venerdì 17 settembre 2010

Festa patronale: Esaltazione della Santa Croce

Dal libro dei Numeri 21, 4b-9
In quei giorni, il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: «Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero». Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.

Salmo 77 - Non dimenticate le opere del Signore!

Ascolta, popolo mio, la mia legge,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.

Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Filippési 2, 6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo
perché con la tua croce hai redento il mondo.
Alleluia, alleluia, alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 3, 13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Commento

Cari fratelli e care sorelle festeggiamo oggi con solennità la Santa Croce del Signore, una festa antica che unisce Oriente e Occidente e affonda le sue radici nel IV secolo, quando la moglie dell’Imperatore Costantino, Elena, volle riconoscere in un legno antico trovato a Gerusalemme nei pressi del luogo che la tradizione indicava come quello della crocifissione di Gesù la “vera croce”. Da allora il giorno 14 settembre si celebra questa memoria in ogni chiesa del mondo, tanto più nella nostra Parrocchia che ne porta il titolo: “Santa Croce”.
La croce, fratelli e sorelle, è un segno contraddittorio. In antichità era un segno infamante, simbolo della condanna a morte per crimini gravissimi. Ma poi nella storia è diventata addirittura un segno di dominio in nome del quale si è fatta la guerra e si è ucciso. La croce ancora oggi è paradossalmente allo stesso tempo un banale fregio da portare appeso al collo senza dargli troppo peso, ma anche qualcosa da togliere dalla vista perché disturba.
Ci chiediamo oggi allora in questa occasione festiva: cosa rappresenta la croce per noi?
Innanzitutto è un segno che ci ricorda che la sofferenza fa parte della vita dell’uomo. Non c’è uomo che non lo sperimenti, in alcuni casi più intensamente e in modo più drammatico, talora ne siamo spettatori attoniti e sgomenti.
Il popolo d’Israele durante il viaggio nel deserto che lo portava verso una terra accogliente, lasciandosi alle spalle la schiavitù in Egitto, si lamenta con Mosè perché deve affrontare le difficoltà del lungo cammino. Quella gente vive come affogata nel lamento per l’oggi, tanto da dimenticare cosa c’è stato prima (la schiavitù) e qual è la prospettiva futura (la terra promessa). In questa stagnazione in un presente pieno di recriminazioni e vittimismo le piaghe si allargano, se ne creano di nuove e le vecchie si infettano di sempre nuovi motivi di insoddisfazione e tristezza, sensi di rivalsa contro qualcuno, rancori, scontentezza. Sono quei serpenti che mordono Israele nel deserto. Quante volte anche noi viviamo così da non riuscire a vedere altro che il proprio star male, le proprie sofferenze e insoddisfazioni, fino a giungere ad innamorarci della nostra situazione, a compatirci ma a non desiderare nemmeno più tanto di uscirne. E più ci lamentiamo più la piaga si allarga, fino a portare alla morte lenta che significa non riuscire più a sperare e cercare una via di superamenti di questa situazione.
Come se ne esce? Dio disse a Mosè di innalzare un serpente di bronzo e chi lo guardò guarì dalle proprie piaghe. Quel serpente innalzato è la croce, ci dice Gesù: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.” Sì, la guarigione viene dall’alzare lo sguardo da sé per fissarlo sul dolore del mondo, sul crocifisso. Siamo talmente abituati a contemplare solo il nostro stare male che facciamo fatica ad accorgerci della sofferenza altrui. Siamo così presi dal rimuginare su di noi che tutto il resto non ci interessa e ci sentiamo giustificati nel nostro egocentrismo. La salvezza viene dal rompere questo cerchio e fissare lo sguardo sul dolore di un altro, sulle croci piantate lungo le strade e negli angoli del mondo. Nel fissarsi infatti sul nostro star male ci giustifichiamo della nostra insensibilità e ci sentiamo in diritto di occuparci solo di noi stessi: “già soffro tanto io!” In realtà così ci condanniamo a vivere senza un futuro migliore, come Israele, e dimenticando la storia di amore con cui Dio ci ha accompagnato finora. Ma “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” dice l’evangelista Giovanni. Sì la croce di Gesù ci salva perché ci libera dalla schiavitù di un egocentrismo in cui siamo interessati solo a noi stessi e ci rende capaci di vivere la compassione per un altro e il desiderio di condividere e alleviarne il dolore. E’quello che Gesù fece sulla croce: amare i suoi tanto da affrontare la morte per non abbandonarli a se stessi, ed è quello che sperimentarono Francesco d’Assisi, Padre Pio e tutti quelli che fissando il loro sguardo sulla croce ne assunsero il dolore fin nella carne stessa, attraverso i segni delle stimmate. Da queste essi furono liberati dalla schiavitù dell’autocommiserazione e dell’egocentrismo e ricevettero il dono della salvezza di un amore grande e largo per tutti i crocefissi che incontravano: il lebbroso, gli umili, i poveri, i malati, i senza padre e madre, ecc... Impararono, come Gesù, a farne proprio il dolore compatendo e sollevandoli da un peso che da soli è insopportabile. Si caricarono del giogo soave sollevando le vite abbattute dei fratelli e delle sorelle e scoprirono, facendolo, che alla fine è Gesù che se ne assume il peso.
Facciamoci anche noi segnare, almeno un po’, dalle stimmate del dolore dei crocefissi che incontriamo in carne e ossa nei poveri. Facciamo uscire qualche goccia di sangue dalle nostre membra talvolta esauste dal servire solo a noi stessi. Ci ritroveremo non tristi e appesantiti, ma liberi dall’angustia dell’orizzonte ristretto del mio io, con la prospettiva di un futuro diverso per cui lottare, con la gioia di una passione che vuol dire sì sofferenza, ma anche sentimenti caldi e profondi.
Cari fratelli e care sorelle, per questa festa abbiamo voluto adornare la porta della nostra chiesa e l’immagine della croce dell’altare con il verde dei rami ed il rosso dei fiori proprio per significare che il legno della croce porta in sé il germoglio di una vita rinnovata, che chi si accosta ad esso diviene capace di far sbocciare nuovi sentimenti e nuova generosità. Dove verdeggiano le foglie si apre un futuro di speranza, dove c’è aridità l’erba dissecca e vince la morte.
Con animo grato allora non fuggiamo i crocifissi di carne che il Signore mette lungo la nostra via, ma riconoscendo in essi il volto del Cristo della passione attendiamo con essi la resurrezione e diverremo testimoni e partecipi della salvezza che Gesù ha portato “perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.

Preghiere

O Signore che hai donato tutto te stesso per la nostra salvezza, accogli dalla croce noi peccatori e bisognosi del tuo perdono, perché, come hai fatto tu, sappiamo legarci al giogo soave di una vita spesa per gli altri.
Noi ti preghiamo

Signore Gesù, che sei venuto a portarci con la croce la libertà dalla schiavitù dell’egocentrismo, insegnaci a non vivere nel lamento di chi vede solo se stesso, ma a compatire i fratelli nel dolore e a lavorare per la loro salvezza.
Noi ti preghiamo

O Padre buono che hai mandato il tuo unigenito a vivere e morire in croce per salvare il mondo, fa’ che il vangelo della morte e resurrezione del Cristo giunga presto a tutti.
Noi ti preghiamo

Accogli con amore o Dio la nostra preghiera quando ci facciamo carico del male e del dolore degli altri. Fa’ che per la forza del tuo amore la loro vita sia salvata e il nostro cuore riempito di gioia.
Noi ti preghiamo

Guarda con bontà o Dio del cielo il mondo intero, sconvolto da calamità e guerre. Dona pace e salvezza a tutti, in modo particolare alle vittime dell’alluvione in Pakistan.
Noi ti preghiamo

Guarisci o Padre buono tutti coloro che alzano lo sguardo da sé per invocare il tuo nome. Fa’ che come nel deserto siano anch’essi salvati dal morso velenoso del maligno che vuole la loro morte.
Noi ti preghiamo.

Guida e proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque dispersi, perché ispirati dal tuo amore sappiamo essere testimoni autentici del Vangelo.
Noi ti preghiamo

Soccorri o Padre buono tutti i poveri, perché possano trovare in te la consolazione ad ogni sofferenza e nei fratelli e le sorelle il sostegno che salva dal naufragio.
Noi ti preghiamo

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