Dal libro del Profeta Isaia 11,1-10
Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e d'intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua bocca,
con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio.
La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.
Il lupo dimorerà insieme con l'agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.
La mucca e l'orsa pascoleranno insieme;
i loro piccoli si sdraieranno insieme.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;
il bambino metterà la mano nel covo del serpente
velenoso.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la terra
come le acque ricoprono il mare.
In quel giorno avverrà
che la radice di Iesse sarà un vessillo per i
popoli.
Le nazioni la cercheranno con ansia.
La sua dimora sarà gloriosa.
Cari fratelli e care sorelle,
domenica scorsa abbiamo celebrato la Pentecoste, quando lo Spirito Santo fu
effuso clamorosamente sui discepoli riuniti a Gerusalemme.
La Pentecoste segue di 50 giorni
la celebrazione della Resurrezione del Signore. Questo tempo intermedio è un tempo
dello stupore, della gioia incontenibile per la realtà che ci è stata
comunicata a Pasqua e che costituisce qualcosa di veramente incredibile e
stupefacente. Non siamo più sottomessi alla forza del male, ci è data una via
di fuga dal naturale corso degli eventi come si presentano ordinariamente, con
il prevalere naturale della morte sulla vita e del male sul bene. Se ci
crediamo veramente restiamo spiazzati da qualcosa che non ci aspettiamo e che
fatichiamo a credere vera. Per questo ci sono 50 giorni: per far scendere lo
stupore in profondità nel nostro cuore, per non annebbiarlo subito nella
scontatezza!
L’annuncio di Pasqua quest’anno
ci è giunto nel bel mezzo della pandemia e della quarantena che ci ha chiuso in
casa, isolato, privato della possibilità di celebrare la Settimana Santa. Che
contraddizione: l’annuncio della vittoria sulla morte ci è giunto mentre
constatavamo e in qualche modo sancivamo col nostro modo di vivere la forza dirompente
e soverchiante della morte. Tutto parlava di malattia e morte, di solitudine,
di paura. Che ha significato la Pasqua in questo clima?
Abbiamo rischiato di vivere
l’annuncio della Resurrezione come qualcosa da mettere fra parentesi, sottotono
in un tempo nel quale si addiceva poco gioire. Io credo fratelli e sorelle che
dobbiamo chiederci onestamente, sinceramente cosa ha significato la Pasqua
quest’anno per noi.
La festa di Pentecoste, dopo il
tempo dello stupore della Pasqua, viene a consolidare la novità della vittoria di
Gesù sul male facendone una forma permanente del nostro vivere. Il dono dello
Spirito infatti ha effetti permanenti. Certo, nella vita di fede nulla è
acquisito definitivamente, c’è sempre bisogno di tornare al Signore per
ricevere da lui la “forma” del nostro vivere, ma se a Pentecoste accogliamo il
dono dello Spirito qualcosa cambia in noi in modo duraturo.
Oggi allora ci è data, per così
dire, una seconda possibilità: se a Pasqua la cupezza del mondo ha prevalso nel
nostro cuore, oggi possiamo inaugurare l’inizio di un tempo nuovo sotto il
segno della Resurrezione. La pandemia infatti ha inciso sul nostro cuore
abituandoci a pensare impossibili tante cose, fino a constatare che, in fondo,
potevamo benissimo farne a meno!
Cari amici, come è facile abituarsi al male e constatare che in fondo
non è poi così terribile: se lo fanno tutti, se ce lo consiglia persino la
televisione, e poi se in me non cambia così tanto, perché rifiutarlo e
combatterlo?
La Pentecoste allora quest’anno
ha un sapore forse speciale, ci viene a dire che no, non è normale che il male
vinca e decida, che imponga il suo dominio assoluto, che ci si può ribellare e
sconfiggerlo con una scelta decisa e convinta per il bene. Non tutto è
impossibile, e non lo era nemmeno durante i momenti più duri della pandemia.
Nel brano di Isaia ascoltato
abbiamo sentito l’annuncio dei doni dello Spirito. Essi sono molteplici, come
diverse sono le persone, ma hanno un effetto comune e cioè rendono possibile
sognare: “Non giudicherà secondo le
apparenze e
non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.
… Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. … Non agiranno più
iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio
santo monte, perché la conoscenza del Signore
riempirà la terra come le acque ricoprono il
mare.”
Isaia descrive un sogno? Sì, ma è la realtà che lo Spirito ci
permette di desiderare e di realizzare, un mondo trasformato da uomini animati
dalla forza della resurrezione. Sia allora per noi questa Pentecoste
l’occasione per uscire non solo dalle case e dai confini regionali, ma soprattutto
da un senso di impossibilità e di rassegnazione e dalla caduta del senso di
responsabilità nei confronti degli altri, specialmente dei più poveri. “Cristo
è risorto, veramente è risorto!”: nella tradizione orientale lo di proclama
alla fine di ogni preghiera e liturgia nel tempo di Pasqua fino a Pentecoste,
perché poi da ora in poi non lo diciamo con le labbra ma con la nostra vita di
figli della resurrezione.
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