venerdì 28 giugno 2024

XIII domenica del tempo ordinario - Anno B - 30 giugno 2024

 


Dal libro della Sapienza 1,13-15; 2,23-24

Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

 

Salmo 29 - Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 8,7.9.13-15

Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.  Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Marco 5, 21-43

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: alzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato dal Vangelo di Marco un episodio della vita di Gesù che racchiude due grandi miracoli: la resurrezione della giovane figlia di Giairo e la guarigione della donna emorroissa.

Come succede spesso nei racconti evangelici il passaggio di Gesù è accompagnato da una gran folla. Caratteristica principale di tutte le folle è quella di essere composita e anonima. Ci sono persone attratte da diversi motivi, alcuni buoni, come interesse, desiderio di conoscere e imparare, altri cattivi, voglia di criticare e polemizzare, curiosità superficiale. Ma la folla è sempre guidata da emozioni mutevoli che scorrono come correnti che si contagiano l’uno con l’altro: ora c’è ammirazione e stupore, ora avversione, scetticismo, irrisione.

Ma in ogni caso la presenza di Gesù non lascia mai un segno decisivo nella folla. Anche nel caso in cui essa è attratta e lo ascolta lungamente, come avvenne ad esempio a quelli per i quali Gesù moltiplicò il pane e il pesce, alla fine prevale un senso di delusione, scontentezza, o semplicemente la vita di tutti i giorni riprende il sopravvento, come non fosse successo nulla. In fondo questo è il grande limite ma anche il fascino di guardare Gesù facendo parte della folla: non ci si scopre, non ci si assume responsabilità, si resta anonimi e si può continuare la propria vita senza che nulla cambi.

Il Vangelo di oggi conferma tutto ciò. I due miracoli che sono narrati infatti avvengono perché dalla folla due persone escono allo scoperto e cercano di incontrare Gesù personalmente. Non sono più anonimi e in qualche modo il loro scoprirsi non gli permette più di fare come nulla fosse accaduto.

Ecco allora un messaggio particolarmente significativo che ci giunge da questo brano: per essere discepoli bisogna uscire dalla folla, compromettersi ed entrare in rapporto personale con Gesù. Ma come si fa? Il brano ce lo fa vedere.

Innanzitutto bisogna avere ben chiaro il proprio bisogno di incontrare Gesù per avere da lui una risposta. Per Giairo è la malattia della figlia, per la donna la propria. Entrambi potevano chiudersi in un dolore impotente e cercare di andare avanti come possibile. Ma non accettano di avere una vita intristita dal male. Si ribellano interiormente, cercano una via di uscita e sperano di trovarla in Gesù. Non hanno certezza, ma hanno speranza e si fidano di lui.

Secondo poi non si vergognano di manifestare pubblicamente il proprio bisogno, e questo sappiamo quanto costa! Sappiamo bene quanto a volte si finga pateticamente di stare bene per non ammettere a sé e agli altri che invece no, non sto bene e ho bisogno di aiuto.

Infine il brano ci mostra come ci siano vie diverse per giungere all’incontro con Gesù e per manifestare a lui il proprio bisogno e riceverne la guarigione. Nel primo caso infatti Giairo affronta Gesù, e gli grida il proprio bisogno di salvare la figlia, con le parole e con l’atteggiamento. Nel secondo la donna è decisa ad incontrare Gesù, ma di nascosto, senza che nemmeno lui se ne accorga, attraverso un tocco leggero al suo vestito. Questa volta è Gesù a cercarla e a “imporle” di guardarsi e di parlare. Fa lui la fatica di cercarla e di venirle incontro. Sono due modi diversi, che rivelano entrambi la disponibilità di Gesù a fermarsi con chi gli manifesta, apertamente o implicitamente, il proprio bisogno, manifestando così la propria fiducia in lui.

Infine emerge la grande umiltà dei due che ricevono il miracolo. Già il fatto di manifestare il proprio bisogno, come dicevamo, ma anche l’atteggiamento e le parole rivelano una umile audacia che direi “obbligano” Gesù a fermarsi e salvarli entrambi. Il Signore non può andare oltre, tralasciare la loro domanda, e ne avrebbe avuto tutti i motivi per farlo.

In conclusione, care sorelle e cari fratelli, oggi questo Vangelo ci chiede una cosa ben precisa: di uscire dalla folla anonima e confusa, di incontrare Gesù personalmente e di rivolgere a lui la nostra richiesta di guarire. Ciascuno ha il suo elenco di cose da chiedere, di necessità personali o dei propri cari, ma non dimentichiamo mai di mettere sempre al primo posto il nostro bisogno più grande, quello di essere capaci di voler bene agli altri, gratuitamente e generosamente, senza porre limiti e senza stancarci. Questa è la nostra malattia più grave, non disperdiamoci nei mille rivoli dei fatti marginali, che spesso sono tutte conseguenze di essa.

Umilmente, e con audacia, scopriamoci davanti a Gesù e davanti a tutti, manifestando il nostro desiderio di imparare da lui l’amore che guarisce e ridona la vita.

 

Preghiere

 

O Signore Gesù che ti sei chinato fino a noi facendoti uomo per la nostra salvezza, aiutaci a non vivere orgogliosamente pieni di noi stessi, ma umili e con mitezza.

Noi ti preghiamo

  

O Padre che ci ami con infinita bontà, accogli noi tuoi figli nonostante il peccato, la freddezza e la distanza da te. Aiutaci ad essere umili discepoli del vangelo che cercano di  incontrarti vivo e pronto a soccorrere ogni uomo.

Noi ti preghiamo

 

Gesù ti chiediamo di guarire le infermità della nostra vita: la durezza di cuore, l’egoismo, l’infedeltà, il poco amore. Fa’ che accostandoci a te umilmente la nostra vita sia trasformata.

Noi ti preghiamo

  

Ti ringraziamo Signore per tutti i miracoli di amore che compi accanto a noi: per la consolazione che doni agli afflitti, la guarigione dei malati, il perdono dei peccati e il sostegno ai deboli. Fa’ che tutti sappiamo esserti grati per ognuno di essi.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore Gesù per le persone che vivono in tante parti del mondo travagliate da guerre e violenza. Dona loro la protezione del tuo amore e la pace.

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Signore per la salute dei malati. Guarisci il cuore e il corpo di chi soffre perché la forza del tuo amore sia proclamata in ogni luogo dove la morte e il dolore sembrano vincere.

Noi ti preghiamo.

venerdì 21 giugno 2024

XII domenica del tempo ordinario - Anno B - 23 giugno 2024

 

 


Dal libro di Giobbe 38,1.8-11

Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano: «Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso dal seno materno, quando io lo vestivo di nubi e lo fasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissato un limite, gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?».

 

Salmo 106 - Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.

Coloro che scendevano in mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
videro le opere del Signore
e le sue meraviglie nel mare profondo.

Egli parlò e scatenò un vento burrascoso,
che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi;
si sentivano venir meno nel pericolo.

Nell’angustia gridarono al Signore,
ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio,
tacquero le onde del mare.

Al vedere la bonaccia essi gioirono,
ed egli li condusse al porto sospirato.
Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5,14-17

Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.

Un grande profeta è sorto tra noi,

e Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal Vangelo secondo Marco 4, 35-41

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, Il Vangelo ascoltato ci presenta un episodio drammatico della vita di Gesù con i suoi discepoli. Infatti la vita dei dodici con Gesù non è un lento e placido procedere di successi, ma conosce momenti drammatici e di pericolo, ostacoli duri da affrontare, anche sconfitte e fallimenti. È vero infatti che la vita col Signore ci dona la vera pace, ma non nel senso che spesso noi ci aspettiamo, cioè di scansare i problemi ed evitare i drammi, ma ce li fa attraversare senza restarne sopraffatti, e questo è possibile solo mantenendo salda la nostra fiducia in Dio

Solo così possiamo lottare veramente contro il male, che significa soprattutto non lasciarsene imprigionare e conquistare. La vera vittoria del male infatti è accettarlo come normale modo di vivere, farlo entrare dentro di noi, farcene collaboratori più o meno consapevoli. Egli si insinua in noi attraverso le paure e le abitudini pigramente accettate, e così facendo realizza ciò che è il vero dramma della vita dell’uomo: la separazione da Dio e dai fratelli e sorelle.

Il Vangelo sottolinea che i discepoli fanno salire Gesù sulla loro barca, cioè la nostra vita quotidiana, “così come era”, cioè accettando anche le difficoltà che lo stare con lui comporta spesso loro. C’è bisogno da parte nostra di una disponibilità larga a lasciarci forzare, a farci condurre ad esperienze, situazioni, incontri che non ci sono naturali, non ci aspettiamo e non ci vengono spontanei.

Il viaggio sul lago di quella sera fu colto dalla tempesta. Come le nostre vite, per quanto cerchiamo di evitarle, sono colpite dalla tempesta, come il mondo di oggi è sconvolto da tanti drammi. Spesso noi cerchiamo di evitarle il più possibile, quando non ci riguardano personalmente o non siamo obbligati a tenerle in considerazione. Così facendo ignoriamo volontariamente i grandi drammi di questo nostro tempo: guerre, povertà, migrazioni, disastri naturali, ecc… Li ignoriamo, perché, ha scritto recentemente un intellettuale italiano, “abbiamo paura del dolore, della immensa sofferenza, che i racconti possano spezzarci dentro… quindi preferiamo mostrarci feroci e indifferenti, piuttosto che fragili” (Saviano, Corriere della Sera 18.06.2021) Si’, per paura di soffrire con chi soffre accettiamo di disumanizzarci e di divenire sempre più estranei al Signore, che è il re della misericordia. È quello che vivono gli apostoli: paura e smarrimento che li portano a perdere la fiducia nel Signore, che è lì, accanto a loro.

Gesù nel racconto evangelico della tempesta dorme sereno. Segno della sua fiducia nel Padre, ma anche domanda implicita di essere noi a vegliare, sulla barca e su di lui. Dopo una giornata faticosa di predicazione, incontri con le folle, guarigioni, Gesù chiede ai suoi di restare svegli e reattivi anche per lui.

È quello che il Signore continua a chiederci: vegliare, non ignorare il mondo attorno a noi come fosse in una tempesta che non ci riguarda, prendere in mano il timone e le vele della barca e condurla al porto sicuro.

I discepoli lo svegliarono, tutti insieme, non uno da solo, come al plurale è l’appello disperato: “non t’importa che siamo perduti?”, un rimprovero che rivela la richiesta disperata di salvezza. Il plurale del loro grido segna la presa di coscienza che ci si salva assieme. Davanti alla forza del male non possiamo continuare a pensarci come tanti “io” credendo di poter cercare salvezza senza o a discapito o contro l’altro. Il motto di questo mondo è “si salvi chi può”, ognuno contro tutti. È l’invito rivolto a Gesù sulla croce: “Se sei il figlio di Dio salva te stesso!” Ma Gesù, proprio perché è il figlio di Dio, salva non sé, ma tutti sulla croce e ci insegna che la salvezza di ciascuno dipende dalla salvezza di tutti e che, anzi, sono la stessa cosa. Cercare la propria salvezza passa attraverso la ricerca e l’impegno per la salvezza di tutti dal male.

Non t’importa che siamo perduti?” è il grido dei discepoli, che rivela una coscienza superficiale perché mette al centro se stessi. Gesù spiega invece che “Chi ama la propria vita, la perde” (Gv 12,24). Per questo Gesù rimprovera i discepoli di avere poca fede: perché chi si fida di Gesù e imita il suo esempio sa che nel senso di responsabilità per il bene di tutti sta la vera salvezza, e non nella ricerca del proprio individuale interesse.

Alla fine Gesù placa le onde e fa cessare i venti, ma il suo rimprovero ci dice qualcosa di molto importante. Esso significa: “Perché non lo avete fatto voi? Perché non avete avuto fede?”

Sì la nostra fede passa attraverso la coscienza che il Signore chiede a noi di compiere le sue stesse opere, e anche di più grandi, perché ce ne dà il potere e la responsabilità (cfr. Gv 14,12).

Cari fratelli e care sorelle, la narrazione evangelica si conclude con lo stupore degli apostoli che vedono la forza dirompente del male cedere davanti alla parola di Gesù. È lo stupore che ci coglie ogni volta che vediamo la forza del bene e dell’amore prevalere su destini che sembravano condannati al dolore, ma questo stupore ci deve confermare nella fiducia che veramente anche noi possiamo essere investiti della forza dirompente del suo voler bene, e navigare nelle tempeste del mondo senza evitarle, ma sapendo che è l’amore che ci può far vincere su ogni male e la fiducia in Dio e nella sua Parola che ci rende audaci e capaci di vincere la paura che ci rende schiavi.

 

Preghiere  

O Signore Gesù resta con noi e accompagnaci lungo tutto il viaggio della nostra vita. Fa’ che non ti lasciamo, ma restiamo vicini a te nei momenti difficili come in quelli felici.

Noi ti preghiamo

 

 

Signore Gesù guidaci verso il porto sicuro della vita che non finisce, aiutaci a non farci trascinare dalla corrente della vita ordinaria ma a chiedere a te la via per giungere alla salvezza.

Noi ti preghiamo

 

Dio, Signore nostro, guida la Chiesa nei mari difficili del mondo. Fa’ che sappia accogliere tutti coloro che vanno alla deriva, i naufraghi della vita, i disperati, perché sia barca di salvezza e nave sicura.

Noi ti preghiamo

  

Padre misericordioso perdona il nostro egoismo che ci spinge a dimenticarti e a non ascoltarti. Fa’ che siamo sempre attenti alla tua parola e pronti ad obbedirle.

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per quanti nel mondo soffrono per la fame e la miseria. Aiutaci a vivere sempre la tua giustizia che non lascia nessuno senza il necessario per vivere.

Noi ti preghiamo

  

O Padre buono aiutaci ad amare il fratello e la sorella come noi stessi, perché vivendo con serietà l’amore evangelico nessuno sia escluso, disprezzato e dimenticato.

Noi ti preghiamo.

 

O Padre misericordioso aiuta tutti gli uomini in difficoltà: chi è senza famiglia e lavoro, chi vive per la strada, i mendicanti, i malati, i profughi, le vittime della violenza e della guerra. Dona loro pace e salvezza.

Noi ti preghiamo

  

O Signore ti invochiamo di mandare la tua pace dove la guerra imperversa senza argini. Fa’ che i credenti di tutte le fedi coltivino le ragioni della pace e le vivano con sincerità e audacia diffondendo attorno a sé riconciliazione e fraternità.

Noi ti preghiamo

sabato 15 giugno 2024

XI domenica del tempo ordinario - Anno B - 16 giugno 2024

 



Dal libro del profeta Ezechiele 17, 22-24

Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò». 

 

Salmo 91/92 - È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore

e cantare al tuo nome, o Altissimo,

annunciare al mattino il tuo amore,

la tua fedeltà lungo la notte.


I1 giusto fiorirà come palma,

crescerà come cedro del Libano;

piantati nella casa del Signore,

fioriranno negli atri del nostro Dio.


Nella vecchiaia daranno ancora frutti,

saranno verdi e rigogliosi,

per annunciare quanto è retto il Signore,

mia roccia: in lui non c’è malvagità. 

 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5, 6-10

Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione - siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:

chiunque trova lui, ha la vita eterna

Alleluia, alleluia, alleluia.

   

Dal vangelo secondo Marco 4, 26-34

In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme ger­moglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene semi­nato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.   

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo oggi ci parla di un Regno diverso. A noi che siamo immersi in un tempo fortemente dominato da tante manifestazioni concrete della forza del male viene facile sentirci parte di un regno segnato da profonde divisioni: Nord/Sud del mondo, privilegio e miseria, guerre e sfruttamento, ma anche un passato vagheggiato e un futuro che ci appare minaccioso, pieno di oscuri presagi.

Spesso si pensa che tutte queste divisioni che allontanano gli uomini, legati gli uni ad una di queste realtà e gli altri ad un’altra, siano il frutto delle differenze di storia, cultura, età, religione. In realtà non sono le differenze a dividere gli uomini, ma la pigrizia e la diffidenza che non fa riconoscere l’umanità che dietro di esse si manifesta nella sua ricchezza molteplice e variegata. Sì, è “l’umano” che riconduce all’unità ciò che ora vediamo diviso e come inconciliabile.

Oggi pomeriggio in questa Chiesa si svolgerà una festa un po’ particolare. Gli immigrati che durante l’anno hanno studiato italiano, e sono 270 persone, riceveranno il Diploma che attesta il loro impegno e i risultati raggiunti. Sono persone che vengono da 37 Paesi diversi, che hanno intrapreso un viaggio difficile e rischioso per giungere in Italia in cerca di un futuro migliore. Essi sono diversi per lingua, cultura, religione, età, sesso, nazionalità, ciascuno esprime aspettative e speranze diverse ed è il risultato di storie le più varie. Eppure li ha uniti il desiderio di capire e farsi capire, di comunicare, di entrare dentro il mondo che li ospita e di esprimere il proprio, e tutto ciò è possibile attraverso le parole. Ma oltre ad essi questo piccolo popolo è accresciuto anche dai 28 insegnati che si sono resi disponibili per insegnare l’italiano e la cultura del nostro Paese. Anche questi ultimi hanno sentito che qui potevano trovare risposte ai loro bisogni: di essere utile a qualcuno, di fare del proprio patrimonio linguistico e culturale una ricchezza condivisa, accresciuta dall’umanità di quelli che ne avevano bisogno, di incontrare e scoprire umanità di un calore e un colore diverso dal proprio.

Sì, partendo dall’essere tanti individui diversi e divisi, circa 300 persone si sono ritrovare così unite in un unico popolo, legate dal fatto che l’altro è una risposta ad un mio bisogno profondo, che senza l’altro resterebbe insoddisfatto e magari si evolverebbe in amarezza, scontentezza, insoddisfazione e solitudine.

Possiamo dire che siamo passati dal Regno delle diversità come fonte di divisioni ad un nuovo Regno, quello dell’umanità comune che rende ciascuno risposta al bisogno più profondo dell’altro: di essere conosciuto, apprezzato, stimato, voluto bene, capito e ricordato.

Questo Regno, fratelli e sorelle, è quello di cui oggi il Vangelo ci ha parlato. Esso si manifesta ovunque è messa al centro l’umanità mia e di ciascun’altro, senza paura delle diversità, nel quale il mio bisogno non è una debolezza da nascondere come una vergogna ma è il cemento che unisce i singoli mattoni in un edificio forte e robusto. Questo Regno cresce come un albero robusto, ci dice il Vangelo, quando il piccolo seme che la parola di Dio deposita nel cuore di ciascuno non è disprezzato e lasciato morire, ma è coltivato ed innaffiato. È l’albero della fede sui cui rami ciascuno trova spazio per riposarsi, ombra per rinfrescarsi, cibo buono di cui nutrirsi, compagnia, riparo dalle intemperie della vita.

A volte noi pensiamo che la fede, il sogno, la speranza, la fiducia nel bene, la volontà di Dio siano delle realtà spirituali che non hanno consistenza e solidità. Cose troppo fragili che non hanno posto nel Regno delle divisioni e del realismo a cui facevo cenno all’inizio. Ma il Vangelo oggi ce lo presenta sì come un seme piccolissimo, ma che cresce e si sviluppa con la forza e la grandezza di un albero robusto. Diamo credito alla possibilità che quel seme germogli e cresca, che assuma le dimensioni di cui il mondo di oggi ha bisogno, coltiviamolo e irrighiamolo con la nostra fiducia. Scopriremo che lo stesso ramo accoglie uccelli diversi e che se non avessero avuto bisogno di riposarsi su di esso non si sarebbero nemmeno mai incontrati, ma chi lo sperimenta ne sente la bellezza e la gioia. Con l’aiuto di tutti l’albero si rafforza e con la fiducia di ciascuno il deserto del mondo si trasformerà in un giardino capace di accogliere ciascuno secondo quello di cui ha più bisogno.

 

  

Preghiere 

 

O Signore Gesù, mostraci con le parole del Vangelo la visione del Regno a cui ci chiami. Fa’ che i nostri passi si facciano veloci e decisi sul cammino della fiducia in te, Noi ti preghiamo

  

O Dio nostro Padre, liberaci dal dominio del realismo pessimista e delle abitudini, donaci la libertà di essere figli e costruttori di un tempo nuovo, Noi ti preghiamo

 

O Spirito di amore, riempi i nostri cuori perché non vinca la paura e la rassegnazione, ma prevalga il desiderio di vivere il tuo Regno, Noi ti preghiamo

  

O Dio manda dal cielo la tua benedizione su quanti affrontano rischi e fatica per raggiungere un approdo di pace e serenità. Proteggi i migranti che sono in viaggio, salvali dalla cattiveria degli uomini e dai pericoli della natura, Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Padre buono gli uomini e le donne che vivono in guerra. Per i paesi sconvolti dalla violenza e schiacciati dal terrorismo, Noi ti preghiamo

  

Ascolta o Dio l’invocazione di papa Francesco e di quanti assieme a lui ti chiedono il dono della conversione e del perdono. Fa’ che nessuno resti mai senza il tuo aiuto che guarisce, sostiene e salva, Noi ti preghiamo

venerdì 7 giugno 2024

X domenica del tempo ordinario - Ann B - 9 giugno 2024

 


Dal libro della Genesi 3, 9-15

Dopo che Adamo ebbe mangiato dell’albero, il Signore Dio lo chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

 

Salmo 129 - Il Signore è bontà e misericordia.

 

Dal profondo a te grido, o Signore; 
Signore, ascolta la mia voce. 
Siano i tuoi orecchi attenti 
alla voce della mia preghiera. 

Se consideri le colpe, Signore, 
Signore, chi potrà sussistere? 
Ma presso di te è il perdono: 
e avremo il tuo timore. 

Io spero nel Signore, 
l’anima mia spera nella sua parola. 
L’anima mia attende il Signore 
più che le sentinelle l’aurora. 

Israele attenda il Signore, 
perché presso il Signore è la misericordia 
e grande presso di lui la redenzione. 
Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 4, 13 -5,1

Fratelli, animati da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: “Ho creduto, perciò ho parlato”, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l’inno di lode alla gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne. Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
tutto ciò che ho udito dal Padre, dice il Signore,
io ve l’ho fatto conoscere.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 3, 20-35

In quel tempo, Gesù venne con i suoi discepoli in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «È fuori di sé». Gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebul e scaccia i demoni per mezzo del principe dei demoni». Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: «Come può satana scacciare satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi. Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l’uomo forte; allora ne saccheggerà la casa. In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito immondo». Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre».

 

Commento

«È fuori di sé», «È posseduto da uno spirito immondo». Così definiscono Gesù quelli che lo vedono attorniato da una folla incontenibile, impegnato a insegnare e guarire i malati tanto da non avere nemmeno tempo di mangiare. Sì, il Signore è giudicato esagerato nel suo concedersi totalmente al bisogno di chi lo cerca e si accalca attorno a lui.

Chi sono questi che lo giudicano in tale modo? Il Vangelo ci parla di due gruppi di persone: i “suoi”, parenti, gente della famiglia, e gli scribi. Apparentemente sono le persone che dovrebbero capire meglio di tutte il comportamento di Gesù: i primi perché lo conoscono da sempre, gli altri perché hanno gli strumenti per interpretare il significato religioso del comportamento di Gesù. Eppure entrambi i gruppi non solo non lo comprendono, ma nemmeno si sforzano di farlo, e infatti l’evangelista Marco sottolinea come mentre Gesù con la folla di discepoli e malati erano in casa, gli altri restano fuori. Non possono vederlo né sentirlo, non si rendono conto di chi sono quelli che si accalcano attorno a lui, ma si sentono ugualmente in grado di giudicare tutto, da lontano.

È l’atteggiamento di chi pensa già di sapere, di aver capito, di avere idee chiare senza bisogno di conoscere quello che Gesù sta dicendo e facendo. Quante volte anche noi davanti al Vangelo crediamo di conoscerlo già, di aver già capito, e non ci sforziamo di comprendere cosa oggi Gesù sta dicendo a me, alla folla, al mondo di oggi. È facile così sentirsi superiori, estranei alla folla che cerca e sta vicina al Signore. Questi sono gli unici che lo cercano, lo ascoltano e ricevono da lui salvezza e guarigione.

È questo il terzo gruppo che il Vangelo ci presenta: una folla confusa composta da discepoli che desiderano ascoltarlo e bisognosi che chiedono a lui aiuto. In essa i primi, che magari lo seguono da tanto, non si distinguono dai secondi che magari non lo hanno mai nemmeno visto, ne hanno solo sentito parlare, o si trovano per caso e si fanno trascinare dall’interesse per quel nuovo maestro così diverso da tutti. Discepoli e poveri, nonostante le differenze, sono un unico “popolo”, quello di quanti sentono il bisogno di stare a stretto contatto con lui, di non perderne una parola, un gesto, un segno, sperando che sia quello che mi salva, che guarisce la mia malattia, che risponde al mio bisogno più profondo, che mi insegna a vivere.

Discepoli e bisognosi sono un unico popolo. Non conta da quanto tempo si segua Gesù, se lo si è cercato lungamente e faticosamente o lo si è appena conosciuto, conta che si sente bisogno di lui, tanto da non poter fare a meno di accalcarsi attorno a lui e di non perderne una parola e un gesto. Essi non se ne stanno in dispare a giudicare con distacco e senso di superiorità, ma invece cercano l’incontro personale, di vedere, di stare con Gesù.

È lo stesso paradosso che tante volte si vede ancora oggi. Chi è più familiare di Gesù, chi è religioso e potrebbe comprenderlo meglio, così spesso si rivela estraneo a lui, pronto a giudicare con superiorità. Ma chi è umile, povero, bisognoso, ha una comprensione profonda del Vangelo di Gesù, che non viene dalla conoscenza intellettuale, ma affettiva, spirituale.

Ma anche è un dato di fatto che ci dice che non sta vicino a Gesù chi è estraneo ai poveri. Il popolo di quelli che lo circondano infatti è confuso e variegato, ha bisogni materiali (fame, malattia, povertà, fragilità fisica, ecc…) e spirituali (bisogno di perdono, desiderio di imparare a vivere bene, aspirazione a farsi discepolo, ecc…) e Gesù non disprezza né gli uni né gli altri, ma ha parole e gesti che rispondono al bisogno di ciascuno.  

Possiamo dunque ben dire che se desideriamo la compagnia del Signore, essere i “suoi parenti”, e ricevere da lui ciò di cui abbiamo più bisogno dobbiamo confonderci col popolo dei poveri, dei peccatori, dei malati, degli indemoniati. Lì siamo sicuri di incontrarlo.

È il paradosso che evidenzia Gesù: si è suoi parenti non per nascita o per status, ma per bisogno. La sua famiglia è composta da quanti lo attorniano e non dai migliori, i più esperti, i sapientoni. Questi vorrebbero che sia lui a uscire fuori per venire loro incontro, cioè adattarsi alle loro esigenze, dare loro ragione e scendere a patti col loro giudizio sprezzante: «È fuori di sé».

Non è un caso che al centro dell’episodio che abbiamo ascoltato Gesù pronuncia quelle parole così dure sul peccato che non potrà mai essere perdonato. Sì, perché quel peccato è l’estraneità voluta e costruita con lo Spirito di amore che permette a chi se ne lascia contagiare di entrare nella famiglia di Gesù, di restare con lui nella sua casa. È un peccato che non trova perdono perché corrode la fiducia e la speranza nella sua misericordia, ne fa volentieri a meno perché crede di non averne bisogno.

Cari fratelli e care sorelle, cerchiamo e confondiamoci volentieri con il popolo dei più poveri, di quelli che non nascondono il loro bisogno di aiuto e guarigione. Con loro saremo sicuri di avere vicino Gesù, dentro la sua casa, che è la sua famiglia, e accanto a lui troveremo il perdono e la via per la nostra salvezza.


Preghiere 

 

O Signore che ti sei abbassato fino alla nostra condizione umana per guidarci verso il Padre, fa’ che ascoltando il Vangelo e osservando i tuoi insegnamenti possiamo riconoscerti compagno fedele e amico della nostra vita,

Noi ti preghiamo

 

O Padre onnipotente sostieni la nostra poca fede che ci fa restare lontani, sicuri di noi stessi e appagati. Aiutaci a confonderci col popolo dei poveri e di quanti cercano la guarigione della loro vita.

Noi ti preghiamo

 

O Gesù, ti preghiamo manda il dono della riconciliazione dove oggi c’è conflitto, suscita comprensione dove oggi c’è odio e violenza. Dona la pace a quanti sono in guerra.

Noi ti preghiamo

 

O Dio, Padre di eterna bontà, aiuta quanti sono nel dolore e soffrono per la miseria, l’ingiustizia, la persecuzione. Libera chi è prigioniero del male e se ne fa strumento.

Noi ti preghiamo

 

Accogli o Signore quanti affidano a te la propria vita. Ti preghiamo per chi è morto nella speranza della resurrezione e per chi non ti ha conosciuto in vita e gode ora della tua amicizia senza limiti.

Noi ti preghiamo.

 

Guida o Santo Spirito i passi del papa Francesco perché conducano a Dio quanti sono disorientati e sfiduciati. Fa’ che con la testimonianza e le parole sappia vincere ogni resistenza dei nostri cuori,

Noi ti preghiamo.


  

O Signore ti invochiamo perché i malati trovino guarigione e consolazione. Per chi non ha le cure di cui ha bisogno, per chi è sopraffatto dal dolore. Salvali tu o amico degli uomini.

Noi ti preghiamo

 

O Dio, Padre di eterna bontà, fa’ che impariamo a rispettare e amare la terra, ferita dalla violenza e maltrattata dallo sfruttamento delle risorse. Aiutaci ad essere abitanti responsabili della nostra casa comune.

Noi ti preghiamo

sabato 1 giugno 2024

Festa del SS.mo Corpo e Sangue di Cristo - Anno B - 2 giugno 2024

 

 


Dal libro dell’Esodo 24, 3-8

In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d’Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrifi­care giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

 

Salmo 115 - Alzerò il calice della salvezza  e invocherò il nome del Signore.
Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.

Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.

Dalla lettera degli Ebrei 9, 11-15

Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo - il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente? Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa.

   

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono il pane vivo disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Alleluia. alleluia alleluia
   

Dal vangelo secondo Marco14, 12-16. 22-26

Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, oggi festeggiamo il Corpo e il Sangue di Cristo cioè il modo tutto speciale e sorprendente attraverso il quale Gesù è voluto restare con noi per sempre, come aveva promesso ai suoi prima di ascendere al cielo: “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20), e come ha solennemente affermato nel corso della sua ultima cena con i suoi: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19).

Sorprendente perché Gesù ha voluto immedesimarsi proprio in un alimento come il pane, cioè il sostentamento indispensabile alla vita, la cosa della quale nessuno può fare a meno. Non è un caso, perché il Signore è indispensabile alla vita, non è un di più, un’aggiunta “spirituale” che rende migliore la vita materiale. No, il pane è l’alimento povero e basilare del quale tutti abbiamo bisogno per fare una vita degna. Proprio questa caratteristica ci fa soffermare su una realtà importante, e cioè il fatto che, ancora oggi, tanti sono nel mondo quelli che non hanno a disposizione pane a sufficienza per sopravvivere. Si calcola che circa 45 milioni di persone lo scorso anno hanno avuto una così grave scarsità di cibo da subire gravi conseguenze alla salute e 24.000 sono quelle che ogni giorno muoiono per fame, cioè circa 8.760.000 persone in un anno.

Forse Gesù proprio per questo ha scelto di diventare “il pane”, per ricordarci che non possiamo mangiarne in abbondanza, come avviene nei nostri paesi della sovrabbondanza, senza pensare a quelli che non ne hanno nemmeno un po’.

Il padre della chiesa Giovanni Crisostomo usa un’immagine molto forte per descrivere la situazione dei suoi fedeli di Costantinopoli del IV secolo, dove era vescovo. Predicando sul vangelo di Luca (parabola del povero Lazzaro) afferma che tutto quello che abbiamo in abbondanza e in sovrappiù è rubato ai poveri che ne mancano. Lo dice del vestito, dei beni, e lo stesso vale del pane. È una immagine molto forte, ma realistica. Anche noi oggi possiamo ben dire che il pane che noi mangiamo è avvelenato dal fatto di non essere condiviso con il popolo degli affamati che ne hanno un bisogno vitale.

La festa di oggi ci richiama dunque ad una necessità imprescindibile per noi discepoli del Signore, cioè quelli che lui continua ad invitare ad essere i suoi commensali e che non lascia mai senza il cibo necessario a vivere, il pane e il vino del suo Corpo e Sangue. Un antico testo cristiano del II secolo, la Didakè, afferma: “Se condividiamo il pane del cielo, come non condivideremo quello della terra?”. Il pane che abbonda e il pane che manca. Esso mette a nudo le distanze e le divisioni che ancora oggi, tempo nel quale le risorse non mancherebbero per sfamare tutta l’umanità, fanno la differenza fra chi va avanti e chi non ce la fa.

Chiediamoci oggi, fratelli e sorelle, come possiamo mangiare il pane della nostra tavola ed accostarci a quello della mensa eucaristica, senza pensare a quanti non ne hanno?

Condividere il pane della terra non è facile e spontaneo, come si vede anche nel racconto che l’apostolo Paolo fa dei banchetti eucaristici della prima comunità di Corinto: «Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame e l’altro è ubriaco … volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente?” (1Cor 11,21-22). A questa descrizione cruda e scandalosa delle diseguaglianze fra poveri e ricchi nella comunità Paolo fa seguire un monito importante: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.” (1Cor 11,27) E il modo indegno al quale Paolo fa riferimento è quello che ha appena descritto: mangiare il proprio lasciando chi è accanto senza il cibo necessario. Prosegue Paolo: “Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.” (1Cor 11,28-29) Il banchetto eucaristico cioè ci chiede di interrogarci se siamo coscienti che tutti gli uomini e le donne, l’umanità intera, costituiscono nel loro insieme la totalità il corpo del Signore, e che perciò tutti devono poter accedere al cibo che Dio ha creato e ha donato all’umanità perché se ne sostenti.

L’Eucarestia dunque, della quale oggi celebriamo la festa, ci invita innanzitutto a fare nostro il desiderio di realizzare quella fraternità universale che proclamiamo quando invochiamo Dio come “Padre nostro”, cioè di tutti. Fraternità che si realizza certamente nel condividere l’unica mensa eucaristica alla quale tutti siamo invitati dal Signore, ma anche nel non accettare che essa sovrabbondi di cibo da una parte e resti invece vuota nelle altre. Ripeto, una mensa così realizzata rende il pane avvelenato di egoismo e non sazia i commensali, ma li condanna alla morte dell’umanità in sé.

Il filosofo russo Berdjaev, che ha vissuto la rivoluzione russa, critica il marxismo, ma anche lo spiritualismo che separa fede e giustizia sociale. Tocca il tema del pane e della solidarietà con una profondità straordinaria: “Quella del ‘pane per me’ è una questione materiale; ma la questione del ‘pane per il mio prossimo, per gli uomini di tutto il mondo’, è una questione spirituale e religiosa. La società dev’essere organizzata in modo tale che vi sia pane per tutti; soltanto allora la questione spirituale si porrà davanti all’uomo in tutta la sua profonda essenza”.

Questa festa dunque, fratelli e sorelle, lasciamo che ci interroghi sulla questione spirituale e religiosa del grande dono dell’Eucarestia, che non significa però dono dal valore unicamente mistico e spirituale. L’Eucarestia è essenzialmente il “pane per tutti” di cui Parla Berdjaev e ci pone la domanda di come condividere il nutrimento che il Signore ci dona con quanti non lo hanno. Esso è il corpo di Gesù, alimento che non fa mancare la sua vicinanza a tutti, ma il Signore stesso non ha mai disprezzato la fame materiale di chi aveva di fronte, tanto da moltiplicare il pane e i pesci per sfamarla. Egli infatti non ha ritenuto che potesse bastare loro la sua Parola, il suo Spirito, ma che bisogna offrire anche il cibo condiviso, dicendo ai discepoli: “date loro voi stessi da mangiare” (Mt 14,16). Il suo miracolo della moltiplicazione del pane e del pesce mostra bene che il cibo se messo in comune e offerto generosamente si moltiplica, diviene sovrabbondante, sfama senza mancare a nessuno, ed anzi avanza sulla mensa per attendere che gli altri rimasti  senza si possano avvicinare. Al contrario il pane trattenuto per sé, considerato egoisticamente proprio e basta, perché guadagnato e meritato, non sazia più, perché lascia incolmabile il vuoto interiore, e non permette di riempirlo con il senso vero della vita.

  

Preghiere 

 

O Signore nostro ti ringraziamo perché hai accompagnato l’umanità nella lunghezza dei tempi con amore e pazienza. Continua a radunarci in un unico popolo che abbraccia tutta l’umanità,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Padre buono, il tradimento e la dimenticanza degli uomini. Fa’ che siamo sempre fedeli all’alleanza che ci lega a te come un popolo di figli e discepoli dell’unico Dio, nutriti del tuo Corpo e Sangue,

Noi ti preghiamo

 

Fa’ o Dio che tutti gli uomini possano conoscerti e amarti, anche chi fino ad oggi è rimasto estraneo al tuo patto di amore,

Noi ti preghiamo

  

O Gesù che hai dato compimento all’antica alleanza unendo in te stesso Dio con l’umanità, aiutaci ad ascoltare l’annuncio del tuo vangelo come Parola allo stesso tempo veramente umana e veramente divina,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Padre del cielo gli sforzi di chi cerca la riconciliazione, perché dove oggi regna la violenza e la guerra possa presto tornare la pace,

Noi ti preghiamo

  

Aiuta o Padre chi è nel dolore e nel pianto, consola chi è stato colpito dal male e apri per tutti un futuro sereno

Noi ti preghiamo.

 

Sostieni o Dio chi ti riconosce come un pane che nutre e un vino che dà forza, perché alimentati dal tuo corpo e sangue possiamo annunciarti a tutti come salvatore dal male,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Signore tutti i tuoi figli, ovunque dispersi, perché, riuniti nel tuo nome, siano come te nutrimento per tutti e spirito che dà forza,

Noi ti preghiamo