giovedì 24 maggio 2012

Ascensione




Dagli atti degli apostoli 1,1-11

Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».



Salmo 46 - Ascende il Signore tra canti di gioia.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio
tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.


Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni. 4, 1-13

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.



Alleluia, alleluia alleluia.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni,
fino alla fine del mondo.
Alleluia, alleluia alleluia.



Dal vangelo secondo Marco 16, 15-20

In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.



Commento

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia di questa domenica ci fa soffermare sugli ultimi momenti della vita di Gesù assieme ai discepoli, quando egli fu assunto in cielo e scomparve dalla loro vista. Si chiudeva così la vicenda terrena di Gesù, ma, allo stesso tempo, si apriva un altro capitolo della storia dell’umanità, quello nel quale il Vangelo veniva interamente affidata nelle mani dei discepoli.

Possiamo immaginare il loro sconcerto, come si dovettero sentire abbandonati, per la seconda volta, dopo quel primo strappo che rappresentò la morte di Gesù. Avevano appena ripreso coraggio, rendendosi conto, con fatica e dopo mille resistenze, che Gesù era tornato in vita e che la sua passione e morte non era stata la sconfitta del Vangelo, ma la sua vittoria definitiva suggellata dalla resurrezione. Di nuovo, ecco, il Signore li lascia. Sembra ancora una volta che vinca un destino segnato dall’assenza del Signore, e questa volta apparentemente senza un motivo esterno. Se noi ci pensiamo bene, ancora oggi al mondo la maggioranza degli uomini non ha mai sentito parlare di Gesù. Per loro è normale vivere nell’assenza di Dio. Ma anche molti di quelli che si dicono cristiani in realtà vivono come se Dio non esistesse, in quell’assenza di Dio che non è negazione esplicita ma una sua irrilevanza pratica. L’Ascensione allora è un’occasione che torna ogni anno a ricordarci questa realtà di fatto che è l’assenza di Dio nel mondo. Assenza non dovuta al suo disinteresse: il fatto di essere voluto nascere come uomo per condividere in tutto la nostra esistenza ci fa capire quanto grande fosse il desiderio di Dio di esserci vicino, quanto piuttosto dal rifiuto del mondo ad accoglierlo, come afferma chiaramente Giovanni nel prologo del suo Vangelo: “egli venne fra gli uomini, ma i suoi non lo hanno accolto”.

Ma in fondo, non è questa anche la condizione normale della nostra stessa esistenza personale? Sì, certo, noi siamo cristiani e crediamo sinceramente che Dio esista, che Gesù sia nato, vissuto, e poi morto e risorto. Lo affermiamo con convinzione nel Credo ogni domenica, assieme a tante altre realtà della nostra fede. Ma quanto nelle nostre giornate noi viviamo alla presenza, in compagnia di Dio, e quanto invece siamo compagni e guide ciascuno di se stesso?

Questa ricorrenza ci pone allora oggi una domanda seria, che in qualche modo ci prepara alla festa di Pentecoste di domenica prossima, e cioè: che cosa vuol dire vivere in compagnia di Dio?

È evidente che la risposta non può essere abbandonare tutto e tutti per stare ogni momento assorti e concentrati su Dio. Istintivamente è quello che fecero gli apostoli: quando Gesù si sollevò in alto restarono con gli occhi fissi al cielo come per colmare con lo sguardo dell’affetto e dell’immaginazione la distanza da lui, pensandolo dietro le nubi. Si può vivere tutta la vita osservando il cielo? È questo quello che Dio ci chiede?

Ai discepoli due angeli dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Non serve guardare il cielo, osservare da lontano, dietro le nubi, dove gli uomini tradizionalmente individuano la sede della presenza di Dio. Piuttosto bisogna guardare il mondo e viverci dentro, per realizzare il prima possibile le condizioni per il suo ritorno. Egli lo ha detto ai suoi discepoli: “Quando due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono lì con loro”. Con l’Ascensione si inaugura un nuovo tempo della presenza di Dio nel mondo, quella dell’amore fra gli uomini. Essere insieme in suo nome infatti significa essere uniti come lui lo è stato a noi, con un amore così forte da giungere fino al dono della vita. Ad ognuno di noi è affidato il potere di realizzare questa presenza, anzi siamo chiamati da Dio a vivere proprio per questo. S. Paolo parla infatti di una “vocazione” come la condizione normale dei cristiani, non riservata solo ad alcuni: “una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione … egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede … fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.” Ciascuno come può e come sa, ognuno in modo diverso, ma tutti siamo chiamati a realizzare la presenza del Signore fra di noi, seguendo il suo esempio, imitandolo, fino a vivere il suo stesso amore che lo fa essere dentro la nostra vita.

E’ l’atteggiamento che l’Apostolo chiama “speranza”. Il nostro tempo soffre per mancanza di speranza. La crisi e tante altre manifestazioni del male rende l’uomo incapace di guardare al futuro con fiducia. Infatti “naturalmente” siamo tutti portati a guardare al futuro nella prospettiva della propria realizzazione intesa come affermazione di sé. Il progresso cosa altro è se non un processo di sempre più piena realizzazione del dominio dell’uomo sulla natura, sugli altri e su di sé, fino alla pretesa, oggi, di dominare anche i processi della nascita e della morte, fra i pochi finora rimasti esclusi dal nostro controllo assoluto? Ma la vera realizzazione di sé, ci insegna il Vangelo, è saper vivere nella ricerca del bene dell’altro. Questo realizza anche il proprio bene e felicità. È questa prospettiva inversa che permette di guardare al futuro con speranza, anche nelle difficoltà. Questa è la speranza: la certezza che il mondo, la vita, la storia, io, gli altri, tutto può raggiungere al bene che Dio vuole, anche se oggi sembra così lontano dal realizzarsi, e la disponibilità a lavorare perché esso si compia al più presto. Purtroppo tanti sono i profeti di sventura che nel pessimismo realista continuano a dire che invece niente può cambiare e il bene è destinato a soccombere, perché lo si cerca nel falso bene dell’affermazione di sé. Ma noi invece cerchiamo di vincere quotidianamente quella distanza fra noi e Dio, fra noi e il Vangelo che sì, è la nostra condizione normale, ma non la nostra condanna! Sappiamo infatti che quella distanza possiamo vincerla e raggiungere la vita assieme a lui, come Gesù per primo ha fatto, colmando la separazione fra sé e il mondo nascendo sulla terra. È una sfida quotidiana che realizza passo dopo passo, giorno dopo giorno quell’avvicinamento a lui nell’amore che ci fa sempre più assomigliare a lui e che lo rende presente fra noi.

Tutto ciò non è fuori della nostra portata, perché non siamo lasciati soli a compiere il nostro cammino. Dice Gesù subito prima di lasciare i suoi: “riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra” C’è una forza che non viene da noi, ma che è dentro di noi. Invochiamola, chiediamola a Dio ed egli ce la concederà. E quando sentiamo scorrere il soffio dello spirito di amore e di generosità, di unione con tutti e di benevolenza, di perdono e di compassione, non scacciamolo via come fosse un segno di pericolosa debolezza. Invece accogliamolo, tratteniamolo dentro di noi, perché è la forza che ci fa continuare a sperare contro ogni speranza, ci fa realizzare quella compagnia con Dio che un giorno, ne siamo certi, vivremo in pienezza, ma che fin da oggi possiamo intuire, desiderare e cercare di costruire nella gioia dello Spirito.



 Preghiere



O Signore Gesù che sei asceso al cielo, torna presto in mezzo a noi, ogni volta che il tuo amore è vissuto e ci unisce come fratelli e sorelle,

Noi ti preghiamo



Aiutaci o Dio a colmare la distanza fra noi e te vivendo con fiducia e fedeltà il vangelo,

Noi ti preghiamo



Manda o Dio il tuo Spirito a illuminare e scaldare i cuori, perché tu sia sempre compagno della nostra vita,

Noi ti preghiamo



Fa’ o Signore che ti cerchiamo ogni giorno nel mondo, dove il tuo nome è amato e invocato, dove l’amore dei fratelli li unisce e il tuo aiuto è concesso con abbondanza,

Noi ti preghiamo



Ti invochiamo o Dio, fa’ che presto tutti gli uomini ascoltino l’annuncio del Vangelo, perché nessuno sia escluso dalla possibilità di conoscerti e amarti,

Noi ti preghiamo



Sostieni, o Padre buono, tutti coloro che sono in difficoltà: i malati, i sofferenti, i prigionieri, chi è senza casa e sostegno. Fa’ che il tuo amore li raggiunga presto,

Noi ti preghiamo.



Ti preghiamo o Dio, fa’ cessare la violenza che uccide e semina terrore. Ti preghiamo per le vittime del terrorismo, per i loro cari, per chi è schiacciato dal dolore,

Noi ti preghiamo



Donaci o Dio la tua pace, perché dove oggi vince l’odio e la violenza torni a regnare umanità e concordia,

Noi ti preghiamo

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