo. Sappiamo infatti che Dio si è fatto uomo e non ha disdegnato di assumere la carne e con la carne Gesù “è salito al cielo e siede alla destra del Padre”, come recita il Credo. E infatti Paolo non esorta i Corinzi a cui scrive a lasciare il corpo e aspirare ad una morte immediata. Non c’è bisogno di morire per staccarsi dalla legge pesante del corpo, basta fare spazio nel proprio vivere quotidiano alle ragioni e alle leggi dello spirito per riemergere da questo esilio da Dio e tornare in sua compagnia.

Scrive infatti Paolo: “camminiamo nella fede e non nella visione”, cioè il nostro andare verso Dio, trattenuto dalla pesantezza del nostro attaccamento alla materialità, può avere due modi di procedere: nella fede o nella visione. Dobbiamo chiederci cioè se per noi conta solo quello che vedo e tocco, quel realismo che ci sembra così ragionevole e convincente, ma che in realtà contiene tutto il peso della legge del corpo, o conta invece la fede, cioè quello che gli occhi ancora non possono vedere, ma che con uno sguardo interiore fiducioso in Dio intuiamo come speranza, prospettiva ideale, progetto da realizzare, possibile mondo diverso? La realizzazione di tutto ciò, cioè il traguardo del “cammino della fede”, viene chiamata dalla Scrittura “Regno di Dio”. Un Regno, cioè un tempo e un luogo reali, non astratti, ma che non appartengono al dominio delle leggi di questo mondo, materiali, fisiche e contingenti, ma nel quale ha piena realizzazione il sogno di Dio per gli uomini.

La Scrittura ce ne dà diverse descrizioni evocative, ed oggi ne abbiamo ascoltate alcune dal Vangelo di Marco: una spiga di grano che cresce e dà frutto, un arbusto di senape che cresce e ospita molti uccelli, un tesoro nascosto che arricchisce chi lo trova, un lievito che fermenta la pasta, una perla preziosa, un banchetto nunziale che dà gioia, ecc… Sono tutte immagini che ci trasmettono principalmente tre idee: da un lato la crescita progressiva (non è tutto già realizzato subito, al presente), dall’altra la necessità di un lavoro paziente da parte nostra (ci vuole qualcuno che se ne faccia carico), ed infine la bellezza di una prospettiva così diversa dalla vita ordinaria.

Per tornare al caso che facevo prima, proviamo a pensare alla realtà odierna dell’immigrazione dal sud del mondo con lo sguardo e la prospettiva del Regno di Dio. In essa ci sono semi di un tempo nuovo da coltivare e vedere germogliare e fruttificare! Ne vediamo alcuni: la forza dell’aspirazione alla pace di gente che ha sperimentato il dramma della guerra e a volte ne porta le ferite; il desiderio di un futuro migliore sul quale investire le proprie energie giovani e creative; la bellezza di una vita al plurale, con il contributo di culture diverse, visioni della vita che si confrontano e arricchiscono reciprocamente di prospettive diverse. Ma poi, per noi cristiani, la presenza di tanti fratelli immigrati non è forse una bella provocazione ad approfondire le ragioni della nostra fede, così stanca e sterile nella vecchia Europa, a metterla in discussione davanti a domande esistenziali così forti, a forzarsi ad una coerenza maggiore con gli insegnamenti del Vangelo e a cercare strade nuove di testimonianza con le persone che bussano alla nostra porta?

In fondo nel loro rivolgerci una domanda di futuro migliore non c’è anche la dimostrazione di una grande fiducia nei nostri confronti, nella benevolenza e disponibilità a costruirlo insieme? I tanti bambini che li accompagnano, nonostante le difficoltà, non ci insegnano un senso della fecondità che noi abbiamo smarrito? Le donne così forti nella loro volontà di dare futuro ai loro figli non ci spingono a ripensare una stanchezza grigia e rassegnata che non riesce a vedere oltre la soddisfazione dei propri bisogni individuali e rifiuta per questo di dare vita ad altri?

Certo, la legge del corpo ci fa vedere anche tante difficoltà, gli ostacoli, i pericoli, e ci getta nella paura di un esilio perenne dal sogno del Vangelo. C’è bisogno di riprendere la marcia per uscire da un esilio che ci imprigiona nella palude della delusione e dell’insoddisfazione.

Fratelli e sorelle, il seme del Regno anche attraverso la venuta dei migranti è gettato nei nostri cuori e nella storia di questa Europa stanca e invecchiata, senza visioni e sogni. Sta a noi coltivarlo, proteggerlo, con fatica e perseveranza, e insieme gioire nel constatare la bellezza di una perla preziosa, di un tesoro, della gioia della festa di nozze che la prospettiva del Regno ci fa gustare fin da subito.

 

Preghiere

O Signore Gesù, mostraci con le parole del Vangelo la visione del Regno a cui ci chiami. Fa che i nostri passi si facciano veloci e decisi sul cammino della fiducia in te, Noi ti preghiamo

  

O Dio nostro Padre, liberaci dal dominio della carne e delle abitudini, donaci la libertà di essere figli e costruttori di un tempo nuovo, Noi ti preghiamo

 

O Spirito di amore, riempi i nostri cuori perché non vinca la paura e la rassegnazione, ma prevalga il desiderio di vivere il desiderio del tuo Regno, Noi ti preghiamo

 

O Dio manda dal cielo la tua benedizione su quanti affrontano rischi e fatica per raggiungere un approdo di pace e serenità. Proteggi i migranti che sono in viaggio, salvali dalla cattiveria degli uomini e dai pericoli della natura, Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Padre buono gli uomini e le donne che vivono in guerra. Per i paesi sconvolti dalla violenza e schiacciati dal terrorismo, Noi ti preghiamo

  

Ascolta o Dio l’invocazione di papa Francesco e di quanti assieme a lui ti chiedono il dono della conversione e del perdono. Fa’ che nessuno resti mai senza il tuo aiuto che guarisce, sostiene e salva, Noi ti preghiamo

sabato 19 giugno 2021

XII domenica del tempo ordinario - Anno B - 20 giugno 2021

 

 


Dal libro di Giobbe 38,1.8-11

Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: «Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal seno materno, quando io lo vestivo di nubi e lo fasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissato un limite, gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?».

 

Salmo 106 - Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.

Coloro che scendevano in mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
videro le opere del Signore
e le sue meraviglie nel mare profondo.

Egli parlò e scatenò un vento burrascoso,
che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi;
si sentivano venir meno nel pericolo.

Nell’angustia gridarono al Signore,
ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio,
tacquero le onde del mare.

Al vedere la bonaccia essi gioirono,
ed egli li condusse al porto sospirato.
Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5,14-17

Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,

e Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal Vangelo secondo Marco 4, 35-41

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, Il Vangelo ascoltato ci presenta un episodio drammatico della vita di Gesù con i suoi discepoli. Sì la vicenda dei dodici con Gesù non è un lento e placido procedere di successi, ma conosce momenti drammatici e di pericolo, ostacoli duri da affrontare, sconfitte e fallimenti. La vita col Signore infatti sì, ci dona la vera pace, ma non nel senso che spesso noi ci aspettiamo, cioè di scansare i problemi ed evitare i drammi, ma ce li fa attraversare mantenendo forte la nostra fiducia in Dio. Questo permette di superarli, vincendo il male che in essi è nascosto. Bisogna però lottare contro di esso e contro noi stessi e le nostre paure.

Il Vangelo sottolinea che i discepoli fanno salire Gesù sulla loro barca, cioè la nostra vita quotidiana, “così come era”, cioè accettando anche gli ostacoli e le difficoltà che lo stare con lui comporta spesso loro. C’è bisogno da parte nostra di una disponibilità larga a lasciarci forzare, a farci condurre ad esperienze, situazioni, incontri che non ci sono naturali, non ci aspettiamo e non ci vengono spontanei, perché noi non siamo così com’è lui.

Il viaggio sul lago di quella sera fu colto dalla tempesta. Come le nostre vite, per quanto cerchiamo di evitarle, sono colpite dalla tempesta, come il mondo di oggi è sconvolto da tanti drammi. Spesso noi cerchiamo di evitarle il più possibile, quando non ci riguardano personalmente o non siamo obbligati a tenerle in considerazione. Così facendo ignoriamo volontariamente i grandi drammi di questo nostro tempo: guerre, povertà, migrazioni, disastri naturali dovuti alla distruzione della natura, ecc… Li ignoriamo, perché, ha scritto recentemente un intellettuale italiano, “abbiamo paura del dolore, della immensa sofferenza, che i racconti possano spezzarci dentro… quindi preferiamo mostrarci feroci e indifferenti, piuttosto che fragili” (Saviano, Corriere della Sera 18.06.2021) Si’, per paura di soffrire con chi soffre accettiamo di disumanizzarci e di divenire sempre più estranei al Signore, che è il re della misericordia. È quello che vivono gli apostoli: paura, smarrimento, perdita di fiducia nel Signore.

Gesù nel racconto evangelico della tempesta dorme sereno. Segno della sua fiducia nel Padre, ma anche domanda implicita di essere noi a vegliare, sulla barca e su di lui. Dopo una giornata stremante di predicazione, incontri con le folle, guarigioni, Gesù chiede ai suoi di restare svegli e attenti per lui.

È quello che il Signore continua a chiederci: vegliare, non fingere di ignorare il dolore attorno a noi, prendere in mano il timone e le vele della barca e condurla al porto sicuro.

I discepoli lo svegliarono, tutti insieme, non uno da solo, come al plurale è l’appello disperato: “non t’importa che siamo perduti?”, un rimprovero che rivela la richiesta disperata di salvezza. Tutti insieme, ci si salva assieme, e non io a discapito dell’altro o contro l’altro. Il motto di questo mondo è “si salvi chi può”, tutti contro tutti. È l’invito rivolto a Gesù sulla croce: “Se sei il figlio di Dio salva te stesso!” Ma Gesù, proprio perché è il figlio di Dio, salva non sé, ma tutti sulla croce e ci insegna che la salvezza di ciascuno dipende dalla salvezza di tutti e che non c’è alternativa fra le due cose, anzi, sono la stessa cosa. Cercare la propria salvezza passa attraverso la ricerca e l’impegno per la salvezza altrui dal male.

Non t’importa che siamo perduti?” è il grido dei discepoli, che rivela una coscienza superficiale perché mette al centro se stessi. Gesù spiega invece che “Chi ama la propria vita, la perde” (Gv 12,24). Per questo Gesù rimprovera i discepoli di avere poca fede: perché chi si fida di Gesù e imita il suo esempio sa che nel dono di sé sta la vera salvezza, e non nella ricerca del proprio individuale personale interesse.

Alla fine Gesù placa le onde e fa cessare i venti, ma il suo rimprovero ci dice qualcosa di molto importante. Esso significa: “Perché non lo avete fatto voi? Perché non avete avuto fede?”

Sì la nostra fede passa attraverso la coscienza che il Signore chiede a noi di compiere le sue stesse opere, e anche di più grandi, perché ce ne dà il potere e la responsabilità.

Cari fratelli e care sorelle, la narrazione evangelica si conclude con lo stupore degli apostoli che vedono la forza dirompente del male cedere davanti alla parola di Gesù. È lo stupore che ci coglie ogni volta che vediamo la forza del bene e dell’amore prevalere su destini che sembravano condannati al dolore, ma questo stupore ci deve confermare nella fiducia che veramente anche noi possiamo essere investiti della forza dirompente del suo voler bene, e navigare nelle tempeste del mondo senza evitarle, ma sapendo che è l’amore che ci può far vincere su ogni male e la fiducia in Dio e nella sua Parola che ci rende audaci e capaci di vincere la nostra paura.


 Preghiere 

 

O Signore Gesù resta con noi e accompagnaci lungo tutto il viaggio della nostra vita. Fa’ che non ti lasciamo, ma restiamo vicini a te nei momenti difficili come in quelli felici.

Noi ti preghiamo

  

Signore Gesù guidaci verso il porto sicuro della vita che non finisce, aiutaci a non farci trascinare dalla corrente della vita ordinaria ma a chiedere a te la via per giungere alla salvezza.

Noi ti preghiamo

 

Dio, nostro Signore, guida la Chiesa nei mari difficili del mondo. Fa’ che sappia accogliere tutti coloro che vanno alla deriva, i naufraghi della vita, i disperati, perché sia arca di salvezza e nave sicura.

Noi ti preghiamo

  

Padre misericordioso perdona il nostro egoismo che ci spinge a dimenticarti e a non ascoltarti. Fa’ che siamo sempre attenti alla tua parola e pronti ad obbedirle.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per quanti nel mondo soffrono per la fame e la miseria. Aiutaci a vivere sempre la tua giustizia che non lascia nessuno senza il necessario per vivere.

Noi ti preghiamo

  

O Padre buono aiutaci ad amare il fratello e la sorella come noi stessi, perché vivendo con serietà l’amore evangelico nessuno sia escluso, disprezzato e dimenticato.

Noi ti preghiamo.

 

O Padre misericordioso aiuta tutti gli uomini in difficoltà: chi è senza famiglia e lavoro, chi vive per la strada, i mendicanti, i malati, i profughi, le vittime della violenza e della guerra. Dona loro pace e salvezza.

Noi ti preghiamo

 

 

O Signore ti invochiamo di continuare a mandare il tuo Spirito santo, perché i nostri cuori si riempiano di amore. Illumina la mente di chi è incerto e dubbioso se scegliere le vie del male o quelle del bene. Insegnaci a distinguere in ogni nostra azione il modo per essere migliori.

Noi ti preghiamo

giovedì 3 giugno 2021

Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo - Anno B - 6 giugno 2021

 


 Dal libro dell’Esodo 24, 3-8

In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrifi­care giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

 

Salmo 115 - Alzerò il calice della salvezza  e invocherò il nome del Signore.
Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.

Dalla lettera degli Ebrei 9, 11-15

Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo - il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente? Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa.

   

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono il pane vivo disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Alleluia. alleluia alleluia
   

Dal vangelo secondo Marco14, 12-16. 22-26

Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, le letture di oggi ci fanno rivivere il cammino che dall’antichità ha segnato l’amicizia di Dio con l’umanità. All’inizio abbiamo ascoltato come Dio abbia consegnato a Mosè la Legge che sanciva un’alleanza con il popolo ebreo. È l’inizio di un cammino lungo e tortuoso in cui alla fedeltà di Dio all’alleanza è corrisposto, spesso, il tradimento da parte del popolo, sempre tentato di rivolgersi agli idoli, che si vedevano e si toccavano, piuttosto che fidarsi di quel Dio che non si vedeva e non si toccava. Ma poi abbiamo ascoltato anche il racconto del momento che è il culmine di questo lungo cammino di amicizia fra Dio e gli uomini, in cui egli non solo si allea con l’umanità, ma si unisce a lei, assumendone la carne, e invitandola a unirsi a sua volta a lui, assumendone il Corpo e Sangue.

Un cammino lungo che è importante aver presente.

Infatti la storia dell’interesse e dell’amicizia di Dio con noi non comincia con me, come un senso egocentrico e miope della vita a volte ci fa ritenere. Spesso giochiamo il nostro rapporto con Dio dimenticando che non solo egli sta con noi oggi, ma lo è stato fin dall’inizio della storia. Ha protetto e salvato l’uomo dalle sue derive autodistruttive, ha modellato la sua civiltà portandola ad assumere sempre più i tratti di un’umanità più addolcita e meno aspra. Ha sempre rispettato la nostra libertà, senza imporsi, ma allo stesso tempo non ha mai cessato di seguire con partecipazione le vicende della storia, grande e piccola, animandola con il soffio del suo Spirito. Insomma ciascuno di noi è inserito in una lunga e ampia storia di amicizia di Dio con l’uomo che abbraccia i secoli ed ha come orizzonte il mondo intero.

Quali sono i tratti più significativi di questa lunga storia?

La cosa più stupefacente è che si tratta di una storia in cui è Dio a prendere l’iniziativa e a proporre agli uomini di allearsi. Egli cioè si mostra disponibile a mettersi al livello degli uomini e a stabile con loro un patto reciproco al quale s’impegna ad essere fedele lui per primo. Dio non aveva bisogno di noi, eppure si è offerto di accompagnarci e proteggerci, egli è infinitamente grande e autosufficiente, eppure si lascia incastrare in un’alleanza, si lascia come limitare e obbligare da un patto di amicizia, rinunciando alla sua libertà assoluta.

Con questa scelta, così assurda dal nostro punto di vista, Dio ci vuole dimostrare che lui così facendo sceglie per una libertà più alta, l’amore, che vincola le due parti, ma rende liberi veramente.

Questo era incomprensibile agli altri popoli, con le loro divinità capricciose e dispotiche, indifferenti all’uomo, desiderose di veder riconosciuto il proprio dominio assoluto, oppure con un dio come un concetto astratto, necessario per dimostrazione teorica, il motore dell’universo, ma estraneo alla realtà umana. Il Dio di Mosè con il suo differente modo di essere mette in chiaro in modo definitivo ed estremo la sua essenza: Dio è amore, tanto da abbassarsi a stringere alleanza con l’uomo, a fidarsi della sua natura traditrice e volubile, come lo ha conosciuto fin da Adamo ed Eva. Paradossalmente Dio dimostra la sua vera grandezza rinunciando ad essa stessa e lasciandosi “limitare” da un’alleanza, che lo pone quasi alla mercé dell’uomo.

Ma poi con Gesù questa scelta diventa totale: Dio non solo affianca e guida l’uomo, ma ne assume la vita intera: la carne, il dolore, i sentimenti, la morte. È il grado più pieno della sua rivelazione, perché Dio l’alleato si fa conoscere come un Dio che non solo sta al fianco, ma è dentro l’uomo come la forma più forte di amore. Gesù ci offre la via non solo per conoscere e amarlo, ma per diventare come lui, la nostra vera natura, immagine e somiglianza con Dio: essere bisognosi dell’altro che è Dio e che sono i fratelli e le sorelle, come Dio dimostra di esserlo di noi.

Per spiegare tutto ciò Gesù non fa grandi discorsi, ma compie un gesto semplice ed evidente, lo abbiamo ascoltato nel racconto dell’ultima cena. Si offre ai discepoli come un pane buono e nutriente, sempre a disposizione, basta che lo si desideri, un vino che scalda e addolcisce la vita che si lascia bere e sgorga da una fonte che non finisce mai. È il modo con cui oggi, in questa festa del Corpo e Sangue di Cristo, lo vogliamo riconoscere, nella sua vicinanza concreta che entra in noi e diventa parte di noi.

Quel pane e quel vino non solo ci rendono vicino Gesù, ma ci insegnano come anche noi dobbiamo vivere. Dicevo infatti che nel voler bene infinito di Dio riconosciamo l’immagine di lui che ha voluto imprimere in noi. Ecco allora come rendere questa immagine chiaramente visibile e riconoscibile: divenendo anche noi un pane buono, nutrimento semplice e sostanzioso per i fratelli e un vino dolce, che scalda il cuore e rallegra l’amicizia che ci lega a loro.

È il modo semplice e concreto con cui Gesù ci vuole ricordare il lungo cammino di amore di Dio per l’umanità. A quella tavola i discepoli non sono arrivati per caso o per un capriccio del destino. È un appuntamento che Dio ha preso con l’uomo fin dalla sua creazione, al quale è stato fedele nei secoli della storia, che ha preparato con pazienza e tenacia fino alla nascita di Gesù, alla sua vita, alle sue parole. Oggi questo invito giunge fino a noi, ultimi di questa lunghissima catena di amicizia. Cerchiamo di essere convitati degni dell’invito, vestiamo l’abito dell’ascolto e dell’umiltà perché Dio ci ponga al dito l’anello della sua grazia che rende il nostro amore simile al suo.

 

 Preghiere 

 

O Signore nostro ti ringraziamo perché hai accompagnato l’umanità nella lunghezza dei tempi con amore e pazienza. Continua a radunarci in un unico popolo che abbraccia tutta l’umanità,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Padre buono, il tradimento e la dimenticanza degli uomini. Fa’ che siamo sempre fedeli all’alleanza che ci lega a te come un popolo di figli e discepoli dell’unico Dio,

Noi ti preghiamo

 

Fa’ o Dio che tutti gli uomini possano conoscerti e amarti, anche chi fino ad oggi è rimasto estraneo al tuo patto di amore,

Noi ti preghiamo

  

O Gesù che hai dato compimento all’antica alleanza unendo in te stesso Dio con l’umanità, aiutaci ad ascoltare l’annuncio del tuo vangelo come parola veramente umana e veramente divina,

Noi ti preghiamo

 


Sostieni o Padre del cielo gli sforzi di chi cerca la riconciliazione, perché dove oggi regna la violenza e la guerra possa presto tornare la pace,

Noi ti preghiamo

  

Aiuta o Padre chi è nel dolore e nel pianto, consola chi è stato colpito dal male e apri per tutti un futuro sereno

Noi ti preghiamo.

 

Sostieni o Dio chi ti riconosce come un pane che nutre e un vino che dà forza, perché alimentati dal tuo corpo e sangue possiamo annunciarti a tutti come salvezza dal male,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Signore tutti i tuoi figli, ovunque dispersi, perché, riuniti nel tuo nome, siano come te nutrimento per tutti e spirito che anima e dà forza al mondo,

Noi ti preghiamo