In quei giorni, ci fu il caso di sette
fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza
di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro,
facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi?
Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». E il
secondo, giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla
vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi,
ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che
alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le
mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le
disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi
dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in
nessun conto le torture. Fatto morire anche questo, si misero a straziare il
quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È
preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di
essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione
per la vita».
Salmo 16 - Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo
volto
Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi
2, 16 - 3, 5
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù
Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una
consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi
in ogni opera e parola di bene. Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché
la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e
veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di
tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo
già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore
di Dio e alla pazienza di Cristo.
Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù Cristo è il primogenito dei
morti:
a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.
Alleluia,
alleluia alleluia.
Dal vangelo secondo Luca 20,
27-38
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei
– i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda:
«Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha
moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza
al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso
moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così
tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La
donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno
avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e
prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della
risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono
più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della
risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato
anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo,
Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché
tutti vivono per lui».
Commento
Cari
fratelli e care sorelle, la prima lettura che abbiamo ascoltato dal secondo libro
dei Maccabei ci mostra sette fratelli ebrei che davanti alla minaccia di essere
maltrattati e messi morte se non rinnegavano la loro fede in Dio preferiscono affrontare
le conseguenze più gravi pur di non voltare le spalle al loro Signore.
La
prima cosa da notare è che il re pagano Atioco Epifane non chiede ai fratelli l’abiura
verbale, ma di compiere un gesto, cioè di mangiare maiale, cibo vietato dalla
Legge ebraica. Ma per i sette compiere un gesto così apertamente proibito da
Dio equivaleva a negare la sua esistenza o, almeno, affermare che per essi Dio non
aveva importanza.
Questo
ci deve far riflettere, perché ci fa comprendere che l’ateismo o il
rinnegamento di Dio non è solo un’affermazione teorica, ma è il comportamento
diverso dai suoi insegnamenti.
Al
contrario noi tante volte pensiamo che la nostra adesione a Cristo e alla fede
non è messa in discussione dal nostro comportamento, come se queste due
dimensioni della vita, cioè il credere e l’agire, fossero l’una indipendente dall’altra.
Il primo dei fratelli infatti afferma: “Siamo
pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri.”
La
loro fermezza costò loro la vita, perché con il loro rifiuto si assunsero una grandissima
responsabilità davanti al re e alla sua corte, dalle conseguenze molto gravi.
Ma essi credevano che ben più grave sarebbe stata la responsabilità che si
sarebbero assunti trasgredendo la legge divina, perché in questo caso essa era
difronte a Dio e per l’eternità della loro vita. Affermò infatti uno di loro: “È preferibile morire per mano degli uomini,
quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati.”
Queste
affermazioni e ancora di più la loro testimonianza di martirio deve farci riflettere:
noi temiamo molto di più il giudizio degli uomini, la loro disapprovazione o il
loro scherno, il fare brutta figura davanti a chi abbiamo intorno, piuttosto
che essere disapprovati o fare brutta figura davanti a Dio.
Quante
volte infatti abbiamo considerato irrinunciabile essere irreprensibili davanti
agli uomini o apprezzati e lodati da loro tralasciando di chiederci cosa il Signore
farebbe al nostro posto o cosa penserebbe di noi.
Oppure
quante volte abbiamo creduto che non fare nulla, non prendere posizione, non
compiere le azioni che le situazioni ci richiedevano era un modo di evitare di assumersi
una responsabilità anche grave davanti agli uomini, senza considerare che così
facendo ci assumevamo davanti a Dio una responsabilità ben più grande e
duratura: quella di rinnegarlo e affermare, col nostro comportamento, la sua irrilevanza
per noi. Una responsabilità quest’ultima ben più grave, non fosse altro che perché
il giudizio degli uomini passa, quello di Dio dura e le sue conseguenze restano
per l’eternità.
Pensiamo
allo stupore di quelli che, messi dal giudice eterno a sinistra, dicono: “ma
quando mai ti abbiamo visto povero, straniero, malato e bisognoso?” cioè: “quando
mai abbiamo fatto qualcosa contro di te?” e il Signore Gesù risponde “ogni
volta che non avete fatto questo a uno dei miei fratelli più piccoli non l’avete
fatta a me” cioè, anche il non fare quello che si sarebbe dovuto e potuto fare
è una colpa, forse ancora maggiore di chi, facendo qualcosa, sbaglia. E per il
non aver fatto quello che potavano quelli sono condannati all’eterna infelicità.
Cari
fratelli e care sorelle, quante volte ci sembra che Dio non ci dia troppe
possibilità di fargli vedere quanto valiamo, che noi vorremmo fargli capire quanto
ci teniamo a lui. Ma in verità ogni volta che incontriamo un povero, uno
straniero senza casa e famiglia, un anziano solo, un malato, ecc… è lui che ci
viene incontro ed è lui che sperimenta sulla sua carne come lo trattiamo.
Per
ricordarci questo forse, fratelli e sorelle, papa Francesco ha voluto istituire
la giornata dei poveri, per dare rilievo alla presenza del Signore in persona che
attraverso di essi ci si fa vicino e ci interroga.
Come
tradizione vogliamo celebrare questa giornata invitando i nostri amici poveri
ad un pranzo che si terrà qui da noi per farci commensali di Cristo e godere
della sua benedizione. È una occasione opportuna alla quale tutti siamo
invitati a festeggiare la presenza di Dio fra noi, alle soglie del tempo di
avvento che ci prepara ad incontrarlo piccolo e umile nella mangiatoia di
Betlemme.
Preghiere
O Dio che sei fedele al patto di amore che hai stretto
con gli uomini, rendici capaci di accogliere con gioia e gratitudine i segni
della tua vicinanza e accoglierti sempre nei tuoi figli più piccoli,
Noi ti preghiamo
Rendici, o Signore, fin da ora cercatori della vita
che non finisce e operai del tuo Regno. Fa’ che guidati dalla tua Parola
giungiamo al porto sicuro nel quale ci attendi,
Noi ti preghiamo
Ascolta o Signore l’invocazione di chi ti cerca.
Mostrati misericordioso e benigno a chi desidera affidare a te il proprio
destino: fa’ che sappiamo restarti fedeli,
Noi ti preghiamo
Non guardare o Dio ai segni del nostro poco amore, ma
alla speranza che poniamo nella tua misericordia. Sii benevolo con chi ha
fiducia nel tuo perdono,
Noi ti preghiamo
Aiutaci, o Dio, a non temere il giudizio degli uomini,
ma il tuo e a seguire sempre i consigli
che ci doni perché la nostra vita sia piena e felice,
Noi ti preghiamo
Proteggi o Padre buono chi è debole e povero. Guarisci
i malati e salva tutti i bisognosi di consolazione e aiuto,
Noi ti preghiamo.
Proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque diffusi. Raduna la famiglia umana nell’unica casa della tua famiglia, perché la guerra non ci divida e l’odio non vinca sull’amore,
Noi ti preghiamo
Salva o Dio chi è morto confidando in te, raccogli i
dispersi che non hanno saputo o potuto cercarti sulle vie della vita, radunali
nel tuo amore misericordioso nella casa dove hai preparato un posto per
ciascuno,
Noi ti preghiamo
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