mercoledì 21 settembre 2011

La preghiera - mercoledì 21 settembre 2011


Isaia - Capitolo 60, 1-ss.



Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,

la gloria del Signore brilla sopra di te.

Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,

nebbia fitta avvolge i popoli;

ma su di te risplende il Signore,

la sua gloria appare su di te.

Cammineranno le genti alla tua luce,

i re allo splendore del tuo sorgere.

Alza gli occhi intorno e guarda:

tutti costoro si sono radunati, vengono a te.

I tuoi figli vengono da lontano,

le tue figlie sono portate in braccio.

Allora guarderai e sarai raggiante,

palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,

perché l'abbondanza del mare si riverserà su di te,

verrà a te la ricchezza delle genti.


Chi sono quelle che volano come nubi

e come colombe verso le loro colombaie?

Sono le isole che sperano in me,

le navi di Tarsis sono in prima fila,

per portare i tuoi figli da lontano,

con argento e oro,

per il nome del Signore, tuo Dio,

per il Santo d'Israele, che ti onora.

Stranieri ricostruiranno le tue mura,

i loro re saranno al tuo servizio,

perché nella mia ira ti ho colpito,

ma nella mia benevolenza ho avuto pietà di te.

Le tue porte saranno sempre aperte,

non si chiuderanno né di giorno né di notte,

per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti

e i loro re che faranno da guida.

Perché la nazione e il regno

che non vorranno servirti periranno,

e le nazioni saranno tutte sterminate.

La gloria del Libano verrà a te,

con cipressi, olmi e abeti,

per abbellire il luogo del mio santuario,

per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi.

Verranno a te in atteggiamento umile

i figli dei tuoi oppressori;

ti si getteranno proni alle piante dei piedi

quanti ti disprezzavano.

Ti chiameranno "Città del Signore",

"Sion del Santo d'Israele".



Il Signore, per bocca del profeta Isaia, si rivolge a Gerusalemme, la città in cui Dio ha radunato il suo popolo e dove ha stabilito la sua dimora stabile.

La città è la prospettiva a cui il Signore ci richiama in questo primo appuntamento con cui riapriamo un anno di vita e di lavoro a Santa Croce. La città è lo sfondo del nostro impegno: non il piccolo orizzonte individuale, che spesso influenza così fortemente il nostro umore, troppo mutevole e instabile, e la nostra stessa disponibilità a voler bene, ma l’orizzonte ampio della città, cioè del luogo in cui gli uomini vivono insieme. Su di essa siamo chiamati da Dio a posare lo sguardo, e per farlo abbiamo bisogno di sollevarci nel luogo alto che è la nostra preghiera. Da qui l’orizzonte si apre e la vista coglie un mondo che altrimenti, nel “basso” del quotidiano e delle abitudini, non ci appare.

Da questo luogo alto in cui oggi torniamo a riunirci vediamo una città larga e complessa. Sì, il mondo è complesso, perché le vite si intrecciano, le esistenze si accavallano, le situazioni si allargano a dismisura, ma non ci fa per questo paura, perché qui la nostra visione è trasfigurata. Non vediamo solo i problemi che ci sovrastano e schiacciano, non ci accorgiamo più solo delle difficoltà e delle sfide, ma impariamo a vedere la realtà trasfigurata dall’amore di Dio, così come lui la sogna e la propone anche a noi.

Da qui possiamo guardarla con occhi nuovi e animo diverso.

“su di te risplende il Signore,

la sua gloria appare su di te.

Cammineranno le genti alla tua luce,

i re allo splendore del tuo sorgere.”

Dice Isaia: la città perde il suo aspetto caliginoso e scuro, diventa luminosa, perché Dio dimora in essa.

Allora guarderai e sarai raggiante,

palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,

La gioia della città è la nostra gioia, così come il dolore e la sofferenza di essa sono gli stessi nostri. È la libertà del figlio di Dio, non più schiavo degli umori e dell’egocentrismo concentrato su sé, ma libero di fare sua la prospettiva larga e straordinaria della città che vive con Dio.

Stranieri ricostruiranno le tue mura,

i loro re saranno al tuo servizio,

Le tue porte saranno sempre aperte,

non si chiuderanno né di giorno né di notte,

per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti

Nessuno è straniero nella città, e tutti contribuiscono con la ricchezza della propria umanità diversa, a costruire la vita insieme. Come è diversa questa visione dalla chiusura della paura, della difesa dall’altro, dal diverso, che imprigiona le persone che vivono in una città recintata e dalle porte chiuse!

La gloria del Libano verrà a te,

con cipressi, olmi e abeti,

per abbellire il luogo del mio santuario,

per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi.

Cos’è che rende diversa questa città? È il fatto che il Signore vive in essa, in modo stabile e concreto, come indica la bella espressione “dove poggio i miei piedi”.

La visione di Isaia si conclude con il cambio del nome della città: non più Terni, o Roma, o Milano, ma:

Ti chiameranno "Città del Signore",

"Sion del Santo d'Israele".

Cari fratelli e care sorelle, la visione di Isaia ci riempie il cuore di speranza e di gioia: è questa la città che vogliamo, e all’inizio dell’anno, come un sogno, ci si propone davanti lo spettacolo di un mondo che può cambiare e vivere una vita diversa dal buio e dalla violenza attuali.

Questa visione è anche una vocazione e una missione. Oggi la visione di Isaia chiede a ciascuno di costruire la casa del Signore nella città, perché possa abitarvi, che il nostro cuore allargato e aperto, reso accogliente e caldo. Chiede di fare spazio nelle strade troppo strette, negli angoli troppo bui. Chiede di realizzare il sogno di Dio. E non c’è chi è troppo giovane o troppo vecchio, troppo piccolo o troppo debole, troppo complicato o troppo sofferente. La vocazione a vivere la visione è offerta a tutti e a tutti chiede di fare spazio. È l’invito che riceviamo all’inizio dell’anno: salire ogni volta su questo luogo alto, lasciandoci dietro le piccole visioni individuali e le tristezze del quotidiano banale e non smettere di sognare e lavorare perché Dio poggi i suoi piedi nelle strade e le piazze di Terni, nelle vite nostre e di tutti i nostri fratelli.

Non lasciamo vincere il realismo triste che ci fa dire “è impossibile” o “è troppo difficile”, accogliamo con gioia il Signore che chiede di entrare nel nostro quotidiano facendo spazio tra tanti cumuli alle sue parole luminose e piene di speranza. È la nostra salvezza, la salvezza del mondo intorno a noi. È troppo importante e troppo alto per volgerci indietro o rinunciare.

Il Signore ci accompagni e ci sostenga perché l’altezza e la grandezza della nostra vocazione dia i frutti di pace e di vita eterna che Lui ci promette. Amen.

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