sabato 3 febbraio 2018

V domenica del tempo ordinario - Anno B - 4 febbraio 2018




Dal libro di Giobbe b 7, 1-4. 6-7
Giobbe parlò e disse: «L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il mercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi d’illusione e notti di affanno mi sono state assegnate. Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba. I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza. Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene».

Salmo 146 - Risanaci, Signore, Dio della vita.
È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro, +
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi  9, 16-19.22-23
Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.

Alleluia, alleluia alleluia.
Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco  1, 29-39
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato dalla lettera ai Corinzi il grido di Paolo: “guai a me se non annuncio il Vangelo!” L’Apostolo afferma un’esigenza divenuta realtà profonda della sua vita, fino a costituire la propria identità: egli è essenzialmente e principalmente l’annunciatore del Vangelo. Altrove, rivolgendosi a Timoteo, afferma l’esigenza di vivere anch’egli questa necessità, scrivendogli: “annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno” (2Tm 4,2).
Ma che vuol dire tutto ciò, non è una forma di fanatismo?
Cari fratelle care sorelle, in verità questa affermazione di Paolo rivela una realtà di cui spesso non abbiamo piena coscienza, e cioè che la nostra vita comunque, in ogni caso comunica un messaggio. Nelle nostre relazioni, nel nostro modo di comportarci, nel come agiamo e come parliamo è contenuto un messaggio che, sia che lo facciamo volontariamente, sia che avvenga inconsapevolmente, dice a tutti cosa conta veramente per noi. Tutti siamo in fondo predicatori di qualcosa e annunciamo con le nostre scelte quello che per noi è lo scopo per il quale vale la pena spendere la ricchezza più preziosa che abbiamo: la nostra vita.
È una grande responsabilità, perché non è senza peso il “messaggio” della nostra vita. Esso rafforza un sentire comune che definisce la realtà, indirizza gli orientamenti della società, contribuisce a costruire la storia del nostro tempo. Nessuno è ininfluente e senza importanza! Anche chi pensa di non avere nessun messaggio da comunicare, non prende posizione e lascia correre, rafforza il “messaggio” prevalente e lo fa suo.
Paolo con la sua affermazione: “guai a me se non annuncio il Vangelo!” vuole dire proprio questo: il mio messaggio è il Vangelo di Gesù, esso è ciò che più conta e vale per me.
Per essere come Paolo annunciatori del Vangelo bisogna dunque innanzitutto far sì che la nostra vita ne sia imbevuta, che il nostro agire e parlare cioè lascino trasparire quella volontà di bene che Gesù è venuto a comunicarci come una buona notizia. Ciò non significa che dobbiamo parlare solo di religione o frequentare solo ambienti religiosi. Assolutamente no, anzi. Qualunque cosa diciamo o qualunque cosa facciamo, ovunque ci troviamo, se abbiamo accolto e fatto nostro il Vangelo di Gesù esso parlerà in noi e tramite noi. Esso trabocca come da un vaso pieno e si spande come un profumo buono che non può essere trattenuto e riempie l’ambiente in cui siamo, e non solo la profumeria.
Da cosa si riconosce l’uomo e la donna che hanno accolto e vivono il Vangelo?
Paolo ne tratteggia la fisionomia quando afferma: “pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno.” Paoli rivendica di essere libero, nessuno lo obbliga, ma proprio per vivere questa libertà non come la schiavitù del proprio capriccio passeggero ha scelto di fare lo scopo della propria vita essere come un servo, cioè utile agli altri. Da questo si riconosce il discepolo del Vangelo: quando incontra qualcuno la domanda che si pone è: “Cosa posso fare per lui, per il suo bene?” e non “come posso trarre vantaggio da lui, cosa ci guadagno?” Questo atteggiamento ci fa entrare nella vita degli altri con rispetto e umiltà, ma anche come una persona autorevole e importante, perché possiamo giocare un ruolo significativo di comunicatori dell’aiuto, della liberazione, della consolazione, della guarigione, ecc… che Gesù, anche tramite noi, vuole far giungere a tutti.
Farsi “debole con i deboli” e “tutto a tutti” significa dunque questa profonda identificazione con la storia e il bisogno di ciascuno, che diventa così anche la mia storia e il mio bisogno, affinché essi possano entrare il dialogo col Signore che salva.
Il Vangelo di Marco ci fa vedere Gesù vivere lui per primo questo atteggiamento. La sua predicazione non è una sapienza calata dall’alto ed estranea alla vita di chi la riceve. Essa diventa guarigione per chi è malato, liberazione dal demonio per l’indemoniato, perdono per il peccatore, consolazione per chi è affranto dal dolore, invito alla generosità per chi è ricco, perché Gesù stesso si è fatto malato, indemoniato, peccatore, affranto e ricco, ha rivelato cioè la sua umanità piena nella quale ciascuno può riconoscersi, nel momento stesso in cui offriva la sua salvezza dal male che voleva imprigionarla.
Il brano del Vangelo si conclude con Gesù che, appena compiute le opere del Vangelo che annunciano la salvezza, parte per recarsi in altri villaggi e incontrare altra gente. Sì, il Signore non cerca successo e riconoscimenti, non vuole godersi la buona fama appena guadagnatasi, lo spinge invece piuttosto l’ansia di raggiungere tutti e permettere a tutti di ascoltare e sperimentare l’efficacia salvifica della sua Parola. Anche noi facciamo nostra questa ansia, l’ansia di Gesù e di Paolo perché chiunque ci incontri trovi la sua via per incontrare il Signore anche con l’aiuto delle nostre parole e della testimonianza di una vita che parla di Vangelo.

Preghiere 

O Signore ti preghiamo oggi per tutti noi, perché impariamo a mettere la nostra vita al servizio del Vangelo per costruire un futuro per tutti,
Noi ti preghiamo


Perdona o Signore l’egoismo con cui spesso viviamo, cercando solo il nostro personale vantaggio. Aiutaci a vivere con un orizzonte più largo, dove ci sia posto per il bisogno di tanti,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore per questa nostra città, perché viva una nuova stagione libera dall’incertezza e dal vuoto di prospettive ed impari ad essere un luogo accogliente e solidale con tutti, a partire dai più deboli.
Noi ti preghiamo


Proteggi o Signore tutti quei poveri che non trovano un riparo nelle nostre città, affannate dalla ricerca del proprio benessere. Apri i cuori perché si allarghino all’amicizia con chi è nel bisogno, 
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore per i Paesi in cui infuria la guerra. Dona pace e salvezza dove oggi si impongono morte e violenza.
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio tutti quelli che fuggono da miseria e violenza per cercare altrove pace e sicurezza. Ti preghiamo per i migranti che affrontano viaggi pericolosi, per chi è vittima del traffico delle mafie, per chi muore in mare,
Noi ti preghiamo.


Guida e sostieni o Dio Padre onnipotente tutti coloro che annunciano il Vangelo e conquistano, giorno per giorno, spazio al tuo amore misericordioso. Fa’ che presto tutti gli uomini della terra ti conoscano e possano invocare il tuo nome,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore che la tua Chiesa sia sempre più il luogo in cui la presenza del tuo amore diventa buona notizia per tanti. Indica a ciascuno di noi la via per restarti più vicini,
Noi ti preghiamo


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