domenica 6 maggio 2012

IV domenica del tempo di Pasqua




Dagli Atti degli Apostoli 4, 8-12

In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».



Salmo 117 - Benedetto colui che viene nel nome del Signore

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.


È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.


La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.


Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.



Dalla prima lettera di san Giovanni Apostolo Gv 3,1-2

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.



Alleluia, alleluia, alleluia.
Io sono il buon pastore, dice il Signore;
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.
Alleluia, alleluia, alleluia.



Dal vangelo secondo Giovanni 10, 11-21

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?". Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".



Commento

Cari fratelli e care sorelle, ci siamo oggi radunati in tanti in questa casa del Signore per accompagnare questi nostri fratelli e sorelle più piccoli al loro primo incontro con Gesù nel suo Corpo e Sangue. Siamo felici di farlo con festa, perché è un momento importante per loro nel cammino della vita. Nell’incontro con cui ci siamo preparati a questa giornata, sabato scorso, abbiamo parlato di Gesù che torna dopo la sua resurrezione per incontrare i suoi amici, li trova riuniti in casa e chiusi dentro per paura, ma essi fanno fatica a riconoscerlo, anzi sono spaventati da lui, come se fosse un fantasma.

Gesù poco tempo prima, quando sapeva che stava per lasciare i suoi per andare incontro alla morte, volle riunirli per un’ultima volta attorno alla tavola. E quando si ritrovarono insieme lasciò loro un segno concreto della sua presenza, perché potessero sempre tornare a stare assieme fra di loro e con lui. Non lasciò loro un segno che ciascuno si poteva portare con sé per ricordarsi di lui, come una foto ingiallita dal tempo da guardare con nostalgia da soli per ricordare Gesù e il tempo felice passato con lui. No, lasciò loro molto di più: il suo corpo stesso, perché radunandosi potessero di nuovo ritrovarsi in compagnia del loro Maestro, come un popolo unito attorno a lui. Gesù infatti sapeva che se si fossero dispersi, ognuno a casa sua e ognuno preso dalle sue occupazioni si sarebbero presto dimenticati di lui e del vangelo. E infatti dopo risorto Gesù torna e li trova riuniti. Questa è la fortuna dei discepoli: sono rimasti assieme, anche dopo la morte di Gesù e per questo hanno avuto la possibilità di rincontrarlo e ricevere da lui la forza di annunciare al mondo il Vangelo.

Nel brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato Gesù si paragona ad un pastore che ci invita a far parte del suo gregge e a seguirlo. L’idea di far parte di un gregge non attrae noi uomini moderni, perché siamo orgogliosi del nostro senso di indipendenza ed autosufficienza. Perché deve essere qualcun altro a guidarci? Perché dovremmo accettare la presenza di tanti accanto a noi, in una folla nella quale restiamo confusi? L’uomo e la donna di oggi spesso pensano che sia un valore l’essere indipendenti da vincoli troppo stretti, decidere in base solo al proprio personale modo di essere e di pensare. Ma siamo sicuri che è questa la vera felicità? Non rischiamo di rinchiuderci in una prigione senza porte né finestre, padroni di noi stessi e del nostro futuro, ma schiavi della solitudine più totale? E quando siamo da soli è facile che i lupi, di cui parla Gesù, ci attacchino e abbiano la meglio su di noi. Se non c’è un pastore buono a difenderci, chi ci salverà da essi? E i lupi sono le idee che tante volte, specialmente in questo tempo di crisi economica, ci vengono suggerite: pensa a te stesso; cerca innanzitutto il tuo vantaggio, anche a discapito degli altri; fa’ come ti viene spontaneo e naturale. Sono i pensieri della pecora dispersa, che se ne sta per conto suo e che per questo è vittima facile della forza di queste idee di vita. E’ facile riconoscere queste idee, perché, quasi sempre sono accompagnate dalla domanda: “che male c’è?” o “chi me lo fa’ fare?”, che sono domande false, perché affinché la nostra vita sia felice dobbiamo chiederci “qual è il bene e come possiamo farlo”, e questa è la domanda che si fa il pastore buono che si preoccupa del bene del suo gregge e non di cosa conviene a lui. Ma se siamo uniti, sotto la guida e con la forza del pastore, questi lupi rapaci che ci vogliono sbranare sono scacciati e noi siamo salvi.

Ed ecco che la comunione che oggi questi nostri giovani amici riceveranno ci raccoglie di nuovo come un popolo, e ogni domenica continua a farlo. Almeno una volta a settimana, ci dice Gesù oggi, ricordatevi che esistono gli altri, che assieme siamo un unico popolo e che lui è un pastore buono pronto a condurci su pascoli buoni, a difenderci dai lupi rapaci che ci minacciano, a consolarci quando siamo tristi, a guarirci dalle ferite dell’orgoglio e dell’egoismo che spesso da noi stessi ci facciamo con gli artigli. A volte cari amici, qualcuno vi dirà: “ma che bisogno c’è di andare in chiesa, non potete pregare Dio a casa, per conto vostro?” Oppure: “io a Dio ci credo per conto mio, quando voglio e come voglio, non ho bisogno di pregarlo insieme ad altri”. Quelli che parlano così  seguono se stessi e non il pastore, credono in un Dio che si costruiscono da soli e non in quello che è venuto sulla terra per salvarci dal male e insegnarci un voler bene che è forte più della morte. E prima o dopo i lupi li attaccheranno e si troveranno da soli, feriti dalla vita e senza più sapere dove andare per trovare il nutrimento buono. Gesù ci parla di un gregge perché sa che da soli siamo più deboli e vittime dei lupi e per questo fa di tutto per invitarci a raccoglierci attorno a lui, insieme, uniti fra di noi e felici di ascoltarlo assieme.

Sì, questo nostro esserci radunati non è solo un momento passeggero, può essere la dimensione quotidiana della nostra vita, con i fratelli accanto, con un senso di tenerezza e affetto per quelli che accompagniamo, disponibili a farci condurre senza resistere. È questo il di più che Gesù oggi ci offre, ancora una volta, non rifiutiamolo sprezzanti, perché la solitudine della prigione del mio io nel quale ci rinchiudiamo orgogliosamente autosufficienti non sia il nostro destino, ma ci apriamo piuttosto alla dimensione larga del popolo che il pastore buono della nostra vita raduna attorno a sé.

            

Preghiere

O Signore, ti preghiamo, aiutaci ad essere interessati alla tua Parola e a non essere distratti da niente altro,

Noi ti preghiamo

O Gesù che sei il salvatore del mondo, aiutaci a soccorrere i poveri, stare vicino ai malati e compiere i gesti di amore di cui gli altri hanno bisogno,

Noi ti preghiamo

Ti ringraziamo o Signore perché ci sei sempre vicino. Aiutaci ad accoglierti nella nostra vita.

Noi ti preghiamo

O Signore che sei morto sulla croce per noi, aiutaci a vivere sempre in comunione con te

Noi ti preghiamo

Ti vogliamo ringraziare oggi, o Signore, per il dono del tuo corpo che ci dà forza e sicurezza,

Noi ti preghiamo

O Signore rendici degni di partecipare alla tua mensa, cioè di essere come una famiglia di amici che si vogliono bene,

Noi ti preghiamo.

Grazie Signore che ci fai rendere conto di quanto sei importante e che resti per sempre in mezzo a noi,

Noi ti preghiamo

O Signore aiutaci a considerare l’umanità come un grande popolo riunito, in modo da amarci l’uno con l’altro nei momenti difficili.

Noi ti preghiamo


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