domenica 22 marzo 2020

Seconda lettera su questo tempo di quarantena - 18 marzo 2020


Terni, 18 marzo 2020

Cari amici,

in questi giorni siamo bombardati da una miriade di messaggi, di tanti generi diversi.

Ci sono i messaggi dell’informazione pubblica: le notizie che ci giungono dai luoghi più colpiti dalla malattia, con i numeri e le statistiche sulla diffusione del contagio, immagini inquietanti e un po’ surreali; il governo e le autorità di sanità pubblica invitano a mantenere certi comportamenti e opportunamente ne danno ampia comunicazione. Accanto a queste informazioni i social ne veicolano molte false che creano allarmismi, o false speranze, che suscitano in molti confusione o anche scoraggiamento.

Ci sono poi le notizie che ci giungono attraverso i nostri rapporti: spezzoni di vita in quarantena, problemi pratici, allarmi e angosce di chi è più ansioso, richieste di aiuto concreto, passaparola di informazioni più o meno vere.

Ci sono poi i messaggi che ci giungono direttamente dal nostro cuore: a volte un senso di impotenza, la preoccupazione per le persone più vulnerabili che conosciamo, l’incertezza sul da farsi, la paura per noi e per i nostri cari, rabbia e vittimismo, ma anche speranza, fiducia in Dio e nella vittoria finale del bene.

Come orientarsi in mezzo a tutto questo vero e proprio “bombardamento” di messaggi? Il nostro cuore ondeggia, trascinato dalle correnti attorno a noi, fra sentimenti contrastanti e tanta incertezza.

Per noi cristiani una risposta c’è, ed è farsi illuminare dalla Parola di Dio. Il Salmo 119 recita:

Tengo lontani i miei piedi da ogni cattivo sentiero,

per osservare la tua parola.

Non mi allontano dai tuoi giudizi,

perché sei tu a istruirmi.

Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse,

più del miele per la mia bocca.

i tuoi precetti mi danno intelligenza,

perciò odio ogni falso sentiero.

Lampada per i miei passi è la tua parola,

luce sul mio cammino.”

Possiamo sempre confrontare le nostre scelte, i nostri sentimenti e le nostre azioni con i consigli che Dio ci suggerisce nella Scrittura, attraverso l’esempio e le vicende dei tanti personaggi che nella lunghezza della storia di Dio col suo popolo hanno sperimentato la gioia della sua compagnia e la protezione loro accordata. In modo ancor più evidente nel Nuovo Testamento abbiamo l’esempio di Gesù, nostro maestro, e degli apostoli che lo hanno seguito facendo propria la missione di annuncio della buona notizia nel mondo.

Il profeta Giona, inghiottito dal pesce che lo ha raccolto dai flutti in tempesta, rivolge questa preghiera a Dio:

«Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha risposto;

dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce.

Mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare,

e le correnti mi hanno circondato;

tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati.

Io dicevo: «Sono scacciato lontano dai tuoi occhi;

eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio».

Le acque mi hanno sommerso fino alla gola,

l'abisso mi ha avvolto, l'alga si è avvinta al mio capo.

Sono sceso alle radici dei monti,

la terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre.

Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore, mio Dio.

Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore.

La mia preghiera è giunta fino a te, fino al tuo santo tempio.

Quelli che servono idoli falsi abbandonano il loro amore.

Ma io con voce di lode offrirò a te un sacrificio

e adempirò il voto che ho fatto; la salvezza viene dal Signore». (Gio 2,3-10)

Giona sperimenta l’angosciosa situazione di isolamento in mezzo ad eventi turbinosi e pericoli. Le acque lo hanno avvolto fino al limite della morte, ma Dio lo ha strappato dalla fine ormai imminente, facendolo inghiottire da un grosso pesce. Egli non è definitivamente uscito da una situazione di estrema precarietà, è ancora nel ventre dell’animale, in balia dei flutti, eppure parla della sua condizione al passato, come fosse ormai già risolta, esprimendo così la sua certezza nell’aiuto divino, la stessa che Gesù impone per essere esauditi: “Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato" (Mc 11,24). Addirittura Giona dal ventre del pesce già prefigura la sua vita futura, marcata dalla gratitudine per quanto ha ricevuto: “con voce di lode offrirò a te un sacrificio e adempirò il voto che ho fatto”.

Giona rappresenta l’atteggiamento dell’uomo di fede che spera e invoca Dio, pur trovandosi ancora in una situazione di grande incertezza. Egli sa che Dio ascolta la sua preghiera e professa con forza la sua fede che esce rafforzata dalle drammatiche vicende vissute: “la salvezza viene dal Signore”.

Anche noi in questi giorni così duri siamo invitati a rivolgere a Dio la nostra preghiera, ad essere certi dell’esaudimento della nostra invocazione, ovvero ad essere attenti a riconoscere dentro e attorno a noi i segni di un tempo nuovo che si annuncia, marcato dalla salvezza del Signore. Sono i segni della solidarietà che non viene meno, della vicinanza che si rafforza, delle mille possibilità che ci sono offerte di esprimere il nostro amore per chi è più debole, in difficoltà, isolato.

Anche noi, come Giona, pur essendo ancora nel mezzo della tempesta e isolati come nel ventre del pesce, possiamo allora invocare la salvezza del Signore e accingerci, come il profeta, ad offrire “il sacrificio” e “il voto” gradito a Dio.

Isaia ci aiuta a comprendere in cosa “il sacrificio” e “il voto” consistano:

Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato,

nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto,

nel vestire uno che vedi nudo,

senza trascurare i tuoi parenti?

Allora la tua luce sorgerà come l'aurora,

la tua ferita si rimarginerà presto.

Davanti a te camminerà la tua giustizia,

la gloria del Signore ti seguirà.

Allora invocherai e il Signore ti risponderà,

implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!».

Se toglierai di mezzo a te l'oppressione,

il puntare il dito e il parlare empio,

se aprirai il tuo cuore all'affamato,

se sazierai l'afflitto di cuore,

allora brillerà fra le tenebre la tua luce,

la tua tenebra sarà come il meriggio” (Is 58,7-10)

Le parole di Isaia in qualche modo completano quelle di Giona. Sì, perché la preghiera che invoca la salvezza si accompagna ad una vita rinnovata dall’impegno a ristabilire la giustizia e dall’azione per la pace, dalla consolazione dei deboli e dall’offerta di cibo, dall’ospitalità, dal conforto e dalla misericordia, assieme all’astensione dal giudicare e dal parlare privo di amore.

Cari amici, la Parola di Dio ci illumini il cammino e indichi a ciascuno di noi la via per mantenere il cuore e le mani pure e per essere, come Abramo, sempre più una “benedizione per tutte le famiglie della terra” (Gen 12,4).  
  Don Roberto

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