giovedì 23 dicembre 2010

Incontro IX (III di Avvento) - 22 dicembre 2010




La liturgia di domenica scorsa insisteva sul fatto che Dio vuole darci un segno, quasi contro la nostra stessa volontà (vedi esempio di Acaz).

Is 7, 10-14
In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto». Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».

Lc 2, 8-13
C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: "Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia".

Cosa vuol dire un segno ? Perché Dio ci tiene così tanto ?
Perché la sua presenza non può essere evanescente: un sentimento, un pensiero, una sensazione passeggera e fugace, un ideale o dei valori.

Dio si incarna a Natale, è un segno reale e concreto, un bambino, e poi un uomo concreto. Ma per noi ?

Rischio di vivere il Natale senza un segno.
Nella nostra cultura si è restii ad accettare che la realtà esterna lasci un segno su di me, o sia un segno che mi dica qualcosa di significativo. Altrettanto è fuori dalla realtà pensare che ci possa essere un segno comune a tanti.
Il cristianesimo però è esattamente questo: una fede che crede in dei segni comuni, non ideali o valori.

Diceva un mistico del XVI secolo: “Nascesse Cristo mille volte in Betlemme, se non nasce in te sei perduto in eterno.” (Angelo Silesius) mi sembra che vuole esprimere proprio quello che dicevamo: se non nasce qualcosa di concreto (un segno) nella mia vita la nascita di Cristo per me è inutile, come se non fosse mai avvenuta.

Il segno con la sua concretezza però fa paura. Lo abbiamo visto in questo tempo di avvento: ha paura Maria, Giuseppe, Zaccaria e poi anche i pastori.

Ma quale può essere per noi questo segno?

Partendo da quello che ci siamo detti in questi nostri incontri, cioè che l’uomo di oggi si caratterizza per essere un individuo chiuso agli altri, io credo che il segno comune che possiamo adottare in questo Natale è far entrare concretamente i poveri nella nostra vita attraverso il lavoro di preparazione e di accoglienza alla cena del 4 gennaio.

E’ un modo concreto per far nascere una preoccupazione nuova, o rafforzarla in noi. Anche perché quest’anno aspettiamo 250 persone!

Maria dopo il timore iniziale fu presa da stupore e infine con gioia accettò che quel segno promesso nascesse in lei.

Proviamo anche noi a percorrere lo stesso itinerario: dalla paura iniziale, lo stupore per qualcosa di eccezionale, di nuovo e inconsueto che non abbiamo mai fatto, e infine la gioia di accogliere questo segno che ci apre ad una prospettiva nuova, un bambino che nasce.
Passiamo ora all'organizzazione della cena ...

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