martedì 6 luglio 2021

XIV domenica del tempo ordinario - Anno B - 4 luglio 2021

 




Dal libro del profeta Ezechiele 2, 2-5

In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genia di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro».

 

Salmo 122 - -I nostri occhi sono rivolti al Signore.

A te alzo i miei occhi,
a te che siedi nei cieli.
Ecco, come gli occhi dei servi
alla mano dei loro padroni.

 

Come gli occhi di una schiava
alla mano della sua padrona,
così i nostri occhi al Signore nostro Dio,
finché abbia pietà di noi.

 

Pietà di noi, Signore, pietà di noi,
siamo già troppo sazi di disprezzo,
troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti,
del disprezzo dei superbi.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12, 7-10

Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo Spirito del Signore è su di me:
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 6, 1-6

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci parla dello stupore, e ne presenta due aspetti diversi. Dapprima infatti espone l’atteggiamento stupito dei familiari e compaesani di Gesù davanti alle sue parole e ai segni che compie, e poi, al termine, lo stupore di Gesù davanti alla reazione incredula e diffidente di quelle stesse persone.

I compaesani di Gesù si stupiscono dell’insegnamento che lui espone alla gente radunata nella sinagoga, che probabilmente lo ha visto fin da bambino partecipare alla preghiera, ma il loro meravigliarsi è pieno di fastidio perché il suo pensiero e agire si discosta dalla tradizione del villaggio, dal modo di pensare condiviso da tutti.

È la reazione di fastidio per la novità del Vangelo che istintivamente coglie la gente e che spesso accompagna la sua predicazione. Anche noi a volte infatti ci stupiamo di un vangelo che si discosta così paradossalmente dal buon senso e da ciò che è scontato. Il Vangelo infatti non è mai una benedizione acquiescente del già esistente, né tantomeno un aggiustamento di compromesso, e davanti alla realtà esso si pone sempre come un segno di contraddizione e una domanda di cambiamento, e questo suscita stupore.

Ma poi quello stupore diventa fastidio per la pigrizia spirituale del conservatorismo; i compaesani di Gesù non riconoscono più quel figlio della loro terra, e non si riconoscono più nelle sue parole e comportamenti, ma questo è sempre vero per chi ascolta il Vangelo. Esso infatti non è lo specchio che riflette il mondo, la realtà così come è, ma piuttosto è come una lente che cambia la visuale, fa mettere a fuoco tanti dettagli che nella confusione sfuggono e restituisce la visione vera della realtà non più sfocata o deformata dal nostro individualismo egocentrico.

Questa immagine del mondo osservato attraverso la lente del vangelo è più vera di quella che noi sappiamo avere da noi stessi, perché è come Dio lo vede e come lo vorrebbe: migliore, abitato da gente più misericordiosa e umana, meno aspra ed egoista, ecc… Davanti a questa immagine però che il Vangelo ci offre del mondo reagiamo stupiti e infastiditi, non la riconosciamo, fino a rifiutarla.

Davanti a questo rifiuto anche Gesù si stupisce: “si meravigliava della loro incredulità.” È la meraviglia piena di tristezza davanti al rifiuto orgoglioso di chi non sa che farsene della salvezza che Gesù è venuto a portare. Sì, quella gente crede di sapere già di cosa ha bisogno, come va la vita e cosa desiderare. Ha la certezza delle proprie idee e convinzioni. Perché dovrebbe accettare un vangelo nuovo, quando ne ha uno che gli si adatta a pennello? Perché cambiare, quando la realtà così come è li soddisfa? A che scopo cambiare idea se si è convinti di sé? Eppure le prime parole della predicazione di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo” hanno messo bene in chiaro che proprio il cambiare modo di vedere e pensare è la prima cosa che Gesù propone e chiede.

Il Signore è stupito davanti a tanta durezza e diffidenza, proprio da parte di coloro che per la familiarità che avevano con lui da lungo tempo avrebbero dovuto fidarsi e lasciarsi toccare dalle sue parole. Ma non basta la familiarità, dice Gesù: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” Spesso anche per noi la familiarità con Gesù, col Vangelo e con le cose della fede ci portano a prenderle come conoscenze scontate che ormai non ci chiedono più di cambiare prospettiva e comportamento. Piuttosto le adattiamo perché assomiglino a noi, senza sforzarci invece di essere noi ad assomigliare a loro.

L’Apostolo Paolo nella seconda lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato riprende questo tema e fa un’affermazione che risuona paradossale: la debolezza è la sua vera forza. È il paradosso della fede cristiana: Gesù fatto uomo, umiliatosi cioè fino a perdere le prerogative divine, fino a farsi uccidere in croce, è salvezza del mondo, lui che non ha saputo nemmeno salvare se stesso! E la debolezza della carne, a cui Paolo fa cenno, lo rende più vulnerabile al vangelo, meno sicuro di sé e forte delle proprie certezze.

L’apostolo parla di una “spina” che lo punge nella carne e costituisce una memoria costante della sua debolezza. Anche noi in questo tempo segnato così pesantemente dalla malattia abbiamo imparato a convivere con la “spina” della pandemia, cioè con il segno della debolezza a cui ciascuno di noi è soggetto. Questa “spina” deve costituire una spinta a farci forti di un potere più grande che la malattia non può intaccare, che è quello del voler bene, della solidarietà e della cura reciproca, a partire dai più deboli, e a farne il fondamento di un nuovo modo di vivere. Infatti non possiamo sperare che tutto torni come prima, sarebbe irresponsabile e ingiusto. Bisogna invece sperare che la morte e la malattia di tanti abbia un senso, nella direzione cioè della rifondazione di una società più “sana” e giusta nelle sue fondamenta.

Invece di essere affezionati a come siamo, lasciamoci attrarre dal volto bello, umano e misericordioso che Dio vuol farci scoprire specchiandoci nel suo Vangelo. Accostandoci con fiducia a Gesù, alle sue parole e ai segni che compie nella storia, scopriamo la bellezza di cambiare e di divenire più simili a lui. Paolo parla di una forza, frutto del riconoscerci poveri e bisognosi e riempiti per questo dalla grazia del Signore che non si fonda su quanto già è noto e scontato, ma sul desiderio di essere discepoli suoi e non di se stessi.

 

 

Preghiere  

 

O Signore ti ringraziamo perché ci insegni a non confidare nella forza e nella grandezza degli uomini, ma ci inviti a farci come te: umili servitori e fratelli generosi,

Noi ti preghiamo

 

 Aiutaci o Dio a non disprezzare la novità del vangelo e a non preferire ciò che già conosciamo e sappiamo della vita. Aiutaci a cercare per tutta la vita,di essere discepoli che seguono te, e non noi stessi,

Noi ti preghiamo

 

O Padre onnipotente ti preghiamo per tutti coloro che sono nel dolore e soffrono per la durezza della vita: per chi è anziano e malato, per i prigionieri e i senza casa, per chi è profugo in terra straniera: salva e consola tutti,

Noi ti preghiamo

 

Suscita in noi o Signore un cuore di carne, capace di compassione e misericordia, perché sappiamo restituire il tanto ricevuto con generosità e affetto,

Noi ti preghiamo

 


Proteggi e guida o Dio tutte le famiglie dei tuoi discepoli che ogni domenica si riuniscono attorno alla mensa della parola e dell’eucarestia, perché siano testimoni di un vangelo che dà vita e speranza,

Noi ti preghiamo

 

 

Sostieni o Signore Gesù chi è abbattuto e senza speranza, fa che l’incontro con te risorto sia per ciascuno occasione di conversione e ritorno a Dio,

Noi ti preghiamo.

 

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