lunedì 11 aprile 2022

Domenica delle Palme - Anno C - 10 aprile 2022

 

Ingresso di Gesù in Gerusalemme:

dal vangelo secondo Luca 19,28-40

 

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».

Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».

Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:

«Benedetto colui che viene,

il re, nel nome del Signore.

Pace in cielo

e gloria nel più alto dei cieli!».

Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

 

Dal libro del profeta Isaia 50,4-7

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.

 

Salmo 21 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, +
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2,6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Lode a te o Signore, re di eterna gloria

 

 

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca

Lc 22,14-23,56

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo aperto questa celebrazione con le parole del Vangelo di Luca che ci descrivono l’ingresso festoso di Gesù in Gerusalemme. Il Signore viene da fuori dalla città, infatti è originario di un piccolo villaggio, Nazareth, dove ha vissuto per 30 anni un’esistenza nascosta e anonima, e anche la sua predicazione si è svolta principalmente nelle zone periferiche rurali della Palestina.

Gesù non è un cittadino di Gerusalemme.

Eppure quella è la città santa per Israele. Il Tempio, le istituzioni religiose, la storia stessa del popolo eletto hanno individuato in quella città il fulcro delle fede di Israele. Eppure Gesù non è di casa a Gerusalemme, dal Vangelo si intuisce che nemmeno dorme in essa dopo il suo ingresso in città, ma nelle campagne subito fuori le mura, fra gli olivi dove si ritira con i suoi.

Il rapporto di Gesù con Gerusalemme è difficile. Sente quella città ostile, caoticamente estranea al suo messaggio, occupata in altri affari, politici, religiosi, cultuali, divisa dalla doppia appartenenza fra città occupata militarmente e governata dalla potenza ostile e pagana romana, e città organizzata e retta dalle autorità religiose e politiche del Tempio.

Eppure Gesù sente che proprio a quella città deve parlare, che lì deve entrare, tanto che, a chi lo sconsiglia benevolmente di andarci, risponde: “è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme” (Lc 13,33).

Anche il nostro mondo ci appare estraneo e ostile a Gesù, il re della pace. Lo è per i venti di guerra che soffiano impetuosi in tante parti del mondo. Non dobbiamo dimenticare infatti che, oltre all’Ucraina, le aree in cui ci sono conflitti e violenza diffusa sono attualmente oltre 26 nel mondo!

La guerra, il terrorismo, la violenza fra bande, gruppi etnici, mafie sfigurano il volto delle città del mondo e ne fanno luoghi di sofferenza e morte. Innanzitutto per quanti sono colpiti dalle armi, i feriti, i morti, i violentati, ma anche perché stravolgono le vite di quanti alimentano in sé, a causa dei conflitti, odio, rancore, desiderio di vendetta, egoismo e violenza, tanta violenza.

Così è anche Gerusalemme, e lo manifesta bene nella furia omicida contro Gesù che anima le folle nelle ore buie della sua passione, ma anche lo manifestano le città moderne occidentali e ricche, gonfie di sacche di odi e di rancori, percorse da correnti di intolleranza per chi è povero, straniero, dure e fredde con chi è senza casa, fragile, solo.

Per questo Gesù vuole entrare in Gerusalemme! Perché sa che è in quella città, nelle nostre città che si annida il virus della divisione e del male che tanti danni provoca al tessuto della convivenza pacifica e, tante volte, prepara il terreno ai conflitti e alle violenze.

Ed infatti Gesù, appena fatto il suo ingresso in Gerusalemme, si ferma a piangere su di essa. Lo descrive Luca: “Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». (19, 41-44)

Le parole di Gesù sembrano descrivere le scene di guerra che ormai siamo abituati a vedere sui media: “i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra.” Esse però risuonano anche come un pesante rimprovero al nostro mondo di oggi: “Se [tu] avessi compreso … quello che porta alla pace! … perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata.

È vero, il nostro mondo non ha compreso quello che porta alla pace. Si è affidato piuttosto agli idoli rassicuranti del benessere protetto e garantito da abissali diseguaglianze e ingiustizie a livello mondiale. Si è affidato alle armi, credendo che gli strumenti creati per uccidere possano portare la pace. Si è affidato alla chiusura delle porte e delle frontiere del proprio mondo privilegiato per tenere fuori ciò che è avvertito estraneo e problematico: i poveri, gli immigrati, chi è diverso.

Ma questa porta chiusa e queste frontiere sigillate hanno tenuto fuori anche Gesù: “non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata.” Sì, il mondo delle chiusure tiene lontano Gesù, pensando di preservare se stesso stabilisce la propria condanna.

Fratelli e sorelle, non sia così per ciascuno di noi.

Le porte dei nostri cuori e le frontiere dei nostri interessi non siano chiuse a Gesù che si presenta a noi come un uomo straniero a Gerusalemme, cioè la nostra città e il nostro mondo, come un periferico, uno senza casa nella città. È facile dire che non ci riguarda, non ci compete, non ne siamo responsabili. Chiudere la porta in faccia al fratello e alla sorella è chiuderla in faccia a Gesù, è, per usare le parole di Gesù, “non riconoscere il tempo in cui siamo stati visitati”. Vivere così mette a rischio le nostre vite: le rende un campo di battaglia per sentimenti ostili, paure, egoismi, diffidenze o semplice indifferenza e abitudine al male.

Accogliamo invece Gesù che entra a Gerusalemme, nelle nostre città, nella nostra vita. I poveri gridano a lui, lo invocano come salvatore e consolatore. Gridano a lui le vittime delle guerre del mondo, che lo invocano come il re della pace. Il mondo vorrebbe che queste voci tacessero, che fossero messe sotto la cappa di indifferenza e chiusura che garantisca tranquillità, ma “se tacessero queste voci – dice Gesù - griderebbero le pietre”. Sì, le pietre di Bucha e Mariupol, le pietre dei campi profughi del mondo affollati di gente in fuga dalla morte, le pietre del fondo del Mediterraneo che continua ad accogliere i cadaveri di immigrati affogati, le pietre dei marciapiedi sui quali giacciono gli scarti della società opulenta occidentale, tutte queste pietre, in coro, gridano il loro dolore e la condanna di un mondo che, ancora dopo 2000 anni, “non ha riconosciuto il tempo in cui è stato visitato.” Accogliamo quel grido, facciamolo nostro e accogliamo il re della pace che vuole entrare nella nostra città e nella nostra vita. È difficile riconoscerlo tale, perché non ha vesti accattivanti o parole di lusinga, eppure è proprio lui che riporta la fraternità che ci lega a tutti e vince la divisione, virus subdolo di ogni guerra e conflitto.

 

 Preghiere 

 

O Signore Gesù che entri in Gerusalemme per portarvi la tua salvezza, entra anche nelle nostre vite, perché accogliamo con disponibilità e attenzione l’annuncio della tua salvezza,

Noi ti preghiamo

 

O Dio, i ramoscelli di ulivo che teniamo fra le mani siano un segno della nostra disponibilità ad essere testimoni del passaggio di Gesù nella nostra vita. Ti preghiamo, aiutaci a lasciarlo entrare vincendo distrazione e affanno per noi stessi,

Noi ti preghiamo

 

Signore che hai conosciuto la durezza del giudizio di quanti ti circondavano, l’arroganza dei potenti, la violenza della folla, crea in noi un cuore capace di voler bene, perché esso non batta solo per noi stessi,

Noi ti preghiamo

 

Accompagna con il tuo amore e la tua consolazione o Padre misericordioso quanti seguono il Signore Gesù portando la croce della propria sofferenza. In modo particolare ti preghiamo per chi è vittima della guerra, della violenza e del terrorismo. Dona la pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

Ti ricordiamo, o Padre buono, quanti fuggono dalla guerra e dalla miseria e trovano il loro cammino in Europa sbarrato dai muri e dal rifiuto. Fa’ che ogni persona possa trovare accoglienza e un futuro migliore,

Noi ti preghiamo.

  

O Signore, proteggi ovunque nel mondo i discepoli riuniti nel tuo nome. Fa’ che i giorni della passione accendano la nostra fede e rafforzino la speranza nella Resurrezione,

Noi ti preghiamo

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