venerdì 3 settembre 2010

XXIII domenica del tempo ordinario - anno C - 5 settembre 2010


Dal libro della Sapienza 9, 13-18
Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza.

Salmo 89 - Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.
Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi, +
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi: +
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: +
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Dalla lettera a Filèmone 9b-10. 12-17
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi decreti.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 14, 25-33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Commento

Cari fratelli e care sorelle, dopo la pausa estiva riprendiamo oggi il cammino di un anno con il Signore, cammino che è accompagnato fedelmente dalla sua Parola e dal dono della Santa Liturgia domenicale. Come una compagna amica questa ci indica la strada per vivere bene e non incamminarci per vie pericolose e perderci.
Per questo inizio d’anno l’evangelista Luca ci mostra Gesù che si rivolge alla folla numerosa che lo seguiva con un discorso di una certa durezza. Saremmo portati a pensare che con quella folla che dimostrava il suo interesse per Gesù seguendolo non era il caso di essere troppo esigenti, magari bastava qualche esortazione più benevola.
Gesù però a quella gente, proprio perché si mostra interessata a lui, desidera fin da subito mettere in chiaro cosa vuol dire seguirlo e farsi suo discepolo. Sì, non si può seguire Gesù nella folla, in una massa indistinta e senza volto, anonima e mutevole negli umori, ma come un discepolo nella famiglia degli amici di Gesù.
E la differenza fra le due cose sta proprio nell’essere raccolti non da una legge o un interesse comune, ma dall’amare una persona, Gesù. Neppure i vincoli naturali, quelli che i sembrano i più solidi proprio perché spontanei e connaturati, come quelli familiari, possono venire prima di quell’amore sincero, gratuito e incondizionato che ci fa discepoli. L’amore di Gesù e per Gesù è infatti un amore, come ci dice Paolo nel biglietto a Filemone, che sconvolge i vincoli sociali e familiari più consolidati, quelli che ci appaiono i più naturali e indiscutibili, per fondare una nuova famiglia, quella dei discepoli che vogliono bene a Gesù. L’Apostolo infatti rimanda a Filemone il suo schiavo fuggito per stare con lui e lo accompagna con queste parole: “Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.” Per l’epoca questa proposta di Paolo era del tutto rivoluzionaria e inimmaginabile: uno schiavo, che è una “cosa” posseduta, può diventare mio fratello, cioè sangue del mio sangue?
Sì, perché la logica dell’amore di Gesù scavalca ogni convenzione e persino il vincolo familiare. Mette da parte ogni logica di contraccambio o di merito, rompe gli steccati e le barriere, rende possibile ciò che sembra assurdo: è la logica dell’amore rappresentato dalla croce: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.” La croce che Gesù ci invita a prendere su di noi quindi non rappresenta tanto la sofferenza da dover patire, quanto piuttosto la gratuità e la fedeltà fino all’estremo dell’amore da vivere.
Davanti a questo invito di Gesù, così esigente, ci viene spontanea la domanda se ne saremo mai capaci. Ad essere onesti ci rendiamo conto subito della piccola misura del nostro voler bene, della facilità a dimenticare il fratello, della difficoltà a perdonare la sorella, del nostro poco interesse e disponibilità per gli altri, figurarci amarli fino alla croce!
Sapendo tutto ciò il Signore per questo prosegue dicendo come l’amore non è qualcosa di spontaneo: o c’è o sennò niente, ma qualcosa che si costruisce, come una torre, ed ha bisogno del desiderio nostro di innalzarci verso l’alto, come una torre, appunto, ma anche di un progetto, per sapere da dove cominciare e come procedere, poi di tempo, risorse e fatica e, magari, dell’aiuto di tanti altri compagni. Così è l’amore: prefiggiamoci lo scopo di imparare a voler bene e costruiamolo, gradualmente, con sforzi alla nostra portata, cominciando dal poco, con fatica, ma anche entusiasmo.
Se cominciamo a farlo piano piano scopriremo che non siamo soli a farlo. Dio è con noi: ci da il materiale, ci sostiene nel desiderio di farcela, ci consiglia sui modi migliori per farlo. Così abbiamo ascoltato dal libro della Sapienza: “Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito”. Il volere di Dio è che diveniamo discepoli della famiglia del Signore Gesù, di questa Chiesa santa, umile e forte del suo amore. Chiediamogli allora di conoscere sempre meglio questo volere e la forza di realizzarlo, e lui non ci farà mancare il suo Spirito di consolazione e di amore.
Ecco che allora comprendiamo perché Gesù si rivolge così alla folla che lo segue: se non usciamo dalla folla infatti non potremo mai divenire suoi discepoli. Saremo seguaci e simpatizzanti alla lontana, ma liberi di tornare indietro e di organizzarci come meglio crediamo. Seguiamo allora il consiglio della Scrittura che da questa prima liturgia dell’anno ci invita a camminare accanto a Gesù come un figlio e un fratello che lo ama. La nostra vita sarà trasformata e il mondo stesso non sarà più quello di prima.
Preghiere
O Dio del cielo donaci il desiderio e la tenacia di venirti incontro, perché sappiamo innalzarci dalla banalità e dalla piccolezza del nostro poco amore verso la bellezza del tuo voler bene.
Noi ti preghiamo

Insegnaci o Signore ad amare come tu hai fatto. Fa’ che non ci spaventiamo della profondità e tenacia di un voler bene che ci porta lontano da noi stessi.
Noi ti preghiamo

Sostieni, o Dio di misericordia, i nostri passi incerti nella costruzione di noi stessi come uomini e donne che sanno amare. Donaci la forza e indicaci il modo per non restare sempre uguali a noi stessi.
Noi ti preghiamo

Apri i nostri occhi e i nostri cuori perché sappiamo sempre riconoscere in chi incontriamo un fratello da amare e una sorella da sostenere. Fa’ che nessuna differenza e distanza possa allontanarci da loro a cui tu ci leghi col vincolo santo della fraternità cristiana.
Noi ti preghiamo

Donaci abbondante o Dio il tuo perdono per il peccato della nostra vita. Fa’ che pentìti sappiamo incamminarci verso di te che sei un padre buono ed accogliente.
Noi ti preghiamo

Accogli o Padre misericordioso tutti quelli che oggi si rivolgono a te per implorare il tuo aiuto e sostegno. Guarisci i malati, sostieni i deboli, guida tutti verso di te.
Noi ti preghiamo.

Fa’ o Dio che in ogni luogo risuoni alta la voce del Vangelo e che il tuo nome sia sempre amato e onorato dai tuoi discepoli. Aiutaci ad essere fedeli ascoltatori della parola e annunciatori a tutti del tuo amore.
Noi ti preghiamo

Guida o Padre buono tutti coloro che cercano una via per la loro vita. Fa’ che come un angelo buono i tuoi discepoli li conducano a te.
Noi ti preghiamo

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