sabato 5 ottobre 2013

XXVII domenica del tempo ordinario - memoria di San Francesco - 6 ottobre 2013


 
Dal libro del profeta Abacuc 1,2-3; 2, 2-4

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mente; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

 

Salmo 94 - Ascoltate oggi la voce del Signore.
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostrati, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce! +
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo 1,6-8.13-14

Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
La parola del Signore rimane in eterno:
e questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 17, 5-10

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il profeta Abacuc innalza a Dio un grido di protesta: Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?” È lo stesso grido che in questi giorni si è alzato dalle acque del mare di Lampedusa che ha inghiottito 300 persone, uomini, donne e bambini, disperati in fuga dalla miseria e dalla guerra. “Fino a quando, Signore?” Non possiamo non fare nostro questo grido ed oggi vogliamo dedicare questa nostra liturgia domenicale alla memoria e alla preghiera per quanto sono morti e per tutti quelli che si sono salvati da questa immane tragedia del mare. Una tragedia che non può non farci riflettere su un dramma che si ripete da anni sotto i nostri occhi. “Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?” si chiede attonito il profeta davanti alla strage e tanti si chiedono ancora oggi dov’è Dio, perché permette tanto dolore e non impedisce la morte di tante persone?

Cari fratelli e care sorelle, a questa domanda Dio ha dato una sola risposta, che forse però non è quella che noi ci aspettiamo. Infatti Dio non ha cancellato dal mondo la forza del male, e quanti uomini ancora sono in sua balìa; non ha annullato il dolore e la morte, come vediamo in quella fila lunghissima di poveri morti sulla banchina del porto di Lampedusa e in tanti altri luoghi della terra dove si muore senza senso e senza consolazione. Però Dio una cosa l’ha fatta: si è spogliato di tutta la sua potenza e si è messo dalla parte dei quei morti, di quelle povere vittime. Lo ha fatto sulla croce, scegliendo lui di fare quella fine. Lo ha fatto a Lampedusa, dove Dio è morto assieme agli eritrei e ai somali che fuggivano dalla disperazione e hanno trovato la morte alle porte delle nostre case. Questa è stata la risposta di Dio a quanti lo criticavano perché non scendeva giù dalla croce: “Se è veramente il Figlio di Dio, scenda dalla croce e salvi se stesso” dicevano infatti alcuni sul Calvario. Lo stesso diciamo noi oggi, pieni di orrore per la forza del male che abbiamo visto abbattersi con così grande crudeltà su innocenti. La vittoria di Dio sul male, cari fratelli e care sorelle, infatti non sta nel cancellarlo e fare come se quello non ci fosse, ma nel caricarselo sulle spalle e farlo proprio.

È quello che sperimentò Francesco, il santo di Assisi, la cui memoria facciamo oggi in questo luogo che lo ha visto passare pellegrino a Terni. È noto come Francesco si convertì e cambiò la sua vita quando incontrò i segni della croce nel corpo del lebbroso e poi lo riconobbe nel crocifisso di S. Damiano, in quella piccola chiesetta in rovina, ascoltando le parole che gli rivolgeva. L’incontro con la croce impressa nel corpo dei poveri lo portò a domandarsi sul senso della sua vita futile e tutta incentrata sulla soddisfazione delle proprie piacevolezze. Da allora quel giovane di assisi ebbe solo un desiderio: farsi uguale al crocifisso. Dice una sua antica biografia: Da quel momento si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore.” (Fonti Francescane 594). Egli cioè seguì la via stessa del Signore Gesù che davanti al dolore del mondo non fuggì via, né voltò il suo volto dall’altra parte, ma si caricò del dolore fino a restarne schiacciato. La vita di Francesco, come sappiamo, lo portò a condividere le stesse piaghe di Gesù, come vediamo nell’icona che è posta davanti a noi, assumendo fin nella sua carne i segni della passione, dopo averli condivisi del suo intimo.

La vita di Francesco è allora una risposta alla domanda da cui siamo partiti. La ribellione davanti al male non può portarci a incolpare Dio del dolore del mondo, perché lui per primo l’ha subito. Neppure basta prendersela con le istituzioni o chi non ha fatto quello che doveva. È facile farlo dalle nostre comode poltrone, al caldo: chiediamoci piuttosto noi che avremmo fatto? Non saremmo fuggiti anche noi davanti al male, spaventati dal farcene toccare? Non avremmo girato anche noi il capo dall’altra parte, come abbiamo fatto tante volte davanti al dolore degli altri, pensando che è sempre qualcun altro a doverci pensare? La vera risposta sta in quello che fece Francesco, cioè nel porci in modo serio e riflessivo la domanda su quanto spazio lasciamo ancora dentro di noi a quel male che esplode in modo inaspettato e crudele nei grandi drammi del mondo, ma che trova ancora troppa accoglienza dentro il nostro cuore, mascherato di normalità. Esso cova nelle pieghe anche delle nostre vite apparentemente ordinarie e innocue, è come un virus che viene incubato negli organismi apparentemente sani, prima di esplodere in una infezione che porta morte e contagio. Francesco davanti alla croce riconobbe innanzitutto dentro di sé il germe del male e se ne spogliò, simbolicamente e anche concretamente, abbandonando tutti i segni della vita di prima, rivestendosi della povertà del Signore, della sua misericordia e del suo amore per ogni uomo.

Anche a noi allora davanti alla morte di tanti innocenti e davanti al gesto di Francesco si pone la stessa domanda: di cosa devo spogliarmi perché il male dell’ingiustizia, del dolore, della sofferenza del mondo non trovi nella mia vita un riparo sicure nel quale crescere?

Gesù nelle parole che abbiamo ascoltato parla di fede, mettendo in luce come essa costituisca una forza irresistibile che cambia il mondo: Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.” È la forza della fede che può porre un argine al dilagare del male nel mondo, alle sue manifestazioni così terribili come quella che ricordiamo oggi di Lampedusa.

Ma in cosa consiste la fede? Come riconoscerla e come accoglierla in sé? Gesù fa seguire l’invito a far propria la forza della fede che abbiamo citato l’invito a farsi servitori, umili e piccoli, senza pretese: “Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare. Davanti al dolore e al male facciamoci servi umili e svuotati dell’orgoglio che ci fa sentire grandi, spogli dei nostri ruoli che ci pongono sempre al di sopra e al di là delle vicende di chi sta peggio. La via della fede, ci dice questo brano del Vangelo, passa attraverso il riconoscere dentro di sé il germe del male da estirpare e nel farsi servitori perché esso venga annientato con sentimenti di umana pietà e solidarietà

Allora oggi davanti alla croce piantata nel mare di Lampedusa ascoltiamo, come Francesco a San Damiano, il messaggio che dal essa ci viene di ricostruire un’umanità abbrutita dal male e resa cieca dalla paura, cominciando da me, dal mio poco amore e dalla mia paura. Spogliamoci dall’orgoglio di sentirci a posto e al sicuro, mettiamoci ai piedi di quella croce come Maria, senza difese e senza risposte pronte, ma disponibili a condividere e fare nostro il dolore di tutte le croci che incontriamo sulla nostra strada, senza fuggire, senza girarci dall’altra parte, ma assumendoci con responsabilità e vicinanza il dolore degli altri perché Dio ci aiuti a sopportarlo e a sollevarci, come fece con Gesù, con la gloria della sua Resurrezione.

 

Preghiere


Ti preghiamo o Signore Gesù per le vittime del naufragio di pochi giorni fa a Lampedusa e per tutti coloro che muoiono nel tentativo di fuggire dalla miseria e dalla guerra. Proteggili col tuo amore e conducili in salvo nel porto sicuro della tua misericordia, perché conoscano nel tuo Regno la pace che qui in terra non hanno vissuto,

Noi ti preghiamo

 

 

Proteggi o Dio Padre misericordioso tutti coloro che in queste ore sono in balia del mare e corrono pericoli per le loro vite. Soccorrili e fa’ sì che trovino salvezza e protezione,

Noi ti preghiamo


Aiuta e dai forza o Dio a quanti si spendono per la salvezza dei profughi e per la consolazione di chi oggi è nel dolore. Dona la pace della tua compagnia a chi ha perso i propri cari e ha rischiato la vita,

Noi ti preghiamo

Apri o Dio le porte dei nostri paesi ricchi d’Europa perché non accada più che qualcuno debba morire per cercarvi rifugio e salvezza dalla miseria. Fa’ che nei popoli europei vinca la solidarietà e l’accoglienza sulla paura e il rifiuto,

Noi ti preghiamo

Ti preghiamo o Signore per tutti i paesi in guerra da cui tanti uomini, donne, anziani e bambini sono costretti a fuggire con grandi sofferenze e pericoli. Dona pace al mondo intero,

Noi ti preghiamo

 
Abbi pietà o Dio e volgi il tuo sguardo sui Paesi dove l’umanità soffre per la fame e la miseria, dà a ciascuno il necessario per vivere dignitosamente e fa’ che nessuno debba più abbandonare casa e famiglia per salvarsi dalla povertà,

Noi ti preghiamo.
Ti preghiamo o Padre del cielo per il nostro papa Francesco che si è fatto pellegrino ad Assisi. Perché l’esempio di San Francesco sia insegnamento per tutti noi e ci guidi all’umile vicinanza ai crocifissi del mondo,

Noi ti preghiamo

Dona pace e salvezza alla tua Chiesa ovunque diffusa, specialmente dove è perseguitata e nel dolore: per la Nigeria, il Pakistan, il Kenya, l’Afghanistan, e tutti i luoghi in cui il tuo nome è combattuto e offeso nella vita di tanti discepoli,

Noi ti preghiamo

 

 

 

 

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