domenica 18 settembre 2011

Festa dell'esaltazione della Santa Croce


Dal libro dei Numeri 21, 4b-9


In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.


Salmo 77 - Non dimenticate le opere del Signore!
Ascolta, popolo mio, la mia legge,

porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.


Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore.


Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.


Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.


Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippési 2, 6-11


Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.


Alleluia, alleluia, alleluia.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo

perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17


In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».


Commento


Cari fratelli e care sorelle festeggiamo oggi con solennità la Santa Croce del Signore Gesù, una festa antica che unisce Oriente e Occidente e affonda le sue radici nel IV secolo, quando la moglie dell’Imperatore Costantino, Elena, volle riconoscere in un legno antico trovato a Gerusalemme nei pressi del luogo che la tradizione indicava come quello della crocifissione di Gesù la “vera croce”. Da allora il giorno 14 settembre si celebra questa memoria in ogni chiesa del mondo, tanto più nella nostra Parrocchia che ne porta il titolo: “Santa Croce”.


La croce, fratelli e sorelle, è un segno contraddittorio. In antichità era un segno infamante, simbolo della condanna a morte per crimini gravissimi, ma poi venne messa in alto sugli altari e sui tetti delle chiese, come simbolo della nostra fede. Nella storia è diventata addirittura un simbolo di dominio in nome del quale si sono fatte le crociate, distruggendo interi paesi e spargendo molto sangue. La croce ancora oggi è paradossalmente allo stesso tempo un banale fregio da portare appeso al collo senza dargli troppo peso, ma anche qualcosa da togliere dalle pareti, perché disturba allo sguardo.


Ci chiediamo oggi allora in questa occasione festiva: cosa rappresenta la croce per noi?


Abbiamo ascoltato nella prima lettura come il popolo d’Israele durante il viaggio nel deserto si lamenta con Mosè perché deve affrontare le difficoltà del lungo cammino in una condizione di estrema difficoltà: nomade, senza cibo, acqua, casa, con una prospettiva assai incerta. Questa condizione assomiglia molto alla situazione in cui anche noi ci troviamo oggi. Siamo nel pieno di una crisi non solo economica, ma anche politica, etica e sociale. Le certezze e il benessere di prima sembrano destinati a scomparire per sempre, il futuro è incerto, la prospettiva buia, le persone più rappresentative e con un ruolo pubblico sono screditate e non sembrano più meritare la nostra fiducia. È tempo di disoccupazione, di consumi limitati, di sconcerto generale.


In mezzo al deserto quella gente vive come affogata nel lamento per l’oggi, tanto da dimenticare cosa c’è stato prima (la schiavitù) e qual è la prospettiva futura (la terra promessa). In questa stagnazione anche noi rischiamo di vivere pieni di recriminazioni e vittimismo. Cerchiamo di chi è la colpa: la casta, i politici, gli spreconi, il Nord, il Sud… le voci si sprecano, le piaghe si allargano, se ne creano di nuove e le vecchie si infettano di sempre nuovi motivi di insoddisfazione e tristezza, sensi di rivalsa contro qualcuno, rancori, scontentezza. Questi lamenti e accuse sono come i serpenti che mordono Israele nel deserto. E più ci lamentiamo più la piaga si allarga, fino a portare alla morte lenta della speranza in un futuro migliore.


Come se ne esce? Dio parlò a Mosè, e gli disse che il popolo doveva innalzare un serpente di bronzo e chi lo avrebbe guardato sarebbe guarito dalle proprie piaghe. Quel serpente innalzato è la croce, ci dice Gesù: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.” Sì, la guarigione viene dall’alzare lo sguardo da sé per fissarlo sul crocifisso. Questa è anche per noi oggi la salvezza. In questo tempo di crisi non possiamo solo contemplare nostalgici un passato migliore: è un’illusione perché è proprio quel passato che ha causato tanta crisi oggi! C’è bisogno di un modello nuovo su cui puntare lo sguardo e verso cui andare. Questo modello oggi ancora una volta è la croce di cui oggi facciamo memoria. Sì, la croce può essere anche per noi il segno di un nuovo modo di vivere: non solo per se stessi, non più accaniti per il proprio vantaggio a scapito degli altri, non più all’inseguimento di un benessere a tutti i costi, tutti comportamenti cioè che ci hanno portato a trovarci nella nostra situazione, ma bensì un nuovo modo di pensare a sé e alla vita. Un nuovo modo che si fonda su un senso di solidarietà, di attenzione ad una crescita che non lasci indietro chi è più debole e miri solo all’arricchimento personale, che non pensi che bisogna saper sfruttare al massimo l’oggi disinteressandosi del domani. È il modo con cui Gesù ha vissuto fino alla croce, segno estremo di un amore altruista pronto a scarificare se stesso per il bene di tutti gli altri.


Questo nuovo modo di vita non riguarda solo chi è ricco e potente, i politici e gli economisti che controllano le borse, ma ciascuno di noi, perché solo sulla base di una nuova cultura e un nuovo modo di vivere si potrà fondare una società più giusta e umana, che prepara il futuro e condivide il benessere in modo equo.


Il nostro oggi è un momento delicato, lo dicono in molti. Per questo abbiamo tutti noi una grande responsabilità. Non volgiamoci nostalgici al passato, né ripieghiamoci su noi stessi a difendere quello che è rimasto dopo le tempeste. Se faremo così ci condanneremo a vivere senza un futuro migliore, come Israele, e dimenticando la storia di amore con cui Dio ci ha accompagnato finora.


Ma “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” dice l’evangelista Giovanni.


Sì la croce di Gesù ci salva perché ci libera dalla schiavitù dell’egocentrismo e ci rende capaci di vivere la compassione per l’altro e il desiderio di condividere e alleviarne il dolore. E’quello che Gesù fece sulla croce: amare i suoi tanto da affrontare la morte per non abbandonarli a se stessi, ed è quello che sperimentarono Francesco d’Assisi, Padre Pio e tutti quelli che fissando il loro sguardo sulla croce ne assunsero il dolore fin nella carne stessa, attraverso i segni delle stimmate. Da queste essi furono liberati dalla schiavitù dell’autocommiserazione e dell’egocentrismo e ricevettero il dono della salvezza di un amore grande e largo per tutti i crocefissi che incontravano: il lebbroso, gli umili, i poveri, i malati, i senza padre e madre, ecc...  Impararono, come Gesù, a farne proprio il dolore compatendo e sollevandoli da un peso che da soli è insopportabile. Si caricarono del giogo soave sollevando le vite abbattute dei fratelli e delle sorelle e scoprirono che alla fine è Gesù che se ne assume il peso.


Facciamoci anche noi segnare dalle stimmate del dolore dei crocefissi che incontriamo in carne e ossa in chi sta peggio è vive con più dolore il peso di questa nostra crisi. Le nostre stimmate sono lo sporco che si incrosta nelle mani di chi si dà da fare nelle situazioni difficili, di chi non si tira indietro quando c’è da impegnarsi per il bene di tutti, anche di chi non conosciamo o non è nostro parente. Le nostre stimmate fanno un po’ male, richiedono sacrificio e fatica, ma con esse ci ritroveremo non tristi e appesantiti, lamentosi e nostalgici di un passato non bello, ma liberi dall’angustia dell’orizzonte ristretto del mio io, con la prospettiva di un futuro diverso per cui lottare, con la gioia di una passione che vuol dire sì sofferenza, ma anche sentimenti caldi e profondi.


Cari fratelli e care sorelle, per questa festa abbiamo voluto adornare la croce con il verde dei rami ed il rosso dei fiori proprio per significare che il legno della croce non è segno di sconfitta, ma porta in sé il germoglio di una vita rinnovata, che chi si accosta ad esso diviene capace di far sbocciare nuovi sentimenti e nuova generosità. Dove verdeggiano le foglie si apre un futuro di speranza, dove c’è aridità l’erba dissecca e vince la morte.


Preghiere  


O Signore che hai donato tutto te stesso per la nostra salvezza, accogli dalla croce noi peccatori e bisognosi del tuo perdono, perché anche noi sappiamo legarci al giogo soave di una vita spesa per gli altri.


Noi ti preghiamo


 Signore Gesù, che sei venuto a portarci con la croce la libertà dalla schiavitù del peccato, insegnaci a non vivere nel lamento, ma a compatire i fratelli nel dolore e a lavorare per il loro bene.


Noi ti preghiamo


 O Padre buono che hai mandato il tuo unigenito per salvare il mondo, fa’ che il vangelo della morte e resurrezione del Cristo giunga presto a tutti.


Noi ti preghiamo


Accogli con amore o Dio la nostra preghiera quando ci facciamo carico del male e del dolore degli altri. Fa’ che per la forza del tuo amore la loro vita sia salvata e il nostro cuore riempito di gioia.


Noi ti preghiamo


 Guarda con bontà o Dio del cielo il mondo intero, sconvolto da calamità e guerre. Dona pace e salvezza a tutti.


Noi ti preghiamo


 Guarisci o Padre buono tutti coloro che alzano lo sguardo da sé per invocare il tuo perdono. Fa’ che come nel deserto siano anch’essi salvati dal morso velenoso del maligno che dà la morte.


Noi ti preghiamo.
 
Guida e proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque dispersi, perché ispirati dal tuo amore sappiamo essere testimoni autentici del Vangelo.


Noi ti preghiamo


Soccorri o Padre buono tutti i poveri, perché possano trovare in te la consolazione ad ogni sofferenza e nei fratelli e le sorelle il sostegno che salva dal naufragio.


Noi ti preghiamo



Nessun commento:

Posta un commento