sabato 14 luglio 2018

XV domenica del tempo ordinario - Anno B - 15 luglio 2018





Dal libro del profeta Amos 7, 12-15
In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasìa e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomoro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele».

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: +
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 1, 3-14
Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Padre illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 6, 7-13
In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.  E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Commento

Domenica scorsa abbiamo ascoltato nel vangelo il fallimento della predicazione di Gesù nei luoghi in cui era nato. Lì dove lo avevano visto crescere la gente non è disposta ad ascoltarlo. Le sue parole infatti erano troppo diverse dal sapere comune e i suoi gesti erano troppo diversi dal modo di vivere di sempre! Subito dopo, abbiamo ascoltato oggi, Gesù va in giro per i villaggi ad annunciare il vangelo a chi non lo conosceva. Cioè il Signore non resta attaccato al mondo già conosciuto, quello che gli è più familiare”, ma esce da esso per incontrare il mondo più vasto, gli altri villaggi: è  lì che lo incontriamo anche noi! Il Signore visse un’esistenza nomade. Lo incontriamo ovunque: è senza una casa stabile, va per le campagne e le città, fino ai confini della Palestina e anche oltre, a Tiro e Sidone. Egli non si fa imprigionare da un luogo, da una famiglia, da una cultura e da un ambiente. Gesù si fa pellegrino alla ricerca degli uomini, negli angoli più nascosti ed incontra tanti. Oggi abbiamo ascoltato il suo invito, rivolto ai sui discepoli e a noi, a fare la stessa cosa: “Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli”.
Ma che significa? Che bisogna lasciare tutto e incamminarsi verso l’ignoto? A volte pensiamo al missionario che annuncia il vangelo come ad un eroe isolato nella sua eccezionalità. Sì, anche questa è un modo e molti lo hanno fatto, ma non è l’unico.
Vediamo meglio cosa significa. Innanzitutto Gesù manda i discepoli a due a due perché il loro non essere da soli sia la prima predicazione a chi li incontra: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). L’essere fratelli e non individui slegati l’uno dall’altro è infatti la prima buona notizia, un vero “vangelo”, che possiamo offrire a questo nostro mondo in cui spesso la vita è resa triste dalla solitudine, subita, ma spesso anche costruita da se stessi per il rifiuto degli altri. Il cristiano anche quando è da solo, come nella vita capita, non è mai un individuo isolato ma è sempre un figlio, un fratello, una sorella, parte di una famiglia larga, di un “noi” plurale, e come nelle famiglie, deve saper dire il nome di ciascuno dei membri della famiglia, chi sono, cosa fanno, come vivono. Questa deve essere la nostra prima testimonianza. Il primo passo che Gesù fa compiere ai suoi discepoli è l’uscita dall’ ”io” individuale, dall’abitudine a pensarsi come una persona che persegue i suo scopi, compie il suo itinerario come su un binario che non ne incrocia altri.
Poi, come secondo elemento, Gesù invita a non portarsi dietro un bagaglio pesante: vestiti, cibo, proprietà, suppellettili, ma solo un bastone, sandali e tunica. Ciò significa che spesso il nostro passo è lento e pesante perché siamo ingombri di giudizi, abitudini, modi di fare e di essere, pensieri che sono un pesante bagaglio che ci frena. Anzi, avere un bagaglio così ingombrante ci convince che è meglio non partire per niente, per non rischiare di perdere qualcosa nel viaggio, per la paura di sentire la mancanza di qualcosa durante il cammino. Lasciamoci dietro tutto questo inutile ciarpame, lasciamoci stupire dall’incontro con altri, senza credere sempre si sapere già chi è colui che abbiamo difronte. Lasciamoci toccare e magari anche ferire dal bisogno del fratello, senza doverci coprire di corazze dure e pesanti per difenderci, di avere già spiegazioni e soluzioni pronte. Lasciamoci trascinare dove non pensavamo e non sapevamo, senza dover per forza fare solo strade conosciute e scontate. Solo una cosa ci serve, dice Gesù: un bastone. Questo era il segno dell’essere pellegrino, come era Gesù, che sicuramente ne usava uno nel suo viaggiare. Sì, il bastone su cui possiamo poggiare con sicurezza nel nostro pellegrinaggio alla sequela di Gesù è la Bibbia, appoggio solido e infallibile. Poggiamoci ad essa e non alla sapienza del mondo per prendere le nostre decisioni, per fermarci davanti a chi chiede, per alzare lo sguardo su un orizzonte più vasto del nostro piccolo mondo. Esso ci sostiene nei momenti difficili e ci evita di inciampare.
Gesù poi invita ad entrare nelle case, cioè a non sfuggire dal rapporto personale, intimo con gli altri. Questo ci fa paura, perché ci scopre vulnerabili e ci fa scoprire la vulnerabilità degli altri. Noi restiamo sempre un po’ sulla soglia della casa, da dove possiamo gettare uno sguardo, ma senza entrare dentro. C’è bisogno di sedersi accanto, parlare, restare a lungo con il fratello e la sorella, nel luogo della propria e della loro vita ordinaria, cioè la casa di ciascuno, perché possiamo trasmettere la bellezza della vita con il Vangelo. L’incontro fugace e superficiale, sulla porta, non comunica nulla e conferma agli altri che vogliamo stare alla larga da loro.
Infine Gesù raccomanda di non arrabbiarsi e non deprimersi per l’insuccesso: lui ne ha conosciuti tanti! Allo stesso tempo non ha perso mai la speranza che in futuro qualcosa potesse cambiare. Lo dimostra quell’ultimo gesto di scuotersi la polvere dai piedi, con cui lasciarsi con chi non ha voluto accogliere il Vangelo, almeno per adesso. Anche questo estremo gesto non è un segno di rabbia e di definitiva rinuncia, ma è “come testimonianza per loro” per lanciare un segnale, un ricordo che possa lasciare comunque un segno.
Insomma essere discepoli che annunciano il Vangelo non è un compito per gente speciale. È alla portata di tutti, anche nostra. Basta accettare di uscire da sé e farsi pellegrini, compagni dei fratelli, senza troppe sicurezze e pesanti pregiudizi, pronti a poggiarsi sulla Parola di Dio. Quante volte, chiediamoci ad esempio, parliamo del Vangelo con altre persone, o raccontiamo del nostro incontro col Signore? Siamo avari e timorosi di farlo, come fosse scortese e inopportuno, ma se siamo convinti che questo è veramente il cuore e il bello della nostra vita, come evitare di dirlo nelle situazioni “opportune e inopportune”, come ci invita a fare l’Apostolo.
Il racconto evangelico di oggi si conclude con la descrizione dei frutti dell’annuncio: cambiamento di vita, liberazione dal male, guarigione. Quei discepoli riuscirono a compiere genti straordinari perché erano portatori non di sé stessi, ma, come dice Paolo, si sono lasciati adottare da Dio e ne hanno ricevuto in eredità la potenza di una parola forte che cambia la realtà.
A noi, fratelli e sorelle, prendere sul serio l’invito di Gesù, uscire da noi stessi e compiere i miracoli di bene e di misericordia di cui quelli che incontriamo hanno spesso un bisogno grande.


Preghiere 


O Signore Gesù, accompagnaci sulle vie della vita perché possiamo seguire te e non la sapienza di questo mondo,
Noi ti preghiamo


O Dio fa’ che usciamo da noi stessi per farci pellegrini come Gesù. Aiutaci ad incontrare i fratelli e  le sorelle con il desiderio di essere assieme a loro la tua famiglia,
Noi ti preghiamo



Aiutaci o Gesù a non disprezzare nessuna persona, per quanto umile o peccatore sia, ma ad operare perché per ognuno si realizzi l’incontro con te che cambia e salva la vita, 
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Dio ad essere testimoni credibili e autentici del vangelo, capaci di viverlo con semplicità e fiducia. Fa’ che vedendo come ci amiamo tutti comprendano che siamo tuoi discepoli,
Noi ti preghiamo

Aiuta o Signore chi è povero e indifeso: le vittime della guerra e della violenza, specialmente in Africa, Medio Oriente, Europa Orientale, chi è malato o anziano, chi è senza casa, prigioniero debole. Dona a tutti la tua pace,
Noi ti preghiamo


Proteggi i cristiani ovunque nel mondo, specialmente in Nigeria, Pakistan, Iraq, Siria, e ovunque sono perseguitati e uccisi. Fa’ che il loro martirio sia come un seme da cui nasca un futuro di pace per tutti,
Noi ti preghiamo.



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