sabato 1 maggio 2021

IV domenica del tempo di Pasqua - Anno B - 25 aprile 2021

 



Dagli Atti degli Apostoli 4, 8-12

In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

 

Salmo 117 - Benedetto colui che viene nel nome del Signore

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.


È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.


La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.

 

Dalla prima lettera di san Giovanni Apostolo 1Gv 3,1-2

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Giovanni 10, 11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, le parole di Gesù che abbiamo appena ascoltate fanno parte di una lunga serie di discorsi che egli pronunciò a Gerusalemme, nelle strade e nel cortile del tempio, davanti alla folla e a gruppi di sapienti ebrei conoscitori della legge, tutti incuriositi da quella predicazione inconsueta e innovativa. Le reazioni sono molto diverse: “Molti credettero in lui”, ci dive l’evangelista Giovanni (Gv 8,30), ma ci fu anche chi rifiutò decisamente il suo insegnamento, tanto da scacciarlo col lancio di pietre (Gv 8,59).

Il Vangelo è divisivo, mette in risalto le differenze, non cerca di mettere insieme tutti con un facile irenismo. Ma ciò accade non perché Gesù cerchi lo scontro con qualcuno, ma perché non nasconde la verità di un messaggio esigente e contestatore di tanta parte del normale pensiero del mondo. Eppure in queste settimane Gesù ci si è ripetutamente presentato come colui che porta la pace. Lo dice ai discepoli quando compare a loro in più occasioni: “Pace a voi”. Nel vangelo di Giovanni egli aggiunge a questo dono della pace l’invito: “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20,21), cioè li esorta a farsi anche loro portatori della sua pace a tutti.

Gesù aveva già detto ai dodici: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14,27), chiarendo bene che la pace che lui ci dona non è quella del mondo.

La pace del mondo infatti è essenzialmente la mia pace, cioè una situazione in cui io posso starmene tranquillo e sicuro, indipendentemente da ciò che accade attorno a me. Questo tipo di pace si ottiene costruendosi una forte difesa, un “muro di cinta” robusto che divide il mio ambito da quello degli altri, le mie cose, i miei interessi, ecc… Possiamo definirla una “pace armata”, cioè ottenuta a costo di lotte e comunque mantenuta tenendo alta la guardia in difesa degli spazi personali, perché non vengano invasi da ciò che ci può disturbare. Per questo Gesù la giudica una “falsa pace” perché mantiene al suo interno la paura di perdere qualcosa e la necessità di difendersi dagli altri.

La pace vera invece, quella che Gesù ci da, è quella che viene descritta dal brano ascoltato oggi. Essa cioè proviene dal fare parte di un gregge del quale Gesù stesso è pastore, anzi: “Il buon pastore che dà la propria vita per le pecore. Nella cultura agricola del tempo di Gesù questo era un esempio ben chiaro. Molti di quelli che lo ascoltavano vivevano di ciò che ricavavano dal loro gregge o dai campi, e sapevano bene che le pecore, ognuna di esse, era preziosa per la sopravvivenza di sé e della propria famiglia. Chi ne aveva molte, e molti campi, invece, aveva necessità di avere dei dipendenti che curassero le pecore, e per questi era molto diverso: vivevano del loro salario e non delle pecore stesse. Gesù sottolinea che lui si prende cura di ogni uomo come fa il pastore con le sue pecore, e non come uno che lavora a giornata per le pecore di un altro.

Questo fa la grande differenza: Gesù non fa mancare ciò che serve loro, le guida, le protegge e le cura una ad una, perché lo lega ad esse un vincolo stretto, potremmo dire che dipende da loro. Sì, Dio accetta di farsi servo, cioè di dipendere da ciascuno di noi, e di affrontare tutto, persino la morte, per il nostro bene.

Per questo possiamo fidarci di lui, ci dice Gesù, perché è un “buon pastore”, cioè uno che si occupa del bene delle pecore, e non un “mercenario”, cioè uno che si preoccupa del proprio guadagno.

Se capiamo questo e viviamo come pecore del suo gregge vivremo la vera pace, senza cioè la paura di perdere qualcosa e senza bisogno di difenderci dagli altri.

È quello che esprime molto bene San Paolo nella lettera ai Romani: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Rm 8,35-39)

Care sorelle e cari fratelli, ecco la pace che Gesù dona ai suoi discepoli tornando dopo la resurrezione, ecco la pace che attraverso il suo Santo Spirito dona a ciascuno di noi, ecco la pace che ci chiede di comunicare a tutti: disarmata, serena, senza sbarramenti e difese, fiduciosa in Lui.

Proprio perché non è la “mia” pace, ma la pace di tutti, essa non ci lascia però tranquilli finché essa non abbia raggiunto tutti. Vivere nella pace del Signore infatti non è distacco dal resto del mondo o indifferenza all’altrui mancanza di pace. Possiamo dire che la mia pace la trovo nel lottare perché la vera pace sia proprio di tutti, perché cioè tutti possano entrare in quel gregge, sentirsene parte e godere della bellezza di essere serviti da un pastore così buono. È questa la prospettiva nella quale questa Pasqua vuole introdurci. In un tempo nel quale è facile farsi rinchiudere nelle ristrettezze della difesa del mio benessere individuale e restare bloccati dalla paura di perderlo Gesù ci indica la prospettiva ampia di una pace per tutti: “ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.” È un progetto ambizioso e lungimirante al quale Gesù oggi ci chiama per poter vivere una pace vera, la sua pace.

  

Preghiere 

 

Signore, ti preghiamo, aiutaci a vivere secondo gl’insegnamenti del Vangelo. Insegnaci ad essere pecore del tuo gregge, pronti a seguire la voce del pastore buono che ci guida

Noi ti preghiamo

  

O Gesù che raduni l’umanità intera in un’unica famiglia e la conduci al sicuro, aiutaci a non sentirci estranei da essa, isolati nell’orgoglio dell’autosufficienza e dell’individualismo.

Noi ti preghiamo

 

Ti ringraziamo o Signore perché la domenica ci raduni per essere fisicamente vicini fra noi e attorno alla tua presenza che ci unisce in un unico gregge. Fa’ che non disdegniamo l’invito a seguirti come pecore docili,

Noi ti preghiamo

  

O Signore che hai dato la vita per il tuo gregge e che conosci una ad una le tue pecore, resta vicino a ciascun uomo e donna perché chiamati da te per nome entrino a far parte dell’unica grande famiglia dei figli di Dio,

Noi ti preghiamo

  

Ti vogliamo ringraziare oggi, o Signore, per il dono di essere protetti e guidati da te. Fa’ che ognuno incontri in te il compagno fedele della propria vita a cui affidarsi fiduciosi,

Noi ti preghiamo

  

O Dio proteggi quanti hanno particolare bisogno del tuo sostegno: i malati, i poveri, gli stranieri, chi è debole e nel dolore. Salvali dal male,

Noi ti preghiamo.

 

 O Padre ispira il nostro papa Francesco perché guidi la Chiesa sulle vie del mondo ad annunciare con audacia a tutti gli uomini la misericordia e l’amore del tuo Figlio risorto,

Noi ti preghiamo

  

O Signore insegnaci ad amarci l’uno con l’altro nei momenti difficili, testimoniando con le parole e con la vita il vangelo di pace e fraternità che abbiamo ricevuto.

Noi ti preghiamo

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