venerdì 24 febbraio 2023

Mercoledì delle ceneri - Anno A - 22 febbraio 2023

 


Dal libro del profeta Gioele 2,12-18
Così dice il Signore:
«Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male».
Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
«Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?».
Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo. 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, si apre oggi la Quaresima, che, come sappiamo bene, è per definizione “un tempo diverso” dall’ordinario. Il brano dell’antico Testamento che abbiamo ascoltato descrive l’inizio di un tempo di penitenza che coinvolge il popolo di Israele durante un periodo di gravi sventure: carestie, distruzioni, fame. Il profeta esorta il popolo a mostrare il loro dolore e a manifestare pubblicamente i segni del pentimento: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. … Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti.”

Davanti a questa descrizione ci colpisce il sentire comunitario di Israele.

Il profeta indice un tempo di penitenza che coinvolge tutti: uomini e donne, vecchi e bambini, persino i lattanti. Nessuno è escluso dall’invito a partecipare al tempo diverso che si apre.

Noi oggi non siamo abituati a simili manifestazioni collettive. Ciascuno segue il proprio ritmo, ha i propri motivi per lamentarsi, aspira al proprio star bene, manifesta i propri stati d’animo con i propri modi, che non sono quelli degli altri. Ci sembra strano sentirci in sintonia con il resto del mondo, provare gli stessi sentimenti e desiderare manifestarlo assieme.

Potremmo dire che questo è frutto della sensibilità moderna individualista che esalta le differenze, l’unicità di ciascuno. Ma c’è un altro motivo più profondo.

Israele manifestando come popolo intero il proprio pentimento e invocando unanimi l’aiuto del Signore mostra la capacità di assumersi la responsabilità di quanto sta accadendo, anche se, ovviamente, non tutti ne hanno colpa o anche se nessuno può fare qualcosa di risolutivo per imporre una svolta alla grave situazione.

Ci sarà stato chi subiva più pesantemente il peso della situazione, chi magari non lo sentiva affatto. Chi ne aveva responsabilità, o ne aveva approfittato, e chi invece ne aveva solo subito le conseguenze. Come in tutti i tempi e i luoghi, gli eventi della storia non trovano tutti nella stessa situazione personale. Eppure Israele decide di assumersi collettivamente la responsabilità di quello che sta accadendo, di manifestarlo apertamente facendosi vedere pentito, desideroso di cambiare, pronto a invocare l’aiuto di Dio con un cuore rinnovato. Dice Gioele: “Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio.”

Ma noi siamo capaci di fare ciò?

Noi fatichiamo ad assumerci la responsabilità, cioè a condividere il peso della situazione attuale, se non si tratta della nostra situazione personale. Ci rifiutiamo di pensare che dobbiamo cambiare qualcosa della nostra vita, di strutturale, perché le cose così non vanno. Preferiamo pensare che non ne abbiamo colpa, o che non possiamo farci niente, che tanto è inutile. Oppure magari facciamo un gesto, ma poi ben presto tutto torna come prima.

Ecco la grande differenza fra la scena di dolore collettivo e di cambiamento del modo di vivere che il profeta Gioele descrive, e il nostro rifiuto di sentirci coinvolti e responsabili del dolore altrui.

Cari fratelli e care sorelle, potremmo anche dirci: oggi qui siamo così pochi, il mondo nemmeno si accorge di noi, a che serve fare alcunché? Che cosa cambierebbe?

Non so quanti fossero gli israeliti a Gerusalemme, di certo una nullità davanti alle grandi potenze del tempo: l’Egitto, l’Assiria, l’India, la Cina. Popoli numerosi e potenti, imperi grandiosi. Eppure il Signore ascolta la preghiera proprio di quel popolo sparuto e periferico.

Abbiamo ascoltato ciò che ingenuamente quel piccolo popolo pensa: “Chi sa che [il Signore] non cambi e si ravveda, e lasci dietro a sé una benedizione?” Non si vergogna della propria piccolezza e indegnità, perché diviene grande nell’assumersi la responsabilità del tempo storico che sta vivendo, cambia vita e invoca l’aiuto di Dio.

Dio ascolta quell’invocazione, questa è la sua risposta: “Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza.” (Gl 3,5)

Cari fratelli e care sorelle, non c’è bisogno di essere tutti o in molti per cambiare la realtà del mondo difficile nel quale stiamo vivendo. Non c’è bisogno di essere “grandi” come l’ONU o le potenze. C’è bisogno di assumersi la responsabilità del peso troppo grande che grava sulle spalle di persone, interi popoli e di decidere di farsene carico davanti agli uomini e davanti a Dio.

Oggi in tutto il mondo le comunità cristiane ripetono il gesto di ricevere sulla fronte un segno di cenere, come fecero gli israeliti di tutte le condizioni e le età nell’assemblea convocata da Gioele. Lo fanno i cristiani dei Paesi in guerra, come gli ucraini, i russi, i siriani, i sud-sudanesi, gli etiopici, i centrafricani. Compiono questo gesto i cristiani in Paesi sconvolti da gravi crisi sociali ed economiche, come i pakistani, gli afghani, gli iraniani, i venezuelani, i nicaraguensi, i turchi e i siriani colpiti dal sisma recente, i birmani, i somali, i congolesi. Lo fanno gente ricca e gente povera. Tutti noi oggi siamo usciti dalle nostre piccole o grandi chiese con un segno di cenere sulla fronte. Proviamo a sentirlo come il segno della nostra assunzione di responsabilità anche della loro situazione difficile. Di chi è lontano, in guerra, oppresso dall’ingiustizia, di chi è più vicino a noi, solo, povero, a lottare a mani nude contro il male senza difese. Sintonizziamoci con le richieste di aiuto delle persone e dei popoli più fragili e dimenticati.

In questo tempo di Quaresima che si apre da oggi rendiamo nostri compagni costanti quei luoghi, quei volti, quelle storie perché diventino da oggi luoghi, volti e storie a noi familiari.

Facciamocene responsabili, chiediamoci cioè come io posso aiutare.

Invochiamo Dio perché giunga presto per tutti il tempo della pace e della giustizia, della consolazione e della salvezza.

Chiediamoci come può cambiare la nostra vita davanti a questo scenario largo.

Attendiamo con impazienza e costruiamo concretamente le condizioni perché risuoni presto, con forza, l’annuncio della resurrezione a quanti oggi vivono chiusi da una pietra pesante nella tomba di morte.


 

Preghiere 

 

O Dio Padre di eterna bontà, guarda con misericordia a questa tua famiglia raccolta nel tuo Nome per invocare il perdono e attendere il tuo aiuto. Cancella da noi le nostre colpe e mostraci la via della conversione del cuore.

Noi ti preghiamo

  

In questo tempo di Quaresima che oggi si apre fa’ o Signore che sappiamo seguirti nel cammino verso Gerusalemme dove vivrai giorni di passione e morte. Fa’ che non fuggiamo spaventati, dimentichi e chiusi in noi stessi, ma consoliamo il tuo dolore con la nostra vicinanza.

Noi ti preghiamo

 

Guarda con amore o Dio ai popoli sconvolti dalla violenza e dalla guerra. Soccorri chi oggi è nel dolore a causa dell’odio fratricida, suscita sentimenti di pietà in chi è accecato dalla sete di potenza, apri i cuori e le menti al desiderio di pace e di riconciliazione. Benedici e rafforza quanti arginano il dilagare della violenza con la propria umanità mite e solidale.

Noi ti preghiamo

  

Consola o Padre buono quanti sono stati colpiti dalla forza della natura. Per le vittime del terremoto in Turchia e Siria, per quelle delle alluvioni in Brasile, Pakistan e Bangladesh, per chi è colpito dalla siccità e la carestia. Fa che la solidarietà dei fratelli e delle sorelle lenisca il dolore e riapra i cuori alla speranza.

Noi ti preghiamo

 

Per quanti cercano motivi di speranza e non trovano un porto sicuro nel quale far riposare il proprio cuore inquieto. Fa’ che noi tuoi discepoli siamo sempre pronti ad accogliere, ascoltare e consolare chi è turbato e disorientato,

Noi ti preghiamo.

  

Ti preghiamo o Dio per il papa Francesco e per quanti sentono la responsabilità di indicare con la propria vita la via del Vangelo a chi non la conosce. Guida le loro azioni e le loro parole con la forza dello Spirito che tutto comprende e tutto ama.

Noi ti preghiamo.

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