mercoledì 18 maggio 2011

Scuola del Vangelo 2010/11 - XXIII incontro (II del tempo di Pasqua) : Gesù e le folle

Gerusalemme


Dopo la riflessione che ci ha accompagnato nel tempo di Quaresima e Pasqua, riprendiamo oggi il tema del rapporto di Gesù con gli altri, e in particolare le folle, a cui, come abbiamo già detto, il Signore ha dedicato molto del suo tempo. Credo che questo soffermarci sulla dimensione larga dell’incontro e sui confini a volte ristretti del nostro interesse e coinvolgimento ci aiuta anche a vivere meglio questo tempo di Pasqua, come anche accennavamo mercoledì scorso rievocando la testimonianza di Giovanni Paolo II. Per lui, dicevamo, l’incontro col risorto ha significato aprirsi in modo sconfinato all’incontro con gli altri: singoli, folle, popoli interi, sognare per il loro futuro, e lavorare concretamente per imporre un cambiamento alla storia.




Oggi vorremmo concludere l’analisi della vita pubblica di Gesù vissuta assieme alle moltitudini, mettendo in luce un suo aspetto negativo, e cioè la folla come ostacolo all’incontro di Gesù.
Infatti il Vangelo non vuole offrire un’immagine edulcorata delle realtà o deformata dalla lente dell’ideologia, ma accetta di evidenziare come la folla possa divenire anche un potente ostacolo alla missione di Gesù di annunciare quel Vangelo di salvezza di cui parlava e che realizzava là dove si trovava.




Lo si vede bene in alcuni episodi narrati dai vangeli sinottici:




Zaccheo, dice Lc 19,3, “cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.” Notiamo che Luca dice che Zaccheo voleva vedere “chi era Gesù”, sottolineando il suo interesse a comprendere in profondità quello strano personaggio che si avvicinava. Quello di Zaccheo è un atteggiamento di ricerca serio, tanto che la folla che gli impediva di vedere lo spinge a escogitare uno stratagemma curioso e impegnativo, poco adatto ad un personaggio di riguardo come lui: salire sul sicomoro. Potremmo dire che quella folla era come lui interessata a vedere Gesù, ma in modo più superficiale, tanto che Gesù, fra tanti, decide di andare a pranzo proprio da lui, nonostante sia un pubblicano.




Poi c’è l’episodio del paralitico portato dai suoi amici verso Gesù in Mc 2,4 e Lc 5,19: “Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono col lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.” Anche qui l’accalcarsi di molta gente impedisce di raggiungere Gesù per chiedergli la guarigione e questa situazione costringe il gruppetto ad uno stratagemma arduo.




Un altro caso è quello della donna emorroissa che tocca il mantello Gesù di nascosto, in mezzo alla folla (Lc 8,45 e Mc 5, 27-31). In questo caso la donna sceglie deliberatamente di nascondersi fra la folla per toccare Gesù evitando il divieto che una donna impura per le mestruazioni toccasse un uomo. A Gesù però non basta che il miracolo sia avvenuto, ma vuole incontrare la donna personalmente, anche a costo di rivelare pubblicamente il suo stato di impurità. Ecco che allora i discepoli scettici espongono l’argomento che in mezzo alla folla è impossibile distinguere l’uno dall’altro e quindi incontrare qualcuno veramente.




C’è poi l’episodio del cieco Bartimeo che sedeva lungo la strada a mendicare (Mc 10,46-48). “E mentre [Gesù] partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».” Matteo (20,31) fa diventare Bartimeo “due ciechi” e sottolinea come “La folla li sgridava perché tacessero.” Anche in questo caso Gesù dà ascolto all’invocazione di aiuto e opera la guarigione.




In tutti questi episodi la folla è come un muro di divisione fra l’uomo e Gesù. Questo ci dice che l’incontro con Gesù va cercato con forza e tenacia, anche superando le difficoltà oggettive e soggettive: come ad esempio, nel nostro caso, la mancanza di tempo, l’incapacità a pregare, la disabitudine, la massa di pensieri e preoccupazioni che affollano la nostra vita e di affanni che ci distraggono, ecc… La difficoltà fa emergere in chi desidera fortemente vedere, parlare, incontrare Gesù risorse inaspettate, anche una fantasia dell’amore che fa compiere gesti inediti, come salire su un albero o scoperchiare un tetto e calare l’amico sulle teste della gente. C’è bisogno di forzare e non assecondare la sorte, il fato, le situazioni oggettivamente sfavorevoli. D’altro canto Gesù è il primo ad apprezzate tale sforzo e a favorire chi non rinuncia davanti alle difficoltà perché l’incontro si realizzi e porti la salvezza desiderata. Infatti la molla che spinge quelle persone è molto potente, perché tutte hanno un grande bisogno di salvezza, per sé o per il proprio amico. Non basta un po’ di curiosità, la consuetudine, la buona volontà, la buona educazione, la tradizione, ecc... Questi ed altri analoghi atteggiamenti davanti alla prima difficoltà fanno subito rinunciare, con la scusa che ci sarà un’altra occasione migliore, più facile e fortunata. Per i primi invece l’occasione che si presenta di incontrare Gesù che passa è unica e decisiva: va sfruttata ad ogni costo.




È la differenza, di cui già parlavamo alcuni incontri fa’, fra l’atteggiamento del ricco e quello che bisognoso (il cieco, l’emorroissa, il malato), ed è interessante notare come l’amicizia fa diventare anche chi sta bene come il malato e fa dunque assumere lo stesso atteggiamento: gli amici del paralitico si comportano come se fossero loro stessi ad avere bisogno di guarigione e fanno tutta quella gran fatica per far arrivare fino a Gesù la persona a cui vogliono bene, pur essendo sani e non avendo, apparentemente, bisogno di niente per se stessi. Mi sembra che il Vangelo in questo brano ci voglia indicare come si faccia a passare per la cruna dell’ago e trovare la salvezza anche da ricchi (cf. Mt 19,24).




Quanto appena detto trova una conferma in un altro brano in cui la folla è d’impedimento a incontrare Gesù: “Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre».” (Mc 3,31-35). Qui vediamo alcune persone, i parenti, tenuti fuori dalla folla accalcata attorno a Gesù. È una scena abituale. Ma a differenza degli altri casi visti prima, questa volta c’è negli “esclusi” un atteggiamento ben diverso: non fanno nulla per raggiungere Gesù, aspettano fuori e lo mandano a chiamare. Sono sicuri di ottenere l’incontro: ne hanno diritto, sono i suoi parenti, ed è lui che deve attraversare la folla per giungere da loro! Gli altri, in fondo, sono degli estranei, vengono dopo.




Gesù rifiuta questa logica e coglie l’occasione per dire con chiarezza chi può dirsi suo parente e pertanto, secondo la logica del mondo, avere la precedenza nell’incontrarlo: chi compie la volontà del Padre, che, in quella situazione, significa stare ad ascoltarlo. Chi è sicuro di sé e forte della propria posizione, tanto da accampare dei diritti nei confronti di Dio, per Gesù è un estraneo e resta fuori, dietro al muro della folla.




Bisogna a questo punto notare che, se andiamo oltre la prima impressione superficiale, non è tanto la folla ad essere caratterizzata negativamente nel Vangelo, ma l’atteggiamento di chi ne fa una giustificazione per non cercare l’incontro personale con Gesù che, risulta evidente in tutti i casi, è sempre possibile, anche in situazioni estremamente confuse e caotiche.



La folla infatti è il luogo dell’anonimato, dell’assenza di responsabilità, del nascondimento, come è evidente durante la passione. La stessa folla che acclama Gesù “re, figlio di Davide”, al suo ingresso a Gerusalemme, dopo poche ore grida a Pilato “crocifiggilo!” È facilmente manipolabile dai capi dei giudei perché non hanno incontrato Gesù: lo hanno visto, ascoltato, ma non incontrato. Sono per lui sconosciuti e lui è rimasto un estraneo per loro. È cioè il caso contrario a quello che abbiamo sottolineato nei precedenti incontri, come cioè anche la folla può avere un incontro personale con Gesù, e lo si vede dalla reazione piena di stupore, dalle acclamazioni di lode a Dio, segno di una fede che risulta rafforzata dall’incontro col Signore anche se avvenuto assieme a tanti altri.




Ma lo possiamo notare anche da un particolare non insignificante: il momento della separazione di Gesù dalle folle che lo hanno ascoltato o gli hanno chiesto guarigione e perdono non è mai brusco. Il Vangelo usa la formula “congedare la folla”, ad es.:



Mc 4,36: “E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca”;
Mc 6, 45: “E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla” ;
Mt 14,23: “Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera egli se ne stava lassù, da solo” ;
Mt 15,39: “Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadàn.”




Per Gesù c’è bisogno di perdere tempo a salutare la folla con cui è stato, come farebbe con un amico che non vedrà a lungo o forse mai più.




In altri casi c’è bisogno di uscire fisicamente dalla folla perché l’incontro si realizzi:




E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua” (Mc 7,32-33);
Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse: «Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme». Quelli si misero a deriderlo. Ma dopo che fu cacciata via la folla egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E se ne sparse la fama in tutta quella regione.” (Mt 9, 23-26).
Lo si vede con ancora più evidenza nel rapporto di Gesù con i discepoli fra la folla e in disparte, ad esempio: “Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola.” (Mc 7,17).




Per concludere la folla è una realtà concreta nella vita di Gesù: lo interroga e lui si lascia toccare e coinvolgere. Ma è anche la tentazione più forte per sfuggire da Gesù, pur essendo con lui vicino. Direi che è la nostra tentazione di vivere nella folla e con la folla nel cuore. La risposta non è nell’isolamento o nel rifiuto della folla, come già dicevamo le altre volte, ma nel puntare ad un incontro vero con Gesù, come avviene ad esempio nella liturgia: siamo assieme a tanti altri e nessuno è un protagonista isolato, ma per incontrare veramente Gesù bisogna farsi cogliere in un incontro personale con la sua Parola, fare proprie le preoccupazioni larghe del suo amore, farsi scoprire bisognoso di salvezza e guarigione. Allora la folla non ci esclude né ci allontana da Gesù, ma anzi ha il colore caldo della famiglia dei discepoli che si accalcano festosi attorno al loro maestro.

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