sabato 11 ottobre 2025

XXVII domenica del tempo ordinario - Anno C – 5 ottobre 2025

 


Dal libro del profeta Abacuc 1,2-3; 2, 2-4

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mente; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

 

Salmo 94 - Ascoltate oggi la voce del Signore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostrati, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce! +
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 1,6-8.13-14

Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
La parola del Signore rimane in eterno:
e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 17, 5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

 

Commento

 

Care sorelle e cari fratelli, oggi, vogliamo ricordare la festa di San Francesco e insieme celebriamo la 111° giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Sono due memorie che ci sono care perché si intrecciano con la vita della nostra comunità in modo molteplice. La prima memoria è il passaggio di Francesco in questa chiesa, durante i suoi brevi soggiorni a Terni documentati nelle biografie, poiché dimorava nelle vicinanze di Santa Croce sicuramente passò per questo luogo, probabilmente vi sostò in preghiera. Poi l’accoglienza a tanti migranti che bussano alle porte di Santa Croce e vi trovano aiuto e accoglienza.

La prima lettura della liturgia odierna descrive uno scenario di guerra e distruzione: il popolo è oppresso dalle minacce di un popolo forte e arrogante che rapina, uccide e fa scempio delle realtà che incontra: “Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese.” Non sappiamo con precisione a quali eventi storici il profeta Abacuc faccia riferimento, ed anche per questo la possiamo ritenere una descrizione di tutte le situazioni di guerra e calamità che nella storia hanno colpito l’umanità, e oggi continuano con forza a farlo. Il profeta esprime lo sgomento del popolo di Israele davanti a tutto ciò: “Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?” Le parole del Profeta esprimono bene lo stato d’animo di molti di noi oggi: “Perché Dio non ferma la mano omicida che colpisce tanti innocenti?”

Davanti a quest’affermazione mi vengono in mente due riflessioni. La prima è quanto sia facile prendersela con Dio dei mali causati da noi uomini. Infatti noi tutti siamo figli di un sistema socio-politico, quello che diciamo occidentale o del Nord del mondo, che ha fondato il benessere di una minoranza di uomini, della quale noi facciamo parte, sullo sfruttamento di una maggioranza che è depredata, messa ai margini e oppressa. Noi godiamo dei frutti avvelenati di un sistema iniquo, e quando questo collassa o meglio manifesta apertamente la sua natura ingiusta e violenta, come nelle guerre, ci sentiamo traditi, come dicendo: “Ma come, il nostro benessere non era fondato su giustizia e onestà?” Un esempio per tutti: Nel 2022, le esportazioni di armi più consistenti sono state da Stati Uniti e Francia con 17,5 miliardi di dollari, mentre la Russia ne ha esportate per 3 miliardi e la Cina 2. Ce la possiamo prendere con Dio se poi ci sono tante guerre nel mondo?

No cari fratelli e care sorelle, il nostro benessere è fondato su un ordine mondiale che si nutre di ingiustizia per garantire il privilegio di pochi, faccio una semplificazione forzata, ma è così. Come possiamo davanti a ciò incolpare Dio?

Il seguito del libro del profeta Abacuc fa dire a Dio che questi eventi sono la giusta punizione che egli infligge al popolo per la sua iniquità. Questa immagine della “punizione” va compresa alla luce di quanto detto prima. Se vogliamo tradurre questa parola in un termine più comprensibile possiamo dire che questi eventi sono il naturale evolversi della situazione di iniquità che il popolo stesso ha causato, soffrendo ora le conseguenze più gravi del sistema di vita adottato nel tempo.

La risposta di Dio al grido sgomento del popolo è: “il giusto vivrà per la sua fede.” Cioè la vita appartiene a chi si fida del disegno di bene di Dio e su di essa fonda il proprio modo di vivere, rifiutando di alimentare un sistema iniquo ed empio.

In una parola la risposta di Dio all’uomo che lo accusa è: pèntiti, cioè ammetti la tua complicità con il male e divieni tu responsabile di sradicarlo. Dio infatti ci ha dato tutto quanto è necessario: i beni per vivere tutti e l’intelligenza per gestirli equamente, siamo noi che ne abbiamo fatto scempio.

La seconda osservazione riguarda i migranti. Se questo è il disordine mondiale su cui abbiamo fondato il nostro benessere, perché ci stupiamo che tanti ambiscano a far parte della porzione privilegiata, sfuggendo condizioni di vita inumane? Ci si scandalizza che la parte del mondo vampirizzata da noi privilegiati ci chieda un piccolo risarcimento, di partecipare almeno un po’ al nostro benessere?

Se imparassimo a vedere dietro lo sguardo di ogni migrante le vicende di tutto il suo popolo e l’aspirazione al ristabilimento della giustizia, almeno un po’, forse il nostro atteggiamento cambierebbe.

Infine uno degli insegnamenti di Francesco più rilevanti per noi oggi mi sembra questo: “Comincia tu.” Cioè Francesco non si è fatto maestro, dicendo agli altri quello che dovevano fare. La sua conversione, come sappiamo bene, è cominciata dall’uscire lui stesso per primo dalla solidarietà con quanti facevano del benessere e del privilegio la propria forza a scapito dei tanti umili e umiliati del tempo, proprio come aveva fatto per anni in gioventù lui stesso, per scegliere di condividere con questi ultimi il desiderio di vivere il bene disegnato da Dio per l’umanità intera, la Buona notizia annunciata da Gesù: si può vivere il bene, qui, oggi.

È questo anche il senso del Cantico delle creature di cui celebriamo l’VIII centenario quest’anno. La visione dei tanti beni che Dio ha messo a nostra disposizione perché li condividessimo facendone un tesoro comune. È cioè un richiamo forte al senso di responsabilità di ciascun uomo a costruire un nuovo ordine comune nel quale ogni persona trovi spazio e possa partecipare nella pace dei meravigliosi beni che Dio ci ha messo a disposizione.


Preghiere 

Ti preghiamo o Signore Gesù di donarci la fede per vivere il bene che tu hai sognato per l’umanità intera. Fa’ che l’amore con cui tu guardi alla nostra debolezza ci spinga verso la condivisione e la solidarietà.

Noi ti preghiamo

  

O Dio Padre buono rafforza in noi la fiducia in te e negli uomini, perché, confermati dalla fedeltà con cui ci continui ad amare nonostante tutto, sappiamo a nostra volta desiderare il bene di tutti,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Dio quanti si spendono nel mondo per far prevalere la pace e la giustizia sull’odio e la violenza. Per chi vive nel dolore e nella povertà, per la salvezza di chi ha bisogno di aiuto,

Noi ti preghiamo

  

Apri o Dio le porte dei nostri paesi ricchi d’Europa perché non accada più che qualcuno debba morire per cercarvi rifugio e salvezza dalla miseria. Fa’ che nei popoli europei vinca la solidarietà e l’accoglienza sulla paura e il rifiuto,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per tutti i paesi in guerra da cui tanti uomini, donne, anziani e bambini sono costretti a fuggire con grandi sofferenze e pericoli. Dona pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

  

Abbi pietà o Dio e volgi il tuo sguardo su di noi, fa’ che impariamo a godere dei doni del creato che tu ci metti a disposizione senza accaparramento e sfruttamento, arricchendo la bellezza naturale con la gioia della condivisione

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Dio, per la Chiesa ovunque nel mondo, perché sia animata sempre da una forte e gioiosa esperienza di comunione, un sincero e fraterno dialogo e apra percorsi nuovi e coraggiosi per l'annuncio della gioia del Vangelo a chi non lo conosce,

Noi ti preghiamo

  

Dona pace e salvezza alla tua Chiesa, specialmente dove è perseguitata e nel dolore, in tutti i luoghi in cui il tuo nome è combattuto e offeso, rafforza nel nostro papa Leone l’annuncio e la testimonianza di un tempo di pace da realizzare con fretta,

Noi ti preghiamo

 

 

XXVI domenica del tempo ordinario - Anno C - 28 settembre 2025

 


Dal libro del profeta Amos 6, 1.4-7

Guai agli spensierati di Sion e a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria! Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla. Canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali; bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano. Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei dissoluti. 

 

Salmo 145 - Loda il Signore, anima mia.
Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. 

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 6, 11-16

Diletto figlio Timoteo, uomo di Dio, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni. Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio, il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile: nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo. A lui onore e potenza per sempre. Amen. 

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Gesù Cristo da ricco che era, 

si è fatto povero per noi
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 16, 19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, Gesù racconta a un gruppo di farisei la storia del ricco che banchetta e del povero Lazzaro. Dice Luca che questo racconto è rivolto a quelli che “erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui”.

Gesù si rivolge a loro perché non prendono sul serio il suo vangelo, cioè la buona notizia che manifesta con le sue parole e le sue opere. Questa buona notizia è per tutti, perché afferma che c’è la possibilità fin da subito di rendere il mondo più giusto, senza violenza, in cui tutti gli uomini e le donne sono fratelli e sorelle di un’unica famiglia, e poiché tali si trattano con amore. Questa buona notizia si fonda su una grande novità: Dio si è fatto uomo, proprio per dimostrare che è possibile vivere così, che non è un’utopia irrealizzabile da noi esseri umani.

Come tutte le buone notizie però, purtroppo, essa ha come due facce: da un lato riempie di gioia quanti sono nel dolore, vittima di ingiustizie, sfortunati solo perché sono nati nel posto sbagliato e nel tempo sbagliato, poiché mostra loro che la speranza di un tempo diverso è fondata e realizzabile, ma d’altra parte la stessa buona notizia sembra ad altri di tutt’altro segno, cioè una disgrazia che non ci si può augurare si realizzi.

Pensiamo ad esempio alle guerre. Appare evidente a tutti noi come esse siano una realtà tragica e tutti noi, a partire proprio da chi le subisce, ci auguriamo che possano al più presto finire. Ma quanti invece quelle stesse guerre le giustificano, le provocano, vogliono che proseguano fino all’annientamento totale del nemico. Sono i potenti che vogliono accrescere il proprio dominio, i produttori e i mercanti di armi che ci guadagnano, tutti quelli che sono accecati da ideologie, nazionalismi, odi e rancori che affondano le radici in storie lontane, i quali la guerra la amano e se ne sentono fatalmente attratti.

La stessa cosa possiamo dirla dei sistemi ingiusti che si basano sullo sfruttamento economico, la dittatura politica, l’oppressione, la discriminazione e il razzismo. Alcuni subiscono e soffrono, altri dominano e ne traggono vantaggio.

Ma la notazione di Luca ci dice anche che quanti desiderano il mantenimento della situazione così come è, cioè malvagia, vogliono dare a questa loro scelta l’aspetto di una realtà inevitabile e giusta: “ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui”. Chi la contrasta, sperando invece nella buona notizia di una fine possibile, è giudicato un illuso, un sognatore di cose impossibili, un pericoloso coltivatore di false speranze. Ad esempio questo affermano quanti dicono che la guerra è normale, che in certi casi è giusta, che è sempre esistita, ecc.. Ci si fa beffa della speranza del Vangelo, della sua buona notizia che il bene è possibile.

Gesù davanti a questo atteggiamento, così attuale nel nostro quotidiano, racconta una storia che descrive una ingiustizia evidente e il rifiuto di farsene carico. Colpisce nella descrizione della parabola la totale assenza di spiegazione dei motivi che hanno portato alla ricchezza dell’uno e alla povertà dell’altro. Gesù non considera nemmeno i mille ragionamenti e giustificazioni che noi ci facciamo sulla “giustizia” del male e sulle colpe degli uni e i meriti degli altri che giustificherebbero le due differenti condizioni.

Il secondo elemento che emerge dal racconto è come davanti alle manifestazione del male non si possa restare neutrali, senza prendere posizione: o si è fra quelli che giustificano, accettano, traggono vantaggio, dicono “che posso farci?”, o fra quelli che subiscono la forza del male e la contrastano con quella del bene. La scelta, ci dice Gesù, o è benedizione per la nostra vita o è maledizione.

Infine questa storia ci dice che al ricco che banchettava non era richiesto di eliminare le cause dell’ingiustizia in tutta la società, ma di estirparle da sé e dare da mangiare a Lazzaro, accoglierlo, volergli bene, qualunque fosse la causa della sua condizione attuale. Cioè Gesù dice che non vale la pena fare qualcosa solo se siamo in grado di cancellare la forza del male dalla faccia della terra, ma siamo tenuti a fare qui ed ora ciò che ci è possibile, senza titubanze.

Davanti a tutto ciò possiamo forse sentirci turbati: chi ci darà la forza o la capacità di non andare oltre, di non ignorare, di non trascurare la responsabilità che l’incontro con la forza del male ci restituisce tutta intera? Gesù lo dice chiaramente: abbiamo Mosè e i profeti, cioè la Scrittura è per noi una scuola di umanità se presa sul serio e vissuta concretamente e l’esempio di Gesù, i suoi atteggiamenti e sentimenti che il Vangelo ci mostrano chiaramente sono un modello di umanità piena e sensibile che non è mai sorda alla richiesta di aiuto di chi è nel bisogno. Dall’ascolto della Scrittura possiamo imparare a riconoscere e prendere in seria considerazione il bisogno di chi ci è accanto, possiamo imparare a sentirlo come nostro e a mostrarci solidali e amici ed infine possiamo liberarci dalla schiavitù dell’attimo presente e dall’illusione che vi sia sempre un domani nel quale cambiare atteggiamento. Il nostro domani, ci dice Gesù, lo costruiamo oggi, e l’incontro col povero è benedizione se invece di lasciarlo fuori dalla porta della nostra vita lo facciamo entrare e riconosciamo in lui il fratello e la sorella che il Signore ci manda incontro perché imparando a volergli bene preserviamo la nostra umanità dal disfacimento.

 

Preghiere 

 

O Signore fa’ che non chiudiamo la porta per escludere te e i fratelli dalla nostra vita, aiutaci a mettere sempre al centro chi ha più bisogno del nostro aiuto.

Noi ti preghiamo

  

O Cristo che hai donato tutta la tua vita per la salvezza nostra, liberaci dalla prigione dell’egoismo per essere tuoi figli e discepoli.

Noi ti preghiamo

 

O Padre del cielo guarda con amore a tutti coloro che danno valore solo a ciò che è materiale ed esteriore, fa’ che scoprano presto che ciò che conta veramente è l’amore e la compassione.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore perché liberi la nostra società dai mali che la affliggono: l’indifferenza per chi è debole, la perdita di senso, l’egoismo, la chiusura in se stessi. Fa’ che riscopra presto la vocazione ad essere luogo di incontro e di accoglienza.

Noi ti preghiamo

 

Perdona Signore tutte le volte che abbiamo considerato gli altri solo per la loro utilità. Fa’ che impariamo a conoscere e apprezzare sempre più il valore dell’amicizia gratuita e senza interesse.

Noi ti preghiamo

  

Aiuta e proteggi o padre santo i nostri fratelli e sorelle più giovani che imparano col nostro aiuto ad essere tuoi discepoli e amici. Fa’ che tutti noi sappiamo accompagnarli con l’affetto e la preghiera.

Noi ti preghiamo.

                                                                      

Sostieni o Padre misericordioso tutti coloro che hanno bisogno del tuo aiuto: i malati, gli anziani, i senza casa, i prigionieri, i sofferenti, gli immigrati. Fa’ che la loro vita sia sostenuta nelle prove e liberata dal male.

Noi ti preghiamo

   

Proteggi o Signore tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi. Fa’ che l’annuncio del vangelo raggiunga coloro che ancora non ti conoscono e cambi la loro vita.

 

Noi ti preghiamo

 

XXVIII domenica del tempo ordinario - Anno C - 12 ottobre 2025

 

Dal secondo libro dei Re 5, 14-17

In quei giorni, Naamàn, il comandante dell’esercito del re di Aram, scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato dalla sua lebbra. Tornò con tutto il seguito da Elisèo, l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore».

 

Salmo 97 - Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2, 8-13

Figlio mio, ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.  Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
In ogni cosa rendete grazie:
questa infatti è volontà di Dio
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 17, 11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, le letture di oggi ci richiamano la realtà di una malattia, la lebbra che al tempo di Gesù era una vera piaga sociale ben presente alla mente e agli occhi di tutti i suoi ascoltatori. Ognuno aveva presente queste figure simili a fantasmi, sia perché sfigurate dalla malattia, sia perché obbligati a vivere isolati, ai margini della società, senza poter avere rapporti con nessuno. L’isolamento infatti era l’unica misura conosciuta al tempo, per evitare il contagio. Ad essa si accompagnava un pesante giudizio: per la mentalità dell’epoca infatti la malattia era una punizione per un comportamento malvagio o immorale e in fondo chi ne era colpito se lo era meritato.

Malattia e dolore, isolamento, giudizio e condanna: spesso la malattia è un peso così grande che schiaccia e annienta le persone.

I brani della Scrittura oggi ci mostrano due momenti felici nei quali alcuni ammalati trovano la guarigione nell’incontro con Dio.

Nel primo caso è uno straniero, il comandante dell’esercito del re di Aram, ad essere guarito, con la mediazione del Profeta Eliseo. La gioia del malato è grande e vuole sdebitarsi con l’uomo di Dio con un regalo che possiamo immaginare principesco. Il malato una volta guarito vorrebbe chiudere il rapporto con un gesto che metta fine al debito e quindi anche alla relazione. Il rifiuto di Eliseo suscita in lui una riflessione più profonda: egli capisce che la guarigione è un dono di Dio che non può essere ripagata con un dono materiale perché è un segno con il quale Dio stesso vuole aprire con lui un rapporto duraturo e profondo: Naaman decide di prendere la terra per costruire nel suo paese un luogo dove continuare a pregare Dio che lo ha guarito.

Ecco che in questo modo la guarigione apre la via per un nuovo rapporto con Dio, che dunque non si limita più solo alla ricerca della soluzione del proprio problema, per quanto esso possa essere grande, ma schiude una nuova prospettiva di vita accompagnata da Dio in modo duraturo e significativo.

Anche il racconto del Vangelo di Luca della guarigione operata da Gesù di ben dieci lebbrosi presenta una duplice tappa nel cammino di quegli ammalati. Il Signore ai dieci lebbrosi che chiedono il suo aiuto propone di andare al tempio a farsi vedere dai sacerdoti. Infatti erano questi che, in base alla legge ebraica, potevano certificare l’avvenuta guarigione di un lebbroso.

È paradossale: mentre sono ancora malati Gesù li invia a farsi riconoscere guariti, ma con questo invito vuol dire che per essere guariti c’è bisogno di aver fede, e che chiedere la guarigione presuppone la certezza che essa sarà accordata da Dio. I lebbrosi accettano questa sfida, che ripeto poteva apparire paradossale, si fidano di Gesù e vanno, e mentre camminano sono sanati tanto da giungere al tempio in perfetta salute.

Anche in questo caso, come abbiamo già visto prima, per nove di loro la guarigione, cioè la soluzione del problema che rendeva la loro vita così infelice, segna anche la fine del loro rapporto con il Signore. Solo uno, e non a caso un samaritano, cioè una persona particolarmente disprezzata dagli israeliti, vede nella sua guarigione il motivo per tornare da Gesù, cioè per continuare un rapporto con lui.

Cari fratelli e care sorelle, anche noi spesso ci rivolgiamo a Dio sotto la pressione dei problemi che ci pesano di più. E la soluzione dei problemi sembra l’unico traguardo a cui aspiriamo. Ma dobbiamo piuttosto imparare a vivere questa giusta aspirazione nella fede che il Signore non lascerà inascoltata la nostra preghiera, anzi, ancora di più, a scorgere gli innumerevoli miracoli che quotidianamente benedicono la nostra vita, preservandola dal male, guidandola in luoghi di pace, facendo sì che non si perda, perché diventino altrettante vie che ci portano a rendere sempre più stretto il nostro rapporto con Dio nella gratitudine. Fidiamoci del suo amore e riconosciamoci “guariti” già mentre chiediamo il suo aiuto, perché pieni di riconoscenza torniamo a lui, coscienti che il debito grande dell’amore ricevuto ci chiede di restituirne almeno un po’ a lui e ai nostri fratelli e sorelle.


 Preghiere  

O Dio ti ringraziamo perché ci liberi dalla prigione di una vita chiusa dal piccolo orizzonte individuale, per aprirci alla libertà di un amore senza confini.

Noi ti preghiamo

  

Guidaci, o Signore Gesù, sulla via che ci conduce all’incontro con il fratello e la sorella malati, perché aprendo la nostra vita ad essi impariamo a tornare a te per trovare guarigione e salvezza.

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci o Signore Gesù a vincere la paura che ci chiude all’incontro con i fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi del nostro aiuto. Fa’ che sappiamo vedere nel volto di chi incontriamo qualcuno da amare e a cui tendere la mano amica.

Noi ti preghiamo

  

Guida o Signore tutti coloro che sono persi nei sentieri tortuosi del male e non trovano la strada per incamminarsi verso di te. Fa’ che, anche con il nostro esempio, la tua Parola orienti i loro passi e illumini il loro cammino.

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Dio del cielo tutti coloro che soffrono a causa della violenza e della guerra. Ti preghiamo per tutte le vittime dei conflitti, fa’ che trovino presto la pace e la consolazione di cui hanno bisogno. In modo particolare ti chiediamo di rafforzare le vie di pace che si sono recentemente aperte in Medio Oriente, perché portino ad un futuro senza più guerra.

Noi ti preghiamo

  

Guarda o Dio con amore a noi tuoi figli e, nonostante il nostro peccato, guida i nostri passi sulla via del bene. Fa’ che, fidandoci del tuo amore misericordioso, affidiamo a te la nostra salvezza.

Noi ti preghiamo.

 

 Proteggi e sostieni o Padre del cielo tutti coloro che annunciano la tua Parola e cercano di viverla, perché il tuo Nome porti salvezza e vita dove oggi regnano le tenebre del male.

Noi ti preghiamo

 

 Ti preghiamo o Padre Santo, di essere sempre al nostro fianco perché anche nei momenti bui e di dimenticanza sappiamo accorgerci della tua presenza amorevole ed essere grati per la tua grande bontà.

Noi ti preghiamo

sabato 20 settembre 2025

XXV domenica del tempo ordinario - Anno C - 21 settembre 2025

 


Dal libro del profeta Amo 8, 4-7

Il Signore mi disse:

«Ascoltate questo,

voi che calpestate il povero

e sterminate gli umili del paese,

voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio

e si potrà vendere il grano?

E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,

diminuendo l’efa e aumentando il siclo

e usando bilance false,

per comprare con denaro gli indigenti

e il povero per un paio di sandali?

Venderemo anche lo scarto del grano”».

Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:

«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

 

Salmo 112 - Benedetto il Signore che rialza il povero.
Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre.

Su tutte le genti eccelso è il Signore, +
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto e si china a guardare
sui cieli e sulla terra?

Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo. 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 2, 1-8

Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità.

Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mento –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.

Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per voi,
perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 16, 1-13

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:

«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.

L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.

Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.

Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

 

Commento

 

Con il vangelo di oggi Gesù ci propone la storia di un uomo che lavorava come amministratore presso un ricco possidente. Il fatto di amministrare tanti beni però aveva portato quell’amministratore a dare poca importanza alla fortuna che aveva a disposizione, tanto che, dice il vangelo, “fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi”. Sembra una storia d’altri tempi, un po’ una favola. Ci ricorda un sistema sociale che oggi non esiste più.

Eppure, se andiamo in profondità, oltre le forme esteriori, troviamo in quella storia l’immagine di ogni uomo. Sì perché in fondo ognuno di noi, nascendo, è stato messo ad amministrare una grande fortuna: un patrimonio di vita, di opportunità, di salute, di pace, di benessere, di risorse, ecc... Ognuno onestamente, se fa un bilancio di quanto ha ricevuto nella vita, se ne rende conto. Sì, magari possiamo anche fare l’elenco delle difficoltà, dei dolori, di quello che ci è mancato e avremmo desiderato. Ma non possiamo negare di aver comunque ricevuto molto, e non per meriti speciali. Anche noi, come quell’amministratore, siamo stati messi a gestire un grande patrimonio.

Forse, anche noi , come quell’amministrazione, ci siamo talmente abituati a considerare scontato tutto quello che abbiamo che lo sperperiamo, ovvero lo utilizziamo con superficialità e scontatezza solo per noi stessi, come fosse una proprietà nostra di diritto, quando addirittura non contro gli altri, come fanno gli sfruttatori e quelli che guadagnano con le guerre.

Infatti il ricco possidente di cui parla il vangelo non accusa il suo amministratore di aver rubato o fatto cose disoneste con i beni posseduti, ma di averli sperperati, cioè usati male, di non averli fatti fruttare, di averli sciupati senza frutto.

Noi, cosa facciamo della nostra vita? Come usiamo il nostro tempo? Che frutto traiamo dalle energie, dalle risorse che la salute e la pace di cui godiamo ci mettono a disposizione? Non è scontato avere a disposizione tante risorse, non tutti al mondo ne godono, ci sono state date in amministrazione, senza meriti, e noi che ne facciamo?

È questa la domanda che ci pone il vangelo oggi. Noi che facciamo della nostra vita? È una domanda molto seria, che raramente ci poniamo. Anche a noi Dio, come il ricco possidente, che ci ha affidato tanti beni perché li amministrassimo, ce ne rende conto, ogni volta che ascoltiamo il Vangelo. Noi cosa risponderemo? Possiamo trovare molte scuse, possiamo dire che abbiamo avuto tanti problemi, che non ci hanno aiutato abbastanza, ecc… ma sappiamo che non è vero, che abbiamo preferito tenerci tutto per noi, senza metterlo a frutto per altri, cioè senza far crescere la vita, l’amore, il benessere attorno a noi, per gli altri.

Davanti a questa domanda ci troviamo in grande imbarazzo, tanto che evitiamo di porcela.

Quell’amministratore di cui ci parla il vangelo quando gli viene chiesto conto del frutto mancante sa cosa fare, e per questo ci indica una via.

Non si perde d’animo, messo di fronte alla domanda cruciale non sfugge, non mette scuse, non cerca giustificazioni, non da la colpa agli altri, al destino, alla sorte. Si decide, finalmente, a fare quello che poteva mettere in atto da sempre: non sciupare, ma a mettere a frutto il patrimonio affidatogli. E il modo migliore che trova per farlo è usarlo per aiutare gli altri, per farsi amare, per far crescere amicizia simpatia e gratitudine nei suoi confronti. Quell’olio, quel vino, quel grano che prima teneva chiusi in cantina, donato a chi ne ha bisogno produce un buon frutto per l’amministratore, perché lo rende amico di tanti. Aiutare chi ha bisogno dell’olio, del grano, del tempo delle energie che noi abbiamo non ci impoverisce, come tanti pensano, ma invece ci prepara un futuro più ricco, ricco di amici e di protettori davanti a Dio. Sembra assurdo, ma l’amministratore scopre che proprio quelli che hanno bisogno di olio e di grano, i più poveri, costretti a prendere in prestito da lui il cibo, sono loro la migliore garanzia per il suo futuro se li aiuta gratuitamente e senza pretendere un guadagno.

Potremmo dire che non è giusto quello che l’amministratore fa. In fondo usa beni non suoi per aiutare gli altri e farsi amare da tanti.

Il padrone però lo loda. Sì, perché il padrone, che è Dio, non ragiona con la logica dell’economia di mercato o dei ricchi del mondo. Per lui i beni sono una cosa buona non quando ci fanno guadagnare, ma quando sono donati a chi ne ha bisogno, così come il nostro tempo, le nostre capacità, i talenti. Lo abbiamo sperimentato anche noi, quando regaliamo gratuitamente il nostro amore a qualcuno, e così ce lo siamo sentito moltiplicare nel cuore. Al contrario se ce lo teniamo solo per noi stessi, alla fine deperisce e muore, lasciandoci aridi di sentimenti. Per questo il proprietario non si adira con l’amministratore perché non gli procura un guadagno, e in fine lo loda dicendo che è stato saggio, perché ha usato i beni che amministrava per accumularsi un tesoro di amore e di amicizia che non gli verrà tolto.

Fratelli e sorelle, oggi il vangelo ci pone la domanda su cosa facciamo della nostra vita. Forse possiamo non porcela, ma poi alla fine sarà posta in modo definitivo a tutti. Non aspettiamo il momento in cui sarà troppo tardi e non si potrà più porre rimedio. Il vangelo ci aiuta a prepararci fin da subito una risposta convincente, come fece quell’amministratore.

  

Preghiere 

 

O Signore ti ringraziamo dei doni dei quali hai voluto che godessimo nella nostra vita: della vita, della pace, della salute, del benessere. Aiutaci a metterli a frutto nel dono.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Dio per quanti soffrono per l’assenza di pace: per il popolo siriano, per la Palestina, il Sudan e tutti i paesi dove infuria la guerra. Dona pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci o Signore a usare le nostre risorse umane e i nostri beni per soccorrere chi è nel bisogno. Per i poveri, per chi è nel dolore, i malati, chi è senza casa. Dona a tutti consolazione e salvezza,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Dio quanti sono colpiti dalla violenza a causa della loro fede, perché gli annunciatori e i testimoni del Vangelo siano protetti dal tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

Insegnaci o Dio la generosità del tuo Figlio che spese ogni suo talento per il bene di noi uomini. Sul suo esempio fa’ che sappiamo donare gratuitamente come gratuitamente abbiamo ricevuto,

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Signore la nostra debolezza ogni volta in cui evitiamo di compiere il bene che tu ci indichi e rifiutiamo di seguire i tuoi insegnamenti. Aiutaci a essere sempre docili discepoli del Vangelo,

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Dio per la tua Chiesa, perché sia testimone fedele del tuo vangelo e annunciatrice della salvezza che viene dall’essere tuoi amici e discepoli fedeli,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Signore Gesù il nostro papa Leone con la forza del tuo Spirito, perché guidi tutti gli uomini di buona volontà verso il tuo Regno di pace e di giustizia,

Noi ti preghiamo

sabato 13 settembre 2025

Festa dell'Esaltazione della Santa Croce - Anno C - 14 settembre 2025

 


Dal libro dei Numeri 21, 4b-9

In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

 

Salmo 77 - Non dimenticate le opere del Signore! 

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore. 

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza. 

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira 
e non scatenò il suo furore.

Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippesi 2, 6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.

Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia, alleluia, alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.  Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, celebriamo oggi una festa antica e solenne, quella dell’Esaltazione della Santa Croce. Questa festa viene a riproporci, lontano dai giorni della Passione del Signore, di soffermarci sulla croce, simbolo della morte di Gesù. In modo particolare per noi questa festa è ancora più solenne perché ricorda il titolo a cui la nostra chiesa è dedicata e che costituisce, per così dire, il segno santo che protegge la nostra comunità cristiana.

Se vogliamo per noi è un privilegio essere invitati di anno in anno a soffermarci su questa realtà che rappresenta pienamente l’amore così grande di Gesù.

La croce sopporta il peso di un odio infinito, ingiustificato e assurdo, come quello di tanti contro l’unico giusto, Gesù. Il peso della delusione per l’abbandono da parte di tutti, anche dei più vicini, il peso della paura e della solitudine, dell’enorme dolore fisico. Il peso del rischio di fallire nella missione affidatagli dal Padre, di chiudere per sempre le porte dell’inferno su un mondo che gli stava voltando le spalle.

Tutto questo peso, cari fratelli e care sorelle non ha schiantato quella croce, non l’ha spezzata, perché sull’altro braccio lo bilanciava un amore così forte e invincibile per tutti, l’amore di Gesù per gli uomini, e l’amore di Dio Padre per il Figlio.

Per questo la croce è un simbolo che ci richiama un mistero: laddove si è concentrata la forza del male è emerso ancora più forte l’amore di Dio. Lo definiamo un “mistero” perché facciamo fatica a riconoscere l’amore di Dio, i nostri occhi sono come velati dal dolore e dallo smarrimento, ma spesso anche dall’abitudine e indifferenza, da un senso di impotenza. Così come i discepoli fecero una grande fatica a credere in quell’amore grande che era la resurrezione, anche i nostri occhi sono offuscati.

E questo, cari fratelli e care sorelle, è vero per tutte le croci che da allora in poi la forza del male, usando gli uomini e le donne, hanno piantato sulla faccia di questo nostro mondo.

Le croci delle guerre, delle ingiustizie che vedono crescere la ricchezza concentrata nelle mani di pochissimi e crescere la fame e la miseria di interi popoli, le croci di società, città, paesi che hanno perso l’anima e sono divenuti disumani.

Papa Leone proprio venerdì scorso ha voluto ricordare una di queste grandi croci contemporanee, quella che è piantata in mezzo al Mediterraneo, sulla tomba degli oltre 30.000 “morti di speranza” annegati negli ultimi 10 anni.

Rivolgendosi alla popolazione di Lampedusa e agli operatori impegnati nel soccorso ai naufraghi che giungono su quell’isola ha detto: “Voi siete un baluardo di quell’umanità che le ragioni gridate, le paure ataviche e i provvedimenti ingiusti tendono a incrinare. Non c’è giustizia senza compassione, non c’è legittimità senza ascolto del dolore altrui. … Parecchi fratelli e sorelle migranti sono stati sepolti a Lampedusa, e riposano nella terra come semi da cui vuole germogliare un mondo nuovo.

Ma poi ha voluto mettere in guardia dal senso d’impotenza che, come dicevo, offusca lo sguardo: “La globalizzazione dell’indifferenza, che Papa Francesco denunciò proprio a partire da Lampedusa, sembra oggi essersi mutata in una globalizzazione dell’impotenza. Davanti all’ingiustizia e al dolore innocente siamo più consapevoli, ma rischiamo di stare fermi, silenziosi e tristi, vinti dalla sensazione che non ci sia niente da fare. Cosa posso fare io, davanti a mali così grandi? La globalizzazione dell’impotenza è figlia di una menzogna: che la storia sia sempre andata così, che la storia sia scritta dai vincitori. Allora sembra che noi non possiamo nulla. Invece no: la storia è devastata dai prepotenti, ma è salvata dagli umili, dai giusti, dai martiri, nei quali il bene risplende e l’autentica umanità resiste e si rinnova.

Cari amici, davanti alla croce è facile essere vinti dal senso di impotenza, tanto che l’abitudine l’ha resa un innocuo segno decorativo che non dice più nulla. Dobbiamo uscire da questo inganno e farne invece il simbolo di una vittoria, la vittoria della vita del risorto sulla morte del crocefisso, la vittoria dell’amore di Dio sull’odio dei carnefici e sulla distanza dei discepoli. La croce dice a tutti che il male non ha l’ultima parola!

Ha continuato così papa Leone: “Il male si trasmette da una generazione all’altra, da una comunità all’altra. Ma anche il bene si trasmette e sa essere più forte! Per praticarlo, per rimetterlo in circolo, dobbiamo diventare esperti di riconciliazione. Bisogna riparare ciò che è infranto, trattare con delicatezza le memorie che sanguinano, avvicinarci gli uni agli altri con pazienza, immedesimarci nella storia e nel dolore altrui, riconoscere che abbiamo gli stessi sogni, le stesse speranze. Non esistono nemici: esistono solo fratelli e sorelle. È la cultura della riconciliazione. Servono gesti di riconciliazione e politiche di riconciliazione.”

Oggi allora vogliamo invocare l’aiuto del Signore, perché ci trasformi in operatori di riconciliazione, dove il male frattura e distrugge, allontana e intristisce, spezza e avvelena. Sappiamo farci forti della forza dell’amore di Dio che sostiene il peso del male che si abbatte su uomini e donne e lo vince col potere dell’amore di quanti egli manda a consolare, guarire, sostenere, voler bene.

 

  

Preghiere 

 

O Signore Gesù, dalla croce a cui sei stato inchiodato ci provochi ad un amore per tutti senza limiti né condizioni. Fa’ che rispondiamo con disponibilità al tuo invito, Noi ti preghiamo

 

O Dio nostro Padre, dona con abbondanza a tutti gli uomini l’amore che fa mettere al primo posto il bene degli altri e che fa riconoscere in ognuno il proprio fratello e la propria sorella, Noi ti preghiamo

 

O Spirito di amore, riempi i nostri cuori perché non vinca la paura e la rassegnazione, ma prevalga il desiderio di restare accanto alle croci piantate nel mondo per aiutare quanti oggi ne sopportano il peso,

Noi ti preghiamo

  

O Dio manda dal cielo la tua benedizione su quanti affrontano viaggi rischiosi e faticosi per raggiungere un approdo di pace e un futuro felice. Proteggi quanti fuggono per mare e per terra, salvali dalla cattiveria degli uomini e dai pericoli mortali del viaggio,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Padre buono gli uomini e le donne che vivono in guerra. Dona pace ai paesi sconvolti dalla violenza e schiacciati dal terrorismo,

Noi ti preghiamo

 

Dona o Signore salvezza al mondo intero, specialmente dove ora regna ingiustizia e povertà. Fa’ che il bene regni nel mondo, dove oggi c’è disuguaglianza e sfruttamento,

Noi ti preghiamo

 

Ascolta o Dio l’invito di papa Leone di imitare te, uomo della fraternità universale e Dio della riconciliazione,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Signore i tuoi figli ovunque dispersi, radunali nella famiglia dei discepoli che si riuniscono ai piedi della tua croce per celebrarti risorto e nutrirsi del tuo corpo e sangue. Proteggili da ogni pericolo e dalla tentazione di fuggire dalla croce,

Noi ti preghiamo