sabato 15 novembre 2025

XXXIII domenica del tempo ordinario, giornata mondiale dei poveri - Anno C - 16 novembre 2025

 



Dal libro del profeta Malachìa 3, 19-20

Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

 

Salmo 97 - Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.

Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani, +
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra.

Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 3, 7-12

Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 21, 5-19

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, oggi la Chiesa celebra in tutto il mondo la nona “Giornata mondiale dei poveri” che papa Francesco ha voluto istituire per mettere al centro della nostra attenzione la realtà di quanti sono “scartati” nella nostra società e non attraggono la nostra attenzione. Sì, il papa ha sentito il bisogno di un richiamo esplicito al ruolo che i poveri hanno nel piano di salvezza annunciato da Gesù, cioè quella “buona notizia – vangelo” che è venuto a portare.

I poveri nella narrazione evangelica svolgono un ruolo unico: infatti essi sono gli unici con i quali egli si è identificato (“quello che avete fatto ad uno di questi piccoli lo avete fatto a me”); gli unici che ha dichiarato beati (“beati i pover, i perseguitati”), assieme a quanti sono loro amici; gli unici che ha esplicitamente indicato come i primi destinatari del suo Vangelo (“i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”); quelli ai quali promette la sua vicinanza speciale che dona conforto e salvezza (“venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò”); quelli che più facilmente hanno accesso al Regno di Dio (“è più facile che un cammello entri per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei cieli”).

Ebbene questa è la prima cosa sulla quale l’odierna giornata mondiale dei poveri vuole farci soffermare: i poveri non sono una realtà trascurabile per chi si dice cristiano. Eppure non sempre noi ne teniamo conto, come interesse e impegno di solidarietà concreta.

Il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato è pieno di riferimenti angoscianti. Vengono preannunciati eventi catastrofici: “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.” Sembra che parli di oggi, che descriva le immagini che così spesso passano davanti ai nostri occhi attraverso i media dell’Ucraina, di Gaza o dei recenti uragani delle Filippine. Ma forse queste parole, più semplicemente, descrivono la forza del male che agisce da sempre nella storia dell’umanità. In ogni tempo infatti, così come oggi, vi sono parti dell’umanità che soffrono per le guerre, le catastrofi, le ingiustizie. Il Vangelo dunque sembra volerci mettere in guardia da un senso scontato circa le vicende drammatiche del mondo e da una certa conseguente indifferenza che ci spinge a ritenere che esse non ci riguardano. Lo stesso potremmo dire anche delle vicende più vicine a noi, dei cataclismi e dei disastri che avvengono nelle vite di tanti individui isolati e che li portano talvolta a vivere come veri e propri naufraghi o sopravvissuti da immani tragedie. Pensiamo ai senza dimora che sono rimasti per strada senza protezione e famiglia, o i migranti sospinte dalle guerre e dalla miseria, o i detenuti costretti a subire una doppia condanna nelle condizioni disumane cui sono sottoposti, tanto che numerosi sono i suicidi.

Davanti a questa realtà il Signore Gesù ci offre un’indicazione precisa: “Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza.” Le ferite che il male causa agli uomini e le donne del mondo, siano esse popoli lontani o persone a noi più prossime, devono essere tutte occasione per “dare testimonianza” cioè per mostrare il nostro amore e, mossi a compassione, offrire aiuto. Come? Sarà il Signore stesso a offrircene “parola e sapienza” cioè ad aiutarci a trovare i modi opportuni, l’importante è non chiudere il cuore nell’indifferenza.

Papa Leone XIV ha dedicato proprio al tema del significato dell’incontro con i poveri per i cristiani e per la Chiesa tutta il suo primo documento, intitolato “Dilexit me”, cioè “Mi ha amato”. Fra le altre cose egli sottolinea un aspetto importante, e cioè non solo quanto noi possiamo essere utili per le persone più svantaggiate e in difficoltà, ma quanto l’incontro amichevole con esse arricchisca di significato e senso la nostra stessa vita: “È una sorprendente esperienza attestata dalla tradizione cristiana e che diventa una vera e propria svolta nella nostra vita personale, quando ci accorgiamo che sono proprio i poveri a evangelizzarci. In che modo? Nel silenzio della loro condizione, essi ci pongono di fronte alla nostra debolezza. L’anziano, ad esempio, con la fragilità del suo corpo, ci ricorda la nostra vulnerabilità, anche se cerchiamo di nasconderla dietro il benessere o l’apparenza. Inoltre, i poveri ci fanno riflettere sull’inconsistenza di quell’orgoglio aggressivo con cui spesso affrontiamo le difficoltà della vita. In sostanza, essi rivelano la nostra precarietà e la vacuità di una vita apparentemente protetta e sicura. A questo proposito, ascoltiamo di nuovo San Gregorio Magno: «Nessuno dunque si senta sicuro dicendo: io non derubo gli altri, perché mi limito a far uso dei beni a me concessi secondo giustizia. Il ricco epulone infatti non fu punito perché volle per sé i beni altrui, ma per aver trascurato sé stesso dopo aver ricevuto tante ricchezze. La sua condanna all’inferno fu determinata dal fatto che nella felicità egli non conservò il sentimento del timore, divenne arrogante per i doni ricevuti, non ebbe alcun sentimento di compassione».” (Dilexit me 109)

Ringraziamo allora il Signore perché il suo vangelo non abbandona i ricchi ai loro vani sogni ingannevoli di autosufficienza e superiorità, ma mette al centro chi è povero e così facendo ci provoca tutti a maturare un’umanità sensibile e generosa, pronta a cogliere le occasioni che ci sono date per riconoscere nei poveri il Signore che ci si fa vicino.

 

Preghiere 

 

Donaci o Signore la sapienza di vivere come tuoi figli poveri e piccoli, bisognosi del tuo sostegno e di edificare una vita buona nutrita del tuo amore,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Dio Padre misericordioso i nostri sforzi di essere tuoi discepoli fedeli, ascoltatori della Parola e docili esecutori dei tuoi comandi,

Noi ti preghiamo

 

Perdona la durezza dei nostri cuori o Dio, che ci fanno cercare la sicurezza in ciò che non vale e non dura. Aiutaci a far affidamento su di te per imparare la vita del vangelo che non  si consuma,

Noi ti preghiamo

  

Guida o Signore Gesù chi ti cerca e non sa come incontrarti; stai accanto a chi si è perduto nelle vie che non conducono a nulla. Indica a tutti la via del voler bene generoso e gratuito come il modo migliore e più appagante di vivere,

Noi ti preghiamo

 

Accogli o Padre del cielo tutte le vittime della violenza, consola i feriti e chi ha perso tutto. Raduna i dispersi e ridona speranza e coraggio a chi deve affrontare la durezza di un futuro incerto,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Signore che la sensibilità e la generosità dei tuoi discepoli soccorra chi è povero e nel dolore a causa della forza del male. Apri i cuori di tutti noi alla compassione per chi sta male,

Noi ti preghiamo.

 

Guida e proteggi o Padre il nostro papa Leone, perché mantenga fisso lo sguardo a te nell’indicare alla Chiesa e agli uomini di buona volontà il cammino del Vangelo verso la salvezza,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Dio tutti i cristiani nel mondo, specialmente i più deboli e i perseguitati. Fa’ che il vangelo sia per loro un sostegno capace di renderli operatori di pace dove prevalgono odi e rivalità,

Noi ti preghiamo

sabato 8 novembre 2025

Festa della dedicazione della basilica lateranense - 8 novembre 2025

 


Dal libro del profeta Ezechiele 47,1-2.8-9.12

In quei giorni, [un uomo, il cui aspetto era come di bronzo] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».

 

Salmo 45 - Un fiume rallegra la città di Dio.

Dio è per noi rifugio e fortezza,
aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare.

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,
la più santa delle dimore dell’Altissimo.
Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.

Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.
Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto cose tremende sulla terra.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 3,9c-11.16-17

Fratelli, voi siete edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Ecco, è giunto il tempo in cui i veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e verità.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 2,13-22

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, festeggiamo oggi la dedicazione della basilica lateranense, cioè della cattedrale di Roma che è considerata come la madre di tutte le chiese, e con essa celebriamo la santità del luogo in cui in tutte le parti del mondo si celebra la Liturgia eucaristica.

Questa festa, celebrata sin dall’antichità con solennità, potrebbe farci sorgere una domanda: che importanza ha il luogo in cui si celebra la messa, non è la stessa cosa qui o altrove?

In fondo le prime comunità cristiane si riunivano per celebrare la cena del Signore nelle case dei cristiani stessi, dove c’era più spazio, e ancora oggi a Roma vi sono le tracce di queste primissime case usate come chiesa. Non è uno spreco l’uso di edificare luoghi così grandi solo per la celebrazione del culto divino? E poi Dio non lo possiamo trovare ovunque, che bisogno c’è di radunarsi qui?

Io credo che ci sia una santità del luogo che viene proprio dal fatto di essere dedicato in modo esclusivo alla celebrazione della liturgia. Santità infatti significa “diversità”, e i santi sono coloro che vivono diversamente dal modo comune. Così il luogo: l’edificio non è santo per una sorta di misteriosa virtù interna, ma perché è un luogo “diverso”, separato dal resto dal mondo, perché in esso non valgono le logiche di tutti e di sempre, ma regna la legge del Vangelo. Ad esempio in passato la chiesa era considerata un “santuario”, e per questo chi si rifugiava in essa non poteva essere catturato dalle forse armate del potere.

L’edificazione stessa della chiesa non è casuale, e la configurazione delle città antiche lo rivela: la chiesa era il luogo più alto, in genere in cima alla collina o al monte su cui si edificavano solitamente i centri abitati; si affacciava su una piazza ampia, che costituiva come un abbraccio alla popolazione che vi si dirigeva per la celebrazione liturgica; era un luogo che per configurazione architettonica si distingueva subito dagli altri edifici: c’erano la facciata, il campanile, la cupola, ecc… a renderlo immediatamente riconoscibile. Essa in genere era dedicata al Santo locale, ne conservava la memoria e attorno ad esso si costruiva anche l’identità del popolo, con le sue feste, le storie e le leggende che vi erano legate, i racconti miracolosi tramandati nel tempo ad avvalorare la straordinarietà di quel luogo. Insomma la chiesa era un luogo “altro” rispetto al resto della città. Potremmo dire che in esso si respirava un’altra aria, la bellezza circondava chi vi entrava e tutto parlava di un mondo diverso da quello comune, dalle immagini al profumo dell’incenso, dalla stessa configurazione degli spazi per il popolo, il coro, il presbiterio, ecc…

Tutto ciò non per dire che bisogna rimpiangere il passato e guardarvi con nostalgia come all’epoca d’oro del cristianesimo.   

Io credo che dobbiamo oggi difendere dalla banalizzazione e omologazione di tutto la necessità che il luogo in cui si celebra la messa comunichi un messaggio, e questo è possibile non solo per la bellezza e dignità del luogo, esso può essere anche umile e semplice, ma se la comunità che vi si raduna vive con unanimità e profondità lo spirito evangelico che rende possibile l’incontro che vi si realizza, fra gli uomini e con Dio.

Innanzitutto in chiesa la centralità non è di nessuna persona, ma dell’altare e dell’ambone, i due luoghi che si ergono più elevati di tutti: sono la tavola sul quale ci è offerto come cibo sia il corpo e il sangue di Cristo che la sua Parola, affinché settimanalmente ce ne nutriamo. Il protagonismo è del Signore, a lui tutti siamo rivolti. In chiesa tutto il popolo si riunisce, senza differenza di età, di ceto sociale, di provenienza nazionale, di istruzione. È il popolo di Dio, bello e santo proprio perché raccoglie tutti in un unico abbraccio. Qui ognuno ha un posto, e la presenza di ciascuno di noi è una ricchezza alla quale non vogliamo rinunciare. Qui colui che nel mondo è considerato l’ultimo, il più peccatore o il più umile, e chi invece è onorato e riverito hanno la stessa dignità, perché siamo radunati non per i nostri meriti, reali o presunti, ma per il nostro bisogno di essere convocati, incontrati, amati da Dio.

Già solo queste pochi elementi fanno di questo luogo un luogo santo, cioè diverso da tutti gli altri perché in esso vigono non le leggi e le consuetudini del mondo, ma la legge di Dio e del suo Vangelo. Ecco allora la bellezza di poter avere a disposizione un luogo che ci ricorda periodicamente e ci educa ad uno stile di vita, affinché conformi tutta la nostra esistenza.

Nel Vangelo abbiamo ascoltato cosa fece Gesù nel tempio invaso da mercanti e cambiavalute. Essi non facevano nulla di male, ed anzi la loro presenza era anche utile alla gente che saliva al tempio e doveva offrire animali in sacrificio e monete come offerta, ma il problema era che il tempio così diveniva un luogo uguale mondo, in cui valeva la logica commerciale, si vendeva e si comprava, si facevano affari come ovunque in città. Perdeva così la sua differenza, preziosa per fondare il rapporto personale con Dio di chi in esso poteva raccogliersi in preghiera.

Anche da questo luogo fisico, e da ciò che in esso siamo chiamati a vivere, prende infatti forma tutta la nostra esistenza cristiana. Non a caso il Concilio definiva la liturgia che vi si celebra come “la fonte e il culmine” della vita cristiana. Un luogo dal quale tutto nasce e dove tutto trova il suo traguardo massimo, in essa non solo impariamo ad amare, alla scuola di Cristo, ma in essa sperimentiamo e viviamo il massimo di quell’amore, se siamo capaci di riconoscere nei gesti, nelle parole e nelle azioni che compiamo la realizzazione dell’amore che Dio ci comunica. L’immagine usata da Ezechiele del santuario come sorgente di un flusso di acqua buona che santifica tutto ciò che avvolge rende bene ciò che qui siamo chiamati a vivere: da questa sorgente del corpo e sangue di Cristo e della Parola di Dio ci abbeveriamo perché anche attraverso di noi essa possa raggiungere tutti gli angoli del mondo, quelli più nascosti e lontani. Dissetiamoci allora da essa venendo in questo luogo per gustare la diversità della vita evangelica. Non per sentirci migliori o per assolvere un obbligo cui siamo abituati, ma per far nostra la responsabilità di portare la vita che qui sgorga, santificata dalla presenza del Signore, ovunque andiamo.

 

Preghiere 

 

O Dio nostro padre, aiutaci a rispondere con gioia al tuo invito a radunarci in questo luogo per ricevere il dono del tuo Copro e Sangue e per ascoltare la tua Parola,

Noi ti preghiamo

  

O Signore, fa’ che raccolti attorno alla mensa del tuo Corpo e Sangue e della tua Parola scopriamo la bellezza di un modo di vivere che non si adatta alle leggi del mondo ma segue docilmente te, nostro buon pastore,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per tutti i discepoli che la domenica si radunano in tutte le chiese del mondo per essere un’unica famiglia alla tua sequela. Fa’ che scompaiano divisioni e ostilità, e che tutti viviamo il tuo amore che ci costituisce fratelli e sorelle di un unico Padre,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Padre del cielo, che questo luogo in cui ci raccogliamo a pregare sia sempre accogliente e nel nostro stare insieme chiunque possa riconoscere i segni inconfondibili dell’amore di Dio,

Noi ti preghiamo

 

Fa’ o Signore Gesù che ogni uomo e donna trovi un posto nelle chiese del mondo e nelle comunità che le abitano. Perché nessuno sia escluso perché povero, straniero, sconosciuto, nemico. Fa’ di tutte le chiese un luogo di protezione e una casa per tutti, specie i più piccoli

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Dio proteggi le comunità riunite in preghiera nelle tue case nel mondo intero, specialmente lì dove mani violente uccidono e perseguitano. Fa’ che la pace regni in tutti i luoghi,

Noi ti preghiamo.

 

 Accogli e santifica la nostra vita o Padre santo, noi te la presentiamo qui ogni domenica perché tu la trasformi e la renda capace di trasmettere a tutti il messaggio salvifico del Vangelo,

Noi ti preghiamo

 

Guida e proteggi o Dio il nostro papa Leone. Fa’ che rafforzi con l’esempio e con la parola la chiesa edificata sulla tua Parola e la renda sempre più conforme al tuo esempio,

Noi ti preghiamo

sabato 1 novembre 2025

Commemorazione dei fedeli defunti - anno C - 2 novembre 2025

 


Dal libro di Giobbe 19,1.23-27a

Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

 

Salmo 26 - Contempleremo il Signore nella terra dei viventi

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: +
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5,5-11

Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Chiunque vede il Figlio e crede in lui

avrà la vita eterna;

Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 6,37-40

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi facciamo memoria dei defunti. È un’occasione che ogni anno ci viene offerta per pregare per i nostri cari che ricordiamo con affetto, ma anche per tutti quelli che nessuno ricorda, che sono scomparsi nell’anonimato e che solo Dio nel suo amore fedele ricorda e accoglie nel suo regno.

Ma questa ricorrenza è anche l’occasione per soffermarci, almeno una volta l’anno, sulla realtà della morte e su cosa ci attende dopo di essa, argomenti che in genere rifuggiamo perché ci turbano. I brani della Scrittura che oggi abbiamo ascoltato ci aiutano a orizzontarci su di un tema così spinoso.

Ieri, nella celebrazione della festa di tutti i santi, ricordavamo chi ci ha preceduto e vive ora nella compagnia di Dio, in una dimensione in cui non esistono quelle mezze misure nelle quali noi siamo abituati a vivere. Noi infatti per lo più cerchiamo sempre di barcamenarci fra le difficoltà del vivere quotidiano accontentandoci di un compromesso onorevole fra le esigenze del bene e la difficoltà a realizzarlo, fra i pericoli del male e il fascino che egli esercita con le sue illusioni. Ma se questo compromesso in qualche modo ci è possibile qui nella nostra vita terrena, la dimensione che ci attende e nella quale già si trovano coloro che sono defunti è la realtà della chiarezza e della decisione: o salvezza o perdizione, o bene o male. Non esiste un bene che è anche un po’ male o un male che si stempera nel bene. Non a caso in tutte le grandi tradizioni religiose non c’è via di mezzo: o inferno, o paradiso.

Davanti a questa radicalità della realtà dopo la morte si può essere tentati di fuggire in due modi: uno è negare che esista un oltre dopo l’esistenza terrena; l’altro è evitare in tutti i modi di farsi interrogare da quella dimensione così diversa dalla nostra e che non lascia compromessi di comodo. La scelta della Chiesa di farci fermare, almeno una volta l’anno, sulla realtà di quanti sono già entrati nella presenza di Dio ci aiuta a non fuggire, ma a farci loro vicini, non solo nella preghiera e nel ricordo affettuoso, ma anche con la riflessione sul senso della vita che la Scrittura ascoltata oggi ci propone.

Sì, è necessario farci illuminare fin da subito dalla luce dell’eternità che è l’assenza di compromesso fra bene e male che caratterizza la vita dopo la morte, per poter scegliere con decisione fin da subito di vivere il bene, come il Vangelo ci invita a fare.

È la scelta che fa il profeta Giobbe con quelle sue parole così decise: “vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro”. Questa certezza, affermata in modo così deciso, è maturata da Giobbe dopo che è stato messo alla prova assai duramente, da lutti, malattie e abbandoni. Tutto questo dovrebbe spingere Giobbe a ridimensionare la sua fiducia in Dio e nella possibilità di vivere il bene, e a rassegnarsi alla forza invincibile del male con la quale bisogna scendere a patti. È la tentazione che viviamo anche noi. Ma Giobbe sceglie invece per la certezza della presenza di Dio nella sua vita, al cui cospetto egli si mette per farne suo il modo di pensare e di agire, così diversi da quelli normali.

Il primo elemento dunque che la memoria dei defunti ci pone davanti è la necessità di maturare, come Giobbe, una fiducia in Dio che va al di là delle difficoltà presenti. Ben modesto sarebbe infatti un rapporto che regge solo nella buona sorte e si rompe invece nei momenti di difficoltà.

San Paolo nel brano della lettera ai Romani fa sua la scelta di fiducia di Giobbe, e va oltre. L’Apostolo aggiunge che la certezza con cui, assieme a Giobbe, possiamo affidarci a Dio non è tanto frutto di uno sforzo di volontà dell’uomo, ma è il risultato della constatazione di un amore così grande che non si è curato che fosse da noi ricambiato o meritato, ma che si è donato anche se non riceveva nulla in cambio. Egli scrive: “Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” È questa misura larga di amore che ci spinge a confidare in Dio. Un amore così gratuito non ha limiti, nemmeno quelli della morte. Non accetta compromessi e non delude mai perché è fedele fino alla fine. Questo è il secondo elemento: possiamo fidarci di Dio perché lui si è fidato e ci ha amati per primo e senza condizioni e la sua fedeltà è senza limiti.

Infine l’evangelista Giovanni ci riporta alcune parole di Gesù dalle quali possiamo trarre, ancora una volta, il fondamento sul quale basare la nostra fiducia in Dio.

Gesù infatti ci spiega che non sarà la decisione dell’uomo, la sua forza di volontà, le sue capacità o la sua integrità a salvarlo, ma la fedeltà di Dio, nonostante tutto e contro ogni evidenza, pur di salvarlo: “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.” Unica condizione che ci è posta è quella di non rifiutare questa volontà e lasciarci da lei determinare per il bene.

Tutte queste ragioni ci rafforzano nella scelta di fidarci del Signore e di trovare in lui motivi di speranza per un futuro che non è destinato al nulla o abbandonato a se stesso. Questa stessa speranza ci spinge a credere che anche i nostri cari e tutti coloro che, passando da questa vita, si sono affidati a lui non hanno creduto invano, ma hanno continuato a trovare in Dio il Padre sollecito e amorevole che sempre li ha accompagnati.

 

 Preghiere

 Ti preghiamo o Signore per tutti i nostri cari, amici e parenti i cui nomi ti presentiamo. Accoglili nella tua infinita bontà e misericordia, perché possano godere in eterno della vita che non finisce,

Noi ti preghiamo

 

Ti ricordiamo, o Padre tutte le persone defunte che non sono ricordate da nessuno. Perché la solitudine e l’abbandono in vita vengano riempite dal tuo amore in cielo,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio, vinci la forza del male che semina odio e divisione sulla terra. Fa’ che noi decidiamo di seguire sempre il tuo volere e scegliamo in ogni occasione per il bene che abbiamo la possibilità di compiere,

Noi ti preghiamo

  

Sostienici o Signore nel nostro cammino, fra gli ostacoli e le tentazioni del vivere quotidiano. Fa’ che la luce del Vangelo ci illumini sempre nelle nostre scelte,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi e consola o Padre del cielo tutti i poveri che vivono con durezza la loro vita. Per chi è senza casa, senza lavoro, per chi è colpito dalla malattia, per gli anziani, per chi è vittima dell’ingiustizia,

Noi ti preghiamo

  

Libera, o Padre onnipotente, il mondo dalla piaga della guerra. Dona pace e salvezza a quanti oggi soffrono e muoiono per la violenza,

Noi ti preghiamo.

 

Proteggi o Dio la tua Chiesa da ogni male. Guidala nel suo cammino perché sia sempre e ovunque annunciatrice audace del vangelo e porto sicuro per chi cerca salvezza dal male,

Noi ti preghiamo

  

Accompagna, o Signore, il papa Leone nel suo impegno di padre e pastore del tuo gregge. Fa’ che la franchezza delle sue parole e l’autenticità della sua testimonianza siano una luce che guidi i passi di tutti i credenti,

Noi ti preghiamo

venerdì 31 ottobre 2025

Festa di Tutti i Santi - Anno C - 1 novembre 2025


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 7,2-4.9-14

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattro mila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

 

Salmo 23 - Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Dalla lettera prima lettera di san Giovanni apostolo Gv 3,1-3

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Venite a me,
voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Bea, ti gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, come ogni anno oggi la liturgia di questa festa viene a ricordarci la chiamata ad essere santi che caratterizza la vita cristiana. Sì, essere santi non è una caratteristica naturale o il risultato di situazioni eccezionali, è la risposta ad un invito di Dio.

La scrittura che abbiamo ascoltato ci offre alcuni tratti di questa santità cristiana, così diversa dal successo o dalla riuscita mondana.

La definizione “Santo” innanzitutto nell’Antico Testamento è una peculiarità essenziale di Dio. Il Sommo, l’Onnipotente è “il Santo”. E sappiamo come nella sensibilità ebraica questo voleva dire marcare una differenza di Dio con tutto ciò che è umano tanto grande da essere impossibile immaginarlo, guardarlo, rappresentarlo. Questo perché gli ebrei capissero la differenza dagli dei costruiti dagli uomini a proprio uso e consumo, gli idoli, capaci di fare quello che l’uomo gli chiedeva in un rapporto invertito uomo-padrone Dio-servo.

Questo rimane vero anche per noi: Dio è sempre oltre le nostre capacità, possibilità e aspettative, ma la nascita di Gesù ha fatto sì che gli ebrei scoprissero che la diversità di Dio era sì immensa, ma passava non sopra la testa degli uomini, bensì attraverso il loro cuore. Sì, Dio è grandissimo e al di sopra di tutto ciò che è umano, ma non è irraggiungibile, perché la sua superiorità sta nel suo modo tutto speciale di voler bene che però è alla portata dell’uomo. Torna con forza il principio della creazione: che senso ha infatti la notazione della Scrittura che Dio ci fece a sua immagine e somiglianza? Questa somigli8anza si realizza soprattutto nel fatto che ci ha resi capaci di voler bene come lui.

È quello che ci dice la Scrittura. La prima lettura dal libro dell’Apocalisse esprime bene che la santità non è cosa di una sparuta élite di eccezionali: è una schiera, una massa di persone immensa, cioè è una cosa alla portata di tutti. La loro caratteristica è che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’agnello. Cioè hanno voluto bene fino in fondo, fino alla fine, fino all’estremo, come Gesù che ha dato la sua vita per tutti gli uomini.

L’apostolo Giovanni poi ci dice: “vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” affermando che l’amore che ci rende suoi figli, cioè santi, non viene dai nostri sforzi personali, ma dall’accettare il suo amore. Sì, per voler bene agli altri dobbiamo prima di tutto accorgerci di essere voluti bene da Dio, e imparare da lui a farlo nello stesso modo. Non è cosa banale né scontata, perché noi invece pensiamo che il bene che viviamo è merito delle nostre capacità. Invece tutto è frutto del cedere all’insistenza di Dio che ci offre sempre mille occasioni al giorno per farci capire quanto ci vuol bene e sogna che noi diamo il meglio di noi stessi volendo bene a tutti.

Infine il Vangelo ci viene a dire che essere santi ci rende felici. Sì la beatitudine del Vangelo è incomprensibile solo a chi non l’ha sperimentata. È una felicità strana, diversa dal mondo, ma l’unica che resiste e rimane e dura. È la felicità di voler bene.

Gesù la descrive con quella serie di beatitudini che abbiamo ascoltato dal Vangelo oggi. Esse sembrano paradossali, perché descrivono un tipo di gioia che non è quella del mondo, fatta di soddisfazioni egocentriche. È la gioia che viene dall’essere pienamente umano, cioè mite, giusto, misericordioso, capace di sacrificio per realizzare il bene.

Allora con disponibilità lasciamoci voler bene da Dio, ovvero impariamo a riconoscere  che nella domanda di amore dei poveri, dei nostri fratelli e sorelle, del mondo intero c’è la benedizione di Dio che vuole che impariamo da lui ad essere santi, cioè a voler bene sempre e comunque a tutti.

  

Preghiere 

 

Sostieni o Dio quanti annunciano e testimoniano il Vangelo, unica via che rende liberi di amare e capaci di operare il bene,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Signore quanti ti cercano nella via umile del servizio ai fratelli e alle sorelle poveri e piccoli. Fa’ che ti incontrino come Signore della consolazione e Padre della speranza,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Dio le comunità dei discepoli che si riuniscono nel tuo nome. Perché nessuno sia più perseguitato a causa del Vangelo e si realizzi l’incontro e il rispetto fra i popoli e le fedi diverse,

Noi ti preghiamo

  

Consola o Padre misericordioso chi oggi è nel dolore: i profughi, i migranti, gli anziani, i malati, i senza casa e senza famiglia. Dona a tutti consolazione e salvezza,

Noi ti preghiamo.

 

Dona o Dio pace e sicurezza a quanti sono colpiti dalla violenza della guerra. Perché cessino le stragi e le sofferenze e divenga presto possibile ricostruire nell’armonia il proprio futuro,

Noi ti preghiamo

  

O Dio, Proteggi e accompagna papa Leone nel suo cammino di testimone del Vangelo. Fa’ che i suoi gesti e le sue parole aprano nuove vie di unità nell’amore,

Noi ti preghiamo

 

sabato 18 ottobre 2025

XXIX domenica del tempo ordinario - Anno C - 18 ottobre 2025

 


Dal libro dell'Esodo 17, 8-13

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

 

Salmo 120 - Il mio aiuto viene dal Signore.
Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode, +
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 3, 14-4, 2

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Dio ascolta la preghiera,
di chi lo invoca con fiducia.

Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Luca 18, 1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.  Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».  E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, l’invito domenicale che ci raccoglie assieme attorno alla mensa del Signore ci tira fuori dal groviglio feriale dei mille affanni e ci fa salire su un monte, come fece Mosé in quella giornata di lotta fra il popolo d’Israele e Amalek, come abbiamo ascoltato dal libro dell’Esodo.

Sì, questo in cui siamo è un luogo alto, come un monte, perché è reso tale dalla presenza del Signore che ci parla. È vero, è una piccola chiesa, eppure ogni domenica il Signore ci invita a salire sull’alto colle di questa casa perché ci vuole parlare fuori dalla confusione feriale, e farci abbracciare con lo sguardo del nostro cuore tutto il nostro quartiere, ma anche di più, la città di Terni e il mondo intero. Sull’alto del monte si è vicini a Dio, e proprio per questo si vede più lontano. Chi si fa vicino a Dio riesce a vedere meglio un orizzonte sempre più ampio.

Mosè dal colle sul quale era salito poteva vedere la lotta che si svolgeva fra i due eserciti in combattimento. Anche noi qui dall’alto possiamo vedere le tante lotte che coinvolgono uomini e donne attorno a noi. Alcune sono le guerre sanguinose che avvengono nel mondo, ma esiste anche una conflittualità diffusa che serpeggia anche nei luoghi in cui non si combatte: piccole e grandi rivalità, competizione, ostilità, aggressività verbale e fisica. Accorgersene è un dono del Signore, perché quando ci stiamo in mezzo non le vediamo nemmeno, ci abituiamo e ci lasciamo coinvolgere anche noi nelle lotte per prevalere, per avere ragione, e così via. Il mondo propone una cultura del nemico secondo la quale per essere forti e contare qualcosa bisogna essere contro qualcuno. È la cultura che fa diventare “normale” la guerra.

Per questo la Messa della domenica è un dono prezioso, perché ci fa salire in alto, ci fa respirare un’aria di pace, perché qui possiamo incontrare il Signore che è la vera pace.

Mosè era lontano dal luogo della battaglia, ma non la osservava con distacco. È preoccupato perché vede gente soffrire, combattere, odiarsi, farsi del male, per questo alza le braccia verso il Signore e invoca la fine del combattimento.

Anche noi, come Mosè, possiamo alzare le nostre braccia ed invocare la fine delle tante guerre. Possiamo invocare da Dio il dono della pace per coloro che sono oppressi dalla guerra, ma anche per tutti gli uomini agitati da odi e rancori.

Ogni domenica, dall’alto del monte della messa domenicale, vediamo tutta questa lotta attorno a noi e, come Mosè, abbiamo il potere di alzare le nostre braccia e pregare il Signore.

Tanti però preferiscono non salire sul monte, perché è faticoso, ed è più facile, nella mischia della vita quotidiana, cercare un angolo riparato in cui nascondersi nell’indifferenza. Così facendo ci si illude di sfuggire al male e di trovare la pace perché non si vede quello che avviene attorno a noi e non ci si sente coinvolti. Ma, fratelli e sorelle, questa è una falsa salvezza dal male, perché esso non viene solo da fuori, ma, anzi, il più delle volte sgorga proprio da dentro di noi. Le guerre che insanguinano i popoli nascono da cuori bellicosi e contrapposti.

Restando nascosti nell’indifferenza e nell’egoismo sanciamo la nostra condanna ad essere per sempre sottomessi alla schiavitù del male. L’unico modo per vincere il male infatti non è ignorarlo, ma combatterlo, in sé e negli altri, come fece Gesù.

È il ruolo che Mosè si assunse sul monte della preghiera. Partecipa con fatica e sofferenza alla guerra e, alzando le braccia e invocando l’aiuto di Dio, riesce a vincerla. Egli però non confida nelle sue forze, ma anzi ha bisogno di Aronne e Cur che sorreggono le sue mani. Mosè non è un eroe isolato: è bisognoso di aiuto, come noi, e la sua forza è proprio nel coinvolgere altri nella sua battaglia contro il male.

Abbiamo bisogno del fratello e della sorella per vincere il male: la pace e la felicità a cui tutti giustamente aspiriamo non viene dall’isolamento dell’indifferenza, ma dall’alleanza con tanti con i quali sorreggersi le braccia l’un l’altro nello sforzo di farci intercessori davanti a Dio e costruttori della pace.

Questa casa allora possiamo dire che ogni domenica allarga le sue mura e nella nostra preghiera diventa sconfinata: non è più un luogo piccolo e confuso nel caos della città, ma diventa un monte altro sul quale osservare il mondo, partecipare dei suoi dolori, avvertire con passione il suo bisogno di bene, e dove assieme ci sosteniamo per alzare le mani e chiedere a Dio la forza di fare nostra la battaglia contro il male del mondo.

Care sorelle e cari fratelli con questo sogno negli occhi invochiamo l’aiuto del Signore e la nostra vita cambierà, il mondo attorno a noi sarà migliore, più umano e caldo di amore.

  

Preghiere 

 

Ti ringraziamo o Dio misericordioso perché ci convochi sul monte santo della Santa Messa. Fa’ che usciamo dalla confusione della vita ordinaria per imparare a guardare al mondo con gli stessi tuoi occhi pieni di misericordia e bontà.

Noi ti preghiamo

  

Guida o Padre buono i passi dei ragazzi che oggi hanno ricevuto il sacramento della Confermazione. Fa’ che non si allontanino mai dalle tue vie, e, assieme alle loro famiglie, siano testimoni entusiasti della gioia del Vangelo.

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù, aiutaci a vincere le rivalità e le contrapposizioni che ci dividono dagli altri. Tu che sei mite e umile di cuore mostraci la via dell’amore che conduce alla pace vera.

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Signore che tutti quelli che cercano un senso alla loro vita possano incontrarlo nell’amore che tu insegni. Guida i passi degli incerti perché incontrino fratelli e sorelle testimoni del vangelo e operatori di pace.   

Noi ti preghiamo

 

Dona o Signore la tua pace ai popoli in guerra, fa’ tacere le armi e aiuta tutti gli uomini a vivere con animo riconciliato, perché nessuno più muoia e soffra per mano del fratello.

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Padre misericordioso tutti coloro che sono nel bisogno: chi è senza casa, chi è solo e nel dolore, i malati e i prigionieri. Dona al mondo intero guarigione e salvezza.

Noi ti preghiamo.

 

Guida e proteggi o Dio il tuo servo papa Leone. Fa’ che le sue parole e le sue azioni parlino di te a chi ancora non ti conosce.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore Gesù per tutti i tuoi figli nel mondo, in modo particolare per quanti soffrono per la persecuzione e la violenza. Fa’ che trovino presto la liberazione da ogni male.

Noi ti preghiamo

sabato 11 ottobre 2025

XXVII domenica del tempo ordinario - Anno C – 5 ottobre 2025

 


Dal libro del profeta Abacuc 1,2-3; 2, 2-4

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mente; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

 

Salmo 94 - Ascoltate oggi la voce del Signore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostrati, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce! +
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 1,6-8.13-14

Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
La parola del Signore rimane in eterno:
e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 17, 5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, oggi, vogliamo ricordare la festa di San Francesco e insieme celebriamo la 111° giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Sono due memorie che ci sono care perché si intrecciano con la vita della nostra comunità in modo molteplice. La prima memoria è il passaggio di Francesco in questa chiesa, durante i suoi brevi soggiorni a Terni documentati nelle biografie, poiché dimorava nelle vicinanze di Santa Croce sicuramente passò per questo luogo, probabilmente vi sostò in preghiera. Poi l’accoglienza a tanti migranti che bussano alle porte di Santa Croce e vi trovano aiuto e accoglienza.

La prima lettura della liturgia odierna descrive uno scenario di guerra e distruzione: il popolo è oppresso dalle minacce di un popolo forte e arrogante che rapina, uccide e fa scempio delle realtà che incontra: “Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese.” Non sappiamo con precisione a quali eventi storici il profeta Abacuc faccia riferimento, ed anche per questo la possiamo ritenere una descrizione di tutte le situazioni di guerra e calamità che nella storia hanno colpito l’umanità, e oggi continuano con forza a farlo. Il profeta esprime lo sgomento del popolo di Israele davanti a tutto ciò: “Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?” Le parole del Profeta esprimono bene lo stato d’animo di molti di noi oggi: “Perché Dio non ferma la mano omicida che colpisce tanti innocenti?”

Davanti a quest’affermazione mi vengono in mente due riflessioni. La prima è quanto sia facile prendersela con Dio dei mali causati da noi uomini. Infatti noi tutti siamo figli di un sistema socio-politico, quello che diciamo occidentale o del Nord del mondo, che ha fondato il benessere di una minoranza di uomini, della quale noi facciamo parte, sullo sfruttamento di una maggioranza che è depredata, messa ai margini e oppressa. Noi godiamo dei frutti avvelenati di un sistema iniquo, e quando questo collassa o meglio manifesta apertamente la sua natura ingiusta e violenta, come nelle guerre, ci sentiamo traditi, come dicendo: “Ma come, il nostro benessere non era fondato su giustizia e onestà?” Un esempio per tutti: Nel 2022, le esportazioni di armi più consistenti sono state da Stati Uniti e Francia con 17,5 miliardi di dollari, mentre la Russia ne ha esportate per 3 miliardi e la Cina 2. Ce la possiamo prendere con Dio se poi ci sono tante guerre nel mondo?

No cari fratelli e care sorelle, il nostro benessere è fondato su un ordine mondiale che si nutre di ingiustizia per garantire il privilegio di pochi, faccio una semplificazione forzata, ma è così. Come possiamo davanti a ciò incolpare Dio?

Il seguito del libro del profeta Abacuc fa dire a Dio che questi eventi sono la giusta punizione che egli infligge al popolo per la sua iniquità. Questa immagine della “punizione” va compresa alla luce di quanto detto prima. Se vogliamo tradurre questa parola in un termine più comprensibile possiamo dire che questi eventi sono il naturale evolversi della situazione di iniquità che il popolo stesso ha causato, soffrendo ora le conseguenze più gravi del sistema di vita adottato nel tempo.

La risposta di Dio al grido sgomento del popolo è: “il giusto vivrà per la sua fede.” Cioè la vita appartiene a chi si fida del disegno di bene di Dio e su di essa fonda il proprio modo di vivere, rifiutando di alimentare un sistema iniquo ed empio.

In una parola la risposta di Dio all’uomo che lo accusa è: pèntiti, cioè ammetti la tua complicità con il male e divieni tu responsabile di sradicarlo. Dio infatti ci ha dato tutto quanto è necessario: i beni per vivere tutti e l’intelligenza per gestirli equamente, siamo noi che ne abbiamo fatto scempio.

La seconda osservazione riguarda i migranti. Se questo è il disordine mondiale su cui abbiamo fondato il nostro benessere, perché ci stupiamo che tanti ambiscano a far parte della porzione privilegiata, sfuggendo condizioni di vita inumane? Ci si scandalizza che la parte del mondo vampirizzata da noi privilegiati ci chieda un piccolo risarcimento, di partecipare almeno un po’ al nostro benessere?

Se imparassimo a vedere dietro lo sguardo di ogni migrante le vicende di tutto il suo popolo e l’aspirazione al ristabilimento della giustizia, almeno un po’, forse il nostro atteggiamento cambierebbe.

Infine uno degli insegnamenti di Francesco più rilevanti per noi oggi mi sembra questo: “Comincia tu.” Cioè Francesco non si è fatto maestro, dicendo agli altri quello che dovevano fare. La sua conversione, come sappiamo bene, è cominciata dall’uscire lui stesso per primo dalla solidarietà con quanti facevano del benessere e del privilegio la propria forza a scapito dei tanti umili e umiliati del tempo, proprio come aveva fatto per anni in gioventù lui stesso, per scegliere di condividere con questi ultimi il desiderio di vivere il bene disegnato da Dio per l’umanità intera, la Buona notizia annunciata da Gesù: si può vivere il bene, qui, oggi.

È questo anche il senso del Cantico delle creature di cui celebriamo l’VIII centenario quest’anno. La visione dei tanti beni che Dio ha messo a nostra disposizione perché li condividessimo facendone un tesoro comune. È cioè un richiamo forte al senso di responsabilità di ciascun uomo a costruire un nuovo ordine comune nel quale ogni persona trovi spazio e possa partecipare nella pace dei meravigliosi beni che Dio ci ha messo a disposizione.


Preghiere 

Ti preghiamo o Signore Gesù di donarci la fede per vivere il bene che tu hai sognato per l’umanità intera. Fa’ che l’amore con cui tu guardi alla nostra debolezza ci spinga verso la condivisione e la solidarietà.

Noi ti preghiamo

  

O Dio Padre buono rafforza in noi la fiducia in te e negli uomini, perché, confermati dalla fedeltà con cui ci continui ad amare nonostante tutto, sappiamo a nostra volta desiderare il bene di tutti,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Dio quanti si spendono nel mondo per far prevalere la pace e la giustizia sull’odio e la violenza. Per chi vive nel dolore e nella povertà, per la salvezza di chi ha bisogno di aiuto,

Noi ti preghiamo

  

Apri o Dio le porte dei nostri paesi ricchi d’Europa perché non accada più che qualcuno debba morire per cercarvi rifugio e salvezza dalla miseria. Fa’ che nei popoli europei vinca la solidarietà e l’accoglienza sulla paura e il rifiuto,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per tutti i paesi in guerra da cui tanti uomini, donne, anziani e bambini sono costretti a fuggire con grandi sofferenze e pericoli. Dona pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

  

Abbi pietà o Dio e volgi il tuo sguardo su di noi, fa’ che impariamo a godere dei doni del creato che tu ci metti a disposizione senza accaparramento e sfruttamento, arricchendo la bellezza naturale con la gioia della condivisione

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Dio, per la Chiesa ovunque nel mondo, perché sia animata sempre da una forte e gioiosa esperienza di comunione, un sincero e fraterno dialogo e apra percorsi nuovi e coraggiosi per l'annuncio della gioia del Vangelo a chi non lo conosce,

Noi ti preghiamo

  

Dona pace e salvezza alla tua Chiesa, specialmente dove è perseguitata e nel dolore, in tutti i luoghi in cui il tuo nome è combattuto e offeso, rafforza nel nostro papa Leone l’annuncio e la testimonianza di un tempo di pace da realizzare con fretta,

Noi ti preghiamo