sabato 20 settembre 2025

XXV domenica del tempo ordinario - Anno C - 21 settembre 2025

 


Dal libro del profeta Amo 8, 4-7

Il Signore mi disse:

«Ascoltate questo,

voi che calpestate il povero

e sterminate gli umili del paese,

voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio

e si potrà vendere il grano?

E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,

diminuendo l’efa e aumentando il siclo

e usando bilance false,

per comprare con denaro gli indigenti

e il povero per un paio di sandali?

Venderemo anche lo scarto del grano”».

Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:

«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

 

Salmo 112 - Benedetto il Signore che rialza il povero.
Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre.

Su tutte le genti eccelso è il Signore, +
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto e si china a guardare
sui cieli e sulla terra?

Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2, 1-8

Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.

Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mento –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.

Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi,
perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 16, 1-13

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:

«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.

L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.

Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.

Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

 

Commento

 

Con il vangelo di oggi Gesù ci propone la storia di un uomo che lavorava come amministratore presso un ricco possidente. Il fatto di amministrare tanti beni però aveva portato quell’amministratore a dare poca importanza alla fortuna che aveva a disposizione, tanto che, dice il vangelo, “fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi”. Sembra una storia d’altri tempi, un po’ una favola. Ci ricorda un sistema sociale che oggi non esiste più.

Eppure, se andiamo in profondità, oltre le forme esteriori, troviamo in quella storia l’immagine di ogni uomo. Sì perché in fondo ognuno di noi, nascendo, è stato messo ad amministrare una grande fortuna: un patrimonio di vita, di opportunità, di salute, di pace, di benessere, di risorse, ecc... Ognuno onestamente, se fa un bilancio di quanto ha ricevuto nella vita, se ne rende conto. Sì, magari possiamo anche fare l’elenco delle difficoltà, dei dolori, di quello che ci è mancato e avremmo desiderato. Ma non possiamo negare di aver comunque ricevuto molto, e non per meriti speciali. Anche noi, come quell’amministratore, siamo stati messi a gestire un grande patrimonio.

Forse, anche noi , come quell’amministrazione, ci siamo talmente abituati a considerare scontato tutto quello che abbiamo che lo sperperiamo, ovvero lo utilizziamo con superficialità e scontatezza solo per noi stessi, come fosse una proprietà nostra di diritto, quando addirittura non contro gli altri, come fanno gli sfruttatori e quelli che guadagnano con le guerre.

Infatti il ricco possidente di cui parla il vangelo non accusa il suo amministratore di aver rubato o fatto cose disoneste con i beni posseduti, ma di averli sperperati, cioè usati male, di non averli fatti fruttare, di averli sciupati senza frutto.

Noi, cosa facciamo della nostra vita? Come usiamo il nostro tempo? Che frutto traiamo dalle energie, dalle risorse che la salute e la pace di cui godiamo ci mettono a disposizione? Non è scontato avere a disposizione tante risorse, non tutti al mondo ne godono, ci sono state date in amministrazione, senza meriti, e noi che ne facciamo?

È questa la domanda che ci pone il vangelo oggi. Noi che facciamo della nostra vita? È una domanda molto seria, che raramente ci poniamo. Anche a noi Dio, come il ricco possidente, che ci ha affidato tanti beni perché li amministrassimo, ce ne rende conto, ogni volta che ascoltiamo il Vangelo. Noi cosa risponderemo? Possiamo trovare molte scuse, possiamo dire che abbiamo avuto tanti problemi, che non ci hanno aiutato abbastanza, ecc… ma sappiamo che non è vero, che abbiamo preferito tenerci tutto per noi, senza metterlo a frutto per altri, cioè senza far crescere la vita, l’amore, il benessere attorno a noi, per gli altri.

Davanti a questa domanda ci troviamo in grande imbarazzo, tanto che evitiamo di porcela.

Quell’amministratore di cui ci parla il vangelo quando gli viene chiesto conto del frutto mancante sa cosa fare, e per questo ci indica una via.

Non si perde d’animo, messo di fronte alla domanda cruciale non sfugge, non mette scuse, non cerca giustificazioni, non da la colpa agli altri, al destino, alla sorte. Si decide, finalmente, a fare quello che poteva mettere in atto da sempre: non sciupare, ma a mettere a frutto il patrimonio affidatogli. E il modo migliore che trova per farlo è usarlo per aiutare gli altri, per farsi amare, per far crescere amicizia simpatia e gratitudine nei suoi confronti. Quell’olio, quel vino, quel grano che prima teneva chiusi in cantina, donato a chi ne ha bisogno produce un buon frutto per l’amministratore, perché lo rende amico di tanti. Aiutare chi ha bisogno dell’olio, del grano, del tempo delle energie che noi abbiamo non ci impoverisce, come tanti pensano, ma invece ci prepara un futuro più ricco, ricco di amici e di protettori davanti a Dio. Sembra assurdo, ma l’amministratore scopre che proprio quelli che hanno bisogno di olio e di grano, i più poveri, costretti a prendere in prestito da lui il cibo, sono loro la migliore garanzia per il suo futuro se li aiuta gratuitamente e senza pretendere un guadagno.

Potremmo dire che non è giusto quello che l’amministratore fa. In fondo usa beni non suoi per aiutare gli altri e farsi amare da tanti.

Il padrone però lo loda. Sì, perché il padrone, che è Dio, non ragiona con la logica dell’economia di mercato o dei ricchi del mondo. Per lui i beni sono una cosa buona non quando ci fanno guadagnare, ma quando sono donati a chi ne ha bisogno, così come il nostro tempo, le nostre capacità, i talenti. Lo abbiamo sperimentato anche noi, quando regaliamo gratuitamente il nostro amore a qualcuno, e così ce lo siamo sentito moltiplicare nel cuore. Al contrario se ce lo teniamo solo per noi stessi, alla fine deperisce e muore, lasciandoci aridi di sentimenti. Per questo il proprietario non si adira con l’amministratore perché non gli procura un guadagno, e in fine lo loda dicendo che è stato saggio, perché ha usato i beni che amministrava per accumularsi un tesoro di amore e di amicizia che non gli verrà tolto.

Fratelli e sorelle, oggi il vangelo ci pone la domanda su cosa facciamo della nostra vita. Forse possiamo non porcela, ma poi alla fine sarà posta in modo definitivo a tutti. Non aspettiamo il momento in cui sarà troppo tardi e non si potrà più porre rimedio. Il vangelo ci aiuta a prepararci fin da subito una risposta convincente, come fece quell’amministratore.

  

Preghiere 

 

O Signore ti ringraziamo dei doni dei quali hai voluto che godessimo nella nostra vita: della vita, della pace, della salute, del benessere. Aiutaci a metterli a frutto nel dono.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Dio per quanti soffrono per l’assenza di pace: per il popolo siriano, per la Palestina, il Sudan e tutti i paesi dove infuria la guerra. Dona pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci o Signore a usare le nostre risorse umane e i nostri beni per soccorrere chi è nel bisogno. Per i poveri, per chi è nel dolore, i malati, chi è senza casa. Dona a tutti consolazione e salvezza,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Dio quanti sono colpiti dalla violenza a causa della loro fede, perché gli annunciatori e i testimoni del Vangelo siano protetti dal tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

Insegnaci o Dio la generosità del tuo Figlio che spese ogni suo talento per il bene di noi uomini. Sul suo esempio fa’ che sappiamo donare gratuitamente come gratuitamente abbiamo ricevuto,

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Signore la nostra debolezza ogni volta in cui evitiamo di compiere il bene che tu ci indichi e rifiutiamo di seguire i tuoi insegnamenti. Aiutaci a essere sempre docili discepoli del Vangelo,

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Dio per la tua Chiesa, perché sia testimone fedele del tuo vangelo e annunciatrice della salvezza che viene dall’essere tuoi amici e discepoli fedeli,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Signore Gesù il nostro papa Leone con la forza del tuo Spirito, perché guidi tutti gli uomini di buona volontà verso il tuo Regno di pace e di giustizia,

Noi ti preghiamo

sabato 13 settembre 2025

Festa dell'Esaltazione della Santa Croce - Anno C - 14 settembre 2025

 


Dal libro dei Numeri 21, 4b-9

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

 

Salmo 77 - Non dimenticate le opere del Signore! 

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore. 

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza. 

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira 
e non scatenò il suo furore.

Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippesi 2, 6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.

Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.  Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, celebriamo oggi una festa antica e solenne, quella dell’Esaltazione della Santa Croce. Questa festa viene a riproporci, lontano dai giorni della Passione del Signore, di soffermarci sulla croce, simbolo della morte di Gesù. In modo particolare per noi questa festa è ancora più solenne perché ricorda il titolo a cui la nostra chiesa è dedicata e che costituisce, per così dire, il segno santo che protegge la nostra comunità cristiana.

Se vogliamo per noi è un privilegio essere invitati di anno in anno a soffermarci su questa realtà che rappresenta pienamente l’amore così grande di Gesù.

La croce sopporta il peso di un odio infinito, ingiustificato e assurdo, come quello di tanti contro l’unico giusto, Gesù. Il peso della delusione per l’abbandono da parte di tutti, anche dei più vicini, il peso della paura e della solitudine, dell’enorme dolore fisico. Il peso del rischio di fallire nella missione affidatagli dal Padre, di chiudere per sempre le porte dell’inferno su un mondo che gli stava voltando le spalle.

Tutto questo peso, cari fratelli e care sorelle non ha schiantato quella croce, non l’ha spezzata, perché sull’altro braccio lo bilanciava un amore così forte e invincibile per tutti, l’amore di Gesù per gli uomini, e l’amore di Dio Padre per il Figlio.

Per questo la croce è un simbolo che ci richiama un mistero: laddove si è concentrata la forza del male è emerso ancora più forte l’amore di Dio. Lo definiamo un “mistero” perché facciamo fatica a riconoscere l’amore di Dio, i nostri occhi sono come velati dal dolore e dallo smarrimento, ma spesso anche dall’abitudine e indifferenza, da un senso di impotenza. Così come i discepoli fecero una grande fatica a credere in quell’amore grande che era la resurrezione, anche i nostri occhi sono offuscati.

E questo, cari fratelli e care sorelle, è vero per tutte le croci che da allora in poi la forza del male, usando gli uomini e le donne, hanno piantato sulla faccia di questo nostro mondo.

Le croci delle guerre, delle ingiustizie che vedono crescere la ricchezza concentrata nelle mani di pochissimi e crescere la fame e la miseria di interi popoli, le croci di società, città, paesi che hanno perso l’anima e sono divenuti disumani.

Papa Leone proprio venerdì scorso ha voluto ricordare una di queste grandi croci contemporanee, quella che è piantata in mezzo al Mediterraneo, sulla tomba degli oltre 30.000 “morti di speranza” annegati negli ultimi 10 anni.

Rivolgendosi alla popolazione di Lampedusa e agli operatori impegnati nel soccorso ai naufraghi che giungono su quell’isola ha detto: “Voi siete un baluardo di quell’umanità che le ragioni gridate, le paure ataviche e i provvedimenti ingiusti tendono a incrinare. Non c’è giustizia senza compassione, non c’è legittimità senza ascolto del dolore altrui. … Parecchi fratelli e sorelle migranti sono stati sepolti a Lampedusa, e riposano nella terra come semi da cui vuole germogliare un mondo nuovo.

Ma poi ha voluto mettere in guardia dal senso d’impotenza che, come dicevo, offusca lo sguardo: “La globalizzazione dell’indifferenza, che Papa Francesco denunciò proprio a partire da Lampedusa, sembra oggi essersi mutata in una globalizzazione dell’impotenza. Davanti all’ingiustizia e al dolore innocente siamo più consapevoli, ma rischiamo di stare fermi, silenziosi e tristi, vinti dalla sensazione che non ci sia niente da fare. Cosa posso fare io, davanti a mali così grandi? La globalizzazione dell’impotenza è figlia di una menzogna: che la storia sia sempre andata così, che la storia sia scritta dai vincitori. Allora sembra che noi non possiamo nulla. Invece no: la storia è devastata dai prepotenti, ma è salvata dagli umili, dai giusti, dai martiri, nei quali il bene risplende e l’autentica umanità resiste e si rinnova.

Cari amici, davanti alla croce è facile essere vinti dal senso di impotenza, tanto che l’abitudine l’ha resa un innocuo segno decorativo che non dice più nulla. Dobbiamo uscire da questo inganno e farne invece il simbolo di una vittoria, la vittoria della vita del risorto sulla morte del crocefisso, la vittoria dell’amore di Dio sull’odio dei carnefici e sulla distanza dei discepoli. La croce dice a tutti che il male non ha l’ultima parola!

Ha continuato così papa Leone: “Il male si trasmette da una generazione all’altra, da una comunità all’altra. Ma anche il bene si trasmette e sa essere più forte! Per praticarlo, per rimetterlo in circolo, dobbiamo diventare esperti di riconciliazione. Bisogna riparare ciò che è infranto, trattare con delicatezza le memorie che sanguinano, avvicinarci gli uni agli altri con pazienza, immedesimarci nella storia e nel dolore altrui, riconoscere che abbiamo gli stessi sogni, le stesse speranze. Non esistono nemici: esistono solo fratelli e sorelle. È la cultura della riconciliazione. Servono gesti di riconciliazione e politiche di riconciliazione.”

Oggi allora vogliamo invocare l’aiuto del Signore, perché ci trasformi in operatori di riconciliazione, dove il male frattura e distrugge, allontana e intristisce, spezza e avvelena. Sappiamo farci forti della forza dell’amore di Dio che sostiene il peso del male che si abbatte su uomini e donne e lo vince col potere dell’amore di quanti egli manda a consolare, guarire, sostenere, voler bene.

 

  

Preghiere 

 

O Signore Gesù, dalla croce a cui sei stato inchiodato ci provochi ad un amore per tutti senza limiti né condizioni. Fa’ che rispondiamo con disponibilità al tuo invito, Noi ti preghiamo

 

O Dio nostro Padre, dona con abbondanza a tutti gli uomini l’amore che fa mettere al primo posto il bene degli altri e che fa riconoscere in ognuno il proprio fratello e la propria sorella, Noi ti preghiamo

 

O Spirito di amore, riempi i nostri cuori perché non vinca la paura e la rassegnazione, ma prevalga il desiderio di restare accanto alle croci piantate nel mondo per aiutare quanti oggi ne sopportano il peso,

Noi ti preghiamo

  

O Dio manda dal cielo la tua benedizione su quanti affrontano viaggi rischiosi e faticosi per raggiungere un approdo di pace e un futuro felice. Proteggi quanti fuggono per mare e per terra, salvali dalla cattiveria degli uomini e dai pericoli mortali del viaggio,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Padre buono gli uomini e le donne che vivono in guerra. Dona pace ai paesi sconvolti dalla violenza e schiacciati dal terrorismo,

Noi ti preghiamo

 

Dona o Signore salvezza al mondo intero, specialmente dove ora regna ingiustizia e povertà. Fa’ che il bene regni nel mondo, dove oggi c’è disuguaglianza e sfruttamento,

Noi ti preghiamo

 

Ascolta o Dio l’invito di papa Leone di imitare te, uomo della fraternità universale e Dio della riconciliazione,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Signore i tuoi figli ovunque dispersi, radunali nella famiglia dei discepoli che si riuniscono ai piedi della tua croce per celebrarti risorto e nutrirsi del tuo corpo e sangue. Proteggili da ogni pericolo e dalla tentazione di fuggire dalla croce,

Noi ti preghiamo

 

sabato 6 settembre 2025

XXIII domenica del tempo ordinario - Anno C - 7 settembre 2025

 


Dal libro della Sapienza 9, 13-18

Quale, uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza». 

 

Salmo 89 - Signore, per noi sei un rifugio sicuro.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi, +
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia; +
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: +
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. 

Dalla lettera a Filèmone. 9b-10. 12-17

Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. 

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi decreti.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 14, 25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi ci riporta le parole di Gesù con le quali il maestro mette bene in luce la differenza fra essere parte della massa dei seguaci di Gesù (“una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro”) ed essere discepoli. Gesù lo fa attraverso degli esempi concreti: “Colui che non [fa una certa cosa], non può essere mio discepolo.” Innanzitutto, il Signore vuole affermare come il seguace confuso nella folla, da lontano, il simpatizzante anonimo, colui che si accontenta di un’identità sociale di gruppo, non è un discepolo. Esserlo infatti è una scelta e un lavoro lungo e impegnativo, tanto che Gesù sceglie come esempio del discepolo colui che decide di costruire una torre, una scelta assai impegnativa, o chi arma un esercito per andare contro un nemico, cosa altrettanto complessa e onerosa, o chi trascina sulle proprie spalle una croce. Ma di tutte queste opere complesse Gesù mette in luce non tanto la faticosità o la difficoltà, così come a noi viene spontaneo se pensiamo a tali imprese, ma il fatto che bisogna prepararsi bene ad affrontare una scelta così impegnativa. Dice infatti: “Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? …  Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?” Il discepolo cioè è per Gesù colui che, compiuta la scelta impegnativa di divenire tale, non si getta nella mischia a casaccio, usando quello che gli capita in mano, le conoscenze, gli strumenti che già possiede, ma cerca di procacciarsi quello che veramente gli è utile per portare a termine con successo questo impegno. Invece chi rimane nella folla ha l’impressione di seguire Gesù, in realtà segue la corrente, il vicino, la moda, le abitudini, senza capire dove e perché va’. In questo modo Gesù nemmeno lo si sente o lo si vede. Mentre si crede di camminare dietro a Gesù si è facilmente distratti da se stessi, dai propri umori e preoccupazioni e come ci si comporta conta poco: nella folla ci si pesta i piedi, ci si difende dal vicino, si sgomita o ci si siede in un angolo. Insomma ci si illude di fare molta strada dietro a Gesù, ma invece ci si ritrova fermi o a girare attorno a sé. 

Ma allora quali sono quegli strumenti necessari sui quali bisogna fermarsi a riflettere bene per evitare il rischio di non essere veri discepoli? Gesù indica soprattutto due cose: la prima è amarlo più di tutti, persino più di quelli che naturalmente siamo portati ad amare più intensamente, come i nostri genitori, figli, parenti, ecc… e poi rinunciare a fare affidamento sui propri beni.

Tre anni fa veniva canonizzata Madre Teresa di Calcutta. In questa piccola-grande donna possiamo vedere, e capire meglio, l’esempio di una persona che è uscita dalla folla per seguire Gesù come una vera discepola. Teresa divenne suora a 18 anni. Per 20 anni insegnò nella scuola della sua congregazione in India. Sì può dire che il suo era un itinerario di cristiana seria, tanto da andare in India e dedicarsi alla vita religiosa. Eppure, ad un certo momento si rese conto che la sua non era una vita da discepola iniziò un nuovo itinerario dedicandosi all’incontro personale, e non nella folla, con il Signore nella preghiera e nel servizio ai poveri.

Per poter fare questo cambiò radicalmente vita dopo lunga riflessione. Una volta ha detto: “Come possiamo amare Dio che non vediamo se non amiamo i nostri vicini che vediamo, tocchiamo e con i quali viviamo?” parafrasando 1Gv 4,20: “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.” Madre Teresa cominciò ad amare Dio prima di tutto accogliendo e aiutando i più poveri fra i poveri, i moribondi abbandonati per strada a morire da soli e senza cure, e poi tante altre persone povere in tutto il mondo.

Potremmo dire che queste sono azioni eroiche, possibili solo a persone eccezionali. A questo proposito Madre Teresa ha detto alle sue suore: “Fate non delle grandi cose, delle piccole cose ma con grande amore. La sofferenza in sé e per sé non è nulla, ma la sofferenza condivisa è gioia, è un dono meraviglioso.” Mi sembra che queste parole semplici e molto chiare dicano molto di cosa significhi essere discepolo: non è una scelta eroica, ma vivere la vita ordinaria amando molto, soprattutto coloro che soffrono. È questa la via, ci dice la testimonianza di Madre Teresa, per gustare la vita evangelica che è ascoltare Gesù in prima persona e prenderlo sul serio vivendolo ciò che lui dice in modo concreto. È un messaggio semplice e pratico col quale siamo chiamati a misurarci per imparare a uscire dalla folla confusa e pigra per divenire veri discepoli del Signore.

 

Preghiere 

 

O Dio del cielo donaci il desiderio e la tenacia di venirti incontro, perché sappiamo imparare da te la forza trascinante dell’amore vero.

Noi ti preghiamo

  

Insegnaci o Signore a vivere come te, dando ad ogni nostro gesto e parola il contenuto profondo della vicinanza del Padre celeste ai suoi figli.

Noi ti preghiamo

 

Sostieni, o Dio di misericordia, i nostri passi incerti nel cammino dietro di te. Fa’ che usciamo dalla folla confusa per incontrarti come un amico.

Noi ti preghiamo

  

Apri i nostri occhi e i nostri cuori perché sappiamo sempre riconoscere in chi incontriamo un fratello da amare e una sorella da sostenere.

Noi ti preghiamo

 

Ti ringraziamo Signore per la vita e l’esempio di tanti santi che hanno deciso di seguirti sulla strada di un amore grande per tutti. Aiutaci a seguirne i passi senza paura.

Noi ti preghiamo

  

Accogli o Padre misericordioso tutti quelli che oggi si rivolgono a te per implorare aiuto e sostegno. Guarisci i malati, sostieni i deboli, guida tutti verso la salvezza dal male.

Noi ti preghiamo.

 

Concedi o Dio al mondo il dono della pace, e specialmente alla Siria, l’Afghanistan, la Libia martoriate da anni di guerra. Consola le vittime dei conflitti e fa’ che al posto del frastuono delle armi risuoni il ringraziamento dei tuoi figli per la concordia ritrovata.

Noi ti preghiamo

  

Guida o Padre buono il nostro papa Francesco pellegrino in Africa, perché con le sue parole e il suo esempio accompagni l’umanità sulla via della vera pace.

Noi ti preghiamo