sabato 26 marzo 2022

IV domenica del tempo di Quaresima - Anno C - 27 marzo 2022




Dal libro di Giosuè 5,9-12

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

 

Salmo 33 - Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5,17-21

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te.
Lode a te o Signore, re di eterna gloria

 

Dal vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi, in tempo di Quaresima, la liturgia ci propone questa parabola di Gesù come spunto per interrogarci e comprendere dove ci troviamo nel cammino che questo tempo speciale ci invita a percorrere. Ci siamo incamminati o restiamo ancora attaccati al nostro modo di essere di sempre, senza riuscire a compiere i passi che ci conducono fino a Gesù risorto? Sono le domande della Quaresima che da quattro settimane la liturgia ci pone, come una voce amica e preoccupata della nostra salvezza. Poiché è in gioco il senso, la pienezza, la felicità della nostra vita facciamo sì che questo tempo non passi invano!

E la parabola del “figlio prodigo e del padre misericordioso” ascoltata oggi ci aiuta a comprendere meglio qual è il cammino della Quaresima.

Innanzitutto, ci dice il Vangelo, il figlio minore “ritornò in sé”, accorgendosi di vivere una vita senza prospettive, schiava e infelice. Quel giovane parte dalla propria interiorità, dal guardarsi dentro con uno sforzo di comprensione di sè stessi. Questo avviene perché ricorda il Padre, ed anche noi possiamo farlo, se ci confrontiamo con la Parola di Dio. Solo la Scrittura infatti ci restituisce una coscienza autentica di noi stessi, svelando anche quelle parti di noi che non ci piacciono.

Un modo di vivere frettoloso e distratto ci spinge a sfuggire dal contemplare questo “specchio” che ci riflette come siamo veramente. Ciò che in esso contempliamo a volte ci rattrista, e l’atteggiamento autoassolutorio o di fuga rende tiepidi i sentimenti, sia di gioia come di dolore. Ma il dispiacere che la Scrittura suscita per come siamo fatti è un dispiacere di pentimento, cioè di dolore per la distanza che abbiamo preso dal bene che Dio ci vuole, lo stesso dolore con cui quel giovane figlio contempla la propria condizione presente e che lo spinge a ricordarsi del bene che il padre gli vuole e a desiderare di tornare accanto a lui. La Scrittura infatti non separa mai lo svelamento del peccato presente dall’offerta di perdono: chi si riflette in quello specchio sincero che è la Parola di Dio vede due volti di sé: quello attuale che non ci piace, ma anche quello trasfigurato dall’amore di Dio, che ci appare invece bello e felice.

Diffidiamo dalla tentazione di attribuire al male che ci lega una forza invincibile, atteggiamento che magari noi contrabbandiamo come pentimento, ma che in realtà spesso nasconde la rinuncia a cambiare. Esercitiamoci invece a esaltare la misericordia di un Dio che, anche davanti al peccato più grave, non rinuncia a indicare la via del ravvedimento e del ritorno a lui e ci corre incontro, proprio come fece quel padre.

Ma oltre a quel giovane che si era allontanato dalla casa del padre la parabola ci parla di un altro figlio, che invece vi era rimasto. Al contrario del più giovane, il figlio maggiore è sempre stato col padre, lavora onestamente, è parsimonioso e onesto. Davanti alla festa che il padre fa al fratello ritornato si indigna e nemmeno vuole entrare in casa. Egli, dobbiamo ammetterlo, sembra non avere torto: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso.” Egli lamenta l’ingiustizia del padre. Già è stato cedevole col figlio minore nel concedergli i suoi beni, poi, una volta rientrato, non lo rimprovera aspramente come meriterebbe, anzi gli fa festa e lo tratta ancora come un figlio, invece di cacciarlo via; addirittura imbandisce per lui una tavola sontuosa. Tutto ciò indigna il fratello maggiore.

Tante volte noi siamo come lui. Ragioniamo con il conteggio del dare e dell’avere e ci sentiamo in credito nei confronti degli altri e, addirittura, pure nei confronti di Dio. Elenchiamo i nostri meriti: non ho fatto nulla di male, sono onesto e rispettoso, cerco di essere giusto e restituire ciò che devo, ecc... Quanti calcoli, quanti confronti con gli altri, quanti giudizi, quante condanne e autoassoluzioni!

Questo modo di ragionare però, ci dice oggi la parabola in modo chiaro, non è quello di Dio! Dio non è giusto, altrimenti noi uomini saremmo già tutti condannati e senza alcuna speranza. Chi vive la logica dei meriti e della giustizia resta fuori dalla casa del Padre, freddo, anzi scandalizzato dalla festa del perdono che in essa si tiene, rancoroso verso di lui. E quanto spesso sono questi anche i nostri atteggiamenti: rivendicativi, vittimisti, sempre pronti a mettere in luce i nostri meriti e il “diritto” ad una ricompensa che non arriva, pronti a fare i confronti con chi ha ma non merita.

Il Padre, invece, vive la logica del perdono che è libera dalla rete dei calcoli e dei giudizi. Il perdono non tira le somme, né fa giustizia, ma trasfigura chi lo riceve e chi lo offre portandoli entrambi a vivere la grande festa dell’amore.

Il giovane tornato viene lavato e rivestito, come uno sposo, e tutti in casa partecipano alla gioia del suo ritorno alla vita. Il figlio maggiore invece non riesce a scrollarsi di dosso lo sporco della giornata pesante di lavoro e la rabbia del torto che crede di aver subito. Egli non sa perdonare, perché non sa voler bene al fratello e al padre, gioire con loro per la famiglia ritrovata. Per questo rimane fuori al freddo, infelice e rancoroso.

Fratelli e sorelle, anche noi ragioniamo come quel figlio che, pur stando a casa e lavorando per il padre, risulta essere alla fine lontano da lui di quello che invece si è allontanato ed è ritornato pentito. Quest’ultimo trova la forza di ritornare perché sa guardare dentro di sé, come si è ridotto, in che condizioni vive e ricorda l’amore che gli era garantito dal Padre. L’altro non se ne accorge nemmeno più, pur vivendo gomito a gomito con lui. Il cammino che separa il figlio diventato guardiano dei porci dal padre è molto più breve di quello che allontana l’altro dal genitore che è come un abisso incolmabile. Approfittiamo di questo tempo in cui Dio ci si fa vicino in modo speciale per colmare l’abisso di freddezze e calcolo e di un senso di giustizia che ci allontana dal Padre. Impariamo da quel giovane scapestrato ma capace di ricordare l’affetto, dissoluto, ma pronto a tornare indietro fra le braccia del Padre. Il nostro cammino sia come il suo, una Quaresima di esodo dalla vita di poco amore che la Parola di Dio svela in noi.

 

Preghiere 

 

O signore Gesù che ci guidi in questo tempo di Quaresima sul cammino della conversione, illumina e scalda il nostro cuore, perché ascoltiamo e viviamo il Vangelo,

Noi ti preghiamo

  

O Dio, nostro padre paziente e misericordioso, accoglici vestiti dell’abito del pentimento, perché possiamo vivere nella tua casa la festa del perdono,

Noi ti preghiamo

 

Ti ringraziamo o Dio perché non disprezzi chi torna a te peccatore, ma gli corri incontro felice. Vieni incontro anche a noi e perdona tutto il male di cui ci siamo resi complici,

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Signore Gesù, dona pace e salvezza a chi oggi è nella guerra. Soccorri chi è profugo, in fuga dalla violenza, chi è senza casa, chi ha perso familiari e amici. Perdona e converti chi oggi si arma contro il fratello e la sorella e apri presto i cuori alla riconciliazione.

Noi ti preghiamo

 

Soccorri o Padre buono tutti coloro che soffrono e sono nel dolore. Chìnati su tutti quelli che invocano il tuo soccorso e suscita in noi uno spirito generoso di solidarietà,

Noi ti preghiamo

  

Attira verso di te, o Dio nostro Padre, tutti coloro che ti sfuggono e camminano su sentieri che non portano a nulla. Mostrati loro padre buono e misericordioso

Noi ti preghiamo.

 

Guida e proteggi o Signore la tua Chiesa impegnata nel difficile compito di vivere e annunciare il Vangelo. Fa’ che lo Spirito illumini sempre il papa Francesco e lo protegga da ogni male,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Dio tutti i tuoi figli ovunque dispersi, perché forti dell’amore di Cristo affrontino le difficoltà della vita con animo lieto e spirito pacifico,

Noi ti preghiamo


sabato 19 marzo 2022

III domenica del tempo di Quaresima - Anno C - 20 marzo 2022

 


Dal libro dell'Esodo 3,1-8a.13-15

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.  Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».  Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».  Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

 

Salmo 102 - Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10,1-6.10-12

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria
Convertitevi, dice il Signore,
il regno dei cieli è vicino.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria

Dal vangelo secondo Luca 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato nella prima lettura che Dio apparve a Mosè mentre era, come al solito, al pascolo con le pecore. Dio irrompe nella vita dei suoi figli nella normalità delle occupazioni quotidiane, anche con noi. E la Quaresima è un tempo speciale, non perché cambia il ritmo dei nostri impegni, che sono grosso modo sempre gli stessi, ma perché porta la novità di un incontro ravvicinato e più intenso col Signore e la sua Parola.

Mosè vede un cespuglio in cui una fiamma brucia, ma non lo consuma. È stupito perché il calore di quel fuoco scalda e illumina attorno a sé, ma non distrugge, anzi avvolge col proprio splendore ciò che circonda. Così è l’amore che Dio rivolge a noi uomini. Con esso Dio scalda i nostri cuori, tante volte infreddoliti da un senso di tristezza o di paura, li illumina facendoci vedere la via del bene da compiere per non perdersi e non sprecare la vita, ci avvolge con la sua protezione e ci rispetta, non consuma la vita, come a volte noi siamo invece portati a fare bruciando le nostre energie in un fuoco che lascia dietro di sé solo cenere. Ne è espressione suprema la guerra che viviamo con partecipazione in questi giorni: quanta intelligenza, fatica, risorse, vite vengono impiegate in uno sforzo per uccidere e distruggere. La guerra è l’esempio di quanta energia sprecata l’uomo è in grado di usare per il male, invece che per il bene.

Mosè a quella vista si avvicina attratto, ed anche a noi il fuoco dell’amore di Dio ci attira. Sentiamo che è bello farci avvolgere da esso, e per questo ogni domenica ci raduniamo insieme a celebrarlo e a ringraziarlo perché vuole accendere anche noi con questo stesso fuoco. È quello che Gesù disse una volta: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,19), e quando stiamo assieme, fra di noi e con lui, proviamo dentro quel fuoco che Gesù getta. Lasciamoci accendere perché scaldi e illumini anche noi! Come è triste quando invece restiamo insensibili a quel fuoco, senza lasciarcene incendiare. Nonostante siamo immersi nel luogo in cui la fiamma del voler bene di Gesù trova le sue massime espressioni, la sua Parola e l’Eucarestia, è facile uscirne freddi, come refrattari ad essa, incapaci di manifestarla ad altri perché noi per primi non la abbiamo accolta da lui.

Quello di Gesù è un fuoco, cioè un modo di voler bene, diverso da quello degli uomini. Questi non vogliono sprecare il calore e la luce per gli altri, ma tenerlo tutto per se stessi. Noi a volte vorremmo rubare il calore dagli altri più che donarlo, consumando le amicizie, sprecandole o usandole solo per il nostro vantaggio. Il calore del voler bene di Gesù, invece, dona agli altri più che cercare per sé stesso. Questo tipo di fuoco stupì Mosè e oggi stupisce anche noi; paradossalmente il fuoco del voler bene di Dio aumenta mentre si comunica e, nonostante sia donato a tanti, non diminuisce mai di intensità.

Mosè, abbiamo sentito, si avvicina a quel roveto e mentre lo osserva sente la voce di Dio rivolgersi a lui: sì, Dio parla agli uomini innanzitutto col calore del suo volergli bene, con i segni del suo amore che scalda, illumina e protegge. Dio chiede a Mosè, prima di tutto di togliersi le scarpe, perché quello è un luogo santo. Togliersi le scarpe significa camminare con delicatezza e rispetto, senza calpestare con il proprio passo pesante chi è più debole e fragile, ma anzi andandogli incontro. Questo tempo di Quaresima che stiamo vivendo vuole insegnarci proprio questo: a riconoscere il fuoco speciale dell’amore di Dio, ad avvicinarci a lui per lasciarcene incendiare anche noi, ad imparare la delicatezza e il calore del passo con il quale avvicinarci ai fratelli, alle sorelle e a Dio stesso.

Dio continua dicendo che lui non è indifferente alla situazione degli uomini che sono nel dolore: le sofferenze, la forza con cui il male li schiaccia non gli sono estranei. Anzi prepara per noi una via di uscita, un esodo, per raggiungere un futuro felice: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido …: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire … verso una terra bella e spaziosa, … dove scorrono latte e miele”. Per questo oggi possiamo dire che Dio è assieme a quanti in Ucraina e in tutti i luoghi dove infuria la guerra vivono il dolore dei conflitti armati. Una bella preghiera scritta dal vescovo di Napoli e ripresa da papa Francesco dice: “Signore Gesù nato sotto le bombe di Kiev, morto in braccio alla mamma in un bunker di Kharkiv, mandato ventenne al fronte, che vedi ancora le mani armate all’ombra della tua croce, abbi pietà di noi.

Anche a noi oggi la voce potente di Dio si rivolge davanti al fuoco che brucia del suo amore. La S. Messa è il luogo in cui l’amore di Dio si manifesta per ogni uomo e gli trasmette il suo calore e la sua luce, tanto che da essa usciamo trasfigurati e capaci anche noi di portare il fuoco del suo amore agli altri.

Mosè era un semplice pastore, persona non importante né colta, ed oggi ci viene proposto dalla liturgia come modello del discepolo, l’uomo della Quaresima. Egli è pronto ad ascoltare la voce di Dio che gli parla e vuole entrare in amicizia con lui, per poter portare una buona notizia a tutto il popolo.

Questo può essere anche il nostro itinerario di Quaresima.

L’alternativa, fratelli e sorelle, è quella di restare nel deserto arido di umanità, dove stava anche Mosè con il gregge, indaffarati dietro ai nostri impegni quotidiani. Lì diventiamo tutti come il fico sterile di cui ci parla il Vangelo: “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.” Se non ci accostiamo con fiducia al roveto ardente della liturgia, se non partecipiamo con cuore aperto e sincero al banchetto in cui Gesù dona tutto se stesso per volerci bene fino alla fine, resteremo incapaci di dare buoni frutti di conversione e di perdono, di amicizia e solidarietà con gli altri. Riceviamo con gratitudine le cure del buon contadino che è Gesù, i colpi della sua zappa ci svegliano dal torpore egocentrico, il concime sparso è la sua Parola che ci raggiunge ed entra in circolo, se la accogliamo. Gesù è veramente un contadino misericordioso che non si stanca di coltivare il terreno della nostra vita sperando un giorno di trovarvi i frutti tanto desiderati.

 

Preghiere 

 

Ti ringraziamo o Signore perché sei vicino ai popoli in guerra e ascolti il lamento di chi è nel dolore. Dona a tutti la pace che libera dal male che opprime e dal peccato che lo favorisce. Salvaci sempre o Signore,

Noi ti preghiamo

  

Guidaci o Padre misericordioso nel cammino della Quaresima, perché docili al tuo insegnamento e attenti alla tua Parola sappiamo compiere l’esodo da noi stessi per giungere a te,

Noi ti preghiamo

  

Solleva, o Dio del cielo, l’indigente dalla polvere e il povero dall’immondizia, consola il misero e guarisci ogni piaga, perché il tempo che viene sia benedetto dal tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

 Guida i nostri passi, o Dio, perché illuminati e scaldati dal tuo amore che brucia ma non consuma sappiamo ascoltare le tue parole e scoprire la bellezza di stare in tua compagnia quando ci raduni e ci parli,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per Francesco, nostro papa e pastore amorevole. Guida i suoi passi sui sentieri del Vangelo e donagli sempre la pace del cuore e la salute del corpo,

Noi ti preghiamo

  

Illumina la tua Chiesa, o Spirito di Dio, in questo tempo santo di Quaresima. Fa’ che si apra presto per tutto il popolo di Dio un tempo di frutti abbondanti di conversione e pace,

Noi ti preghiamo


sabato 12 marzo 2022

II domenica del tempo di Quaresima - Anno C - 13 marzo 2022

 



Dal libro della Gènesi 15,5-12.17-18

In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate».

 

Salmo 26 - Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Ascolta, Signore, la mia voce. +
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 3,17-4,1

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria
Dalla nube si udì la voce del Padre:
«Questi è il mio Figlio l’amato: ascoltatelo».
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria

 

Dal vangelo secondo Luca 9, 28b-36

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, l’apostolo Paolo rivolge ai cristiani di Filippi l’esortazione a non seguire l’esempio di quelli della comunità che “si comportano da nemici della croce di Cristo”. Qui Paolo non si riferisce a pagani ostili alla fede cristiana ma ad alcuni dei fratelli che con il loro modo di fare mostrano di non dare valore alla croce, di disprezzarla. Sì perché non bisogna essere nemici del cristianesimo per disprezzare la croce, basta metterla da parte, come un incidente di percorso nella vita di Gesù, come qualcosa che è andato storto nella sua vicenda che sembrava invece conoscere tanti successi e il consenso delle folle.

È la tentazione che tante volte viviamo anche noi di giungere alla Pasqua senza passare attraverso la passione e senza fermarci ai piedi della croce del Signore. È la stessa tentazione di Pietro che all’annuncio con il quale Gesù rivelò ai dodici il destino che lo attendeva a Gerusalemme disse: “Non sia mai, non ti avvenga mai una cosa così.” In realtà Gesù non volle evitare l’esperienza del rifiuto da parte del popolo, dell’incarceramento, del giudizio, del tradimento, e infine del dolore e della morte, tutte esperienze che fanno parte della vita degli uomini e che sono come riassunte da quel segno spaventoso che è la croce. Volle passare attraverso di esse per superarle, per vincerle, e per portare con sé alla vittoria sul male quanti hanno fatto e continuano a farne esperienza sulla propria carne. Il suo è stato come un esodo, cioè un’uscita, dalla terra della schiavitù del male verso la terra della consolazione e della felicità, della pace e della speranza, della compagnia col Signore, della vittoria definitiva sul male.

Anche il Vangelo che oggi abbiamo ascoltato ci parla di un esodo: “Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.” Sì, tutta la vita di Gesù è stata un continuo pellegrinare, di villaggio in villaggio, di regione in regione, ma quel giorno, sul monte, Mosè ed Elia parlano con lui di un esodo che deve avvenire a Gerusalemme. È la passione, morte e resurrezione del Signore, vero esodo da un mondo dominato dal dolore e dalla morte per giungere alla gloria della vita risorta e che non finisce più. È un cammino difficile, Gesù lo sa bene, e nel momento più difficile, nell’orto degli ulivi, proverà paura e angoscia, ma non tornerà indietro e nemmeno si fermerà, proseguendo fino in fondo, accompagnato dall’amore del Padre.

Mentre parla dell’esodo che deve compiere il Signore si trasfigura apparendo ai tre apostoli nella gloria che sarà poi quella della sua resurrezione. Sì perché l’esodo realizza la trasformazione della vita già mentre lo si sta compiendo. Il cammino che la Quaresima ci propone è come un esodo dall’aridità della vita spesa per se stessi verso la gioia del dono gratuito e generoso dell’amore per gli altri, e per questo ci trasfigura mentre lo compiamo; la preghiera, il digiuno e la carità che si offrono di farsi nostre compagne in questo tempo, plasmano infatti il nostro modo di vivere, rendendolo sempre più simile a Gesù, una vera e propria trasfigurazione che ci rende uomini e donne nuovi, molto diversi da come eravamo prima di partire.

Nello stesso momento però in cui Gesù si trasfigura Pietro Giacomo e Giovanni invece sono “oppressi dal sonno” e si addormentano. Seguono il ritmo del loro corpo, con le sue esigenze naturali e le assecondano, e non si accorgono che c’è un tempo di Dio che segue ritmi diversi. Così è per la Quaresima, tempo benedetto in cui vivere un esodo da sé, ma noi preferiamo seguire i ritmi del nostro tempo, regolato dai propri stati d’animo e umori, esigenze e necessità. Per questo anche per noi è così facile addormentarci, vivere cioè senza sentire accanto a noi la presenza del Signore che compie il suo esodo. Ad un certo momento però, Pietro e gli altri si svegliano, all’improvviso, e anche a noi avviene in certe situazioni che ci svegliamo dal torpore egocentrico e sentiamo la presenza di Gesù, vicina, forte e piena di amore. Pietro è contento, quella visione della presenza gloriosa di Dio accanto a sé lo esalta, e propone a Gesù di piantare tre tende.

Ma come? Gesù si accinge a compiere un esodo, cioè un cammino, e Pietro propone di fermarsi lì? Il sonno del discepolo lo rende estraneo a Gesù, a quello che lui si accinge a fare. Questo avviene anche a noi: un momento di esaltazione, l’entusiasmo di una situazione speciale ci rende felici, ma non basta per essere in sintonia con Gesù. L’evangelista Luca commenta infatti: “Egli non sapeva quello che diceva.”

Il Signore nemmeno risponde a Pietro che gli propone di fermarsi. Gesù ha una missione, ha fretta di raggiungere Gerusalemme, anche se sa che lo attendono giorni difficili, per dare la prova del suo amore più forte della morte, quella croce attraverso la quale vincere la morte e risorgere.

Fratelli e sorelle, quanta distanza c’è fra Pietro e Gesù! Il povero pescatore si esalta per la bellezza della vita trasfigurata dall’amore di Dio, ma non capisce che essa è il frutto di un esodo da compiere, giorno per giorno, passo dopo passo, senza stancarsi né rallentare. Anche per noi è così: non basta sentirci qualche volta appagati per una cosa capita o un sentimento provato. Sì, certo, sono esperienze importanti e felici, ma devono essere solo tappe di un esodo da sé che continua, sennò noi ci troveremo addormentati e sperduti, avvolti nella nebbia di una vita che non capiamo più e dove la strada sembra perduta.

Lì, in quella nebbia che avvolge i tre discepoli la voce del Padre indica una strada: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!” Dio rivela, con paziente insistenza, come si fa a restare con il Signore Gesù, senza perdersi nel sonno: ascoltandolo. Nell’ascolto del Vangelo anche noi compiamo quell’esodo che ci permette di trasfigurarci e di giungere alla gloria del Signore risorto. Non per un momento di esaltazione, ma per una lenta e paziente uscita da sé stessi.

È l’indicazione che oggi ci proviene da questa liturgia su come vivere il tempo della Quaresima. Facciamo spazio dentro di noi alla Parola di Dio, impegniamoci a viverla. Mentre lo facciamo scopriremo che è il modo più felice di vivere. È quella trasfigurazione progressiva che man mano che ascoltiamo ci cambia dentro e nel nostro modo di essere con gli altri.

Se seguiremo Gesù che si avvia verso Gerusalemme, facendoci compagni della sua preghiera e del suo amore generoso non fuggiremo davanti alla paura della passione, non rinnegheremo la croce, non lo abbandoneremo, ma restando con lui, fino ai piedi della croce, parteciperemo anche della sua resurrezione.

 

Preghiere 

 

O Signore, ti ringraziamo perché ci inviti a salire con te sul monte della preghiera e a compiere l’esodo della Quaresima. Fa’ che sappiamo essere attenti alla tua Parola per godere della tua compagnia,

Noi ti preghiamo

  

O Padre del cielo che ci inviti ad ascoltare ogni parola del tuo Figlio, aiutaci a mettere in pratica il Vangelo che ci è annunciato e a lasciarci docilmente trasfigurare man mano che ti seguiamo,

Noi ti preghiamo

 

O Dio nostro, proteggi, consola e salva quanti sono deboli e malati, chi vive per strada, chi è immigrato da Paesi lontani. Fa’ che la famiglia dei tuoi discepoli accolga ciascuno come un figlio e un fratello,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Signore che nel tempo che ci separa dalla memoria della Passione ci prepariamo a non fuggire davanti alla sofferenza, ma intenerendo il nostro cuore, sappiamo restare come amici fedeli vicino alla tua croce e ad ogni uomo che soffre,

Noi ti preghiamo

 

Padre del cielo, ti preghiamo per il nostro papa Francesco, proteggilo e rafforza il suo impegno ad annunciare il Vangelo, perché la sua testimonianza e le sue parole ci aiutino a vivere sempre di più l’amore per i piccoli,

Noi ti preghiamo

 

 Sostieni o Signore tutti i discepoli che si riuniscono attorno a te, fa’ che con la loro testimonianza sappiano indicare a molti la via del Vangelo e alleviare la fatica di vivere dei poveri che incontrano,

Noi ti preghiamo.

 

 O Signore, perdonaci quando siamo addormentati e diveniamo sordi alla tua Parola. Aiutaci a restare vigili e attenti a non perdere nessuno dei tuoi insegnamenti,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Padre per la pace nel mondo intero, e specialmente in Ukraina. Proteggi quanti oggi sono minacciati dalla guerra e guarisci i cuori di quanti coltivano odio e violenza.

Noi ti preghiamo

venerdì 4 marzo 2022

I domenica del tempo di Quaresima - Anno C - 6 marzo 2022


 


Dal libro del Deuteronòmio 26,4-10

Mosè parlò al popolo e disse: «Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».

 

Salmo 90 - Resta con noi, Signore, nell'ora della prova.

Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».

Non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.

Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.

«Lo libererò, perché a me si è legato, +
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso».

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 10,8-13

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».

 

Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria!

Dal vangelo secondo Luca 4,1-13

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, si è aperto mercoledì scorso con il rito austero e solenne delle ceneri il tempo santo di Quaresima, occasione per avviarci in un cammino di rinnovamento della nostra vita.

Mercoledì dicevamo che la Quaresima è un tempo regalato a noi da Dio perché impariamo di nuovo a riconoscere in lui il nostro Padre, “buono e misericordioso, lento all’ira e ricco di bontà”, come ci dice il profeta Gioele. E per riconoscere Dio come il nostro Padre comune dobbiamo riconoscere che ciascuno uomo e ciascuna donna sono mio fratello e mia sorella. Anche quelli che non conosco, persino quelli che non mi piacciono.

Viviamo un tempo di guerra, lo sappiamo bene, e questo clima rischia di entrarci dentro e trascinarci all’interno di una logica di guerra. Sì, perché in tempo di guerra è facile essere portati a desiderare la vittoria per sé e a sperare la sconfitta del nemico, chiunque esso sia. Anche il nostro paese, e spesso noi stessi, entriamo in questa logica, per la quale la soluzione del conflitto è identificata nella sconfitta del nemico, magari attraverso la resistenza armata. Si sente dire che la Russia, o i loro governanti, il suo esercito, devono essere umiliati, sconfitti, annientati. Si esaltano romanticamente le figure dei combattenti per la libertà con il fucile in mano o quanti tornano nel proprio Paese per imbracciarne uno. Ma questa è già una sconfitta, perché manifesta un arretramento della soglia della pace dentro di sé e nello spirito di tutto un popolo, per lasciare spazio a sentimenti di odio, fratricidi, violenti.

Nessun uomo può essere considerato un nemico, nessun uomo può essere una persona da eliminare, da sopprimere, per quanto malvagio o peccatore esso sia.

Abbiamo un solo, unico, vero, grande nemico dell’uomo che è la divisione, questa potente forza che il male usa per allontanarci dagli altri e da Dio, ed è un nemico comune a tutti gli uomini, ed è contro di lui che tutti dovremmo allearci in una grande lotta senza confini e senza tregua. La divisione agisce nei cuori, fa perdere all’uomo il volto del fratello e della sorella e lo sostituisce con quello dell’estraneo da allontanare o, peggio, del nemico da eliminare.

La divisione ha strumenti forti per imporsi: la paura, il senso di identità, che può essere nazionale, culturale, etnico, religioso, e che si contrappone alle altre identità, l’egoismo, l’indifferenza. Attraverso di essi la divisione si impadronisce delle persone e alimenta la contrapposizione.

Gesù, abbiamo ascoltato dal Vangelo oggi, attraversa anch’egli il deserto che è la vita resa arida, difficile e invivibile dalla divisione: il deserto è il luogo della solitudine, nel quale si vive isolati, con poche risorse che non possono essere condivise, ma trattenute per sé. Nel deserto non si può essere generosi, la poca acqua, il poco cibo che vi si trova va gestito bene perché basta a malapena solo per me. E a forza di vivere nel deserto della divisione il vuoto esterno si impadronisce di noi e diventa il vuoto dentro di noi.

Dopo un lungo soggiornare in esso Gesù, abbiamo ascoltato, sente fame: “Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame.” Sì, vivendo nel deserto della divisione, lontano dagli altri e da Dio, è naturale che l’uomo senta forte la fame di avere di più: più successo, più potere, più ricchezza, più cose, più opportunità e più risorse, e il male offre mille modi con i quali illudersi di riempire il vuoto che ci è entrato dentro. Ma quel tipo di vuoto non si riempie mai.

Abbiamo mai sentito un ricco dire: “Mi basta quello che ho guadagnato finora”? No. vorrà diventare sempre più ricco.

Abbiamo mai sentito un potente dire: “Ho abbastanza potere sugli altri, sul mondo, sulle cose, ora lascio spazio ad altri”? No. vorrà accaparrarsene sempre di più.

Abbiamo mai visto una persona di successo dire: “Ho abbastanza fama, gloria, successo, ora basta essere sempre al centro dell’attenzione di tutti”? No. vorrà restarci sempre di più.

La divisione suscita nell’uomo bisogni falsi, una fame che non si sazia mai e che, per questo, non potrà mai dare la felicità. Fame di potere sugli altri, di successo, di beni, di cose, di contare, di dominare, di conquistare per sé.

Ma la fame di Gesù non è di questo tipo. La fame di Gesù è desiderio di uscire dal deserto della divisione e di tornare nella compagnia di Dio ed egli uomini. Al diavolo che gli propone di saziare la fame di potere, successo, soddisfazioni, risponde infatti: “Non di solo pane vivrà l’uomo” ma della Parola e della compagnia di Dio e dei fratelli. Gesù sperimenta la forza del male che divide gli uomini per renderli suoi servi, ma non si sottomette al suo potere e si nutre delle Parole che suscitano la famiglia dei figli di Dio e che ci rendono fratelli e sorelle.

Cari amici, questo tempo di guerra è un deserto, perché rivela la forza della divisione far gli uomini e da Dio. Viviamo il tempo di Quaresima che viene come un tempo donato, perché impariamo a non ingozzarci di cose che non sfamano, ma sentiamo fame e sete dell’unica cosa che vale: l’amicizia di Dio e dei fratelli e delle sorelle.

 

Preghiere

  

O Dio padre onnipotente, ti ringraziamo per il dono della Quaresima, tempo opportuno per incamminarci sulla via del Vangelo. Guidaci attraverso di essa in queste settimane perché giungiamo ad incontrarti risorto,

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù aiutaci ad essere ascoltatori attenti della Parola e discepoli docili del tuo volere, perché riscopriamo di essere tuoi figli, fratelli e sorelle di ogni uomo e ogni donna

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio perché possa presto giungere un tempo di pace e riconciliazione dove oggi regna guerra e odio. Ti preghiamo per il popolo ucraino che oggi soffre per la violenza dei combattimenti,

Noi ti preghiamo

  

O Signore Gesù, converti i cuori di quanti coltivano in sé sentimenti di odio e aggressività. Per coloro che percorrono i sentieri della guerra e causano sofferenza e lutti, dona ad essi la volontà di recidere ogni legame con la forza distruttiva del male.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per il nostro papa Francesco, accompagnalo nel cammino della riconciliazione tra tutti gli uomini e nell’annuncio della misericordia del Signore, dona forza e audacia alla testimonianza del suo amore per i più piccoli

Noi ti preghiamo

  

Guida e sostieni o Dio la tua Chiesa perché viva con serietà questa Quaresima come occasione di conversione e si avvii spedita sulla via che conduce a Cristo Risorto,

Noi ti preghiamo.

 

Consola o Signore misericordioso chi è nel dolore: le vittime della guerra e della violenza, i poveri, i malati, gli anziani e i soli. Guidali alla gioia della vita con te,

Noi ti preghiamo

  

Rafforza o Signore Gesù i nostri propositi per una Quaresima santa e benedetta, aiutaci ad essere fedeli all’impegno di carità, preghiera e digiuno che ci accompagna verso la Pasqua di resurrezione,

Noi ti preghiamo

giovedì 3 marzo 2022

Mercoledì delle Ceneri - Anno C - 2 marzo 2022


 

Accogliamo nella gioia, o fratelli,
il divino annuncio della Quaresima.
Come gli abitanti di Ninive
accolsero la predicazione di Giona,
come le prostitute e i pubblicani
che ascoltarono Giovanni parlare,
anche noi prepariamoci
alla comunione con il Signore
celebrata in Sion.
Con lacrime e pentimento,
laviamoci per ottenere da Dio
un cuore puro.
Preghiamo con insistenza
di poter contemplare
il compimento della Pasqua,
pienezza dell’amore di Dio.
Prepariamoci ad adorare la croce
e a gioire della resurrezione.
Non deluderci nella nostra speranza,
o amico degli uomini.
E quello spirito che ha condotto Gesù
nel deserto guidi anche noi
nel tempo della Quaresima,
addolcisca il nostro cuore,
ci protegga dalle tentazioni,
ci apra il senso delle scritture
per la parola di vita eterna. Amen.
 
Salmo 50 - Purificami, o Signore, sarò più bianco della neve.
 
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore:
nel tuo affetto cancella il mio peccato
e lavami da ogni mia colpa
purificami da ogni mio errore.
 
Il mio peccato, io lo riconosco;
il mio errore mi è sempre dinanzi:
contro te, contro te solo ho peccato;
quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto.
Così sei giusto nel tuo parlare
e limpido nel tuo giudicare.
Ecco, malvagio sono nato,
peccatore mi ha concepito mia madre.
 
Ecco, ti piace verità nell’intimo,
e nel profondo mi insegni sapienza.
Se mi purifichi con issòpo, sono limpido;
se mi lavi, sono più bianco della neve.
 
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria
Questo è il Vangelo dei poveri, la liberazione dei prigionieri,
la vista dei ciechi, la libertà degli oppressi.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria
 
Dal libro del profeta Gioèle 2,12-18
Così dice il Signore:
«Ritornate a me con tutto il cuore,
con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso,
lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male».
Chi sa che non cambi e si ravveda
e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
Suonate il corno in Sion,
proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo,
indite un’assemblea solenne,
chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera
e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano
i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
«Perdona, Signore, al tuo popolo
e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
«Dov’è il loro Dio?».
Il Signore si mostra geloso per la sua terra
e si muove a compassione del suo popolo. 
 
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria
Il Figlio dell’uomo è venuto a servire,
chi vuole essere grande, si faccia servo di tutti.
Lode a te, o Signore, re di eterna gloria
 
Commento
Cari fratelli e care sorelle, ci giunge oggi attraverso le parole del profeta Gioele l’invito pressante del Signore: “Ritornate a me con tutto il cuore!”, richiesta accorata di un Padre che non trova più, accanto a sé, i suoi figli. Riceviamo questo invito mentre viviamo un inusuale tempo di guerra, carico di volenza e pieno di incertezza e paura per il futuro dell’umanità intera.
Dove siete andati, uomini e donne, per quali strade vi siete allontanati?” ci chiede oggi Dio nostro Padre. E quando i figli e le figlie non riconoscono più il proprio padre è allora che dimenticano di essere fratelli e sorelle. È allora che diventa possibile che la mano di un uomo si armi contro un altro uomo, che le parole si riempiano di disprezzo per l’altro e che lo sguardo non riesca più a riconoscere le fattezze simili del volto che ci riconducono a quelle del Padre comune.
C’è bisogno di tornare da Dio e di riscoprire in lui il volto del Padre buono che ci raduna nell’unica famiglia grande dell’umanità intera. Sì, perché lui è “misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male” ci ricorda il profeta Gioele.
Ma quale è il cammino che ci permette di tornale al Padre?
Lo accennavo poco fa: dobbiamo reimparare a riconoscere nel volto di ogni uomo e di ogni donna quella somiglianza a noi stessi che ce li rende fratelli e sorelle. Non più estranei da evitare o rivali da temere, non persone moleste da tenere lontane o nemici da togliere di mezzo.
Come è possibile vivere questo?
Dobbiamo renderci conto che tutti noi, uomini e donne, estranei e conoscenti, amici e nemici, vicini e lontani abbiamo un solo nemico comune che è il male subdolo e pericoloso della divisione. Attraverso di esso siamo resi fragili davanti alla tentazione di odiare e agire contro gli altri, e siamo resi incapaci di gesti di amore e fraternità con tutti. Il male si nutre e si accresce delle nostre paure, dei nostri egoismi, delle nostre meschinerie, del nostro calcolo della convenienza. Ogni volta che diamo ragione al demone della divisione fra gli uomini aumentiamo la nostra distanza dal Padre. Questo, e solo lui, è il nostro vero nemico, ed è un nemico di tutti noi che minaccia ciascuno e vuole sfigurare il volto di ognuno per farne una maschera dura e indifferente, senza sentimenti di pietà, di simpatia, di solidarietà. È il demone della divisione il nemico, non il fratello, non la sorella. Assieme possiamo unire le forze per vincerlo e sconfiggere i sentimenti di inimicizia e avversità che esso ci ispira e suggerisce.
Convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti” esorta il profeta Gioele, cioè ricreiamo la famiglia unita dei figli di Dio, di tutti quelli che riconoscono in lui il Padre comune, senza differenze né divisioni. Spendiamo con generosità i nostri talenti e capacità per dire a ciascuno, senza eccezioni, tu sei mio fratello, tu sei mia sorella, e quello che tu vivi non mi è indifferente. Ciò che tu soffri è il mio dolore, la bellezza dei doni che tu ricevi arricchiscono anche me, la tua lotta, le tue speranze sono anche le mie.
Se vivremo così saremo portati a riconoscere in Dio il Padre buono che ci ha radunati in un’unica famiglia perché solo così si può essere felici e si può vivere la pace.
Davanti alle immagini devastanti della guerra in Ukraina chiediamoci: cosa abbiamo fatto del dono della pace con cui siamo stati benedetti nella lunghezza degli ultimi 70 anni? Ne abbiamo fatto tesoro per tessere legami di fraternità con tutti, per eliminare le divisioni e le diseguaglianze che inevitabilmente portano dolore e odio, desiderio di rivalsa e ostilità reciproca? Abbiamo con riconoscenza accolto il dono della pace come una responsabilità nei confronti di quanti quella pace non la vivono per le condizioni miserevoli o di violenza in cui sono costretti a vivere?
O invece abbiamo pensato che era un nostro diritto vivere in pace, e orgogliosamente ne abbiamo fatto l’occasione per coltivare con arroganza e avidità il nostro interesse personale a discapito di quello di altri, soprattutto dei più deboli, degli indifesi? E non importa se questi ultimi sono estranei, non li conosciamo o vivono lontano da noi: essi sono i nostri fratelli e sorelle, i figli del nostro stesso Padre!
Fratelli e sorelle, questa Quaresima che oggi si apre sia occasione di operare una rivoluzione nel nostro modo di pensare di vivere. I venti di guerra ci sospingano l’uno accanto all’altro per riconoscerci tutti membri della stessa famiglia. La paura che proviamo ci spinga a vivere l’audacia dell’amore fraterno, l’unica forza che può vincere ogni timore. Non accettiamo più di vivere schiavi degli egoismi e delle chiusure, divisi dagli latri, pieni di giudizi e pensieri malevoli. Il mondo, i popoli tutti ci riconosca da come ci amiamo e riconosca nei tratti miti e umili del nostro volto i figli di un Padre comune buono e misericordioso, perché non avvenga mai più che “i popoli dicano: «Dov’è il loro Dio?»” Diveniamo trasparenti del suo amore e tutti quelli che ci vedono potranno riconoscere nei tratti del nostro volto quelli del Padre comune a tutti che ci invita, ancora una volta a stare con lui.
 
Salmo 22 - Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla.
 
In pascoli di erbe fresche
mi fa riposare,
l'anima mia ristora
alla limpida fonte.