sabato 23 agosto 2025

XXI domenica del tempo ordinario - Anno C - 24 agosto 2025


 


Dal libro del profeta Isaia 66, 18-21

Così dice il Signore: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore».

 

Salmo 116 - Tutti i popoli vedranno la gloria del Signore.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.

Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.

Dalla lettera degli Ebrei 12, 5-7.11-13

Fratelli, avete già dimenticato l’esortazione a voi rivolta come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d’animo quando sei ripreso da lui; perché il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio». È per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo sono stati addestrati. Perciò, rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminate diritti con i vostri piedi, perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono la via, la verità e la vita, dice il Signore;
nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Alleluia, alleluia alleluia

 

Dal vangelo secondo Luca 13, 22-30

In quel tempo Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

 

Commento

 

Il brano del Vangelo appena ascoltato si apre con una domanda: “Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?»   

È un interrogativo strano, perché quel tale chiede “quanti” si salvano, tradendo o un fastidio per una grazia troppo larga, o la paura per un eccessivo rigore del giudizio di Dio. Si vuole chiarezza sul “quanto” dell’amore di Dio: è per molti, oppure pochi?

Gesù non soddisfa quella curiosità, perché per Dio il “quanto” dell’amore non ha limiti: la perdita anche di uno solo per lui è già “troppo”, e non ci sono pochi o molti per una salvezza che lui vuole che sia per tutti. Gesù con la sua risposta sposta invece l’attenzione sul “come” Dio salva. Questo è quello che conta e l’unica cosa che deve interessarci.

L’ingresso al Regno è definito da Gesù una “porta stretta”, e questo a prima vista sembrerebbe confermare che pochi possono entrarvi. Ma poi Gesù aggiunge, riprendendo l’immagine di Isaia nella prima lettura, “verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.” Cioè, dice che il Regno è fatto per accogliere tanti, provenienti da ovunque senza distinzioni, non è un luogo “per i pochi eletti” di Israele, ma per tutte le genti, con un allargamento di prospettiva inimmaginabile per un giudeo del tempo.

La porta allora è stretta non per impedire l’ingresso a qualcuno, ma perché l’ingresso è possibile solo attraverso la porta dell’incontro, che si fa sempre uno ad uno. Non si entra nel Regno in gruppo, confusi nella massa, perché non si incontra Dio nella folla, anonimamente. Ma anche, non è la “perfezione”, cioè l’assenza di peccato, che garantisce l’entrata nel banchetto, cioè la salvezza, ma solo l’amicizia personale con Dio, costruita nel tempo. Infatti il padrone di casa a chi vuole entrare, ma gli è sconosciuto, non dice: “voi siete peccatori, non vi meritate di entrare”, ma dice: “Non so di dove siete” cioè non ci siamo mai conosciuti.

Dio accetta di far passare per la porta stretta anche chi è peccatore, ma ha accettato di incontrarlo, di conoscerlo, di farsi da lui amare, correggere, perdonare. Ma chi invece credendo di essere nel giusto e di non avere bisogno del suo perdono, non lo ha mai cercato ecco che resta un estraneo, escluso dal banchetto.

Possiamo immaginare che sulla soglia di quella porta stretta il Signore ci accolga ciascuno con un abbraccio, riconoscendoci e chiamandoci per nome. Anzi lui stesso è la porta dell’ovile nel quale Gesù, pastore buono, raduna le sue pecore chiamandole ognuna con il suo nome, come lui stesso afferma: “io sono la porta delle pecore. … se uno entra attraverso di me, sarà salvato; … conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me (Gv 10).

Ma come si fa a “conoscere” e “farsi conoscere” da Dio, ad essere suoi amici, a farsi chiamare da lui per nome sulla soglia di quella porta stretta?

Gesù nel respingere quelli che non si sono fatti conoscere da lui dice: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!” Eppure quelle persone non sembra che abbiano compiuto chissà quali delitti, affermano infatti di aver udito i suoi insegnamenti (“tu hai insegnato nelle nostre piazze”), e addirittura di aver mangiato con lui. Come non leggere in questa affermazione la partecipazione alla S. Messa, nella quale riceviamo l’insegnamento del Vangelo e mangiamo il banchetto della sua Eucarestia! Gesù, nonostante la loro pretesa di essere fra quelli che lo hanno frequentato assiduamente, li accusa del fatto che non hanno imparato da lui la sua giustizia, ma applicano quella del mondo.

Infatti, nel brano immediatamente precedente, Luca presenta una guarigione operata da Gesù in giorno di sabato. Questo suscita negli spettatori più osservanti una reazione scandalizzata: perché quella persona si è presentata da Gesù proprio di sabato, quando sa che è vietato? E implicitamente condannano anche Gesù perché ha operato una guarigione proprio nel giorno in cui il riposo sabbatico glielo impediva.

Allora c’è una giustizia degli uomini, che è osservanza formale, e una giustizia di Dio, che è il cercare sempre e comunque il bene degli uomini. Da questo sgorga quel giudizio: “Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!

Paradossalmente, infatti, proprio quelli che si sentono nel giusto perché osservanti e irreprensibili, sono quelli che conoscono meno come pensa e agisce Dio. Ecco allora il senso di quell’osservazione: “vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi.” Il giudizio di Dio guarda nel profondo e non si accontenta della superficialità della giustizia degli uomini, che è un’ingiustizia ai suoi occhi.

Cari fratelli e care sorelle, Dio si aspetta da noi che diveniamo operatori della “vera giustizia” che si realizza quando le sue parole passano dentro la nostra vita, lasciando un segno indelebile, rendendoci cioè cercatori del bene degli altri.

Allora, prepariamoci da subito ad entrare per la porta stretta di un rapporto intimo con Dio, abituiamoci ad assomigliargli il più possibile nel nostro agire, così da essere riconosciuti da lui, facciamoci plasmare dentro dal Vangelo, quelle parole così vere e umane, capaci di trasformare ciascuno in uomini e donne, a cominciare proprio dal bisogno di essere guariti e salvati da Lui.

 

Preghiere 

 

O Signore Dio nostro, aiutaci a cercare sempre l’incontro con te, fa’ che ascoltiamo le tue parole e seguiamo il tuo esempio, per divenire simili a te nel pensare e nell’agire,

Noi ti preghiamo

  

Plasma o Dio il nostro cuore, perché tu ci riconosca come tuoi figli e discepoli. Fa’ che la porta stretta dell’amore personale con cui ci vuoi bene si apra per accoglierci nella tua infinita misericordia,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per quanti non ti conoscono, anche se pensano di sapere già chi sei e cosa vuoi. Aiutali ad ascoltare con umiltà il vangelo e a farlo scendere dentro di sé perché trasformi le loro vite,

Noi ti preghiamo

  

Aiuta o Dio tutti quelli che ti invocano, affidandosi a te. In modo particolare quanti sono oppressi dalla violenza della guerra e del terrorismo. Mostra loro il tuo volto che salva e dona pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

 

Guida i tuoi figli ovunque incamminati sui sentieri del Vangelo o Dio nostro Padre, perché seguendo i tuoi insegnamenti portino pace e riconciliazione dove oggi c’è odio e contesa,

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Signore i tuoi figli, specialmente quelli che sono nel dolore e nella difficoltà. Guarda ad ognuno con il tuo volto misericordioso, perdona e guarisci ciascuno,

Noi ti preghiamo.

sabato 16 agosto 2025

XX domenica del tempo ordinario - anno C - 17 agosto 2025

 


 

Dal libro del profeta Geremia 38,4-6.8-10

In quei giorni, i capi allora dissero al re: «Si metta a morte questo uomo, appunto perché egli scoraggia i guerrieri che sono rimasti in questa città e scoraggia tutto il popolo dicendo loro simili parole, poiché questo uomo non cerca il benessere del popolo, ma il male». Il re Sedecia rispose: «Ecco, egli è nelle vostre mani; il re infatti non ha poteri contro di voi». Essi allora presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malchia, principe regale, la quale si trovava nell’atrio della prigione. Calarono Geremia con corde. Nella cisterna non c’era acqua ma fango, e così Geremia affondò nel fango. Ebed-Melech uscì dalla reggia e disse al re: «Re mio signore, quegli uomini hanno agito male facendo quanto hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna. Egli morirà di fame sul posto, perché non c’è più pane nella città». Allora il re diede quest’ordine a Ebed-Melech l’Etiope: «Prendi con te da qui tre uomini e fa’ risalire il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia».

 

Salmo 39 - Vieni presto, Signore, a liberarmi.

Ho sperato: ho sperato nel Signore  +
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.

Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare.

Dalla lettera agli Ebrei 12, 1-4

Fratelli, circondati da un gran numero di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Apri, Signore, il nostro cuore
e comprenderemo le parole del Figlio tuo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 12, 49-57

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato una parte di un lungo discorso che Gesù rivolge alle folle che lo seguono desiderose di ascoltare una parola di salvezza. Gesù è un predicatore appassionato e risponde a questa sete di parole senza edulcorare un messaggio che è radicale ed esigente, come le parole che oggi abbiamo ascoltato: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! … Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.

Gesù parla col tono di uno che sente di avere qualcosa di importante da comunicare che non può essere preso alla leggera. Tante volte è quello che facciamo anche noi, banalizzando le parole di Gesù sciogliendolo nella sapienza del mondo e rendendole più spente e tiepide. Ma le parole di Gesù vogliono essere un fuoco, non tepore, vogliono ardere per consumare tutto quello che è falso e inutile, non assecondare quello che tutti pensano. Sono parole incendiarie che non lasciano nulla come prima, ma fanno brillare quello che vale e consumano ciò che non vale. Ma il Signore vede che la gente, e i discepoli stessi, rifiutano il cuore del suo messaggio e vorrebbero una risposta più rassicurante, facile, all’aspirazione di pace e serenità. Anche noi speriamo che Gesù ci indichi una via per porci al riparo dai venti di guerra e di violenza che sentiamo soffiare in un mondo impazzito, e ci permetta di trovare la pace nel nostro angolo di tranquillità.

Noi tutti cioè siamo capaci di giudicare quando subiamo un torto e reclamare giustizia. Alziamo la voce se qualcuno ci nega ciò a cui abbiamo diritto e combattiamo per ottenere ciò che ci spetta. Ma come ci comportiamo invece quando a subire il torto è l’altro, l’estraneo, lo straniero, e magari noi stessi siamo parte della causa dell’ingiustizia che patisce e ne godiamo i frutti?

Dio a noi che vorremmo essere lasciati in pace, nella pace della nostra condizione di privilegiati, dice di imparare a leggere i segni dei tempi, cioè di guardare la nostra situazione da una prospettiva diversa. Non solo quella del nostro benessere, ma quella del mondo intero dove tanti ne pagano il prezzo. Come possiamo vivere sereni se così tanti uomini e donne sono minacciati dalla miseria, come avviene in tanti luoghi del mondo, o anche vicino a noi? Come possiamo essere tranquilli quando milioni di persone vivono quotidianamente l’angoscia di dover sopravvivere fra stenti, mancanza del necessario come acqua, cibo, casa e cure mediche? Questi, e tanti altri, sono i segni dei tempi che ci devono far sentire la necessità che un nuovo tempo inizi e a divenirne i realizzatori, costruttori del bene comune e non del privilegio di alcuni a discapito degli altri.

Dio sa che questo sarà possibile solo se il nostro cuore si incendia di quel fuoco di passione per gli altri, di amore per tutti che Gesù vuole disperatamente accendere in ognuno. Ecco allora che capiamo perché Gesù esprime tutta la sua preoccupazione, perché il fuoco del Vangelo non solo non arde su tutta la terra, ma nemmeno sembra essersi acceso nelle vite di chi gli è più vicino.

Se impariamo questo modo diverso di vedere e giudicare la realtà, che è quello di Dio, capiremo il senso delle parole di Gesù che abbiamo udito oggi: ”Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.” Sembra un’espressione assurda, pensando proprio alle guerre che ci circondano, ma esse si comprendono alla luce delle altre parole di Gesù: “Io vi do la pace vera, non quella che da il mondo”, perché la pace vera è quella di chi non si accontenta della propria, ma non ha tregua finché l’ultima persona della terra non goda di pace. Questo esige di dividersi dalla mentalità comune che accetta e giustifica la guerra, di sbilanciarsi verso un modo di concepire la vita in cui non ci sia più spazio per la prevaricazione, crea agitazione, suscita preoccupazioni nuove, ma fa vivere la pace vera perché ci fa stare dalla parte del Signore, in sua compagnia e condividendo i suoi sentimenti. Solo infatti se facciamo nostra la sua angoscia e ci sentiamo spinti a non accontentarci di un piccolo focherello stentato, ma vorremmo con lui incendiare la terra intera, solo allora troveremo la vera pace che non è tranquillità, assenza di problemi o quiete, ma la compagnia del Signore, e, come dice il salmista, “Solo in Dio è tranquilla l’anima mia”.

  

Preghiere 

 

O Signore accendi anche in noi l’incendio di un amore appassionato e largo, perché sappiamo voler bene al fratello e alla sorella almeno quanto amiamo noi stessi,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Signore a superare le resistenze e le paure a farci investire da un amore sincero per tutti. Donaci la disponibilità e l’audacia di andare contro abitudini e tradizioni per essere tuoi discepoli fedeli,

Noi ti preghiamo

 

Consola o Dio quanti soffrono per la mancanza di amore e restano soli nel bisogno. Fa’ che i tuoi discepoli si facciano volentieri loro compagni e sostegno nella sventura,

Noi ti preghiamo

  

Dona o Padre del cielo la pace all’Ucraina, alla Palestina, a tutti i paesi colpiti dalla violenza e dalla guerra, consola gli afflitti e sostieni quanti cercano vie per la riconciliazione,

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci o Dio ad essere sempre tuoi discepoli fedeli, anche quando questo è difficile e costa sacrificio. Fa’ che ovunque nel mondo i cristiani siano sempre una forza di pace e operatori di giustizia,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Padre il nostro papa Leone nel suo ministero di pastore buono del tuo gregge. Donagli la forza profetica dell’annuncio del Vangelo e della testimonianza del tuo amore misericordioso,

Noi ti preghiamo.

giovedì 14 agosto 2025

Festa dell'Assunzione di Maria - 15 agosto 2025


 


Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 11, 19a; 12, 1-6a.10ab

Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo».

 

Salmo 44 - Risplende la Regina, Signore, alla tua destra.

Figlie di re fra le tue predilette;
alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir.
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio:
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.

Il re è invaghito della tua bellezza.
È lui il tuo signore: rendigli omaggio.
Dietro a lei le vergini, sue compagne, +
condotte in gioia ed esultanza,
sono presentate nel palazzo del re.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 15, 20-27°

Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Maria è assunta in cielo;
esultano le schiere degli angeli.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 1, 39-56

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, la festa di oggi ci ripropone con solennità la persona di Maria, donna importante nella storia della salvezza e fonte inesauribile dell’affetto dei cristiani da sempre.

Per soffermarci sul significato dell’esistenza di Maria, che oggi ricordiamo nel momento ultimo della sua vita terrena, il Vangelo di oggi ci propone l’inizio del suo itinerario di donna che ha portato la salvezza all’umanità, cioè subito dopo l’annunciazione.

L’evangelista Luca sottolinea che Elisabetta incontrando Maria parlò “colmata di Spirito santo.” Il suo parlare rivela in poche semplici frasi l’incarnazione del Signore, l’effetto della sua presenza nel seno da Maria (il bambino che esulta nel seno), la via dell’umile sottomissione al volere di Dio che ha portato alla realizzazione di questo evento straordinario (colei che ha creduto nell’adempimento della Parola). In poche parole è riassunto tutto il contenuto dell’evento straordinario che si era appena compiuto a Nazareth.

A questa profezia Maria risponde con un inno poetico, il Magnificat, una forma di espressione che riesca a esprimere l’incontro personale con Dio che ha appena vissuto.

Maria inserisce se stessa nel flusso della storia della salvezza, cioè la storia dell’incontro personale di Dio con l’umanità intera. È un’esperienza unica per ciascuno, ma allo stesso tempo è qualcosa di comune perché raccoglie le sorti e il cammino di tutti.

Dio è definito dalla vergine “potente”, ma questa potenza si manifesta nella salvezza che realizza nella storia del suo popolo e in quella personale di Maria. L’altra caratteristica divina enunciata è la sua “santità”, la quale si manifesta come misericordia che attraversa tutte le generazioni e soccorre Israele.

Questa potenza e santità trovano la loro manifestazione principale nell’ottica ribaltata della visione di Dio della storia e del mondo: I superbi sono confusi; i potenti sono rovesciati dai troni; gli umili sono innalzati; chi è affamato viene saziato; ai ricchi sono tolti i loro beni. Questi capovolgimenti sono il segno della potenza divina e hanno come protagonista il ristabilimento della giustizia e dell’ordine divino sovvertito dall’arroganza, l’avarizia e l’orgoglio degli uomini.

Maria mentre parla del mondo parla anche della propria storia personale.

Nella sua vicenda l’impossibile è già divenuto possibile. Quanto è avvenuto nel suo grembo già è un segno del ribaltamento della logica naturale della storia. La miseria, l’ingiustizia, l’umiliazione dei poveri hanno già conosciuto il loro riscatto nel concepimento di Dio che si è fatto uomo, bambino, povero, umile, senza un posto, piccolo.

Oggi, ricordando la sua assunzione, possiamo immaginare Maria che anziana, giunta alla pienezza dei suoi anni, rilegga quella storia di salvezza di cui ha cantato ad Elisabetta realizzata nella vita, morte e resurrezione del suo Figlio. Lei ne è stata la prima testimone e l’ha seguita nel suo dipanarsi come nessun altro dal suo inizio a Nazareth fino al Golgota e al cenacolo della Pentecoste. Ora assunta in cielo si ricongiunge col figlio al quale la sua vita si è legata indissolubilmente.

Cari fratelli e care sorelle, oggi questa stessa realtà è riproposta a tutti noi. La storia del nostro mondo ancora oggi geme e soffre nell’attesa di un parto che sembra non riuscire a realizzarsi. Soffre e geme per il dolore della guerra che semina morte e sofferenza, per l’ingiustizia che continua a schiacciare troppe persone. Maria ha accolto con disponibilità che Dio ponesse nella sua storia personale il germe di una nuova storia, ribaltata e radicalmente trasformata dalla presenza di Dio.

Lo stesso oggi è chiesto a noi. Accogliamo nella nostra vita la presenza del Signore che vuole anche attraverso la nostra vita entrare nelle pieghe dolorose del mondo.

In modo particolare oggi vogliamo unirci alla preghiera di tutta la Chiesa italiana e del mondo nell’invocare la pace.

Sappiamo che oggi si svolgerà un incontro importante, forse decisivo per le sorti dell’Ukraina, ed allora come Maria preghiamo che le decisioni che saranno prese seguano la logica di Dio che sovverte l’ordine malvagio del mondo, ristabilendo la pace vera.

  

Preghiere 

 

Ti ringraziamo o Padre del cielo perché Maria con la sua disponibilità seppe farsi carico della storia di tutta l’umanità e accogliere in sé la salvezza del mondo. Dona anche a noi di essere strumento della forza della resurrezione nella lotta contro il male,

Noi ti preghiamo

  

O Dio nostro Padre ti preghiamo, trasfigura la storia di questo nostro mondo così segnato duramente dai conflitti. Realizza il tuo disegno di amore e di pace. Fa’ che i tuoi figli sappiano farsi docili cooperatori nella costruzione del Regno di giustizia e concordia ,

Noi ti preghiamo

 

 Ti preghiamo o Signore Gesù perché in ogni parte del mondo i cristiani sappiano vivere il Vangelo della pace e siano operatori di bene e di giustizia,

Noi ti preghiamo

 

Scampa o Dio quanti sono minacciati dalla violenza e vivono oppressi dal dolore e dalla miseria. Liberaci tutti dalla radice di peccato che ci unisce in Adamo, per essere partecipi e operatori della vera pace portata da Cristo,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Dio il nostro papa Leone nel suo impegno per la predicazione del Vangelo e per la testimonianza del tuo amore. Fa’ che ciascuno di noi sia toccato dalle sue parole e dal suo esempio per vivere una maggiore fedeltà alla tua Parola,

Noi ti preghiamo

  

Guida e proteggi o Signore tutti i tuoi discepoli che oggi nel mondo intero venerano tua Madre come protettrice e guida. Fa’ che con la sua stessa umiltà e umanità sappiamo tutti fare spazio a Cristo nella vita,

Noi ti preghiamo.

 

sabato 26 luglio 2025

XVII domenica del tempo ordinario - Anno C - 27 luglio 2025

 


Dal libro della Genesi 18, 20-21. 23-32

In quei giorni, disse il Signore: «Il grido di Sodoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sodoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.  Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sodoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».  Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci». 

 

Salmo 137 - Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dei, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita; 
contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano. 

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani. 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi 2, 12-14

Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, 
per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!

Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 11, 1-13

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

“Padre, sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione”».

Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo ascoltato il passo del libro della Genesi che precede quello della prima lettura di oggi. In esso si descrive Abramo come l’uomo dell’incontro, che accoglie gli sconosciuti vincendo l’istinto naturale a diffidare di chi non si conosce e a non sentirsi in obbligo di ospitare colui davanti al quale niente ci impegna, come appunto il caso degli estranei che si presentano alla tenda di Abramo di cui parla la Genesi. 

L’intimità con quei tre sconosciuti, che si rivelano poi essere gli inviati del Signore, nata in seguito all’accoglienza rende Abramo fecondo, perché dopo quello che fa per ricevere i tre ospiti ottiene il dono di un figlio, cosa che, dopo tanti anni di sterilità non sperava più. Ma anche, ed è quello che apprendiamo dal brano di oggi, quell’intimità nata tra il patriarca e gli emissari di Dio concede ad Abramo il dono di essere un intercessore potente per la salvezza di una intera città, grande e popolosa come Sodoma.

Gli emissari di Dio lo dicono chiaramente poco prima delle parole che abbiamo ascoltato: “Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra?” Dio si sente in dovere di aprire il suo cuore ad Abramo su quello che sta per fare, proprio perché quell’uomo si è dimostrato amico e pronto ad assumersi una responsabilità grande per il suo popolo, come portavoce del Signore e guida in suo nome. Questo fatto è importante, perché ci dice come sia Dio a prendere l’iniziativa e ad aprire il suo cuore per primo a chi si presenta a lui come l’amico pronto ad accoglierlo. Davanti a questo confidarsi di Dio Abramo inizia una contrattazione da abile mercante per ottenere la salvezza della gente di cui Dio ha deciso l’annientamento. Eppure quella gente è sconosciuta ad Abramo, egli non è di quella città, e sicuramente le loro colpe sono grandi, ma nonostante tutto Abramo sceglie per loro e inizia la trattativa con Dio. Mercanteggia con lui la salvezza di un popolo numeroso. Usa la sua furbizia raffinata di chiedere prima poco, poi sempre di più fino ad ottenere il massimo.

L’atteggiamento di Abramo ci suggerisce una verità molto importante della vita sia degli individui che delle società. E cioè che non si è mai tutti buoni o tutti cattivi, ma che la presenza di una parte, per quanto piccola, di bene è un appiglio valido per sperare che la massa e la maggioranza malvagia tutta intera possa essere redenta.

Abramo non nega il male che c’è in Gomorra e il bisogno di arginarlo con una misura di giustizia, ma contesta che la soluzione sia eliminare il male assieme al bene esistente. Questa concezione è presente anche nel Vangelo, quando Gesù dice (citando Isaia) che “non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta” (Mt 12,20), o di non strappare la zizzania dal campo di grano per non rischiare di sprecare anche il frutto buono (Mt 13,24-30). Lo stesso vale per l’individuo, che non sarà mai del tutto cattivo, ma può sempre essere recuperato al bene facendo leva sulla parte buona che in ognuno esiste.

La stessa concezione è passata persino nell’ordinamento civile che prevede che la pena detentiva abbia come scopo primario non tanto quello di ricambiare con un male inferto il male causato alla vittima del reato, cioè lo spirito di vendetta, ma piuttosto quello di recuperare il colpevole di un crimine riabilitandolo a svolgere un ruolo costruttivo e proficuo dentro la società.

Dio, e questo appare ancora più straordinario, si lascia convincere e cede all’insistenza di Abramo. Dio cambia idea e muta il suo progetto di porre drasticamente fine ad un mondo corrotto e violento.

E forse, dovremmo chiederci, proprio l’intercessione di un giusto frena ancora oggi l’ira di Dio e lo trattiene dall’eseguire il suo giudizio con decisione e fermezza. Forse, chissà dove, un uomo amico di Dio come Abramo si sta sforzando di far cambiare idea a Dio e lo fa recedere dalla sua decisione: Dio accetta di salvare la città se troverà anche solo cinque giusti.

Cari fratelli e care sorelle, oggi da questa liturgia giunge a ciascuno di noi l’invito ad essere uno di quei cinque giusti che guadagnano la salvezza di un’intera città. Ognuno di noi ha la possibilità di rappresentare quella parte di bene che fa lievitare un’intera società, anche in maniera non eclatante, verso la salvezza che è la giustizia e la pace comune.

Nessun gesto è inutile, nessuna azione è irrilevante, ma contribuisce a motivare la speranza in tutti che una vita migliore è possibile per tutti.

 

Preghiere 

 

O Signore che dal cielo ascolti il grido che sale a te per l’ingiustizia e il dolore degli uomini, accogli l’intercessione dei giusti e perdona il peccato e la violenza così largamente diffusi,

Noi ti preghiamo

  

O Padre buono suscita in ciascuno di noi un cuore accogliete e ospitale alla tua Parola, perché il male che si manifesta nel mondo sia vinto e sconfitto dal bene,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio per le vittime delle guerre, per quanti sono morti e per i feriti. Guariscili e lenisci il dolore di quanti hanno perso i loro cari,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Signore a costruire con impegno una società più giusta nella quale ci sia un posto per tutti e nessuno sia schiacciato e oppresso dal male. Rendici operatori di pace che disarmano i cuori violenti e spengono le passioni contrapposte,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni e rafforza o Dio il papa Leone, perché sappia guidare con decisione il gregge dei tuoi discepoli verso un tempo di pace e di giustizia, perchè ciascuno riconosca nell’uomo e nella donna che gli sta accanto il fratello e la sorella che Dio ama come un figlio,

Noi ti preghiamo

  

Guida o Signore su pascoli buoni quanti hanno fame di amore e di senso per la loro vita, fa’ che le comunità dei discepoli siano ovunque un porto sicuro e accogliente per chi è disperso e senza meta,

Noi ti preghiamo.

sabato 19 luglio 2025

XVI domenica del tempo ordinario - Anno C - 20 luglio 2025

 


Dal libro della Genesi 18, 1-10

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

 

Salmo 14 - Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Calossesi 1, 24-28

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

 

Alleluia, alleluia alleluia
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
e producono frutto con abbondanza
Alleluia, alleluia alleluia

Dal vangelo secondo Luca 10, 38-42

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il racconto dell’incontro di Gesù con le due sorelle Marta e Maria sembra a prima vista un elogio dell’inutilità. Maria si presenta come una donna pratica ed energica, e forse ci viene spontaneo riconoscerci in lei. La immaginiamo generosamente indaffarata a preparare un’accoglienza degna all’ospite. Che c’è di male? Ed è altrettanto normale che provi un senso di meraviglia nei confronti della sorella, la quale, invece, se ne sta senza fare nulla. Eppure, per assurdo, Gesù apprezza l’inerzia di Maria e sembra svalutare l’energico darsi da fare di Marta.

Che senso ha?

Il brano che abbiamo ascoltato ci rappresenta bene la paradossalità del giudizio e del comportamento di Gesù, il quale tante volte sembra rovesciare il valore che ordinariamente si dà alle cose della vita. Gesù ci invita sempre a guardare al mondo, agli altri e a se stessi con uno sguardo diverso, dalla prospettiva di Dio, cosa che noi facciamo fatica a fare.

Gesù nel brano ascoltato legge in profondità il cuore delle due sorelle, così come il loro atteggiamento lo manifesta. Marta ha al centro della propria attenzione sé stessa, e lo si vede non tanto dal suo darsi da fare, che di per sé non è sbagliato, ma dal tono aspro del suo rimprovero: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” La sua recriminazione è più nei confronti di Gesù che della sorella, come a rivendicare più attenzione per sé. E poi non esita a rivolgergli un comando secco ed arrogante: “Dille dunque che mi aiuti.” Quelle parole rivelano il cuore di Marta e i sentimenti che lo occupano. Gesù è solo il motivo per rivendicare i propri meriti e mettere in cattiva luce la sorella. Possiamo dire che persino il cibo che sta preparando per l’ospite è avvelenato da questa sua arroganza saccente.

Di Maria invece si dice poco, solo che ascoltava, ai piedi di Gesù. È come sopraffatta dal desiderio di ascoltarlo, di manifestare cosa c’è al centro del proprio interesse e di riempire il proprio cuore della sapienza che Gesù riversa su chi lo ascolta.

Ecco allora il senso dell’elogio che Gesù fa dell’apparente “inutilità” di Maria, la quale in realtà fa molto di più di Marta: tiene a bada il proprio ego e la smania di apparire e di essere al centro e fa spazio a Gesù. Lei costruisce la propria interiorità di discepola, cioè quella roccia che è l’unica sulla quale, racconta il Vangelo, ha senso costruire l’edificio del proprio agire, perché non crolli rovinosamente.

Maria invece ha scelto di dare solo sfogo alla propria naturalezza un po’ greve e sicura di sé, rivelando la convinzione di non aver nulla da imparare da Gesù, e infatti non lo ascolta, non si fa mettere in dubbio dalla sua accondiscendenza per Maria inerte, vuole solo fare bella figura.

Dicevo, all’inizio, che Gesù sembra elogiare l’inutilità dell’atteggiamento di Maria, e questo è vero se consideriamo “inutile” tutto ciò che non mette al centro sé stesso e la smania di apparire: la preghiera, l’ascolto dell’altro, l’umiltà, la padronanza sul proprio istinto, il lavoro paziente su di sé per convertirci al modo di vedere e di agire di Gesù.

Certo anche l’azione conta, e Gesù, come notavamo domenica scorsa, chiede al dottore della legge di mettere in pratica concretamente quello che sa che è giusto e buono: “Va’ e anche tu fa lo stesso.” Ma c’è altrettanto bisogno di costruirsi prima un terreno solido e roccioso sul quale fondare il proprio agire.

È quello che facciamo qui assieme la domenica.

Nella logica “pratica” anche la liturgia è inutile: perché doversi radunare tutti insieme, non sarebbe più pratico starsene ognuno a casa propria? Perché stare tanto tempo ad ascoltare brani della Scrittura che conosciamo già? Perché ripetere tante formule sempre uguali? Perché nutrirsi del corpo e sangue di Cristo? E così via. Ma Dio sa che abbiamo bisogno di un lento e costante lavoro di edificazione della nostra interiorità, che le parole ascoltate e ripetute ci aiutano a modellare la coscienza che abbiamo di noi stessi e del mondo, che la Parola di Dio anche se è sempre la stessa apre ogni volta squarci nuovi di consapevolezza e di sapienza, che il corpo e sangue di Gesù è un cibo materiale e spirituale allo stesso tempo come materiale e spirituale deve essere il nostro agire nel mondo, che vivere tutto ciò assieme in una comunità ci aiuta a non mettere al centro se stessi  ed a sentirci parte di un popolo largo amato da Dio nel quale c’è posto per ognuno, ecc…

Ecco allora l’invito che è rivolto oggi anche a noi: occuparci di ciò che conta di più, cioè che viene prima, che è fondamento necessario del nostro agire, perché gli dà valore e lo qualifica. E questo “che conta di più” è la Parola del Signore, la sapienza che comunica a chi si fa discepolo, spogliando se stesso dalla naturalezza ingombrante e facendo così spazio al suo Spirito trasformatore.


 Preghiere

Ti ringraziamo o Signore perché ci sei venuto incontro e ci hai accolto come un umile amico e compagno della nostra vita. Fa’ che sappiamo imitarti accogliendo ogni fratello e ogni sorella che incontriamo,

Noi ti preghiamo

  

O Gesù ti preghiamo per tutte le vittime del terrorismo e della guerra. Consola chi oggi è nel dolore e suscita sentimenti di riconciliazione in tutti.

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Signore la frettolosità e superficialità del nostro incontro con te. Aiutaci ad ascoltare la tua Parola con cuore aperto e accogliente, per modellare la nostra umanità sulla tua.

Noi ti preghiamo

  

O Gesù vero amico dell’uomo, aiutaci a sederci con disponibilità ai tuoi piedi come fece Maria, per non perdere nemmeno una delle parole che ci rivolgi,

Noi ti preghiamo

 

Insegnaci o Padre misericordioso le vie del perdono e della pace come vittoria sull’odio e la sopraffazione che tanto dolore causano nel mondo. Rendici imitatori del Signore che è mite e umile di cuore,

Noi ti preghiamo

  

Salva o Dio quanti soffrono per la povertà e l’abbandono, per le vittime dell’ingiustizia e della mancanza di umanità. Libera tutti dal giogo pesante che li opprime e dona salvezza a ciascuno,

Noi ti preghiamo.

sabato 12 luglio 2025

XV domenica del tempo ordinario - Anno C - 13 luglio 2025

 

 


Dal libro del Deuteronomio 30, 10-14

Mosè parlò al popolo dicendo: «Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima. Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».

 

Salmo 18 - I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 1, 15-20

Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Le tue parole, Signore, sono spirito e vita;
tu hai parole di vita eterna.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 10, 25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato alcune parole del vangelo di Luca che conosciamo bene, tanto che sono divenute proverbiali. Si dice infatti “fare il buon samaritano” di colui che un po’ ingenuamente s’illude di risolvere le ingiustizie facendosi carico di situazioni particolarmente difficili.

Ma questa parabola di Gesù non mette in luce tanto il tema del rapporto con i bisognosi del nostro aiuto, quanto piuttosto l’atteggiamento che l’uomo deve avere nei confronti della Scrittura. Gesù rivolge queste parole ad una persona che aveva interrogato Gesù su come ottenere la salvezza. Egli non è uno sprovveduto, anzi conosce bene la Scrittura e sa già la risposta a questa domanda: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso.” Egli è in grado di fare come una sintesi di tutta la Torah e Gesù davanti a ciò non ha altro da dire che: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai.

Il Signore cioè mette in evidenzia che conoscere la via per giungere alla salvezza non basta, bisogna percorrerla. Davanti a questo invito emerge il vero nodo che stringe quell’uomo, buon conoscitore della Legge, ma restio a mettere in pratica questa conoscenza.

Preferisce restare sul terreno della dottrina, per sfuggire la prassi, ed ecco che chiede a Gesù chi è questo prossimo di cui parla la Scrittura e del quale ciascuno è chiamato ad occuparsi in quanto credente. Egli vuole una definizione chiara: è il parente? O il vicino di casa? O il correligionario? O chi altro rientra in questa categoria? Scopo della domanda è circoscrivere la casistica, sapere quando una persona è tenuta ad aver cura di qualcuno e quando invece è libera di ignorarlo.

Se vogliamo il suo è il tipico atteggiamento legalista o moralista di una certa religiosità, giudaica ed anche cristiana, che limita i propri obblighi religiosi all’osservanza di alcune prescrizioni, in modo scrupoloso ma senza necessità di andare oltre la loro mera applicazione formale.

È questa la mentalità dei due uomini dei quali parla Gesù, i quali passano davanti all’uomo mezzo morto e proseguono per la loro strada. Essi sono persone di religione, probabilmente si stavano recando a Gerusalemme per officiare il culto, il compito che dovevano adempiere per essere a posto con la legge. Avere a che fare con un moribondo, avvicinarsi troppo o addirittura toccarlo li avrebbe posti in una condizione d’impurità che avrebbe loro impedito di svolgere il loro ruolo religioso di levita e sacerdote. Un buon ebreo non avrebbe potuto condannarli: avevano fatto il loro dovere per non contravvenire alla legge del culto.

Gesù però smaschera l’ipocrisia che sta dietro a questa mentalità, portando l’esempio di un terzo uomo, il quale passa, vede, ha compassione e si prende cura del moribondo, non lo lascia morire. Eppure egli è un samaritano, cioè appartiene ad una minoranza etnica che praticava un ebraismo eretico: non andavano al Tempio di Gerusalemme e non osservavano tante delle leggi ebraiche. Eppure, sembra dire Gesù, la sua umanità lo porta a obbedire al comandamento più profondo, che è quello della pietà per il sofferente e della cura sollecita dell’altro che si trova in una condizione di così grande bisogno.

Quell’uomo, magari nemmeno troppo esperto in cose di religione, ha ascoltato una voce più profonda della legge formale, obbedisce al senso di umanità scritta nel suo cuore, come chiede di fare il brano del deuteronomio che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica.” La parola di Dio, ci dice Gesù, se resta codificata in norme di comportamento esteriori e scritta sulla carta è lettera morta, ma se entra nel cuore e diventa azioni concrete è parola viva, che entra cioè nelle vicende umane e le modifica.

In effetti seguire il comando dell’umanità ha fatto sì che il samaritano cambi decisamente il suo programma. Invece di andare fino a Gerusalemme come era nei suoi programmi, si ferma con l’uomo ferito, fa tutto quello che può per prestargli il soccorso immediato e poi porta il malcapitato alla locanda e si ferma lì una notte con lui. Continua a preoccuparsene anche quando è andato via, promettendo di tornare e di farsi carico di tutto quello che sarà necessario in seguito.

Il samaritano non era tenuto a farlo, niente lo legava a quel giudeo caduto in disgrazia. Anzi, tutto li divideva: etnia, religione, gruppo sociale. È la sua scelta di farsi vicino a lui nonostante tutto che lo rende suo prossimo, e non un comandamento o una casistica.

L’uomo che aveva interrogato Gesù non può fare a meno di riconoscere che è quest’ultimo ad aver osservato realmente la legge, perché ha ascoltato quella scritta nel cuore, mentre gli altri due, pur formalmente ineccepibili nel loro comportamento, ne avevano infranto lo spirito profondo, restando alla superficie della norma scritta.

Ecco allora che Gesù rivela con le sue ultime parole il capovolgimento che il Vangelo porta nelle vite degli uomini. La questione non è di essere scrupolosi nell’applicare le leggi, le consuetudini, le tradizioni ma di considerare la Parola di Dio una voce che parla dal cuore, che incarna cioè il senso di umanità più autentico e sincero, quello che Gesù stesso manifesta.

Le ultime parole di Gesù sono un invito perentorio a chi lo aveva interrogato: “Va’ e anche tu fa’ così.” Non si tratta di esprimere ideali o riaffermare i tanto conclamati valori, si tratta invece di una prassi da applicare, di un agire secondo la legge di umanità che talvolta contrasta con il buon senso o le norme. Da essa, e non da altro, dice Gesù, ci giunge la salvezza che fa ereditare la vita eterna.

 

Preghiere 

 

O Signore Gesù, buon samaritano delle nostre vite, soccorrici quando lasciamo morire il nostro cuore dietro i muri dell’indifferenza e della freddezza. Insegnaci la compassione che tu per primo hai provato per noi e che abbatte ogni muro di divisione,

 Noi ti preghiamo

  

O Dio del cielo, ti ringraziamo perché hai attraversato i cieli per farci giungere la tua Parola e per renderla familiare alla nostra vita. Perdona la nostra durezza di cuore che l’allontana e la rende estranea.

 Noi ti preghiamo

 

Salva o Padre buono le nostre vite, spesso incapaci di compassione per chi sta male. Insegnaci a vivere con sensibilità e disponibilità e a fermarci accanto a chi sta male.

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per quanti in questo tempo soffrono per la guerra e il terrorismo. Per le vittime della violenza, per quanti sono uccisi e feriti,

Noi ti preghiamo

 

Guida e proteggi o Dio il nostro papa Leone, perché il suo annuncio di mitezza e riconciliazione raggiunga i cuori divisi e li convinca alla pace,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Signore per ciascuno di noi, perché in questo tempo di dispersione e distrazione non siamo concentrati su noi stessi, ma restiamo aperti e disponibili alla tua voce,

Noi ti preghiamo.