sabato 10 dicembre 2011

III domenica del tempo di Avvento



Dal libro del profeta Isaia 61, 1-2.10-11

Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli. Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.



Lc 1, 46-54 - La mia anima esulta nel mio Dio.

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 5, 16-24

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

Alleluia, alleluia alleluia.
Lo spirito del Signore è su di me,
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 1, 6-8. 19-28
 
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.


Commento


Cari fratelli e care sorelle, questa domenica di Avvento si propone a tutti i cristiani come un richiamo alla gioia. In tutte le chiese del mondo risuonano infatti le parole di Paolo ai tessalonicesi: “siate sempre lieti!”, anche nei luoghi più sperduti, quelli colpiti dal dolore, anche ai popoli oppressi dalla guerra e a quelli sofferenti per la fame e la miseria. Ma quale è il senso di questo invito? La gioia non è forse un segno di debolezza, un atteggiamento pericoloso davanti alla durezza della vita? Non sarebbe meglio corazzarsi con atteggiamenti più combattivi e di contrapposizione per vincere le tante forme di male che colpiscono l’umanità?

E poi che senso ha gioire, quando si sta male, non è un’ipocrisia?

Sono le considerazioni che ci vengono spontanee in questo tempo di crisi economica e di incertezza sul futuro. La proposta della liturgia di oggi ci sembra una pericolosa ingenuità in un tempo in cui chi è debole soccombe o, al massimo, l’invito ad un atteggiamento ipocritamente falso.

Sono domande che è giusto porsi, ma soprattutto che mostrano una certa idea di gioia che è quella che il mondo ci insegna. Cioè la gioia come assenza di preoccupazioni, soddisfazione di tutti i propri bisogni, assenza di difficoltà e ostacoli. Ma è facile rendersi conto come questa idea sia un’amara illusione, perché non è mai realizzabile, vuoi perché nella vita qualcosa che va storto c’è sempre, ma anche perché poi sorge sempre un’ulteriore esigenza, ci si sente privi di qualcosa a cui ambiamo, ecc… Insomma la gioia che il mondo ci insegna sembra proprio essere fatta apposta… per renderci infelici. È la gioia del consumismo, legata al possesso delle cose, ma che genera insoddisfazione perché per quanto abbiamo manca sempre qualcosa. È la gioia della falsa pace che viene dall’ignorare i problemi degli altri chiudendosi in un mondo piccolo e angusto, senza porte né finestre, e che assomiglia piuttosto ad una prigione. È la falsa gioia di un Natale che ci viene proposto dalla tv e dai mercati come l’occasione per non pensare, per immergerci nel consumismo, per chiudersi in famiglia e farsi ciascuno gli affari propri. Se ci pensiamo bene niente di tutto ciò è presente nella descrizione del Natale che i Vangeli ci fanno. Non c’è possesso di cose, né chiusura in famiglia, né ubriacatura di sentimentalismi ed emozioni forti. Eppure avvertiamo come in quel Natale del Vangelo c’è gioia, e tanta, ma è diversa.

Allora, in questa terza domenica di Avvento, la Scrittura ci invita a riflettere, per comprendere cosa è la vera gioia, perché a Natale possiamo gustarla e non perdere l’occasione ubriacandoci dei surrogati che il mondo ci fornisce a basso costo.

La vera gioia innanzitutto si fonda sulla “pretesa” di Dio di modificare la situazione in cui viene ad essere presente. Egli infatti ha una forza di trasformazione delle persone e delle realtà che non può essere annientata da nessun’altro potere malvagio. Noi a volte lo scambiamo per quelle divinità pagane che avvolgevano tutto il mondo in un’aura indistinta e ineffabile, come uno spiritello presente ovunque. Dio è una persona, e come tale ci incontra e si fa incontrare. Per questo la forza della sua presenza non si esercita al di sopra di noi o senza bisogno della nostra partecipazione e presenza. Ma perché questa forza si eserciti Egli deve essere accolto. Infatti la forza di trasformazione del Vangelo si realizza solo se l’uomo attraverso la Parola fa entrare nei cuori il Signore e, attraverso di essi, egli passa nella vita. Allora la sua forza diviene invincibile.

Dice infatti Paolo: “siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie.” Cioè la gioia del cristiano non è un atteggiamento di sciocca superficialità o esteriorità ipocrita, ma è la felicità di ospitare nella propria vita una forza che è lo Spirito annunciato dalle profezie. Quanto è facile però che noi spegniamo questo Spirito perché esso ci chiede di andare nel profondo, di non restare alla superficie delle emozioni o dei risentimenti o del lamento, per entrare nella vita dei fratelli e del mondo, e imparare ad amarli così come sono. Quanto è facile disprezzare le profezie, cioè quell’annuncio che viene da lontano per rivelarci una realtà straordinaria e sconvolgente: Dio ci cerca con così grande passione da farsi piccolo e umile pur di incontrarci. Noi però evitiamo di incontrarlo, perché ci si presenta sotto spoglie troppo poco attraenti: un mendicante, un immigrato, uno zingaro, un anziano, una persona problematica, una realtà difficile.

Per questo fratelli e sorelle la vita di oggi è troppo triste, arrabbiata, scontrosa, aggressiva: perché non c’è la gioia dell’incontro con l’altro. Infatti incontrando l’altro incontriamo Dio, amando il povero, riceviamo la forza dello Spirito, aprendo porte e finestre sul mondo e le sue complessità entra il soffio di quello spirito che dà gioia e forza.

Sì, perché l’uomo che ha la vera gioia è un uomo forte. Dice il libro di Neemia: "Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza". (Ne 8,10)

A cosa è attaccato il nostro cuore? Quale tipo di gioia cerchiamo per noi?

L’Avvento ci propone la figura di Giovanni battista come uomo dell’Avvento. È l’uomo che non fa strada a se stesso, ma apre una strada agli altri: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore ». È l’uomo che non pretende di essere guida di se stesso, ma cerca una luce che non ha in sé: “Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce”. È uomo che fa tesoro della profezia, cioè della Scrittura, e la vive: “…come disse il profeta Isaia”. Ma soprattutto è l’uomo che attende che si realizzi con potenza la presenza di Dio che si avvicina, si prepara ad accoglierlo, non lo fugge né lo teme: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Per questo Giovanni è un uomo felice. Non teme le difficoltà di una vita dura, incontra le folle, ha parole di incoraggiamento per tutti, aiuta i tanti che lo cercano a liberarsi dallo sporco di una vita brutta, lavandoli con acqua di misericordia e di perdono. Per questo Giovanni è anche un uomo forte: non teme di essere contro corrente o di avere nemici, non teme di dire cose troppo esigenti a chi lo cerca, e di non assecondare la volontà di tanti.

Cari fratelli e care sorelle, impariamo da Giovanni la gioia vera, la gioia dell’attesa di un futuro nuovo che nasce dall’incontro col Signore. Non ci ritraiamo spaventati o confusi dalla proposta semplice di Dio: “vengo, sto per nascere, mi incontrerai? Mi riconoscerai nella confusione della folla?” È la domanda dell’Avvento, di prepararci a riconoscerlo e ad accoglierlo e di ricevere da lui la gioia vera che rende forti e cambia la vita. Non accontentiamoci della gioia a buon mercato, che emoziona ma poi passa e lascia tanta amarezza. Cerchiamo la gioia dell’incontro con Dio che viene a cercarci.


Preghiere

 
O Signore Gesù donaci la gioia vera che viene dall’incontro con te. Fa’ che in questo tempo di Avvento ti aspettiamo e ti cerchiamo, e non ci accontentiamo della gioia artificiale di questo mondo,

Noi ti preghiamo

Aiutaci a non aver paura della profezia del Vangelo che ci parla di un bambino piccolo e povero. Da lui riceviamo la forza vera e da lui attendiamo un tempo nuovo di pace e di giustizia per il mondo intero,

Noi ti preghiamo

Libera o Dio, nostro Signore, il mondo dalla guerra e dalla violenza. Vieni presto, tu che sei re della pace,

Noi ti preghiamo

 
Aiuta gli uomini e le donne del nostro tempo a non vivere spaventati e chiusi in se stessi, ma apri i nostri cuori alla parola del Vangelo che annuncia la tua imminente venuta,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Dio chi è povero e indifeso, aiuta i miseri, guarisci i malati, libera chi è oppresso dal male e dall’ingiustizia, perché tutti possano proclamare la potenza del tuo braccio,

Noi ti preghiamo

Guida o Signore i passi di chi ti cerca e apri una strada nel deserto del mondo per chi vuole seguirti,

Noi ti preghiamo.

Sostieni o Dio gli sforzi di chi ti segue e realizza il tuo disegno di amore nel mondo. Per tutti coloro che spendono la vita per annunciare il vangelo,

Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Dio per i popoli oppressi dalla fame e dalla miseria, in Africa e nel mondo intero. Fa’ che trovino l’aiuto di cui hanno bisogno,

Noi ti preghiamo











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