sabato 23 dicembre 2017

III domenica del tempo di avvento - Anno B - 14 dicembre 2017




Dal libro del profeta Isaia 61, 1-2.10-11
Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

Lc 1, 46-54 - La mia anima esulta nel mio Dio.
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5, 16-24
Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 19-28
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Commento
Cari fratelli e care sorelle, questa domenica di Avvento ci si propone come un invito alla gioia. Sono risuonate infatti le parole di Paolo ai tessalonicesi: “siate sempre lieti!”, e oggi queste stesse parole sono annunciate anche nei luoghi colpiti dal dolore, ai popoli oppressi dalla guerra e a quelli sofferenti per la fame e la miseria. Ma quale è il senso di questo invito? La gioia non è forse resa impossibile dalla durezza della vita? E poi non è un segno di debolezza, proprio quando sembra più opportuno corazzarsi con atteggiamenti più combattivi e di contrapposizione per vincere le tante forme di male che colpiscono l’umanità?
Che senso ha gioire, quando si sta male, non è un’ipocrisia?
Sono le considerazioni che ci vengono spontanee in questo tempo di crisi economica e di incertezza sul futuro. La proposta della liturgia di oggi ci sembra una pericolosa ingenuità in un tempo in cui chi è debole soccombe o, al massimo, l’invito ad un atteggiamento superficiale che non guarda alla realtà.
Sono domande che mostrano una certa idea di gioia che è quella che il mondo ci insegna. Cioè la gioia come assenza di preoccupazioni, soddisfazione di tutti i propri bisogni, assenza di difficoltà e problemi. Ma è facile rendersi conto come questa idea sia un’amara illusione, perché non è mai realizzabile, vuoi perché nella propria vita c’è sempre qualcosa che va storto, ma anche perché il mondo, da sempre, è pieno di problemi. Insomma la gioia che il mondo ci insegna sembra proprio essere fatta apposta… per renderci infelici. È la gioia del consumismo, legata al possesso delle cose, ma che genera insoddisfazione perché per quanto abbiamo manca sempre qualcosa. È la gioia della pace artificiale che viene dall’ignorare i problemi degli altri chiudendosi in un mondo piccolo e angusto, senza porte né finestre, che assomiglia piuttosto ad una prigione. È la falsa gioia di un Natale che ci viene proposto come l’occasione per distrarci, per immergerci nel consumismo, per chiudersi in famiglia e farsi gli affari propri.
Vale la pena dunque interrogare la Scrittura per comprendere a quale gioia ci invita, perché anche noi possiamo gustarla e non ubriacarci dei surrogati che il mondo ci fornisce a basso costo.
Isaia, abbiamo ascoltato, afferma: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio”, ma non lo dice in una situazione di prosperità e benessere , e aggiunge anche: “mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri”. La vera gioia ci dice cioè la Scrittura non viene dall’assenza di problemi o dal tenersi alla larga da situazioni difficili, ma dalla fiducia in una forza che libera dal male. Aggiunge infatti Isaia: “come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti”. Sì, la gioia consiste nel guardare al proprio presente e al futuro con uno sguardo che non si accontenta di constatarne i limiti, ma che scorge in esso i germogli di un cambiamento, i germi di un bene che può realizzarsi, se noi facciamo nostra questa forza, che è l’amore di Dio. Non dice infatti Isaia “Dio farà questo e quello”, ma “Mi ha mandato a fare…”.  L’Apostolo, abbiamo ascoltato, associa l’idea della gioia all’invito: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie.” Questo significa accogliere e vivere la profezia, cioè la promessa di Dio di un’umanità che può essere trasformata per giungere a vivere il bene.
Giovanni Battista incarna questo vivere il bene. Egli è una figura complessa e misteriosa. Sfugge alle semplificazioni che i farisei vogliono farne per incasellarlo in una categoria del passato, già conosciuta, e così neutralizzarlo.
Egli alle domande che gli pongono: “Chi sei? ... Che cosa dici di te stesso?” si presenta come un uomo che non ha un suo messaggio da comunicare. Non ha sue ricette e soluzioni da insegnare per la felicità, né un suo progetto da realizzare. Si definisce semplicemente come colui che attende l’incontro col Signore perché sa che da lui viene la salvezza, e questo propone di vivere agli altri. Non sa come, non sa quando, ma è certo che Dio vuole farsi presente, entrare nel vissuto di ciascuno, irrompere come una novità di vita che germoglia e porta il bene dove oggi esso sembra assente. Ma questa attesa non è di qualcosa di lontano e inafferrabile: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me”. Dio non è irraggiungibile, ma è già qui fra noi, alla nostra portata, siamo noi che non lo riconosciamo. Giovanni, dopo aver incontrato Gesù, mandò i suoi a chiedergli quali fossero i segni per riconoscere in lui colui che rendeva presente Dio nella vita degli uomini, e Gesù rispose: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista , gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia.” (Lc 7,22-23)
Cioè i segni per riconoscere la presenza di Dio che ci viene incontro sono, come aveva profetizzato Isaia, la forza di un amore che guarisce dal male. Ma questa buona notizia “è annunciata ai poveri”, cioè solo a quanti ne sentono il bisogno, l’aspettano, la cercano, sono ansiosi di ascoltarla, perché coscienti di non avere in sé la forza di salvarsi da soli dal male.
Gesù aggiunge: “beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” Sì, il pericolo più grande per l’uomo è scandalizzarsi per questo amore che Dio gli propone di vivere, per come glielo presenta, per le parole che gli rivolge, perché è qualcosa di troppo nuovo e diverso dal normale. Il Vangelo ci scandalizza, perché è la storia di un uomo troppo umano, troppo generoso, troppo fuori dal comune, tanto da mettere l’interesse dell’altro e di Dio davanti al proprio. Lo afferma Paolo: “Nessuno cerchi il proprio interesse, ma quello degli altri.” (1Cor 13,5) e: “tutti in realtà cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo.” (Fil 2,21)
Giovanni vive così: non mette al centro se stesso, le proprie convenienze e vantaggi, ma si spende per annunciare a quelli che incontra una via da preparare per incontrare Dio.
Fratelli e sorelle, accogliamo anche noi oggi questo invito a non scandalizzarci del Vangelo, a non ritenerlo un’esagerazione adatta ad altri o, piuttosto, a ben vedere, a nessuno. Accogliamo la proposta di Giovanni di vivere con rettitudine e semplicità, senza la concentrazione solo su di sé e sulla ricerca affannosa della falsa felicità, perché quando ci si presenti l’occasione sappiamo anche noi cercare il bene di chi abbiamo difronte amandolo come ha fatto Gesù, anche a costo di rimetterci, di lottare per realizzarlo, senza stancarci, ma facendo affidamento sulla forza che Dio offre a chi, come un povero, si fida della buona notizia di una salvezza dal male che viene da lui.








Preghiere n. 1


O Signore Gesù donaci la gioia vera che viene dall’incontro con te. Fa’ che in questo tempo di Avvento ti aspettiamo e ti cerchiamo, e non ci accontentiamo della gioia artificiale di questo mondo,
Noi ti preghiamo


Aiutaci a non aver paura della profezia del Vangelo che ci parla di un bambino piccolo  e povero. Da lui riceviamo la forza vera e da lui attendiamo un tempo nuovo di pace e di giustizia per il mondo intero,
Noi ti preghiamo



Preghiere n. 2



Libera o Dio, nostro Signore, il mondo dalla guerra e dalla violenza. Vieni presto, tu che sei re della pace,
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, aiuta gli uomini e le donne del nostro tempo a non vivere spaventati e chiusi in se stessi, ma apri i nostri cuori alla parola del Vangelo perché viviamo il tuo amore che in esso è descritto,
Noi ti preghiamo




Preghiere n. 3


Sostieni o Dio chi è povero e indifeso, aiuta i miseri, guarisci i malati, libera chi è oppresso dal male e dall’ingiustizia, perché tutti possano riconoscere la forza del tuo amore che cambia la realtà e salva da ogni male,
Noi ti preghiamo


Guida o Signore i passi di chi ti cerca e apri una strada nel deserto del mondo per chi vuole seguirti,
Noi ti preghiamo.




Preghiere n. 4


Sostieni o Dio gli sforzi di chi ti segue e realizza il tuo disegno di amore nel mondo. Per tutti coloro che spendono la vita per annunciare il vangelo,
Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Dio per i popoli oppressi dalla fame e dalla miseria, in Africa e nel mondo intero. Fa’ che trovino l’aiuto di cui hanno bisogno,
Noi ti preghiamo


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