sabato 26 gennaio 2019

III domenica del tempo ordinario - Anno C - 27 gennaio 2019





Dal libro di Neemìa 8,2-4.5-6.8-10
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».

Salmo 18 - Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12,12-30
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1,1-4; 4,14-21
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, Il libro di Neemia ci riporta al tempo in cui Israele tornò in Palestina dopo avere subito la lunga deportazione a Babilonia. Siamo circa nel 400 avanti Cristo e gli ebrei, tornando a Gerusalemme, trovano una città in completa rovina. La guerra e l’abbandono l’avevano resa inabitabile. Per questo si diede inizio ad un lavoro di riedificazione, a partire dal tempio e dalle mura di cinta. Una città senza mura infatti era in balia di tutti quelli che volevano farne preda, ma anche senza tempio, per Israele, la città era come un corpo privato del suo cuore.
Terminati questi lavori, così impegnativi, avviene una pubblica lettura della Scrittura, alla quale partecipa tutto il popolo. È un momento pieno di commozione. Tutti sono toccati in profondità dall’ascolto della Parola che per tanto tempo era rimasta muta. È un evento che ristabilisce il legame forte e profondo del popolo con Dio, un rapporto che nemmeno la deportazione e il senso di abbandono che aveva accompagnato questi eventi così duri era riuscito a rompere definitivamente.
Anche la nostra società e il mondo di oggi vive in una condizione di estraneità da Dio. Infatti oggi pochi si dicono atei, perché si ritiene inutile la fatica intellettuale di dimostrare che Dio non esiste, e difficile la responsabilità di una presa di posizione così impegnativa e netta. Si preferisce non negare Dio, ma di fare in modo che Egli non abbia nulla da dirci e da chiederci. È il modo comune di non credere oggi.
Questo però crea nell’uomo e nella donna un senso di insicurezza, come fluttuasse a mezz’aria, senza un appoggio sicuro e un terreno solido su cui camminare. Non è un caso che una delle parole d’ordine della politica oggi è “sicurezza”, perché int5erpretano bene questa condizione comune a tutti. La conseguenza è la  ricerca di ciò che possa darci sicurezza, come le recenti leggi che illudono di mettere al sicuro successo, soldi, ruoli sociali, potere, forza chiudendo la porta in faccia agli stranieri. Ma anche il tempio, che ci si affretta a ricostruire, serve a ridare identità a persone disorientate, perché si trovi nella religione qualcosa di rassicurante, la continuità con la tradizione.
Neemia però sa che non servono delle mura e un tempio per ridare vita al popolo, per restituirgli quell’anima che anni di deportazione hanno umiliato nello svuotamento della schiavitù. Egli sa che riconquistare la libertà infatti non significa solo indipendenza e autosufficienza, si resta schiavi dentro se non si riacquista un rapporto diretto e personale con Dio, unica vera roccia che da sicurezza e stabilità a chi vi costruisce sopra la propria vita. Per questo fa sì che Dio parli al popolo, “esca” dal chiuso del tempio per entrare nelle vite, tornare a parlare agli ebrei come aveva fatto fin dai tempi di Abramo, dei patriarchi e dei profeti. È toccante la scena del popolo raccolto in silenzio, commosso dal risuonare delle parole che Dio gli ha rivolto nella storia: “Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. … tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.” Sì, quando l’uomo presta ascolto alla Parola di Dio che risuona vengono toccate le corde profonde della sua anima, e quelle che a prima vista sembrano storie antiche diventano l’oggi di chi le ascolta.
È quello che avvenne anche nell’episodio della vita di Gesù che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca. Egli si reca in sinagoga e legge le parole del profeta Isaia, un uomo che era vissuto ben settecento anni prima di lui (e duemila settecento prima di noi). Luca sottolinea il clima meditativo che accompagna quella lettura: “Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.” Come per Israele al tempo di Esdra, le parole risuonate nella sinagoga di Nazareth suscitano un senso di attesa e di domanda. Gesù risponde a questa domanda e aspettativa dicendo: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Sì, Gesù è la Parola di Dio che realizza l’oggi della salvezza, ricostruendo l’integrità dell’uomo che lo ascolta e restituendogli la pienezza di vita che lo rende felice. Nella persona di Gesù, la sua vita, le sue parole e azioni vediamo l’efficacia della Parola che non è morta o prigioniera del tempio, ma si fa vita concreta in chi la ascolta e la mette in pratica.
Lo ha ben chiaro Esdra che afferma: “Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza”. Cioè un ascolto della Parola che viene vissuta concretamente dà gioia, e questa gioia frutto dell’ascolto e della reintegrazione della nostra piena umanità è la unica e vera forza di cui l’uomo si può rivestire. Non le mura difensive, non l’edificio sacro e l’osservanza delle tradizioni rituali, ma l’ascolto della Parola difende Gerusalemme e il popolo dall’insicurezza e dai pericoli, gli restituisce la libertà che da schiavi li rende figli di un Padre buono e potente.
Noi oggi allora interroghiamoci sul nostro ascolto. Il risuonare della Parola suscita in noi quella commozione e quell’aspettativa del popolo riunito davanti a Esdra? Provoca la gioia di sentirsi pienamente umani e non più fluttuanti nel vuoto e sballottati dagli eventi subiti o cavalcati con la mutevolezza di un vento capriccioso, che oggi deprime e domani ci esalta?
Cari fratelli e care sorelle, uniamoci anche noi al popolo commosso degli ascoltatori della Parola di Dio, facciamo silenzio dentro di noi, facendo tacere le tante parole che rumoreggiano e che ci confondono e basta. Gesù per descrivere la realizzazione nell’oggi della promessa di salvezza di Dio riprende le immagini concrete di Isaia: “portare ai poveri il lieto annuncio, proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore.” Ecco da dove viene la vera sicurezza, la gioia piena e il senso della vita.
E allora non dovremmo mai uscire dalla Messa domenicale senza pronunciare per noi le parole di Gesù: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Sì, oggi, e non domani, chissà quando, oggi e non quando mi va o mi sento pronto. Liberiamoci dalla schiavitù del nostro protagonismo psicologico e vago per assumerci la responsabilità di un mondo in cui vivere e un futuro da costruire nell’oggi delle nostre vite.


Preghiere 


Donaci o Signore un ascolto attento e profondo della tua Parola, perché essa entri nei nostri cuori e trasformi con la sua potenza le nostre vite,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Padre nostro che nessuna delle tue parole cada nel vuoto, ma rimanga in noi e ci segni in profondità. Donaci la gioia autentica che viene dall’ascolto e che porta alla conversione della nostra vita
Noi ti preghiamo



Fa’ o Signore Gesù che ad ogni popolo sia proclamato il Vangelo di salvezza. Perché ogni uomo e ogni donna abbia presto la possibilità di udirne le parole e trovare in esse la speranza e il senso della propria vita,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio l’opera di papa Francesco che in questi giorni sta comunicando il Vangelo a tanti giovani riuniti in Panama, perché essi l’accolgano come Parola efficace nell’oggi del nostro mondo,
Noi ti preghiamo



Perdona o Padre la durezza dei nostri cuori e la distrazione che fa scivolare via le tue Parole e le rende inutili e scontate. Manda il tuo Spirito nei nostri cuori perché siano attenti e docili ad esse,
Noi ti preghiamo


Concedi o Padre misericordioso a ciascuno di noi di scoprire il nostro bisogno, perché come piccoli e umili gustiamo con gioia la liberazione dalla schiavitù del peccato e la salvezza dal male che ci tiene prigionieri,
Noi ti preghiamo.



Salva o Dio tutti coloro che vivono nella guerra e nella violenza, dona la tua pace a chi oggi è preda dell’odio, consola chi soffre per l’ingiustizia e la sopraffazione,
Noi ti preghiamo


Guarda o Padre misericordioso con amore a questo nostro mondo e suscita in esso uomini che vivano il coraggio e la fedeltà del tuo amore, perché ovunque nel mondo la Chiesa guidi a te chi è disperso e senza meta,
Noi ti preghiamo

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