sabato 22 febbraio 2025

VII domenica del tempo or4dinario - Anno C - 23 febbraio 2025

 


Gesù e Giuda


Dal primo libro di Samuele 26,2.7-9.12-13.22-23

In quei giorni, Saul si mosse e scese al deserto di Zif conducendo con sé tremila uomini scelti di Israele, per ricercare Davide nel deserto di Zif. Davide e Abisai scesero tra quella gente di notte ed ecco Saul giaceva nel sonno tra i carriaggi e la sua lancia era infissa a terra a capo del suo giaciglio mentre Abner con la truppa dormiva all’intorno. Abisai disse a Davide: «Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico. Lascia dunque che io l’inchiodi a terra con la lancia in un sol colpo e non aggiungerò il secondo». Ma Davide disse ad Abisai: «Non ucciderlo! Chi mai ha messo la mano sul consacrato del Signore ed è rimasto impunito?». Davide portò via la lancia e la brocca dell’acqua che era dalla parte del capo di Saul e tutti e due se ne andarono; nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò: tutti dormivano, perché era venuto su di loro un torpore mandato dal Signore. Davide passò dall’altro lato e si fermò lontano sulla cima del monte; vi era grande spazio tra di loro. E Davide gridò: «Ecco la lancia del re, passi qui uno degli uomini e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore».

 

Il Signore è buono e grande nell'amore. 102

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia.

Buono e pietoso è il Signore, +
lento all’ira e grande nell’amore.
e non conserva per sempre il suo sdegno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Come dista l’oriente dall’occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
   

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15,45-49

Fratelli, il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l’uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste.

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Vi dò un comandamento nuovo, dice il Signore:

che vi amiate l’un l’altro, come vi ho amato io.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 6, 27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gl’ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, ancora una volta abbiamo ascoltato Gesù rivolgere ai discepoli un discorso dal tono paradossale, come già notavamo domenica scorsa.

Proviamo a comprendere meglio il senso di queste parole così impegnative che, a prima vista, non esiteremmo a definire “impossibili da vivere”.

Esse si dividono in tre sezioni.

La prima elenca alcuni comandamenti che regolano il comportamento nei confronti di chi ci fa del male: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.” Essi ci chiedono non solo di non replicare al male ricevuto con altrettanto male, ma nemmeno di far finta di niente. No, Gesù chiede di restituire l’opposto di ciò che riceviamo, cioè di rispondere col bene al male ricevuto. Perché? Che senso ha?

Innanzitutto perché Gesù vuole metterci al riparo dal contagio del male. Infatti rispondere col male al male vuol dire che abbiamo fatto nostra la malvagità e lasciamo che sia lei a determinare il nostro agire. Essa si propaga di cuore in cuore, allargando il suo dominio tutt’intorno e coinvolgendo sempre più persone. È un meccanismo, ci dice Gesù, che va interrotto subito, prima che il dominio del male diventi irreversibile. A questo Gesù aggiunge che nessuno è malvagio in modo irreparabile, che in ognuno c’è sempre del bene che si deve far emergere, e questo non può certo avvenire contrapponendo altro male a quello ricevuto, ma rafforzando il bene, perché possa alla fine prevalere anche in chi oggi compie il male. Nel male compiuto da altri è infatti insita una domanda a cui non si può sfuggire: “come posso far sì che la forza del male non solo trovi un argine, ma venga convertita in energia di bene?” È la scelta di Gesù di non sfuggire alla morte, ma di vincerla con la forza di amore della resurrezione. In ultimo nelle parole di Gesù emerge la convinzione che il bene ha una forza superiore del male, lo può sempre vincere, anche se subito non sembra, o appare vero il contrario. Dobbiamo assumere la prospettiva di Dio che vede il tempo lungo e la lotta del bene contro il male come un combattimento universale e di tutti i tempi, non solo qui ed ora.

Proprio questo afferma la seconda sezione di questo brano, nella quale Gesù fa delle ipotesi: “Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? … E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? … E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete?” Gesù afferma che è scontato fare del bene a chi a sua volta già ce ne fa, anzi è un dovere e non un merito, spesso è anche una convenienza. Sottolinea Gesù, così fa anche chi collabora col male, cioè i peccatori. Piuttosto l’ amore del bene è dimostrato da chi combatte il male con la forza disarmante del bene, unico potere in grado di superare ogni forza che gli si contrappone.

Ma non c’è un limite a questo fare del bene? Esiste un confine oltre il quale è meglio non arrischiarsi?

A questa domanda Gesù risponde nella terza parte del suo discorso. No, non c’è un limite alla responsabilità personale di cogliere nel male che agisce nell’uomo la domanda di combatterlo con la forza del bene, perché il termine di paragone con cui siamo chiamati a confrontarci non sono le nostre capacità, ma l’amore di Dio stesso: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.” Tutti sappiamo bene che tutti siamo stati amati da Dio “prima”, e non dopo che lo abbiamo meritato, e che abbiamo ricevuto molto senza nessuna garanzia che avremmo restituito altrettanto. Proprio per questo Gesù non chiama in causa la giustizia di Dio, ma la sua misericordia, cioè il suo modo tutto speciale di andare oltre la misura del giusto premio o della giusta punizione, cioè il merito, per amare oltre ogni ragionevolezza e convenienza, oltre quello che meriteremmo.

Possiamo dire che questa terza parte del discorso di Gesù vuole metterci in guardia: attento, dice, se Dio si comportasse con te come a te sembra giusto comportarti con gli altri saresti il primo a dover pagare un prezzo pesante per il tuo agire: “Come voi giudicate, così Dio giudicherà voi, come condannate, così egli vi condannerà, la durezza inflessibile che vi sembra la giustizia da applicare agli altri sarà applicata anche a voi senza sconti né indulgenza.”

Cari fratelli e care sorelle, chi potrebbe resistere davanti alla giustizia di Dio che conosce i segreti del nostro cuore e legge nel profondo? L’unica nostra salvezza è confidare nella sua misericordia che sa vedere la parte migliore di noi e cerca in tutti i modi di farla prevalere, mettendo in secondo piano la peggiore.

Quest’ultima parte del discorso di Gesù afferma una verità tanto profonda quanto sconvolgente, e cioè che l’uomo ha il potere di “costringere” Dio ad essere buono con noi: “una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio.” Sono le parole di un patto con il quale Gesù impegna il Padre a donarci la sua benevolenza con abbondanza, come tutti noi desideriamo, basta che agiamo secondo il suo modo di voler bene, la misura traboccante e generosa del suo amore senza limiti.

Cari fratelli e care sorelle, al male del quale tante volte ci facciamo complici, Dio non risponde con la vendetta infliggendoci altrettanto male. È una idea infantile e falsa. Egli piuttosto sa cogliere il piccolo seme del bene che è in ogni persona e lo coltiva con cura e pazienza affinché germogli e dia frutti. A volte la nostra vista è corta, vuole subito vedere i frutti delle azioni umane, e per questo restiamo troppo facilmente delusi, ma fidiamoci di colui che ha accettato di limitare la propria onnipotenza sottomettendosi all’obbligo di volerci bene, e non saremo delusi. In questo modo faremo sì che non prevalga in noi l’amarezza del rimpianto o delle recriminazioni, ma si accenda la fiamma della speranza e della fiducia in lui, sentimenti, questi ultimi, che portano alla vera beatitudine.

  

Preghiere 

 

O Signore che agisci con noi con la misericordia del tuo amore senza limiti, fa’ che impariamo da te a vivere il bene che vince il male.

Noi ti preghiamo

  

O Dio, rafforza in noi la speranza che, con il tuo aiuto, il bene possa prevalere e non ci siano situazioni senza uscita. Insegnaci a guardare agli altri con i tuoi occhi misericordiosi.

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Padre del cielo per quanti soffrono per la forza del male che li opprime. Per i poveri, gli emarginati, le vittime della violenza e della guerra. Salvali,

Noi ti preghiamo

  

Guarisci o Dio i cuori prigionieri della paura e dell’odio. Libera quanti sono schiavi delle logiche di vendetta e del desiderio di prevalere sugli altri. Placa in ciascuno il demone dell’inimicizia,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore Gesù per la nostra città, per quanti in essa sono soli e disprezzati, giudicati male e condannati. Fa’ che trovino in noi volti amici e fratelli pronti a divenire loro familiari.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Dio per il nostro paese, attraversato da correnti di intolleranza che rende i cuori duri e insensibili. Fa’ che i tuoi discepoli sappiano testimoniare nella vita di tutti i giorni la bellezza di essere tutti fratelli,

Noi ti preghiamo.

 

Accompagna o Signore il nostro papa Francesco in questi giorni di malattia e fragilità. Guariscilo e rafforzalo nel compito di testimoniare il Vangelo della pace e della fraternità universale,

Noi ti preghiamo

  

Purifica o Dio la Chiesa da ogni desiderio di potere e dominio. Suscita in essa il tuo Santo Spirito che infiamma i cuori di amore gratuito e spinge al servizio umile per i piccoli.

Noi ti preghiamo

sabato 15 febbraio 2025

VI domenica del tempo ordinario - Anno C - 16 febbraio 2025

 


Dal libro del profeta Geremia 17,5-8

Così dice il Signore: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamarisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti».

 

Salmo 1 - Beato l’uomo che confida nel Signore.

Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, +
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa, riesce bene.

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15,12.16-20

Fratelli, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.

 

Alleluia, alleluia
Rallegratevi ed esultate, dice il Signore,
perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Alleluia, alleluia

 

Dal vangelo secondo Luca 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone.  Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.

Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo

infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il vangelo della liturgia di oggi riporta un discorso di Gesù nel quale descrive la condizione più felice dei “beati”, e quella di quanti sono condannati all’infelicità, ammoniti dall’esclamazione forte: “Guai a voi”. Emerge da queste parole un tratto caratteristico del suo modo di parlare, e cioè l’uso di affermazioni paradossali che appaiono in contraddizione con il buon senso comune, per due principali motivi.

In primo luogo perché non ammettono via di mezzo: o beati o infelici. La mentalità moderna giudica negativo ogni eccesso, e si guarda con sospetto a chi è esagerato o radicale nelle sue scelte. Spesso si pensa che basti che nel nostro agire prevalga la giusta misura, che spesso viene espressa con l’affermazione: “non ho fatto niente di male”. Ma nella mente di Dio la vita ci è donata perché produca bene, e lo produca in abbondanza, non solo per non fare niente di male.

In secondo luogo le parole di Gesù ci appaiono paradossali perché la beatitudine è identificata con ciò che generalmente viene considerato fonte di infelicità (povertà, fame, pianto, persecuzione, …), e le situazioni ritenute desiderabili (sazietà, ricchezza, riso, …) sono invece viste come motivo di infelicità.

Questi giudizi paradossali di Gesù ci obbligano oggi a interrogarci sul senso che diamo alla nostra esistenza e a cosa puntiamo per raggiungere la nostra felicità ed evitare la rovina.

Innanzitutto Gesù non descrive il beato con categorie morali, cioè come colui che è giusto, senza peccati; non è neppure il più saggio, né il più onesto e osservante scrupoloso dei comandamenti. No, per Gesù beato è il povero, l’affamato, chi è disprezzato ed escluso, il condannato. Ma che merito c’è, ci chiediamo, ad essere tali, perché basta essere debole e nel bisogno per essere beato?

Tutto ciò ci svela il metro di giudizio di Dio. Egli misura il suo voler bene all’uomo non sulla base dei suoi presunti meriti, ma sulla base del suo bisogno. E l’uomo è più beato perché è più voluto bene da Dio.

Ecco allora che chi si considera nel giusto e non bisognoso, non necessita di essere amato, e Dio non trova spazio in lui, al contrario di chi è bisognoso, il quale trova in Dio la fonte inesauribile di un amore di predilezione che rende tutta la sua esistenza benedetta e felice.

Gesù con le sue parole riprende la sapienza antica d’Israele, espressa nel brano del profeta Geremia: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. ... Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, …; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi.” Gesù spiega perché si è beati, pur vivendo in condizioni di estremo bisogno: “perché sarà saziato, perché riderà, perché riceverà la ricompensa, ecc…” Ovvero la beatitudine deriva dal fatto che il proprio bisogno di tutto fa sì che riceviamo da Dio un sovrappiù di amore e benedizione che rendono la nostra vita piena, come da soli non possiamo fare. Al contrario chi è convinto di avere già tutto, è sazio e autosufficiente, eviterà il rapporto con il Signore perché non sa che farsene o per paura di rimetterci, rischiando di rinunciare a qualcosa di sé.

Care sorelle e cari fratelli, in queste ultime settimane si parla molto di quanto avviene in alcuni Paesi del mondo. Prende piede un modo di agire e di decidere basato sull’imposizione di chi è più potente, disprezzando e non tenendo in considerazione chi è più debole. Lo si vede nelle politiche fra Stati, ed anche nelle scelte che decidono le sorti dei gruppi sociali all’interno delle singole nazioni. Come una smania di far vedere che alcuni possono decidere senza tener conto altro che non sia la propria convenienza, e di farlo senza dover fare i conti con le istanze di giustizia o ponendo dei correttivi in modo da non danneggiare i popoli o i gruppi economicamente e socialmente svantaggiati. Possiamo definirla a ben vedere un’applicazione spregiudicata e spietata della “legge del più forte”, che mette in conto che chi è debole è destinato a soccombere. È un atteggiamento che si esprime nelle politiche interne, nella facilità ad utilizzare lo strumento della guerra, come in Palestina o in Congo, nelle culture che riaffermano standard razzisti di purezza e puntano all’esclusione di chi è straniero o diverso.

Davanti a tutto ciò risuonano le parole del profeta Geremia che abbiamo ascoltato: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore.” Come già dicevamo, la fiducia nella propria forza, il desiderio di affermare la propria potenza allontana da Dio e rende l’uomo cieco e sordo al suo volere, e per questo infelice.

Il cristianesimo aborrisce la “legge del più forte”, non si impone con gli strumenti della potenza di questo mondo, non cerca la supremazia di chi può decidere sulla pelle degli altri, costi quel che costi. La nostra fede si modella sulla persona di Gesù, che è “mite e umile di cuore”, il quale, come dice S. Paolo, “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; … umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.” (Fil 2,7-8)

Ma questo non vuol dire che i cristiani sono senza forza o in balìa dei venti della storia. Paolo prosegue dicendo: “Per questo Dio l'ha esaltato, e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome” (Fil 2,9) Al Signore che si è lasciato umiliare e crocifiggere senza rinunciare per questo ad esercitare la forza invincibile del suo amore, Dio ha dato la vittoria finale della resurrezione, sulla quale il potere di questo mondo è impotente.

Ed allora in questo frangente noi cristiani siamo chiamati a resistere alla tentazione di fare nostra la “legge del più forte”, di accettare cioè le logiche che riaffermano il predominio del più forte a scapito di chi è debole, ma altrettanto siamo chiamati a resistere alla tentazione di ritirarci dalla storia come sudditi impotenti della volontà di chi esercita il potere. Il Signore Gesù risorto dai morti ci dà infatti un potere più grande, quello di cercare e realizzare il bene, con le armi deboli ma invincibile dell’amore e del perdono, con la pratica tenace della carità nei confronti dei poveri e dei deboli, perché con loro, anche se noi non siamo giusti o perfetti, possiamo condividere la gioia della beatitudine da lui promessa.

 

Preghiere 

 

Ti ringraziamo o Signore perché ci proponi la via della beatitudine che è affidarci a te con fiducia. Aiutaci a non fidare nelle nostre forze e capacità e a trovare nella tua Parola la via della gioia piena

Noi ti preghiamo

  

O Padre misericordioso, non guardare al peccato e alla debolezza della nostra vita, ma colma il vuoto di amore che ci rende infelici. Fa’ che facciamo nostra la gioia di essere tuoi discepoli e servitori di tutti.

Noi ti preghiamo

 

O Gesù che hai vissuto fino in fondo la beatitudine di una vita buona e generosa, con mitezza ed umiltà, fa’ che sappiamo imitarti, senza timore di essere giudicati male o di essere eccessivi.

Noi ti preghiamo

  

Fa’, o Padre buono, che mai ci sentiamo sazi e appagati ma sempre sentiamo il bisogno di cercare nella tua Parola e nella mensa eucaristica il cibo capace di nutrirci e mantenerci in vita.

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù, ti preghiamo oggi per tutti coloro che sono nel bisogno e che tu hai promesso di salvare e confortare. Suscita in noi compassione fraterna e generosità perché anche con il nostro aiuto chi è debole e indifeso incontri la tua salvezza.

Noi ti preghiamo

  

Dio di ogni bontà, ascolta l’invocazione di chi è nel bisogno e sollevalo dalla disperazione. Guarisci gli ammalati, consola i sofferenti, guida chi è disperso, salva chi è in guerra, perché tutti possiamo un giorno incontraci nel Regno che hai preparato per chi si sottomette al tuo volere.

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Signore di renderci degni di ricevere l’eredità di amore che ci è testimoniata da San Valentino. Fa’ che nella città in cui visse ed operò sappiamo scegliere come lui per ciò che conta veramente nella vita, senza accontentarci del poco che il mondo offre a chi si sottomette alla legge del più forte.

Noi ti preghiamo

  

Guida e proteggi o Padre tutti i cristiani. Fa’ che non facciano propria la logica di potenza del mondo, ma mostrino il volto umile e mite del discepolo che sa rivestirsi della forza del tuo amore per testimoniare il Vangelo del Regno a tutti gli uomini.

Noi ti preghiamo

 

mercoledì 5 febbraio 2025

V domenica del tempo ordinario - Anno C - 5 febbraio 2029

 

 Dal libro del profeta Isaia 6,1-2a.3-8

Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria».

Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e mi disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».

 

Salmo 137 - Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dei, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,
quando ascolteranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore:
grande è la gloria del Signore!

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15,1-11

Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano! Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Venite dietro a me, dice il Signore,
vi farò pescatori di uomini.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 5,1-11

In quel tempo, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genesaret e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, l’episodio che narra Luca nel vangelo di oggi si situa agli inizi della vita pubblica di Gesù. Fin dai suoi primi passi il Signore si caratterizza come colui che parla a tanta gente, come avvenne anche nel suo paese, Nazareth. La sua vita è spesa nello sforzo di comunicare un messaggio importante a più persone possibile, superando ogni difficoltà e chiusura. Lo strumento principale che usa Gesù è, dunque, la parola. Essa però non è come tante altre, perché è efficace, trasforma la vita e le persone, opera miracoli. Nel brano che abbiamo ascoltato l’evangelista Luca, all’inizio della vita pubblica di Gesù e del suo impegno a parlare a tanti, vuole come darci una indicazione su che cosa vuol dire ascoltare Gesù, cioè su come divenire suoi discepoli.

Pietro era stato tutta la notte a pescare, ma senza risultato. Possiamo immaginare la sua stanchezza e delusione, il senso di fallimento e, forse, anche la preoccupazione per come avrebbe potuto sfamare la famiglia che dipendeva dal suo lavoro. In questa situazione possiamo leggere anche la preoccupazione di tanti oggi, quando il futuro si prospetta incerto. In una situazione così era normale che Pietro pensasse a sé e non stesse a perdere tempo con i discorsi di un giovane predicatore. Anche noi spesso siamo presi dalle nostre preoccupazioni che ci sembrano più importanti rispetto a qualunque altra cosa.

Invece Pietro ascolta Gesù, e non solo, lo fa addirittura salire sulla sua barca e lo trasporta un po’ al largo, perché possa parlare più liberamente a tutti. È questa la prima indicazione che ci viene dal Vangelo: non basta prestare distrattamente l’orecchio, bisogna accogliere Gesù nella barca della propria vita, perché le sue parole non restino solo astratte esortazioni ma i consigli di un amico importante. È questo il senso di quello “scostarsi un poco da terra”, cioè dal luogo della sicurezza e del già noto, per entrare nell’instabile navigazione verso un oltre ignoto lontano dalla riva conosciuta. Infatti ogni volta che ascoltiamo il Vangelo con cuore aperto siamo sospinti verso un oltre di amore, di interesse per gli altri, di responsabilità per le realtà che incontriamo che aprono un mare aperto di domante, ma che ci donano anche una maggiore profondità nel quale scoprirci capaci di risposte che non pensavamo di avere.

Al termine del suo discorso rivolto alla folla, Gesù si rivolge personalmente a Pietro. Quando si è creata un’intimità con Gesù sulla nostra barca, le sue parole sono sentite da ciascuno in modo personale, rivolte a sé. Quello di Gesù è un invito assurdo se non addirittura fuori luogo. Che senso ha riprendere una pesca che già si è rivelata infruttuosa? Pietro però si fida e “sulla sua parola” obbedisce. È quella fiducia semplice e concreta di cui parla il Signore, quando dice che basta una fede piccola come un granello di senape per spostare una montagna. Sì, basta una fiducia semplice e un po’ ingenua come quella di Pietro e le cose che sembravano impossibili diventano possibili. È questo l’atteggiamento che chiamiamo “fede”, che non significa aderire a un concetto astratto, ma fidarsi di quello che il Signore dice di fare, anche se non ne siamo convinti.

È la seconda preziosa indicazione che ci giunge dal Vangelo di oggi: ascolta veramente Gesù chi non rimane scettico e senza opporre obiezioni anche ragionevoli fa diventare quella parola azioni, decisioni, vita vissuta. Questo immediato vivere la parola produce frutti abbondanti e la pesca miracolosa si rivela una benedizione non solo per Pietro, ma anche per gli altri pescatori. La benedizione che viene dalla decisione di ascoltare col cuore il Vangelo e di viverlo infatti si spande su chi ci è vicino, produce frutti buoni di cui tanti possono godere.

A questo punto Pietro torna da Gesù. Quasi sembra mettere in secondo piano il lavoro di raccogliere i tanti pesci presi, venderli, portarli alla famiglia, sistemare reti e barca. Non si ferma a godere dei risultati e a trarne la meritata soddisfazione. La gioia fa tornare Pietro da Gesù perché ha maturato una rinnovata coscienza di sé e la rivela senza paura: ora sa che è fragile, bisognoso di aiuto e di perdono: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». L’ascolto vero della Parola infatti ci rivela chi siamo veramente. Spesso facciamo tanto per mascherarlo, ammantandoci di un’artificiosa autosufficienza. Il vangelo ci fa capire che è fatica sprecata, che è meglio rivelarci a noi stessi e al Signore così come siamo, povera gente bisognosa di aiuto e di consiglio, persone che da sole sperimentano la fatica vana e una vita con poco frutto. Ecco che Simone allora torna da Gesù con l’umiltà di chi ha trovato ciò di cui ha bisogno. Quest’uomo prostrato in ginocchio davanti a Gesù è l’immagine del credente, esempio per tutti noi. Egli riconosce il grande dono che ha ricevuto senza merito e riconosce il bisogno di essere amato da Gesù proprio perché peccatore.

Pietro esclama: “Allontanati da me che sono un peccatore”. Ma Dio non si allontana dal peccatore, anzi gli si avvicina; non è venuto per circondarsi di giusti ma di umili che riconoscono il proprio peccato; non va incontro ai sani, va in cerca dei malati che cercano la guarigione. Quella di Pietro è la preghiera più autentica, perché nasce dal cuore di chi ha bisogno di aiuto: esprime la verità di tutti noi di fronte a Dio.

Nel nostro mondo, in cui gli uomini non accettano di chinare il capo davanti a nessuno, orgogliosi della propria superiorità e indipendenza, è necessario recuperare la profondità di Pietro che riconosce che da solo non può farcela, Ha bisogno di Gesù, ma anche degli altri suoi compagni pescatori che lo aiutino a sostenere la fatica del lavoro. Abbiamo tutti bisogno di ritrovare la fede semplice di Pietro che lo rende ascoltatore della sua Parola, gliela fa mettere in pratica per poi tornare da lui per restarci assieme sempre.

A noi, poveri uomini e povere donne, ma prostrati davanti a Dio, oggi viene detto, come a Pietro quel giorno: “Non temete, d’ora in poi sarete pescatori di uomini”. “D’ora in poi” dice il vangelo. È per Pietro l’inizio di una nuova vita, quella con Gesù. Ma è un nuovo inizio anche per ciascuno di noi, ogni volta che ascoltiamo la Parola di Dio e su quelle parole ci fidiamo con semplice immediatezza di fondare la nostra vita.

 

Preghiere

  

O Signore Gesù, aiutaci a non essere ascoltatori disattenti e superficiali della tua Parola, ma fa’ che la facciamo entrane nella nostra vita come Pietro ti fece salire sulla sua barca.

Noi ti preghiamo

 

Ti chiediamo o Signore di aiutarci ad avere una fiducia sincera nel Vangelo. Perché non pensiamo che i tuoi insegnamenti sono troppo alti o difficili, ma li mettiamo in pratica scoprendo che è possibile spostare le montagne di male che sovrastano il mondo.

Noi ti preghiamo


Padre misericordioso perdonaci quando crediamo di avere già capito, di sapere come va il mondo, di essere capaci di fare da soli. Aiutaci a scoprire il bisogno che abbiamo di te, del tuo perdono, della tua misericordia.

Noi ti preghiamo

  

O Dio che non dimentichi chi ha fiducia in te, fa che torniamo fedelmente per ricevere il tuo consiglio ed il sostegno di cui abbiamo così bisogno. Fa’ che qui nella tua casa cerchiamo il senso della vita che altrove non possiamo trovare.

Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Signore per tutti i malati ed i sofferenti. Sostieni e guarisci chi è nel dolore, fa’ che la potenza della tua resurrezione si effonda nei corpi e negli spiriti di chi ha fede in te.

Noi ti preghiamo

  

O Cristo Gesù che ti sei mostrato agli uomini umile e povero, fa’ che sappiamo fermarci davanti a chi chiede aiuto e ha bisogno del nostro sostegno. Ti preghiamo per chi è senza casa e famiglia, per i prigionieri, per chi è forestiero e profugo, per chi ha fame, per tutti i poveri.

 

Sostieni o Signore le vittime della violenza e della guerra, tutti coloro che sono feriti nel corpo e nello spirito. Fa’ che presto un futuro di pace li salvi.

Noi ti preghiamo

  

Aiuta o Signore il papa Francesco che annuncia il Vangelo e testimonia il tuo amore nel mondo. Fa’ che anche noi sappiamo imitare il suo coraggio e suscitiamo in molti i frutti buoni di conversione e riconciliazione con te.

Noi ti preghiamo

 

sabato 1 febbraio 2025

Festa della presentazione di Gesù al tempio - Anno C - 2 febbraio 2025

 


Dal libro del profeta Malachia 3,1-4

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.
Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani».

 

Salmo 23 - Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.

Alzate, o porte, la vostra fronte, +
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è questo re della gloria? +
Il Signore forte e valoroso,
il Signore valoroso in battaglia.

Alzate, o porte, la vostra fronte, +
alzatevi, soglie antiche,
ed entri il re della gloria.

Chi è mai questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.

Dalla lettera agli Ebrei 2,14-18

Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

 

Alleluia, alleluia alleluia.

I miei occhi hanno visto

la Tua salvezza o Signor:

luce che illumina le genti

gloria del popolo, Israel.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.  

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli:

luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».  C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.  

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, sono passati quaranta giorni dal Natale, e celebriamo oggi la festa della Presentazione al tempio di Gesù. Il Vangelo di Luca descrive come Maria e Giuseppe, secondo le prescrizioni della Legge, portarono il bambino Gesù al tempio di Gerusalemme. Era una legge di Israele che voleva significare come il dono di una nuova vita, un figlio appena nato, andava partecipata con Dio, perché ne “prendesse possesso”, per così dire, con la sua benedizione e benevolenza. È un po’ quello che anche noi facciamo con il battesimo, quando accompagniamo per la prima volta un bambino davanti al Signore e invochiamo da lui la liberazione dal male e l’incorporazione nella grande famiglia dei suoi figli.

Nella tradizione dell’Oriente cristiano questa festa viene celebrata come la “festa dell’Incontro” tra Dio e il suo popolo e celebra Gesù come «luce delle genti». È il significato del rito che ha preceduto la Liturgia, con l’accensione delle candele. Infatti con la sua nascita il Signore che viene incontro alla nostra vita, e lo fa ancora ogni volta nella liturgia che celebriamo. Egli viene a illuminare la nostra vita e la vita del mondo, dove ci sono tanti angoli immersi nel buio. E il buio più fitto e tenebroso è la mancanza di speranza, cioè l’assenza di un motivo per attendere un tempo migliore e per darsi da fare per realizzarlo. È questo il buio più nero che può avvolgere una persona. Ma ecco che oggi la liturgia ci ricorda con forza che il Signore viene incontro al suo popolo per ridare la luce della speranza, perché come ricorda la Lettera agli Ebrei: egli si prende cura «della stirpe di Abramo», cioè di tutti noi.

Questa festa ci presenta due anziani e un bambino, proprio a significare che la speranza è qualcosa di tenero e delicato, di nuovo, che va coltivato, fatto crescere, come un bambino, ma che cresce fra le braccia dell’esperienza vissuta nella concretezza e nella lunghezza del tempo. La speranza non è un risultato già ottenuto: spesso noi abbiamo fretta e diamo importanza solo a ciò che è già realizzato, già cresciuto. Dio invece viene per affidarci un bambino da crescere, e non un risultato già ottenuto. A volte questo suscita delusione, ci sembra che Dio non ascolti le nostre preghiere perché non si realizza subito quanto chiediamo. Ma Dio risponde sempre con un segno del suo amore, anche quando esso è un sogno da far crescere, una speranza a cui affidarsi.

Ma come riconoscere questo bambino fra le tante vane illusioni che il mondo ci prospetta? Egli infatti non si impone all’attenzione.

Il Vangelo ce lo spiega facendoci l’esempio di Simeone, un uomo anziano che era «in attesa della consolazione di Israele». Egli cioè cerca i segni di speranza per il suo popolo, e per questo si lascia guidare dallo Spirito di Dio, non si rassegna allo spirito di questo mondo, che afferma che nulla può cambiare e tutto nella storia e nella vita è destinato a ripetersi nel peggio. Simeone riconosce il Signore Dio in quel bambino perché attende e cerca, nonostante l’età avanzata e le delusioni che forse ha già sperimentato, come tutti noi. Ecco allora la prima cosa necessaria per riconoscere Dio che ci viene incontro: restare in attesa, in ricerca, nonostante tutto, di motivi di speranza, sentirne con forza il bisogno come qualcosa senza di cui non si può vivere.

Il Vangelo sottolinea come Simeone si reca al tempio «mosso dallo Spirito.» Non va lì solo per una stanca abitudine. Per noi il tempio della presenza del Signore è la Parola di Dio e lì dobbiamo tornare per ricevere, come Simeone, la profezia che non moriremo prima di vedere il Messia, il Cristo. Quell’uomo anziano si lascia condurre da una profezia, cioè non è rassegnato e dimostra di avere un cuore attento, vigile, non sclerotizzato dietro ai propri lamenti, ma che continua a nutrirsi della Parola di Dio. E quando vede Gesù Simeone lo prende tra le sue braccia: il Signore si fa prendere in braccio da coloro che si lasciano sospingere dallo Spirito di Dio ad aspettare e coltivare una speranza per la propria vita e per la vita del mondo.

Una volta riconosciuta in Gesù quella speranza tanto attesa Simeone prorompe in un canto di gioia, pieno di stupore e riconoscenza per il dono ricevuto, il compimento della sua vita: «Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Eppure, potremmo dire, gli occhi di Simeone non hanno visto Gesù cresciuto, non hanno ascoltato la predicazione del suo Vangelo, né la resurrezione dalla morte, ma egli guarda lontano. Illuminati dalla Parola di Dio, gli occhi della sua fede non si fermano al presente, ma vedono anche ciò che non è ancora visibile, ed egli lo confida a Maria, con parole fuori dal comune. Quel bambino, dice Simeone, sarà un segno di contraddizione, cioè non seguirà lo scontato corso della vita come tutti se l’aspettano, e per questo sarà allo stesso tempo motivo di gioia profonda ma anche di sofferenza: gioia della speranza comunicata, ma anche fatica di un cammino difficile per realizzarla. Possiamo leggere le parole di Simeone a Maria come un annuncio della croce, cioè che la realizzazione di un mondo nuovo deve passare attraverso il dono pieno di sé per amore.

A confermare questa profezia c’è un’altra figura che emerge come un’audace testimone, anch’essa anziana, la profetessa Anna, una vedova che ha ottantaquattro anni. Anche lei riconosce nel bambino il Messia e inizia a narrare quella buona notizia a quanti sono presenti nel tempio. Ecco come avviene quel primo incontro tra il Figlio di Dio e il suo popolo: due anziani, Simeone e Anna, lo riconoscono, gli umili e i poveri accolgono la luce di quella vita che dona a tutti una speranza, e per questo lodano e ringraziano Dio e iniziano a comunicare questo vangelo a tutti. Nella vita di due anziani e nell’incontro tra le generazioni passa la speranza del Vangelo che si comunica di cuore in cuore.

  

Preghiere 

 

O Signore ti invochiamo, donaci uno sguardo puro che guarda al futuro con speranza. Insegnaci a cogliere i segni che permettono di credere nell’amore che tu vuoi a ciascuno di noi.

Noi ti preghiamo

  

Perdona Signore il realismo con cui giudichiamo le persone e le realtà e che non ci fa cogliere la forza di cambiamento che il Vangelo ci affida, affinché siamo sempre operatori di speranza.

Noi ti preghiamo

 

Guida o Signore quanti sono nel buio e cercano una luce che illumini il loro cammino. Ti preghiamo perché tutti possano ascoltare la chiamata a vivere la speranza del Vangelo.

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Padre del cielo che ogni tuo discepolo sia testimone di speranza e lavoratore infaticabile per la sua realizzazione. Non permettere che vinca delusione e scetticismo, ma si ravvivi in ciascuno di noi la fiducia in te.

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Signore per quanti oggi sono nel dolore e soffrono nel corpo e nello spirito. Per i malati, gli anziani, i soli, chi è senza casa e famiglia. Fa’ che ognuno trovi in te consolazione e protezione dal male.

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Padre quanti vivono minacciati dalla guerra e dalla violenza. Dona pace ai popoli che oggi sono nella sofferenza e apri cammini di riconciliazione e dialogo.

Noi ti preghiamo.

 

Guida e proteggi o Padre il nostro papa Francesco nel suo impegno di percorre e mostrare a tutti la via del Vangelo per i nostri tempi.

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Signore Gesù quanti ti invocano nel mondo, specialmente quanti lo fanno nel pericolo e minacciati dalla persecuzione. Fa’ che presto tutti possano liberamente vivere e annunciare il tuo vangelo di pace.

Noi ti preghiamo

III domenica del tempo ordinario - Anno C - 23 gennaio 2025

 


 

Dal libro di Neemìa 8,2-4.5-6.8-10

In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere. Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Lo scriba Esdra stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l’occorrenza. Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore. I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura. Neemìa, che era il governatore, Esdra, sacerdote e scriba, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza».

 

Salmo 18 - Le tue parole, Signore, sono spirito e vita.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12,12-30

Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?

 

Alleluia, alleluia alleluia.

Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 1,1-4; 4,14-21

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nazareth, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi celebriamo la festa della Parola di Dio e la liturgia con la lettura del libro di Neemia ci riporta al tempo in cui Israele tornò in Palestina dopo la lunga deportazione a Babilonia. Siamo circa nel 400 avanti Cristo e gli ebrei, tornando, trovano una Gerusalemme in rovina. La guerra e l’abbandono l’avevano resa inabitabile. Per questo si diede inizio alla sua riedificazione, a partire dal tempio e dalle mura di cinta.

Ma anche questi impegnativi lavori sembrano non bastare a restaurare la vita del popolo nella sua città. Per questo Neemia indice una pubblica lettura della Scrittura, alla quale partecipano tutti. È un momento pieno di commozione. Tutti sono toccati in profondità dall’ascolto della Parola che per tanto tempo era rimasta muta. È un evento che ristabilisce il legame forte e profondo del popolo con Dio dei suoi membri fra loro.

Anche oggi in un certo senso le nostre società occidentali appaiono disorientate e confuse, come reduci da un esilio nel quale si sono perse le radici culturali e spirituali, l’identità, il senso di comunità.

Lo si dice spesso, la globalizzazione spinta ha portato il mondo ad essere come un grande paese, dando l’impressione a tutti di essere membri di un’unica grande comunità in cui ci si conosce, ci si vede, si sa un po’ tutto di tutti. Ma, allo stesso tempo, in questa grande piazza universale della globalizzazione ci si sente sperduti e isolati, disorientati, senza poter più sapere quello a cui si può dare fiducia e cosa è ingannevole. È un tempo di cambiamento nel quale il futuro appare incerto e i riferimenti sicuri di un tempo vacillano. Ci spaventano le guerre che scoppiano così vicino a noi e la riemersa minaccia nucleare, l’apparente disordine mondiale e l’incapacità a ritrovare un nuovo sistema che bilanci i poteri e riporti un equilibrio pacifico.

Davanti a tutto ciò si sente il bisogno di un riferimento solido al quale aggrapparsi, una bussola, o piuttosto una guida sicura che indichi un cammino verso un futuro tranquillo e prospero.   

Nel mondo e in Europa vediamo che la scelta di molti popoli è per dotarsi di guide politiche che offrano questo riferimento solido, le certezze di una guida sicura. Al di là delle scelte politiche dei singoli Stati un tratto mi sembra comune a tutti: la convinzione di poter e dover farcela da soli. Gli altri, fossero i popoli o categorie di persone, o sono visti come rivali da abbattere e umiliare, o pesi morti da escludere ed eliminare.

La parabola che Paolo rappresenta nel brano ascoltato della lettera ai Corinzi ci dà un chiaro quadro di cosa significhi tutto ciò: può un membro del corpo, per quanto forte e vitale, fare a meno degli altri? Può il cuore o il cervello o le mani, cioè le parti che sembrano le più decisive perché hanno la capacità di operare scelte e di agire concretamente, fare a meno di tutti gli altri organi del corpo? Si potrebbero fare gerarchie sull’indispensabilità di questo o quell’organo, ma Paolo ripropone una verità che è evidente a tutti: tutti gli organi sono necessari a costituire un corpo sano, armonioso, capace di vivere bene. Ciascun organo è utile e fa stare bene tutto il corpo.

Certo nella realtà sociale e politica globale è difficile applicare questo principio che per il corpo appare così evidente, è più facile pensare che fare a meno degli altri è facile ed è meglio, e che devo interessarmi solo di quelli che aumentano la mia potenza.

Cari fratelli e sorelle, la conseguenza di questo modo di pensare e agire è sotto gli occhi di tutti: guerre, disuguaglianze, terrorismi globali, corsa all’armamento anche nucleare che impoverisce Stati e società. È quello che papa Francesco ripete da tempo facendo appello alla ragionevolezza di tutti.

Dove trovare le ragioni per costruire la consapevolezza che gli altri non possono essere considerati solo una minaccia o un peso inutile, ma che sono tutti necessari per una vita armoniosa?

Neemia questo cercò di fare: ridare al popolo quell’anima che anni di deportazione avevano umiliato nello svuotamento della schiavitù.

Egli sa che la vera forza e libertà si riacquista in un rapporto diretto e personale con Dio che riconnetta tutta la società in un’unica grande famiglia umana legata da vincoli di solidarietà. È questa l’unica roccia che dà sicurezza e stabilità a chi vi costruisce sopra la propria vita. Per questo fa sì che Dio parli al popolo, “esca” dal chiuso del tempio per entrare nelle vite e parlare agli ebrei come aveva fatto fin dai tempi di Abramo, dei patriarchi e dei profeti.

È toccante la scena del popolo raccolto in silenzio, commosso dal risuonare delle parole che Dio gli ha rivolto nella storia: “Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. … tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.” Sì, quando l’uomo presta ascolto alla Parola di Dio vengono toccate le corde profonde della sua anima, e quelle che a prima vista sembrano storie antiche diventano l’oggi di chi le ascolta. La Parola di Dio innanzitutto ricostruisce la comunità fra quelli che la ascoltano: ci sono tutti, di tutte le età e le condizioni, poveri e ricchi, importanti e marginali, piccoli e grandi, e alla voce della Scrittura che parla di nuovo i loro cuori tornano a battere allo stesso ritmo. È quello di cui abbiamo bisogno anche oggi per uscire dal pericoloso processo di esclusione, conflitto, sfruttamento globale.

Tutto comincia dalla scelta personale di ciascuno di noi. Diveniamo attori e non sudditi della storia. Dio parla all’umanità e indica le vie per vivere bene e felici, ascoltiamo e viviamo le sue parole e scopriremo che tutti sono necessari e utili al corpo delle famiglie, delle società, delle nazioni.

 

Preghiere


Donaci o Signore un ascolto attento e profondo della tua Parola, perché essa entri nei nostri cuori e trasformi con la sua potenza le nostre vite,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Padre nostro che nessuna delle tue parole cada nel vuoto, ma rimanga in noi e ci segni in profondità. Donaci la gioia autentica che viene dall’ascolto e dalla conversione della nostra vita

Noi ti preghiamo

 

Fa’ o Signore Gesù che ad ogni popolo sia proclamato il Vangelo di salvezza. Perché ogni uomo e ogni donna abbia presto la possibilità di udirne il messaggio di salvezza e trovare in esso la speranza e il senso della propria vita,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Dio l’opera di papa Francesco che comunica il Vangelo a tanti nel presente segnato da guerre, diseguaglianze e  ingiustizie, perché tutti l’accolgano come Parola efficace trasformatrice del nostro mondo,

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Padre la durezza dei nostri cuori e la distrazione che fa scivolare via le tue Parole e le rende inutili e scontate. Manda il tuo Spirito nei nostri cuori perché siano attenti e docili ad esse,

Noi ti preghiamo

  

Concedi o Padre misericordioso a ciascuno di noi di scoprire il nostro bisogno, perché come piccoli e umili gustiamo con gioia la liberazione dalla schiavitù del peccato e la salvezza dal male che ci tiene prigionieri,

Noi ti preghiamo.

 

Salva o Dio tutti coloro che vivono nella guerra e nella violenza, dona la tua pace a chi oggi è vittima degli odi, consola chi soffre per l’ingiustizia e la sopraffazione,

Noi ti preghiamo

  

Guarda o Padre misericordioso con amore a questo nostro mondo e suscita in esso uomini che vivano il coraggio e la fedeltà del tuo amore, perché ovunque nel mondo la Chiesa guidi a te chi è disperso e senza futuro,

Noi ti preghiamo