venerdì 11 agosto 2017

XIX domenica del tempo ordinario - Anno A - 13 agosto 2017




Dal primo libro dei Re 19,9a.11-13
In quei giorni, Elia, essendo giunto al monte di Dio, l’Oreb, entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: «Esci e fèrmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: +
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 9, 1-5
Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

Alleluia, alleluia alleluia.
Io spero, Signore. Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 14, 22-33
Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!»

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la Liturgia oggi ci invita a fermarci su un episodio dal quale emerge con evidenza la distanza fra la fede di Gesù e il realismo impotente dei discepoli. Matteo accenna: “Dopo che la folla ebbe mangiato…”, legando l’episodio sul lago di Tiberiade che oggi abbiamo ascoltato alla moltiplicazione dei pani e dei pesci da poco avvenuta. Come sappiamo, davanti a quella folla accorsa da Gesù e rimasta a lungo ad ascoltarlo i discepoli notano che è sera, tutti hanno fame e non c’è cibo. Ma la loro pur giusta preoccupazione non riesce ad andare oltre la constatazione realistica della loro impotenza: “Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!” Questo è tutto quello che sanno fare: constatare un problema.
Gesù aveva cercato di farli andare oltre, dicendogli: “voi stessi date loro da mangiare”, cioè di confidare non solo nelle loro forze, ma di realizzare l’impossibile che con l’aiuto di Dio diventa possibile, ma essi si erano rifiutati. Gesù stesso aveva dovuto mostrare che quello che è realisticamente irrealizzabile diventa possibile se, come fece lui, si “alzano gli occhi al cielo e si pronuncia la benedizione” cioè si affida a Dio la propria volontà e il poco a disposizione (cinque pani e due pesci) perché compia lui, attraverso di noi, il miracolo. Sì, Gesù può farlo perché non è solo, non confida sulle proprie forze e capacità ma si affida al Padre, ed infatti con lui vuole trascorrere in preghiera quella notte. Un tempo lungo in intimità, un colloquio personale che testimonia l’unità profonda col Padre. Gesù, pur essendo vero Dio, ha bisogno di essere col Padre e agisce sempre assieme a lui. Dal rapporto con lui trae quella forza straordinaria che trasforma la realtà e supera la barriera dell’impossibile. Il realismo impotente dei discepoli è, al contrario, il segno della loro distanza da Dio. Non basta che vivano con Gesù e che lo abbiano sempre davanti, perché essi non confidano in lui e credono che le uniche forze su cui possono fare conto sono le proprie.   
Lo stesso avviene poco dopo, quando la scena si sposta in barca sul lago. Le acque sono agitate e i venti contrari, e per questo i discepoli fanno fatica a procedere nel loro viaggio. Gesù invece dopo la notte di preghiera col Padre avanza con facilità e cammina sopra quelle acque tempestose. I discepoli sono agitati: la stanchezza, l’incertezza li turbano profondamente. Sembra che non abbiano imparato molto dal miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e ancora una volta non sanno far affidamento altro che su se stessi: Gesù che si avvicina alla barca sembra loro un fantasma inconsistente e addirittura spaventoso. Sono stravolti, urlano, il venir meno delle loro forze li fa disperare invece che spingerli a confidare in lui e invocare il suo aiuto.
È Gesù a prendere l’iniziativa, ad andargli incontro e ad offrirsi come soccorso: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” Pietro accoglie l’invito di Gesù a confidare in lui. La fede si fa strada nel suo cuore ed accetta di non fare più conto solo sulle proprie forze. Per questo osa chiedere a Gesù l’impossibile: lui stesso vuole andargli incontro, compiere quei passi azzardati e rischiosi che nessuno degli altri immagina nemmeno. Ha capito che la battaglia contro la tempesta non la si vince con le proprie forze e Gesù volentieri accetta la sua richiesta: finalmente il discepolo chiede a lui la forza per vincere la distanza, per farglisi vicino e affrontare con lui le onde tumultuose della vita.
Pietro sperimenta la forza dell’aiuto di Dio, e accetta che sia lui a guidare i suoi passi su una strada mai prima percorsa, ignota e piena di pericoli. Si lascia condurre dalla fede, lui uomo che era convinto delle proprie capacità e forza. Ma ecco che basta poco perché il miracolo della fede vissuta si rompa. La paura riprende il sopravvento: e se non ce la farò più? Se le forze mi mancheranno? Se la tempesta si intensifica? Che fine farò? Avrò fatto bene ad affidarmi? Non era meglio, più sicuro, restare sulla barca?
Pietro è sopraffatto dal dubbio, e a quel punto le sue forze non bastano più, perché rinuncia a far conto su quelle di Dio. Di nuovo l’acqua lo sommerge, perché per vivere la fede con profondità non basta l’audacia di uno slancio e la forza di volontà, ma bisogna saper pronunciare l’invocazione dell’umile: “Signore, salvami!” Pietro impara e fa sua la preghiera di chi è senza forza e sa che Dio non è lontano da sé.  
Gesù lo solleva dai flutti col suo braccio e si rivolge a lui con un’espressione piena di tenerezza: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” Questa frase è, sì, un rimprovero, ma con essa Gesù riconosce anche come Pietro abbia avuto fede e abbia compiuto un passo importante, ma allo steso tempo la sua sfiducia ancora è forte e prevale troppo facilmente sulla sua fragile fede.
Cari fratelli e care sorelle, anche noi condividiamo il realismo impotente dei discepoli: davanti alla fame della folla che possiamo fare? In mezzo ai flutti tempestosi della vita cosa mai possiamo fare? Le situazioni sono bloccate, i problemi ci sovrastano e le soluzioni sono impossibili. Non vale nemmeno la pena provare, preoccuparsene è inutile.
Eppure Pietro si fida e lascia aperto nel suo cuore uno spiraglio perché la fiducia in Dio si faccia strada in lui. Solo uno spiraglio, un “forse”, ancora non è una porta spalancata, eppure anche noi se lasciamo un piccolo varco aperto al Vangelo di Gesù e impareremo a credere possibile l’impossibile che lui ci indica, cominceremo a desiderare ciò che prima ci faceva paura, muoveremo i nostri primi passi sull’acqua in tempesta dove e come nemmeno immaginavamo fosse possibile osare. Certo la nostra fede è fragile, lo spiraglio lasciato aperto ancora tanto angusto, e allora anche noi, come Pietro, impariamo a pronunciare la preghiera dell’umile “Signore, salvami!” e a trovare il lui, e non a cercare in noi, la forza, l’intelligenza, l’amore per sfamare le folle e superare indenni le acque tempestose della vita.


Preghiere 

O Signore Gesù vieni incontro a noi nei momenti difficili, perché rassicurati dalla tua presenza possiamo venirti incontro. Donaci la fede necessaria per vincere la paura e affidarti la nostra vita,
Noi ti preghiamo


O Dio, il mondo è sconvolto da innumerevoli tempeste e le onde di violenza e miseria sembrano travolgere folle intere. Vieni presto a salvare chi oggi rischia di essere travolto dalla guerra, dalla fame e dalla povertà,
Noi ti preghiamo


Salva o Dio di misericordia i tanti che attraversano il Mediterraneo ostile e chiuso per trovare nelle nostre coste un approdo sicuro. Salva chi è in viaggio, proteggi la vita di chi è debole e fa che tutti trovino scampo e salvezza dal pericolo,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore Gesù che non ti lasciamo mai, perché da soli siamo deboli e in balia delle onde incerte della vita. Aiutaci a restarti sempre accanto e a riconoscerti vicino e attento al nostro bisogno.
Noi ti preghiamo


Ti supplichiamo o Padre di eterna bontà, manda il tuo Spirito a scaldare i cuori e a suscitare in ciascuno di noi sentimenti di misericordia e perdono. Fa’ che riconoscendo il nostro peccato diveniamo più indulgenti con quello dei nostri fratelli.
Noi ti preghiamo


In questo tempo estivo ti preghiamo o Signore per tutti coloro che soffrono di più per le condizioni del tempo: per gli anziani, i malati, i prigionieri. Dona loro sollievo e conforto, compagnia nelle prove più difficili.

Noi ti preghiamo.

Nessun commento:

Posta un commento