venerdì 23 agosto 2019

XXI domenica del tempo ordinario - Anno C - 25 agosto 2019





Dal libro del profeta Isaia 66, 18-21
Così dice il Signore: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti levìti, dice il Signore».

Salmo 116 - Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.

Dalla lettera degli Ebrei 12, 5-7.11-13
Fratelli, avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio». È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore;
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia, alleluia alleluia

Dal vangelo secondo Luca 13, 22-30
In quel tempo Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Commento



Il brano del Vangelo appena ascoltato si apre con una domanda: “Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?»   

È un interrogativo strano, perché quel tale non chiede “come” ci si possa salvare, ma “quanti” si salvano, tradendo o un fastidio per una grazia troppo larga, donata con abbondanza, con quella libertà che Gesù aveva dimostrato poco prima con la guarigione fatta in giorno di sabato, o la paura per un eccessivo rigore del giudizio di Dio. Cioè vuole chiarezza sul “quanto” dell’amore di Dio.

Gesù non soddisfa quella curiosità, perché per Dio il “quanto” dell’amore non ha limiti: la perdita anche di uno solo per lui è già “troppo”, e non ci sono pochi o molti per una salvezza che lui vuole che sia per tutti. Gesù con la sua risposta sposta invece l’attenzione sul “come” Dio salva.

L’ingresso al Regno è definito da Gesù una “porta stretta”, e questo a prima vista sembrerebbe confermare che pochi possono entrarvi, per usare il criterio di chi gli aveva posto la domanda. Ma poi Gesù più oltre aggiunge che, riprendendo l’immagine di Isaia che abbiamo ascoltato nella prima lettura, “verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.” Cioè, con questa seconda affermazione dice che il Regno è fatto per accogliere tanti, provenienti da ovunque senza distinzioni, non è un luogo “per i pochi” eletti di Israele, ma per tutte le genti, con un allargamento di prospettiva inimmaginabile per un giudeo del tempo. Quella porta allora è stretta non per impedire l’ingresso a qualcuno, ma perché è la porta dell’incontro, che si fa sempre uno ad uno. Non si entra nel Regno in gruppo, confusi nella massa, perché non si incontra Dio nella folla, anonimi. Solo l’amicizia personale con Dio, costruita nel tempo, ci rende ospiti graditi del banchetto del Regno, come afferma quel padrone di casa a chi vuole entrare, ma gli è sconosciuto. Possiamo immaginare che sulla soglia di quella porta stretta il Signore accolga ciascuno con un abbraccio, riconoscendolo e chiamandolo per nome. Anzi lui stesso è la porta dell’ovile nel quale Gesù, pastore buono, raduna le sue pecore chiamandole ognuna per nome, perché appunto: “io sono la porta delle pecore. … se uno entra attraverso di me, sarà salvato; … conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (Gv 10).

Ma come si fa a “conoscere” e “farsi conoscere” da Dio, ad essere suoi amici, a farsi chiamare da lui per nome mentre si passa per quella porta stretta? Gesù nel respingere quelli che non si sono fatti conoscere da lui dice: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!” Eppure quelle persone non sembra che abbiano compiuto chissà quali delitti, affermano infatti di aver udito i suoi insegnamenti (“tu hai insegnato nelle nostre piazze”), e addirittura di aver mangiato con lui, ma la loro appartenenza è data per scontata, come qualcosa di acquisito una volta per sempre. Gesù, nonostante la loro pretesa di conoscerlo abbastanza, identifica la loro distanza da lui per fatto che non hanno imparato da lui la giustizia, ma applicano quella del mondo. Poco prima infatti, nel brano immediatamente precedente, Luca presenta una guarigione operata da Gesù in giorno di sabato. Questo fatto suscita nei spettatori più osservanti una reazione scandalizzata: perché quella persona si è presentata da Gesù proprio di sabato, quando sa che è vietato? E implicitamente condannano anche Gesù perché ha operato una guarigione proprio nel giorno in cui il riposo sabbatico glielo avrebbe impedito. A prima vista quei critici sono nel giusto: essi applicano la legge con scrupolo. Ma il Signore con quella guarigione non ha infranto il sabato, perché non ha compiuto un “lavoro” ma ha reso concretamente presente l’amore di Dio fra gli uomini, realizzando il vero Sabato, cioè l’incontro dell’uomo col Padre e il godimento della sua creazione restaurata come egli la vuole, cioè risanata dal suo amore.

Allora c’è una giustizia degli uomini, scrupolosa osservanza formale, e una giustizia di Dio, che è il prevalere sempre e comunque della sua misericordia. Da questo sgorga quel giudizio: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!

Paradossalmente, infatti, proprio quelli che si sentono nel giusto perché osservanti e irreprensibili, sono quelli che conoscono meno Dio, perché non ne hanno bisogno, non lo invocano e non hanno necessità di ascoltarlo e invocarne il perdono, mentre chi sa di essere un povero peccatore che non sa come farcela con le sole proprie forze invoca più di tutti Dio, fa ricorso a lui per trovare la via della salvezza dalla propria debolezza e incapacità ad amare. Ecco allora il senso di quell’osservazione: “vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi.” Il giudizio di Dio guarda nel profondo e non si accontenta della superficialità della giustizia degli uomini, vera ingiustizia ai suoi occhi.

La stessa cosa spesso capita anche a noi, la vera giustizia di Dio si realizza quando le sue parole passano dentro la nostra vita, lasciando un segno indelebile, incidendo in profondità sul nostro modo concreto di agire e pensare, fino a vivere il suo stesso amore senza vincoli né limiti. Cari fratelli e care sorelle, prepariamoci da subito ad entrare per la porta stretta di un rapporto intimo con Dio, abituiamoci ad assomigliargli almeno un po’, così da essere riconosciuti da lui, facendoci plasmare dentro dal Vangelo, quelle parole così vere e umane, capaci di trasformare delle persone apparentemente sane e già a posto, in uomini e donne bisognosi di essere guariti e salvati da Lui.

Preghiere 
 


O Signore Dio nostro, aiutaci a non sfuggire dall’incontro con te, dando per scontato di conoscerti. Fa’ invece che ascoltiamo le tue parole e seguiamo il tuo esempio,
Noi ti preghiamo


Plasma o Dio il nostro cuore, perché tu ci riconosca come tuoi figli e discepoli. Fa’ che la porta stretta dell’amore speciale con cui ci vuoi bene si apra per accoglierci nella tua infinita misericordia,
Noi ti preghiamo



Ti preghiamo o Dio per quanti non ti conoscono, anche se pensano di sapere già chi sei e cosa vuoi da loro. Aiutali ad ascoltare con umiltà il vangelo e a farlo scendere dentro di sé perché trasformi le loro vite,
Noi ti preghiamo


Aiuta o Dio tutti quelli che ti invocano, affidandosi a te. In modo particolare per quanti sono oppressi dalla violenza della guerra e del terrorismo. Mostra loro il tuo volto che salva e dona pace,
Noi ti preghiamo



Guida i tuoi figli ovunque dispersi sui sentieri del Vangelo o Dio nostro Padre, perché uniformando ad esso il proprio agire portino pace e riconciliazione dove oggi c’è odio e contesa,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Signore i tuoi figli, specialmente quelli che sono nel dolore e nella difficoltà. Guarda ad ognuno con il tuo volto misericordioso, perdona e guarisci ciascuno,
Noi ti preghiamo.



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