giovedì 2 marzo 2017

Mercoledì delle ceneri - preghiera comune




Dal Vangelo secondo Matteo 6,1-6.16-18
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. 
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».  

Commento

Care sorelle e cari fratelli, ci siamo raccolti in preghiera questa sera, al termine della giornata per varcare la porta che ci immette nel tempo benedetto della Quaresima.
Questi 40 giorni ci sono donati come l’occasione propizia per maturare la coscienza del buio nel quale siamo avvolti, e che spesso, nella fretta della vita quotidiana, ci sfugge. Buio di prospettive, vuoto di parole vere, assenza di sentimenti, di propositi buoni. Ma, allo stesso tempo, essi sono l’occasione per renderci conto che all’orizzonte della nostra vita una luce splende. Sì, il Signore non ci ha lasciato nella prigione della nostra autosufficienza cieca e sorda, che si esprime soprattutto nell’arroganza di credere di saperci dare da noi stessi la nostra salvezza. Infatti l’uomo pensa di conoscere già la propria salvezza perché crede di sapere già voler bene. Questo è il nostro più grande orgoglio: credere di saper già amare, di farlo già abbastanza, di non aver bisogno di impararlo e di riceverlo da altri che da noi stessi.
Il Signore ha pietà di questo nostro orgoglio e viene in nostro soccorso, ci indica il cammino per scoprire la vera luce che illumina il nostro buio. Questa luce è il Vangelo. A questa luce questa sera ci volgiamo con la nostra preghiera, perché essa illumini i nostri passi in questo tempo di Quaresima.
Il Vangelo ascoltato parla della nostra arroganza autosufficiente: crediamo di saper già, di conoscere abbastanza, di aver già capito, e per questo tutte le nostre azioni iniziano e finiscono in noi stessi. Gesù fa l’esempio dell’elemosina, la preghiera e il digiuno, cose belle e sante, che l’uomo orgoglioso riesce a rovinare perché le vive come una dimostrazione del suo essere nel giusto, di aver fatto cioè abbastanza, anzi di essere in credito davanti agli uomini e a Dio stesso. Ma dice Gesù: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro. Sì, anche le azioni più generose, pie e buone vengono corrotte se le compiamo pensando di dimostrare così di essere nel giusto, cioè di essere meritevoli di gratitudine, rispetto, ricompensa ed ammirazione, e anche se non c’è nessuno a dircelo, ce lo diciamo da soli nel nostro cuore: “sì, ho fatto il giusto, sono nel giusto, ho fatto quanto dovevo.”
Ci diamo da soli la nostra ricompensa, e così le nostre azioni muoiono lì dove iniziano e non riescono a produrre nessun frutto di bene, solo la propria autosoddisfazione.
In realtà quanto possiamo fare di buono e di giusto impallidisce davanti al debito di amore che abbiamo nei confronti del Signore, che mai riusciremo ad appianare per quanti sforzi possiamo fare. Ma per Dio questo non è un problema. Egli sa chi siamo e conosce i nostri limiti. Non vuole per questo schiacciarci, ma apprezza il dono di sé che sappiamo dare, se esso parte dalla coscienza del nostri limite e della nostra pochezza. Dio apprezza l’amore pallido, tiepido, goffo che sappiamo volere, se lo offriamo ai nostri fratelli e sorelle perché lui lo riempia del colore, del calore e della bellezza che noi non sappiamo dare.
Per questo oggi riceviamo la cenere sul nostro capo, per dire: “O Dio, Padre misericordioso e pieno di tenerezza con i tuoi figli. Tu che non ci schiacci sotto il peso delle nostre debolezze e incapacità, dei limiti del nostro poco amore, insegnaci con le tue parole e la tua vita come voler bene, perché illuminati dalla tua grazia sappiamo imparare da te la generosità gratuita e partecipe, l’attenzione piena di compassione, la tenerezza misericordiosa e benigna, ad essere cioè tuoi figli grati che riconoscono in ogni uomo e in ogni donna un fratello e una sorella da amare come tu sai fare. Amen.”  



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