mercoledì 27 maggio 2020

Preghiera del 27 maggio 2020 - prima dopo la quarantena





1Re 3,3-15

Salomone amava il Signore e nella sua condotta seguiva le disposizioni di Davide, suo padre; tuttavia offriva sacrifici e bruciava incenso sulle alture. Il re andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva l'altura più grande. Su quell'altare Salomone offrì mille olocausti. A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: "Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda".  Salomone disse: "Tu hai trattato il tuo servo Davide, mio padre, con grande amore, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questo grande amore e gli hai dato un figlio che siede sul suo trono, come avviene oggi. Ora, Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?". Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: "Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i re, per tutta la tua vita. Se poi camminerai nelle mie vie osservando le mie leggi e i miei comandi, come ha fatto Davide, tuo padre, prolungherò anche la tua vita". Salomone si svegliò; ecco, era stato un sogno. Andò a Gerusalemme; stette davanti all'arca dell'alleanza del Signore, offrì olocausti, compì sacrifici di comunione e diede un banchetto per tutti i suoi servi.

Commento 

Ci ritroviamo oggi dopo tanto tempo di “digiuno” dalla preghiera e dall’incontro con la Parola di Dio. Già domenica scorsa abbiamo ripreso i nostri incontro domenicali nella Liturgia Eucaristica. È un po’ come uscire da un letargo, dopo l’inverno lungo di questa pandemia, che non è ancora finita, anche se si intravede il termine, come tutti speriamo.

Come dicevo domenica, la Parola di Dio ha accompagnato questo tempo difficile, forse non ce ne rendiamo bene conto, ma è grazie ad essa che la nostra vita non è stata sopraffatta dalla tristezza e dallo scoraggiamento. Tanti, lo sappiamo, hanno vissuto con angoscia o addirittura disperazione questo tempo. La paura, a volte anche poco razionale e immotivata, è infatti anche conseguenza della solitudine nell’affrontare le difficoltà della vita, senza sentire che il Signore ci accompagna e protegge molto più di quanto pensiamo.

La Parola nutre il nostro pensiero e lo libera dai lacci non della prudenza, che ci vuole sempre, ma delle pretese di un senso dell’impossibilità, e libera le energie dell’amore che ci lega agli altri e supera tante barriere.

Il Signore ci parla, e quando lo fa è come se si aprisse uno spazio diverso, in cui le regole normali non valgono, o sono relativizzate. È la dimensione del sogno che, come abbiamo visto altre volte, ad esempio nel caso di Giuseppe, è il tempo nel quale Dio parla all’uomo. Il sogno è realtà diversa, non sottoposta alle regole della razionalità, dove vale un orientamento diverso.

Dio, abbiamo ascoltato dal primo libro dei Re, incontra Salomone in sogno. Innanzitutto è Dio che va incontro a Salomone, dopo che questo si è come immesso in un clima di preghiera sul monte, mediante il gesto del sacrificio, del dono di sé stesso. Dio si presenta a Salomone come colui che desidera rispondere alla domanda dell’uomo. Non è un Dio che esige, ma che ascolta il bisogno che l’uomo gli esprime. Questo ci fa capire come tante volte Dio è reso impotente dal nostro non saper formulare richieste davanti a lui. L’uomo sazio e autosufficiente rende Dio inutile e impotente.

Quello di Dio a Salomone è un invito alla preghiera. Preghiera è chiedere a Dio, per sé, per gli altri, per il mondo. San Paolo dice che se non otteniamo è perché non sappiamo chiedere bene, cioè ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Il nostro sguardo a volte è annebbiato da falsi bisogni, che vuol dire soprattutto bisogni non messi a confronto con la situazione degli altri. Il lamento vittimista e rivendicativo non è che a volte non abbia nessun motivo, ma diventa sterile perché è tutto concentrato su se stessi e non tiene conto di un contesto più grande che ridimensiona o riorienta anche i propri bisogni.

Salomone chiede un “cuore docile”, che in greco è definito con l’espressione un “cuore per ascoltare”, per essere all’altezza della sua responsabilità di capo del popolo.

Dio apprezza la richiesta di Salomone. Salomone chiede non per sé ma per gli altri: sì, la sapienza è per sé, ma il fine è nel servizio da rendere agli altri e non nell’accrescimento orgoglioso di sé. Per questo Dio accoglie la preghiera. Possiamo dire che la preghiera è accolta se sa chiedere per sé cose utili agli altri. Il bene non è nella cosa in sé che si chiede, ma nella destinazione ultima, lo scopo finale. Così è la vita del discepolo: benedetta perché porti frutti di bene da condividere con molti.

La risposta di Dio alla preghiera di Salomone dimostra anche un’altra cosa, e cioè che l’amore di Dio è sempre sovrabbondante: “Ti concedo anche quanto non hai domandato”. Cioè non solo Dio non dà “per merito” di chi chiede, ma supera le nostre aspettative, dà un di più che noi non ci siamo nemmeno immaginati di chiedere.

La preghiera dunque se è sincera e gradita a Dio stupisce, suscita un’onda di dono che non ci aspettiamo e va oltre ogni immaginazione nostra, per questo ci disorienta, cioè ci porta a superare le ristrettezze del nostro pensiero e aspettativa per entrare nella dimensione di Dio in cui non vale il dare-avere, il merito, il contraccambio, ma la pura grazia: è appunto la dimensione del sogno, la dimensione dell'audacia.

Infine Dio in risposta alla preghiera sancisce la nascita o il consolidarsi di un rapporto personale che lega l’uomo a Dio e Dio all’uomo nella fedeltà reciproca: “Se poi camminerai nelle mie vie osservando le mie leggi e i miei comandi…”. L’uomo esce diverso dalla preghiera, non solo perché ha ottenuto molto, ma perché non è più solo, ma è un alleato di Dio: “offrì olocausti, compì sacrifici di comunione e diede un banchetto per tutti i suoi servi.” Salomone uomo rinnovato dalla preghiera riversa sui servi la grazia sovrabbondante ricevuta con la condivisione della gioia del banchetto.

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