giovedì 9 maggio 2019

IV domenica del tempo di Pasqua - Anno C - 12 maggio 2019





Dagli Atti degli Apostoli 13, 14. 43-52
In quei giorni, Paolo e Barnaba, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiochia in Presidia, e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. Molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Barnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Barnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”». Nell’udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Iconio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.

Salmo 99 - Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo 7, 9. 14-17
Io, Giovanni, vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E uno degli anziani disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 10, 27-30
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, le letture che abbiamo appena ascoltato convergono tutte e tre su di un tema comune che è il “dono della vita eterna”. Ne parla il brano degli Atti nel quale viene descritta la predicazione degli Apostoli ad Antiochia, e le difficoltà incontrate, e a questo proposito si dice: “tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero.” Poi, nella seconda lettura, dall’Apocalisse di S. Giovanni, si descrive la visione di una moltitudine in vesti bianche, dei quali viene detto: “Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.” Infine nel Vangelo di Giovanni Gesù parla di sé come il buon pastore: “Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Gli Atti parlano dunque di un “destino di vita eterna” per coloro che credono al Vangelo. Ma cosa vuol dire vita eterna? La vita dell’uomo, lo sappiamo, ha una durata limitata, e questo è naturale, e spesso gli uomini sono stati ossessionati dal desiderio di rendere duraturo il ricordo del proprio passaggio attraverso azioni straordinarie, nell’aspirazione di rendere eterna la propria memoria. A volte questo sforzo ha avuto un risultato riuscito, altre volte è stato illusorio. Ci si è affidati a realizzazioni grandiose e straordinarie, se non, addirittura, a volte, purtroppo, ad eventi drammatici. Ma è a questo che si riferisce il libro degli Atti?
La vita eterna di cui ci parla Luca è qualcosa di diverso dalla gloria eterna cercata dagli uomini. Innanzitutto non è qualcosa di riservato a personaggi eccezionali di cui resta traccia nella storia ufficiale, ma piuttosto è comune, dicono gli Atti, a tutti quanti credono nel Signore, cioè si fidano del suo Vangelo, in modo particolare di quell’annuncio della resurrezione che proclama la vittoria della vita sulla morte. È questo che permette a ciascuno di acquisire una prospettiva di vita che non si esaurisce nel breve volgere di una piccola esistenza ma da’ avvio a un processo lungo e duraturo nel tempo, perché si fonda sulla forza del voler bene. Questa, se è autentica, è l’unica che non conosce erosione e usura, e non solo si mantiene efficace nella lunghezza del tempo, ma suscita a catena reazioni di amore che ne ampliano la portata. Tanto che questa “ondata” suscitata supera persino la barriera della morte e straripa in un tempo futuro nel quale, confluendo nel mare infinito dell’amore di Dio, essa è preservata e resa eterna.
È quello che afferma papa Francesco quando dice che lo scopo della vita cristiana non è tanto quello di conquistare degli spazi alla fede e impossessarsene difendendoli strenuamente, quanto piuttosto di avviare processi di realizzazione del bene che aprono prospettive future che magari non subito producono i frutti sperati, ma ne pongono le radici e si tramandano alle generazioni future. È quello che anche un altro papa santo, Giovanni XXIII, intendeva quando parlava di  segni dei tempi da imparare a leggere nella storia, come le correnti profonde dello Spirito che animano la storia e ne determinano il corso, alimentate anche dall’amore dei cristiani che le “abitano”.
Il brano dell’Apocalisse aggiunge un altro elemento a questa nostra riflessione, e cioè che a questa vita eterna si giunge sotto la guida di un pastore che porta alle fonti di acqua buona. Sì, c’è bisogno di sottomettersi alla guida del Signore per giungere all’acqua che disseta l’aspirazione, cui facevo cenno all’inizio, di immortalità dissetando con un “destino di vita eterna”. Solo lui infatti ci può condurre ad apprendere quel modo di voler bene disinteressato e paziente, non smanioso di risultati immediati, ma tenace e intenso che disseta l’arsura di amore altrimenti mai spenta dai pallidi surrogati del mondo. Spesso, ci ricorda l’Apocalisse ma anche il libro degli Atti, il cammino verso questa fonte è piena di ostacoli e faticosa, e per questo bisogna combattere contro le tentazioni della ricerca di comodità, del conformismo e dell’abitudine, della sottomissione al volere della mentalità mondana, imparando ad avere presente il traguardo più che fissarci sul percorso.
Infine, l’evangelista Giovanni aggiunge che la sequela delle pecore al loro pastore è dovuta al fatto che lui le conosce, ed anche esse lo conoscono. Per esprimere ciò l’apostolo usa lo stesso verbo che Maria aveva usato al momento dell’annunciazione della nascita di Gesù: “Non conosco nessun uomo.” La conoscenza di cui parla Giovanni pertanto non è intellettuale e astratta, o l’abitudine a qualcuno che ci fa credere di conoscerlo per una lunga frequenza. No, conoscere vuol dire entrare in un rapporto di intimità profonda che ci rende fertili e capaci di portare alla luce nuova vita. È questo il rapporto che Gesù, buon pastore, vuole avere con ciascuno di noi, conoscerci e farsi conoscere perché possiamo divenire, da sterili, a fecondi di un voler bene che non finisce e apre un processo che non conosce fine né si lascia imbrigliare da argini e barriere. L’amore dei cristiani è così, capace di travolgere gli ostacoli, di sommergere ogni persona che incontra e di trascinarla in una corrente di amore verso il Signore, unico vero e buon pastore della vita degli uomini.
Sia dunque questa la nostra aspirazione in questo tempo dopo Pasqua, ad una vita cioè capace di suscitare una ondata di amore che non si esaurisce ma, andando avanti aumenta e travolge tutto.

Preghiere
  
O Signore, ti ringraziamo perché torni ad annunciarci la resurrezione di Cristo, potente forza di cambiamento della vita e di salvezza per l’umanità. Aiutaci ad accoglierla nella nostra vita con fede e disponibilità.
Noi ti preghiamo


O Dio fa’ che crediamo con convinzione che la resurrezione possa cambiare la vita del mondo, abbattendo le montagne di male che tengono in schiavitù troppi uomini. Dona loro la salvezza che libera e dona a tutti la vita che non finisce.
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Signore, per chi è oppresso dal male che schiaccia e umilia tanti uomini. Salva chi è vittima della violenza e della guerra, i malati, i poveri, i disprezzati, i prigionieri, fa’ che tutti trovino salvezza.
Noi ti preghiamo


Dona o Signore a tutti i tuoi discepoli il coraggio e l’audacia della fede. Perché la loro testimonianza di una vita rinnovata dal vangelo comunichi a tanti la forza della resurrezione.
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore che siamo liberati dai vincoli del peccato che ci tengono in schiavitù. Aiutaci a chiederti il perdono che riconcilia i fratelli e le sorelle fra loro e con Dio,
Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio del cielo di consolare tutti coloro che affrontano un viaggio difficile e pericoloso per fuggire da guerre e miseria. Fa’ che trovino accoglienza e aiuto dove la paura fa erigere muri. Aiuta l’Europa ad essere porto accogliente e sicuro per tanti disperati,
Noi ti preghiamo.


Guarda con amore o Dio questa città. Aiuta tutti i suoi abitanti a vivere con senso umano e solidale l’accoglienza a chi è straniero e senza casa. Fa’ che nessuno sia escluso e viva nell’incertezza per il domani.
Noi ti preghiamo


Sostieni o Padre di misericordia il papa Francesco e tutti coloro che guidano le comunità di credenti nel mondo. Dona loro la capacità di indicare nel vangelo la risposta alle grandi domande di senso e di futuro delle società di oggi.
Noi ti preghiamo


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