sabato 31 agosto 2013

XXII domenica del tempo ordinario - 1 settembre 2013


 
Dal libro del Siràcide 3, 19-21.30-31

Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

 

Salmo 67 - Hai preparato, o Dio, una casa per il povero.
I giusti si rallegrano,
esultano davanti a Dio e cantano di gioia.
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome:
Signore è il suo nome.

Padre degli orfani e difensore delle vedove
è Dio nella sua santa dimora.
A chi è solo, Dio fa abitare una casa,
fa uscire con gioia i prigionieri.

Pioggia abbondante hai riversato, o Dio, +
la tua esausta eredità tu hai consolidato
e in essa ha abitato il tuo popolo,
in quella che, nella tua bontà,
hai reso sicura per il povero, o Dio. 
Dalla lettera agli Ebrei 12, 18-19.22-24

Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore,
e imparate da me, che sono mite e umile di cuore.
Alleluia, alleluia alleluia.
  

Dal vangelo secondo Luca 14, 1. 7-14

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, alcune delle maggiori difficoltà che viviamo nascono nel rapporto con gli altri. È nelle relazioni personali infatti che emergono gran parte delle nostre ansie del vivere quotidiano. Gli altri sono un po’ lo specchio nel quale vediamo riflesse le nostre paure e incertezze, gli insuccessi e lle mancanze, oppure dal quale ricaviamo con soddisfazione la misura del nostro successo, del quale compiacerci, o della nostra superiorità, che ci conferma nelle nostre scelte. Jean-Paul Sartre, pensatore esistenzialista del secolo scorso, diceva “l’inferno sono gli altri”, proprio perché nell’incontro con gli altri si rivelano tutte le nostre debolezze e i nostri limiti, li sentiamo potenziali rivali, nemici ostili, o anche solo un ingombro fastidioso.

Quante volte infatti abbiamo desiderato vivere senza gli altri? È questa forse la tentazione più profonda del nostro cuore, che Dio in un certo senso ha voluto evidenziare fin dai primi passi della storia dell’umanità attraverso la storia di Caino e Abele. Quest’ultimo con la sua mitezza e franchezza nel rapporto con Dio fece nascere nel cuore di Caino un senso di invidia e di fastidio. Il suo essere così amico faceva risaltare ancora meglio tutta la scontrosità e l’animosità del suo animo. E, come capita spesso, Caino pensò che per eliminare questo problema bisognasse agire non dentro di sé, addolcendosi e sforzandosi di assomigliare a qual suo fratello migliore, ma eliminandolo, così che col suo modo di essere non suscitasse più quel fastidio che provava.

È ciò che spesso avviene anche nella nostra vita. Quando incontriamo un fratello migliore di noi, una sorella che con il suo agire ci richiama la vocazione di tutti i figli di Dio ad essere più umani, il nostro fastidio tende ad allontanarlo, un vero e proprio “omicidio”, anche se, ovviamente, è un far fuori incruento.

Il libro del Siracide che abbiamo ascoltato nella prima lettura ci dà una prima indicazione su come il sapiente agli occhi di Dio si rapporta con gli altri: “Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore.” L’invito  è alla mitezza e all’umiltà. Mitezza significa non ospitare mai dentro di sé sentimenti e atteggiamenti aggressivi, in nessun caso e per nessuna ragione. Umiltà invece significa avere una considerazione di sé bassa, senza inorgoglirsi e pensarsi grande.

Vivere questi atteggiamenti nei nostri rapporti con gli altri, afferma la Scrittura, ci rende “amati” e “graditi” dagli uomini e da Dio. Infatti, precisa il Siracide, chi non vive questi due atteggiamenti non può far suoi i pensieri e i modi di agire di Dio, perché egli non trova spazio in un cuore orgoglioso e aggressivo, tutto pieno di sé e attento e sensibile solo a se stesso. C’è bisogno come di svuotarsi da un senso di sé ipertrofico e esagerato per dare spazio a Dio e alla sua Parola. Infatti “Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

La mitezza e l’umiltà sono dunque frutto di un ascolto attento e continuato della Parola di Dio. Non sono infatti atteggiamenti che si costruiscono con il semplice sforzo umano, ma sono, direi, il dono che viene da un atteggiamento sapiente di ascolto della Parola e di impegno a farla scendere dentro di sé per poterla così vivere.

La parabola di Gesù che ci riporta Luca nel vangelo ricalca questi stessi suggerimenti dell’antica sapienza di Israele, di cui è espressione il libro del Siracide. Gesù descrive un banchetto, che è la vita di ognuno di noi, e del posto che ciascuno pensa sia il proprio. Per alcuni, dice il Signore, viene spontaneo pensare che il primo posto è il proprio. Anche per noi è così, se ci pensiamo. Le mie esigenze, le mie preoccupazioni, i miei affanni, desideri e soddisfazioni sono quelli cha hanno sempre la precedenza. È naturale e spontaneo, neanche ci dobbiamo sforzare. Dio però, padrone di casa del grande banchetto che è la vita, ha un suo criterio e per lui lo spazio principale, il posto d’onore è quello degli altri, a partire proprio dai più poveri. Dice infatti Gesù: “quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti.” L’unico caso in cui infatti siamo disposti a dare spazio a qualcun altro è quando abbiamo qualcosa da ricavarci, allora sì che gli si lascia volentieri la precedenza, per ottenere qualcosa in cambio.

Dio però ci mette in guardia. Stai attento, ci dice, a mettere sempre e solo te stesso al centro della tua vita, al primo posto, perché verrà un momento in cui gli altri necessariamente, avranno il sopravvento, ed allora questo sarà per te motivo di umiliazione e infelicità”. Succede a tutti infatti che, ad esempio, per la vecchiaia o altri motivi di debolezza, noi diveniamo bisognosi dell’aiuto degli altri e siamo costretti a umiliarci a chiederglielo o a lasciarci guidare “dove non vogliamo”, come Gesù ricorda a Pietro. L’orgoglio ci renderà questo insopportabile e motivo di infelicità. Ma anche nel caso in cui fossimo senza alcun bisogno, quanto è arida e senza prospettive una vita pensata solo per sé!

Meglio, dice Gesù, mettere il nostro interesse, il tornaconto, il senso di sé dopo quello degli altri, dare ad essi la precedenza nelle nostre preoccupazioni e interessi, nel nostro pensiero e azione, a partire proprio da quelli che ne hanno più bisogno, cioè i poveri, così verremo “esaltati” dalla riconoscenza e dall’affetto loro, e dalla benevolenza di Dio.

Ecco che allora gli altri non saranno più un problema, né il nostro inferno, ma il luogo in cui sperimentare quella dolcezza dell’amore di Dio che riceviamo in abbondanza in ogni momento della nostra vita e che noi fatichiamo così tanto a vivere. Gesù ha messo il nostro interesse davanti al suo, non ha pensato a salvare se stesso, a mettersi al sicuro, non ha pensato ad avere successo e ad essere benvoluto con entusiasmo da tutti, ma piuttosto ha sempre cercato di far emergere in ciascuno il meglio che c’era in lui, anche se questo a volte è doloroso e suscita reazioni stizzite e di rifiuto violento. Ha sempre operato perché prevalesse il bene di chi aveva di fronte, anche se questo lo rendeva odioso a molti.

Fratelli e sorelle, questa è la vera e unica risposta a quel dramma che tante volte ci si presenta nel rapporto con gli altri: conflittuale o problematico e fastidioso. Non è evitando o fuggendo che lo risolviamo, anzi così costruiamo una gabbia ancora più stretta che ci imprigiona, ma imparando dal Vangelo quella mitezza e umiltà che ci fanno vedere nell’altro sempre un valore, qualcuno da cui la vita ci sfida ogni volta a far emergere il meglio che è riposto in lui, quella scintilla di umanità che Dio ha creato per renderci somiglianti a lui. Scoprirla e riuscire a farla brillare come oro prezioso è il compito bello che Dio ha voluto assumersi con noi e a cui ci chiama, perché possiamo divenire ricchi non solo dei nostri talenti e risorse, ma anche di quelle cha riusciremo a far riemergere sotto la cenere e i detriti di quelli che abbiamo accanto.
 

Preghiere

O Signore Gesù aiutaci a non cercare di occupare tutta la nostra vita con noi stessi, le nostre preoccupazioni e affanni, ma a lasciare spazio alla tua Parola per amarla e viverla,

Noi ti preghiamo


O Dio plasma le nostre esistenze a immagine tua, perché brilli anche in noi l’umanità buona e generosa che vi hai voluto immettere. Elimina tutte le scorie che offuscano la bellezza del nostro volto creato a tua immagine e somiglianza,

Noi ti preghiamo

Ti ringraziamo o Signore Gesù perché con la tua vita ci dai l’esempio di umiltà e mitezza che ci rende capaci di ospitare il vangelo in noi e di viverlo. Fa’ che siamo sempre attenti ascoltatori di ogni tua parola,

Noi ti preghiamo

 
Incoraggia o Signore quanti ti cercano e non sanno come fare. Per i giovani, per i lontani, per tutti quelli che sono incerti e dubbiosi, fa’ che la chiarezza del tuo amore allontani ogni oscurità e faccia sempre brillare la bellezza luminosa del tuo Vangelo,

Noi ti preghiamo

 
Ti invochiamo o Signore, proteggi e libera dal male quanti soffrono per la povertà e per il dolore. Per gli ammalati, chi è anziano, senza casa, prigioniero, per chi è in guerra e vittima della violenza. Dona a tutti pace e salvezza,

Noi ti preghiamo


Sostieni i tuoi discepoli perché vivano il tuo stesso a amore e prediligano chi è povero e bisognoso col tuo stesso amore misericordioso e generoso. Sostieni il loro impegno per la difesa di chi è debole e per la consolazione del misero,

Noi ti preghiamo.


Benedici o Padre santo, la tua famiglia che si raduna attorno al Vangelo e all’Eucarestia, rendila conforme al tuo desiderio e vigilante nell’attesa della tua venuta,

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore per il papa Francesco e per tutti i pastori del tuo gregge sconfinato. Dona ad essi coraggio e speranza perché portino a tutti l’annuncio della salvezza che viene da te,

Noi ti preghiamo

 

 

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