venerdì 16 settembre 2011

Il catechismo dei ragazzi, anno 2011-12


Programma

Il catechismo quest’anno avrà come obiettivo principale aiutare i ragazzi a scoprire e vivere attivamente la ricchezza spirituale della Liturgia domenicale, divenendo più consapevoli del suo significato e divenendone protagonisti, con dei compiti precisi. In questo modo essi diverranno sempre più parte integrante del popolo di Dio che celebra il Signore, coinvolgendo se stessi e, allo stesso tempo, richiamando con il loro esempio gli altri alla necessità di una partecipazione non distratta e passiva.

Il catechismo si svolge la domenica, proprio per sottolineare la centralità di questo giorno e il fatto che esso si deve “amalgamare”, fino a confondersi, con la Liturgia che è per tutti i cristiani, ragazzi compresi, “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutto il suo vigore” (SC 10). Infatti la straordinaria ricchezza di gesti e parole, l’esperienza di comunione fra di noi e con Dio che essa realizza sono la più alta e completa scuola di vita cristiana, ineguagliabile da qualsiasi tipo di lezione o sforzo didattico.

Concretamente il catechismo accompagna i ragazzi nella celebrazione liturgica domenicale in tre momenti ben determinati.

1) Una mezz’ora prima della Messa:

E’ il tempo dedicato alla preparazione alla Messa:

si fanno le prove dei canti e del Salmo della domenica;

ci si può soffermare brevemente su una parola o una frase significativa del Salmo per imparare a pregare non distrattamente e automaticamente, ma tenendo presente cosa si dice;

ognuno scrive una preghiera su un foglietto, ogni volta su un tema proposto dalla catechista: la pace, i bambini, i malati, i poveri, i vecchi, i parenti, gli amici, chi è solo, chi non conosce Gesù, ecc… Basta anche solo un nome o una semplice invocazione, per imparare che si va a Messa con qualcosa da chiedere a Dio e portandosi nel cuore chi ha bisogno del suo aiuto. Le preghiere poi sono portate all’altare al momento dell’offertorio, assieme alle altre lasciate in chiesa durante la settimana;

si imparano a memoria alcune preghiere della Liturgia: il Gloria, il Credo, il Padre nostro, e le altre risposte, per imparare a non restare in silenzio davanti a Dio che interpella;

l’ultimo spazio rimanente si dedica alla spiegazione di un gesto o un oggetto o un elemento della Messa: l’abbraccio della pace, i colori e i tempi liturgici, una festa liturgica, le immagini della chiesa, le preghiere pronunciate, ecc… per essere più consapevoli di cosa andiamo a fare.

2) Durante la Messa:

E’ il tempo dedicato alla celebrazione della Messa:

i ragazzi entrano in chiesa in processione portando turibolo, croce e bibbia;

al momento del Salmo si radunano davanti all’altare e lo cantano assieme al popolo;

dopo la lettura del Vangelo i ragazzi in processione baciano la Bibbia e poi si recano in una sala attigua alla chiesa, dove la catechista gli spiega il Vangelo della Messa nel modo a loro più utile;

al termine dell’omelia i ragazzi rientrano in processione in chiesa cantando il Credo, a cui si unisce tutta l’assemblea, si radunano davanti all’altare (come per il Salmo) e da lì proseguono il canto;

al momento delle preghiere dei fedeli ciascuno di loro, ad ogni invocazione, accende una candela nel candelabro posto davanti alla croce astile, accanto all’altare;

al momento dell’offertorio aiutano il sacerdote collocando sull’altare i doni portati in processione.

3) Una mezz’ora, dopo la Messa

E’ il tempo dedicato alla preparazione a vivere la Messa durante la settimana:

Ci si raduna per un’altra mezz’ora facendo dei lavori concreti per i poveri a cui gli adulti portano da mangiare la sera alla stazione, come modo per unire il banchetto eucaristico con quello dell’amore fraterno;

si conclude l’incontro domenicale con la proposta da parte della catechista di un impegno settimanale (una cosa da fare o da evitare, in sintonia con il Vangelo ascoltato) e si fa una breve verifica su come è andato l’impegno della settimana precedente, affinché la Messa non resti isolata dal resto dei giorni feriali, ma si prolunghi nello sforzo di vivere ogni giorno il Vangelo appena ascoltato.

Una volta circa al mese i ragazzi sono convocati un pomeriggio per aiutare ad animare una festa con gli anziani, o per vedere un film o per aiutare in una vendita di beneficenza, o in qualche altra attività per imparare ad avere un legame con la vita “feriale” della parrocchia, oltre la domenica.

Una volta l’anno verrà proposta un’iniziativa che coinvolga i compagni di classe dei nostri ragazzi (preparandola prima con gli insegnanti), come ad esempio una raccolta di alimenti, o vestiti o giocattoli, un mercatino, un lavoro comune, una festa, ecc… per imparare ad essere missionari e testimoni del Vangelo con quelli che incontriamo tutti i giorni.

A queste attività, oltre naturalmente che alla Liturgia domenicale, si cercherà di coinvolgere i genitori o le persone che sono più vicine ai ragazzi e passano più tempo con loro (non sempre sono i genitori, potrebbe essere un fratello più grande, o i nonni, o altri), in modo da allargare la rete dei partecipanti alla vita dei cristiani nel quartiere, non necessariamente nell’edificio parrocchiale, perché imparino che la Chiesa non vive solo in chiesa, ma deve essere se stessa in tutta la città.




Considerazioni sul metodo

Una cura particolare viene posta affinché i momenti della presenza dei ragazzi in parrocchia o nelle attività ad essa collegate non siano una sorta di brutta copia della scuola del mattino. Questo si realizza a partire dai metodi (no agli appelli, ai registri, ai voti, alle pagelle, agli esami, alla minaccia di “bocciatura”, ecc…) fino al rapporto del catechista con i ragazzi. Infatti appiattirsi sul modello scolastico è una pericolosa scorciatoia: si rischia un approccio istituzionale (che è il più facile e il meno fruttuoso) piuttosto che entrare in un rapporto vivo, personale e fecondo con ciascun ragazzo, da conoscere e amare per chi è veramente.

Possiamo dire che il nostro vuole essere invece un “metodo liturgico”: imparare vivendo assieme, così come nella Liturgia si impara ad essere cristiani ascoltando, pregando, ringraziando, ripetendo gesti e parole del Vangelo, vivendo cioè l’esperienza dell’incontro con Dio tutti insieme riuniti in assemblea. A Messa infatti non conta tanto la mia devozione individuale o l’intensità del sentire di ciascuno per sé, quanto piuttosto la comunione e la sintonia nel celebrare con “un cuore solo”, come ci insegna la Chiesa apostolica (At 4,32), suscitando così in tutti una attrattiva simpatia (At 2,47). Allo stesso modo catechista e ragazzi scoprono ogni volta e vivono insieme la bellezza del rapporto con il Signore, attraverso la ricchezza dei modi e delle occasioni che sono loro offerti di stare con lui: ascoltandolo, volendogli bene, facendosi aiutare ad amare gli altri, divertendosi con lui e a causa di lui, chiedendogli aiuto nelle difficoltà, facendo festa a lui e fra di noi, accogliendoci l’un l’altro, lavorando assieme con serietà ed entusiasmo per realizzare ciò che ci chiede, ecc... Questo è molto più di una semplice scuola in cui uno già sa ed insegna e gli altri imparano (e si annoiano, non vedendo l’ora che finisca l’obbligo di andarci, come è normale che sia in tutte le scuole).

Il catechista in questo modo può facilmente valutare se il suo operato è utile ai ragazzi per essere più amici di Gesù: se lo è anche per se stesso. Se invece si annoia o quelle mezz’ore gli sono pesanti e non vede l’ora che finiscano, se prova fastidio e antipatia per i ragazzi, se li giudica troppo sciocchi e immaturi può essere sicuro che come per sé è tempo male impiegato, altrettanto sarà per essi. Questo sarebbe un grave peccato, ma non solo nei loro confronti (il Signore manderà in futuro altri capaci di comunicargli la bellezza del Vangelo e della vita con lui, ne siamo certi) ma innanzitutto per se stesso, perché ha rifiutato l’occasione di vivere con i più piccoli la vicinanza speciale che Dio assicura a chi si riunisce nel suo nome (Mt 18,20). Non dimentichiamo che proprio alla scuola dei più piccoli si apprendono i segreti del Regno dei cieli (Mt 18,3).

Nel porci davanti alla responsabilità dell’educazione alla vita cristiana dei più giovani credo che sia necessario partire da una realtà fondamentale: il Vangelo e la vita con il Signore sono un dono per tutti, grandi e piccoli, intelligenti e stupidi, colti e ignoranti. Anzi, Gesù afferma che proprio ai piccoli e ai semplici è riservata una comprensione più immediata e profonda del suo lieto annuncio: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). Una convinzione tanto scontata quanto falsa c’induce invece a pensare che all’età più giovane siano adatti solo temi “leggeri” e poco impegnativi, immagini della vita semplificate ed edulcorate, che sia il tempo della spontaneità e dell’inconsapevolezza, che vadano evitate le domande esigenti e le proposte radicali; tutte cose che, è evidente, sono l’opposto del cuore del messaggio evangelico. In realtà i ragazzi chiedono esattamente il contrario: di essere presi sul serio, messi alla prova e giudicati capaci di cose grandi. E’ questa l’idea che Dio ha di loro, non possiamo annacquarla con la nostra modestia affettiva e tiepidezza di fede! Per far questo vanno capiti e amati nel loro contesto e nel loro livello di comprensione, certamente, ma non esclusi dalla serietà e profondità delle parole esigenti del Signore. Vediamo quotidianamente i risultati di un atteggiamento iperprotettivo, rinunciatario e sfiduciato da parte degli adulti nei confronti dei ragazzi: essi crescono fragili e indecisi, incapaci di scelte affettive decisive e di sostenerne la fatica e il costo umano, ecc…

Noi invece crediamo fermamente che il messaggio del Vangelo, nella sua ricchezza e ambizione, possa essere compreso e vissuto con consapevolezza anche da chi è piccolo, ma non per istinto innato: c’è bisogno che esso venga aiutato, come si fa con un bambino che ha sete se la fonte è troppo in alto per lui. Lo si prende in braccio e lo si avvicina, poi lui beve da sé e l’acqua lo disseta. Sarebbe una vera cattiveria dargli altro, magari una pappina dolce e profumata ma che non disseta (come certi melensi surrogati del Vangelo, pieni di sentimentalismo e infantilismi) per il motivo che l’acqua è troppo lontana da lui. Allo stesso modo il Vangelo non va’ banalizzato né reso inoffensivo perché un ragazzo possa accostarvisi, ma piuttosto bisogna aiutarlo ad avvicinarsi ad esso nella sua integrità, sollevandolo sulle gambe della nostra esperienza di fede, con la forza delle braccia amorevoli ma energiche e robuste della nostra testimonianza, aiutandolo a crescere nel desiderio di acqua vera senza accontentarsi di altro, sostenendolo con stima e affetto mentre sale verso l’unica bevanda che disseta e alla quale, una volta attinto ad essa, non rinuncerà più per tutta la vita. Il Signore farà il resto, non siamo solo noi ad agire!

Ai più giovani infatti, come anche a ciascuno di noi, è chiesto ogni giorno di scegliere fra il male e il bene; di provare la gioia vera e non solo il divertimento superficiale; di essere amici fedeli e leali, e non solo opportunisti nei rapporti; di provare pietà per quelli che sono in difficoltà ed esprimere concreta solidarietà con essi; di indignarsi per l’ingiustizia, di sdegnarsi per le cattiverie, di stare sempre dalla parte del più debole; di gioire per le vittorie del bene e di faticare perché esse si realizzino. Solo se li aiuteremo a fare tutto ciò saremo per loro adulti credibili, il nostro aiuto sarà accolto con gioia, la nostra proposta apparirà loro per quello che vuole essere: non qualcosa di noioso e triste ma ciò che dà il gusto a tutte le cose.

Questa è una grande grazia per noi adulti: nel compito impegnativo di comunicare il Vangelo ai piccoli ci è offerta l’opportunità di riscoprirne la semplicità alla portata di tutti, noi che, per sfuggire alla responsabilità di scegliere, ne abbiamo fatto qualcosa di complicato, pieno di compromessi e distinguo, lontano e, in ultima analisi, impossibile da vivere.




Conclusioni

Così concepito e così organizzato il catechismo vogliamo che sfugga dalla banalità di una corvè cui sottoporsi e dalla scontatezza di ruoli precostituiti per divenire un luogo in cui adulti e ragazzi imparino a realizzare, almeno in parte, il modello alto ma possibile che l’Apostolo ci ha lasciato della comunità dei discepoli: “detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell'ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.” (Rm 12,9-16).

Ci auguriamo così che la presenza dei più giovani alla Liturgia domenicale per tutta l’assemblea riunita non sia solo occasione di consolazione (“guarda quanti bambini in chiesa!”) ma di esempio (“guarda come vogliono bene a Gesù e come sono sicuri che lui li ama!”) per farci tutti più “piccoli” alla scuola del Vangelo (Mt 18,4).



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