sabato 11 dicembre 2010

Anno A - III domenica di Avvento


Dal libro del profeta Isaia 35,1-6a. 8a.10
Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.

Salmo 145 - Vieni, Signore, a salvarci.

Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.


Dalla lettera di Giacomo 5,7-10
Siate costanti, fratelli miei, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me,
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 11,2-11
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».


Commento


Care sorelle e cari fratelli, dopo il tempo in cui le folle cercavano Giovanni sulla riva del Giordano per ascoltarlo e ricevere il battesimo, il Vangelo di oggi ce lo fa vedere prigioniero in carcere. Quell’uomo aveva ricevuto e vissuto la Parola di Dio, vestito semplicemente come un pastore nomade, senza ricercatezza ad ammorbidirne i tratti, proprio come è la Scrittura che ascoltiamo oggi. Lì nell’ambiente difficile nel deserto della Galilea aveva predicato la venuta imminente del Regno di Dio, ma ora, in carcere, sembrava che tutto ormai fosse finito, che il suo grido fosse stato messo a tacere per sempre e che quel del Regno di giustizia, di pace e di amore che aveva annunciato era stato definitivamente risucchiato dal buio del carcere. Giovanni infatti fu imprigionato per la cattiveria di una donna stanca di sentire la parola severa di Giovanni che metteva sotto accusa il suo modo di vivere dissoluto, e di lì a poco sarebbe morto per il capriccio di una ragazzina. Si trovava in una situazione lontana dalla giustizia, dalla pace e dall’amore che pure lui stesso aveva detto che stavano per realizzarsi.
Non è quello che anche noi tante volte proviamo? Davanti a questo mondo, agli abissi di violenza e di crudeltà umana, o di fronte alle montagne di indifferenza per cui migliaia di innocenti, per lo più bambini, muoiono ogni giorno per la fame, le malattie, la povertà in tanti paesi del mondo, ma anche davanti al dolore che tante volte si abbatte sulle nostre spalle improvviso e pesante come si fa a credere che un regno di pace, di giustizia e di amore si sta per realizzare? Il buio ci acceca e risucchia tante volte anche lo spiraglio di speranza che la Parola di Dio ci fa intravedere. Cosa pensare?
Eppure nell’oscurità della prigionia Giovanni non si fa vincere dalla rassegnazione per la propria situazione personale. La sua vita è condannata e chiunque direbbe che ormai non ha senso per lui aspettarsi nulla di buono, il suo futuro è bloccato, eppure proprio dal carcere sente parlare delle opere compiute da Gesù e questo fa rinascere in lui la speranza. Quella notizia, anche se non lo riguarda personalmente, né risolve la difficoltà di quel momento duro del suo presente, lo riporta alla fiducia e riapre la porta del suo futuro. Al contrario noi in genere facciamo fatica a considerare una buona notizia che non riguarda noi stessi qualcosa in grado di farci uscire dalle nostre angustie del presente. Una volta Gesù espresse tutta la sua amarezza per il fatto che nonostante i numerosi miracoli da lui compiuti città intere erano rimaste indifferenti, chiuse nelle mura di un pessimismo che ancora oggi tante volte vediamo circondare e opprimere come una cappa pesante il futuro delle nostre società: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, avvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.” (Mt 11) Le sue parole sono state di condanna per quelle città perché il loro pessimismo indifferente al bene che vi si era realizzato aveva come suggellato la condanna alla morte dei loro cuori. Paradossalmente, al contrario, la vita di Giovanni condannato a morte è come fatta rinascere dalla notizia dei miracoli compiuti da Gesù! E’ questa la grandezza di Giovanni cui accenna Gesù, ed anche la forza del cristiano: saper leggere con fiducia e speranza i segni di bene dell’oggi per riuscire attraverso di essi ad avere la visione di un futuro nuovo che si apre alla speranza. E’ questo lo spirito che siamo chiamati a vivere in Avvento: accogliere il vangelo che ci è annunciato come un filo che ci lega ad un futuro che ancora non vediamo chiaramente, magari lo intuiamo solo, ma che “attendiamo con perseveranza”, come dice Paolo ai Romani (Rm 8,25). L’attesa di un tempo nuovo, della visita di Dio alla nostra vita, del suo volto amico che si accosta a noi. L’attesa della fine delle guerre nel mondo, l’attesa di una buona notizia che porta luce negli angoli bui del mondo e della nostra vita.
Ma noi speriamo ancora in un futuro diverso? Non vince forse piuttosto la convinzione che ormai sappiamo come vanno le cose e niente di nuovo potrà mai realizzarsi?
Giovanni non ragiona così: nel buio del carcere sente parlare di Gesù e subito nasce in lui la speranza che il Signore sia la realizzazione dell’attesa: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» Domanda angosciata, di un uomo a un passo dalla morte, ma piena di speranza perché è la domanda di un uomo che attende, che lega ancora la sua vita di condannato a morte, che tutti direbbero senza più valore, alla promessa di un futuro migliore, grande e bello. E’ un illuso, diremmo noi, uno che ancora non ha capito niente della vita. Eppure il Signore dice di lui che “tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista”. Proprio questa sua speranza incrollabile che lo fa attendere un futuro nuovo contro ogni realismo, contro ogni razionalità, lo rende l’esempio più alto di discepolo, anzi di uomo, come dice Gesù. Ma siamo capaci noi di seguirne l’esempio? Il nostro filo di speranza è allentato, perché non attendiamo più niente di nuovo, sappiamo già tutto come va e come andrà, e per questo non siamo più nemmeno in grado di accorgerci di quello che avviene attorno a noi: di chi sta male, di chi è triste, di chi ha bisogno, come anche di chi ritrova la felicità nell’incontro col Signore.
Cari fratelli e care sorelle, giovedì scorso abbiamo celebrato in questa chiesa il funerale di Mario, che molti di noi conoscevano. Egli aveva vissuto tanti anni per strada, ma poi tre anni fa aveva incontrato proprio qui a Santa Croce una casa e una famiglia che lo ha amato. Si è realizzato un miracolo: l’affetto ha fatto rinascere calore e speranza proprio là dove sembrava avesse ormai vinto definitivamente l’abbandono e la tristezza. E con lui tanti altri hanno trovato qui accoglienza e calore, il porto sicuro nel quale riprendere fiducia e ricominciare a costruire un futuro migliore. Eppure questo non basta a vincere il nostro pessimismo, e la rassegnazione. Conta di più il nostro malessere, lo scontento, l’insoddisfazione, piuttosto che l’avverarsi miracoloso di un angolo di regno di Dio proprio qui accanto a noi, a nostra portata di mano.
Fratelli e sorelle questa è la vera condanna che noi stessi ci comminiamo. Significa infatti uccidere lo spirito d’Avvento, non essere più capaci di aspettare il bene se non per me stesso, non saper gioire della vittoria sul male che avviene sotto i nostri occhi.
Il Signore si sdegna di questa freddezza e pronuncia la condanna dura a cui facevo cenno, ma perché allora non smuovere i macigni dai nostri cuori e accogliere con fiducia e gioia l’invito di Isaia: “Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, … Egli viene a salvarvi”, perché non rallegrarsi con Giacomo che assicura alla sua giovane e timorosa comunità: “Siate pazienti, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina… Il giudice è alle porte”. Gesù infatti non vuole deprimere le nostre fiacche energie, non è venuto per condannare e schiacciare la nostra debolezza. Egli sa bene come siamo fatti, ha sperimentato nella sua stessa carne la debolezza e la fatica a mantenere viva la speranza e a lavorare concretamente per un futuro migliore. Per questo risponde ai discepoli di Giovanni: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella”. E’ quello che anche noi possiamo vedere realizzato sotto i nostri occhi.
Ecco in poche, semplici parole cosa significa essere discepoli del Signore, cioè uomini e donne capaci di attendere la realizzazione della felicità promessa. Solo se sapremo gioire come quei ciechi, storpi, lebbrosi, sordi, poveri, di cui parla il Signore, cioè solo riconoscendo la nostra debolezza e bisogno di aiuto, sapremo trovare la guarigione che Gesù assicura a chi lo invoca. Infatti dice: “Ai poveri è annunciata la buona notizia” ma non perché Dio non parli ai ricchi, ma perché loro credono di saperla già la buona notizia, non gliene importa niente, perché non ne hanno bisogno. Loro di buone notizie credono di poterne fare a meno, perché hanno già tutto. Chi è povero no, le buone notizie le desidera e le aspetta, tendendo la sua speranza legata alla Parola di Dio che non delude mai chi vi si affida con fiducia.



Preghiere


O Signore Gesù ti preghiamo: compi ogni giorno i miracoli di amore per i quali i poveri e i piccoli ti invocano. Aiutaci a rendercene conto perché sappiamo gioirne e alimentare con essi la nostra speranza nel regno futuro di pace e di giustizia.
Noi ti preghiamo

Ti ringraziamo o Signore per il dono del nostro fratello e amico Mario che ha incontrato qui a Santa Croce una casa e una famiglia. Fa’ che guidàti dal suo esempio sappiamo anche noi gioire della benedizione del tuo amore che non dimentica nessuno e dona guarigione e salvezza a chi lo invoca.
Noi ti preghiamo

O Dio Padre onnipotente proteggi ogni uomo e ogni donna che vive per strada. Da’ un tetto a chi è indifeso e fratelli a chi non ha nessuno. Fa’ che il freddo del clima e dei cuori sia riscaldato dalla fiamma del tuo santo Spirito di carità.
Noi ti preghiamo

Ti ringraziamo o Signore perché con la tua nascita fra di noi vuoi colmare la distanza delle nostre vite da te e dal tuo amore. Fa’ che sappiamo aspettarti liberi dall’impaccio del nostro egoismo e distratti dalla fissazione su noi stessi. Aiutaci ad attendere con impazienza che la tua venuta realizzi un tempo di pace e di salvezza per il mondo intero.
Noi ti preghiamo

Accogli e consola, o Dio nostro Padre, la vita di tutti coloro che soffrono nella solitudine. Ti preghiamo per i malati e per gli anziani, per le vittime della guerra e delle ingiustizie, per gli immigrati e gli i zingari, per chi assieme a loro attende un tempo nuovo e lavora per la giustizia. Benedici le loro vite e proteggili.
Noi ti preghiamo

Sostieni o Signore Gesù la mano di chi opera per il bene altrui e guida i piedi di chi cerca la pace. Fa’ che ogni tuo discepolo si leghi al giogo soave del Vangelo e sappia indicare Te come la fonte di ogni gioia e la tua Parola come benedizione e salvezza della vita di ciascuno.
Noi ti preghiamo.

In questo tempo di Avvento o Padre misericordioso, aiutaci a coltivare l’attesa impaziente per la tua venuta, perché pronti ad uscire dalle nostre case sappiamo incontrarti nel freddo delle vie del mondo, piccolo e indifeso come un bambino.
Noi ti preghiamo

Fa’ che i tuoi discepoli ovunque dispersi sappiano scrutare il cielo e riconoscervi i segni di speranza da seguire per incontrarti, come i Magi che seguendo la stella giunsero a Betlemme.
Noi ti preghiamo

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