sabato 16 giugno 2018

XI domenica del tempo ordinario - Anno B - 17 giugno 2018





Dal libro del profeta Ezechiele 17, 22-24
Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò». 

Salmo 91/92 - È bello rendere grazie al Signore.
È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.

I1 giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità. 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5, 6-10
Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione - siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna
Alleluia, alleluia, alleluia.
   
Dal vangelo secondo Marco 4, 26-34
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.   

Commento

Cari fratelli e care sorelle, l’Apostolo Paolo parla della nostra condizione attuale definendola un “esilio lontano dal Signore, finché abitiamo nel corpo”. Sì la nostra realtà è di persone appesantite da un attaccamento alla realtà fisica che ci frena nel nostro cammino verso Dio. Ma con l’espressione “abitare nel corpo” Paolo non indica solo la realtà fisiologica del nostro essere in vita in carne ed ossa, ma più in generale un modo di vivere  e di pensare che segue le leggi del vivere fisico.
Sono le abitudini e i modi di essere che hanno tutta la concretezza della materialità perché ci vengono da una mentalità che mette al primo posto le cose. È per esempio quell’istinto a difendere il proprio spazio fisico dalla presenza dell’altro, visto come un disturbo e un’intrusione, quando non addirittura un’indebita invadenza. Pensiamo a quanto si dice in questi giorni riguardo alla presenza degli immigrati fra di noi. Se ne giudicano i corpi ingombranti e fastidiosi perché occupano i giardini pubblici, forse anche oscuramente minacciosi, ma quanto ci è difficile andare oltre quella fisicità materiale per intuire dietro quei volti storie di dolore, sogni, umiliazione, speranza! Sì, siamo istintivamente portati a dare valore e peso solo alla fisicità materiale, tutto il resto non conta. Oppure pensiamo, per fare un altro esempio, a quanta attenzione diamo al nostro corpo: cure mediche, diete, attività fisica, cura dell’estetica e dell’abbigliamento, ecc… e, a confronto, quanta cura diamo alla nostra interiorità. Lo squilibrio è evidente, non c’è bisogno di quantificare. Il fisico, il materiale, il corporeo ha una rilevanza enorme, le sue leggi, le sue esigenze sono giudicate prioritarie su tutto il resto.
È questo che ci rende lontani da Dio, come “in esilio”, dice Paolo. Non perché per lui abbia valore solo lo spirito, opposto al nostro corpo. Sappiamo infatti che Dio si è fatto uomo e non ha disdegnato di assumere la carne e con la carne Gesù “è salito al cielo e siede alla destra del Padre”, come recita il Credo. E infatti Paolo non esorta i Corinzi a cui scrive a lasciare il corpo e aspirare ad una morte imminente. Non c’è bisogno di morire per staccarsi dalla legge pesante del corpo, basta fare spazio nel proprio vivere quotidiano alle ragioni e alle leggi dello spirito per riemergere da questo esilio da Dio e tornare in sua compagnia.
Scrive infatti Paolo: “camminiamo nella fede e non nella visione”, cioè il nostro andare verso Dio, trattenuto dalla pesantezza del nostro attaccamento alla materialità, può avere due modi di procedere: nella fede o nella visione. Dobbiamo chiederci cioè se per noi conta solo quello che vedo e tocco, quel realismo che ci sembra così ragionevole e convincente, ma che in realtà contiene tutto il peso della legge del corpo, o conta invece la fede, cioè quello che gli occhi ancora non possono vedere, ma che con uno sguardo interiore fiducioso in Dio intuiamo come speranza, prospettiva ideale, progetto da realizzare, possibile mondo diverso? La realizzazione di tutto ciò, cioè il traguardo del “cammino della fede”, viene chiamata dalla Scrittura “Regno di Dio”. Un Regno, cioè un tempo e un luogo reali, non astratti, ma che non appartengono al dominio delle cose di questo mondo, materiali, fisiche e contingenti, ma nel quale ha piena realizzazione il sogno di Dio per gli uomini.
La Scrittura ce ne dà descrizioni evocative, ed oggi ne abbiamo ascoltate alcune dal Vangelo di Marco: una spiga di grano che cresce e dà frutto, un albero di senape che cresce e ospita molti uccelli, un tesoro nascosto che arricchisce chi lo trova, un lievito che fermenta la pasta, una perla preziosa, un banchetto nunziale che dà gioia, ecc… Sono tutte immagini che ci trasmettono principalmente tre idee: da un lato la crescita progressiva (non è tutto al presente), dall’altra la necessità di un lavoro paziente da parte nostra (ci vuole chi se ne faccia carico), ed infine la bellezza di una prospettiva così diversa da quella che possiamo sperimentare nella vita ordinaria.
Per tornare al caso che facevo prima, proviamo a pensare alla realtà odierna dell’immigrazione dal sud del mondo con lo sguardo e la prospettiva del Regno di Dio. In essa ci sono semi di un tempo nuovo da coltivare e vedere germogliare e fruttificare! Ne vediamo alcuni: la forza dell’aspirazione alla pace di gente che ha sperimentato il dramma della guerra e a volte ne porta le ferite; il desiderio di un futuro migliore sul quale investire le propri energie giovani e creative; la bellezza di una vita al plurale, con il contributo di culture diverse, visioni della vita che si confrontano e arricchiscono reciprocamente di prospettive diverse. Ma poi, per noi cristiani, la presenza di tanti fratelli immigrati non è forse una bella provocazione ad approfondire le ragioni della nostra fede, così stanca e sterile nella vecchia Europa, a metterla in discussione davanti a domande esistenziali così forti, a forzarsi ad una coerenza maggiore con gli insegnamenti del Vangelo e a cercare strade nuove di testimonianza con le persone che bussano alla nostra porta?
In fondo nel loro rivolgerci una domanda di futuro migliore non c’è anche la dimostrazione di una grande fiducia nei nostri confronti, nella benevolenza e disponibilità ad aiutarli a costruirlo insieme? I tanti bambini che li accompagnano, nonostante le difficoltà enormi, non ci insegnano un senso della fecondità che noi abbiamo smarrito? Le donne così forti nella loro volontà di dare futuro ai loro figli non ci spingono a ripensare una stanchezza grigia e rassegnata che non riesce a vedere oltre la soddisfazione dei propri bisogni individuali e rifiuta per questo di dare vita ad altri?
Certo, la legge del corpo ci fa vedere anche tante difficoltà, gli ostacoli, i pericoli, e ci getta nella paura di un esilio perenne dal sogno del Vangelo. C’è bisogno di riprendere la marcia per uscire da un esilio che ci imprigiona nella palude della delusione dell’insoddisfazione.
Fratelli e sorelle, il seme del Regno anche attraverso la venuta dei migranti è gettato nei nostri cuori e nella storia di questa Europa stanca e invecchiata, senza visioni e sogni. Sta a noi coltivarlo, proteggerlo, con fatica e perseveranza, e insieme gioire nel constatare la bellezza di una perla preziosa, di un tesoro, della gioia della festa di nozze che la prospettiva del Regno ci fa gustare fin da subito.

Preghiere 

O Signore Gesù, mostraci con le parole del Vangelo la visione del Regno a cui ci chiami. Fa’ che i nostri passi si facciano veloci e decisi sul cammino della fiducia in te, Noi ti preghiamo

O Dio nostro Padre, liberaci dal dominio della carne e delle abitudini, donaci la libertà di essere figli e costruttori di un tempo nuovo, Noi ti preghiamo


O Spirito di amore, riempi i nostri cuori perché non vinca la paura e la rassegnazione, ma prevalga il desiderio di vivere il sogno del tuo Regno, Noi ti preghiamo


O Dio manda dal cielo la tua benedizione su quanti affrontano rischi e fatica per raggiungere un approdo di pace e serenità. Proteggi i migranti che sono in viaggio, salvali dalla cattiveria degli uomini e dai pericoli della natura, Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre buono gli uomini e le donne che vivono in guerra. Per i paesi sconvolti dalla violenza e schiacciati dal terrorismo, Noi ti preghiamo


Ascolta o Dio l’invocazione di papa Francesco e di quanti ti chiedono il dono della conversione e del perdono. Fa’ che nessuno resti deluso, Noi ti preghiamo






Nessun commento:

Posta un commento