sabato 30 novembre 2019

I domenica di Avvento - Anno A - 1 dicembre 2019




Dal libro del profeta Isaia Is 2,1-5

Messaggio che Isaia, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.

 

Salmo 121 - Andiamo con gioia incontro al Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!


È là che salgono le tribù del Signore, +
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
 
Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
 
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 13, 11-14

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Mostraci, Signore, la tua misericordia
donaci la tua salvezza.

Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Matteo 24, 37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

 
Commento
 



Cari fratelli e care sorelle, si apre oggi un nuovo anno di preghiera e vita con il Signore. come già dicevamo domenica scorsa, il tempo di Dio segue ritmi e tappe diverse da quello del mondo, per questo ci forza a guardare alla nostra esistenza alla ricerca sempre di un nuovo inizio, di un segno di novità di qualcosa cha nasce nella nostra vita: è questo il senso di questo tempo benedetto di Avvento. Cogliamo allora nel tempo che viviamo i semi di novità che il Vangelo vi deposita, perché essi germoglino e crescano sempre più saldi nella lunghezza del tempo.

Ogni anno ci chiediamo: ma che bisogno c’è di novità nella nostra vita? Non va piuttosto preservata quella stratificazione di esperienze, lezioni apprese dalla vita, gioie e dolori che l’anno costituita nella lunghezza del tempo, senza traumi e scossoni pericolosi?

È la lezione del mondo che è sempre spaventato dalla novità e la rifugge. Ma il Signore è venuto a portare la novità del Vangelo. Nel libro dell’Apocalisse ci viene presentata la visione della nuova città, Gerusalemme che scende dal cielo, il luogo in cui Dio vuole vivere con gli uomini: “pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il ‘Dio-con-loro’”. (Ap 21) Ma com’è questa città di Dio con gli uomini? Ecco come la descrive sempre Ap 21: “[Dio] tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.

Le cose di prima sono passate!” dice Dio, e aggiunge: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose.” Cari fratelli e care sorelle, questo è lo spirito dell’Avvento con il quale ci vogliamo preparare al Natale: non abbiamo paura della novità del Vangelo, facciamoci rinnovare da esso, perché anche nella nostra vita le cose di prima: gli egoismi, le chiusure, la modestia dei nostri sentimenti, passino facendo strada ad una nuova dimensione della nostra vita assieme a Dio.

La prima liturgia dell’Avvento si apre con la visione del monte del Signore a cui ascendono tutti i popoli: è la realizzazione della pace di Dio per gli uomini. Le parole del brano di Isaia sono piene di commozione, esse rispondono all’aspirazione più profonda dell’umanità di tutti i tempi, e cioè quella di essere un’unica famiglia unita nell’amore.

È quello che nella nostra esperienza è sempre sembrato impossibile tanto da esserci abituati alla divisione e da avvertirla come normale e anzi connaturata all’essere umano. Divisioni di nazione, di cultura, di religioni, migliaia sono i motivi per cui ci si divide, persino nella stessa famiglia, nello stesso paese e comunità. Sì l’uomo è così abituato a vivere diviso dagli altri che sembra un dato irrinunciabile del vivere umano. E la divisione è sempre foriera di conflitto, perché da chi è diverso devo difendermi e differenziarmi affermando la mia particolarità, anche con la forza. È la storia dei conflitti che insanguinano la terra da sempre, scoppiati per un gruppo si è voluto affermare al di sopra di un altro.

A questa triste realtà gli uomini hanno saputo dare come risposta solo la forza delle armi e la paura reciproca, come ha bene messo in luce il papa nel recente viaggio in Giappone, commemorando le due città martiri delle armi nucleari: Hiroshima e Nagasaki. È assurdo, ha detto, pensare che la pace sia garantita dall’accumulo di armi di distruzione globale, come quelle nucleari che oggi sono così numerose sulla terra.

Ma oggi il profeta Isaia viene a dirci solennemente che un altro modo di vivere è possibile: i popoli possono camminare insieme, e non perché obbligati dalla forza delle armi o dalla paura reciproca, ma perché attratti dal dono della pace vera che proviene dalla casa di Dio. Sì, solo così gli uomini si incammineranno in un unico sentiero: “Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Per questo siamo qui ogni domenica per imparare da lui le strade da percorrere per camminare insieme e non da soli, non separati. Il profeta rivolge al suo popolo un richiamo accorato: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.”

Cari fratelli e care sorelle, oggi questo richiamo è rivolto a noi: il tempo di Avvento che si apre è di attesa e di speranza, facciamo che esso ci rinnovi, suscitando in noi un nuovo desiderio di unità con tutti, perché camminando sulla via del Signore impariamo a vedere gli altri più vicini e meno diversi da noi, uniti dalla stessa aspirazione ad un nuovo tempo di pace. Isaia infatti non rivolge il suo richiamo agli altri popoli, non getta la colpa dei conflitti su di loro, ma parla al proprio popolo perché è dal proprio cuore che inizia il cambiamento de mondo, dal proprio modo di vivere e guardare l’altro ceh cambia il corso della storia dell’umanità intera.

Sia questo tempo di Avvento allora un tempo benedetto in cui incamminarci verso il monte del Signore sul quale si realizza l’incontro con lui. Scopriremo così che le nostre vie si incrociano con quelle di tanti altri cercatori di pace, uomini e donne che aspirano ad un futuro migliore e con i quali costituire un nuovo popolo, senza divisioni di cultura, religione, nazionalità, uniti dalla ricerca della pace che è uno dei nomi santi di Dio. Lasciamo cadere dai nostri occhi i filtri del pregiudizio che ci fanno vedere nell’altro un nemico e un rivale, uno diverso da noi da cui distanziarci, ma vediamo in ognuno un possibile compagno del santo viaggio verso il monte di Dio da cui riceviamo la sua Parola che illumina i passi e li guida alla pace vera.


Preghiere

O Signore che vieni e visiti le nostre vite, ti preghiamo perché sappiamo accogliere con gioia questo tempo in cui prepararci all’incontro con te. Fa’ che non crediamo di salvarci da soli ma accettiamo di far parte del popolo grande di quanti ti cercano.

Noi ti preghiamo

 
Con pazienza e fedeltà, o Signore, ci guidi in questo tempo di crisi e disorientamento. Aiutaci a trovare la via che conduce all’arca di salvezza che è la Chiesa, la quale accoglie tutti coloro che amano e desiderano la pace.

Noi ti preghiamo

In questo tempo di Avvento o Signore fa’ che non viviamo presi dall’affanno per noi stessi e distratti dalle abitudini banali. Aiutaci a prepararci perché possiamo riconoscerti re e salvatore delle nostre vite.

Noi ti preghiamo


Ti preghiamo o Dio del cielo per questo nostro mondo, attraversato da correnti di odio e di violenza. Dona la tua pace a tutti coloro che ora sono sottoposti alla durezza della guerra, guarisci i cuori induriti dall’inimicizia e aprili al tuo amore.

Noi ti preghiamo


Salva o Dio questo tuo popolo. Fa’ che le nostre invocazioni siano ascoltate e che il tuo aiuto non ci venga mai meno. Confermaci nel bene che cerchiamo di compiere e impedisci che i nostri piedi percorrano le vie del male.

Noi ti preghiamo

 Consola o Padre misericordioso chi è nel dolore: i poveri, i disperati, i senza casa e senza famiglia, i prigionieri, i malati. Guida i nostri passi sulla via della misericordia per chi è debole e dell’aiuto fraterno a chi ne ha bisogno.




Noi ti preghiamo.

 

Benedici o Padre chi nel mondo annuncia il Vangelo e testimonia la tua pace. Proteggi ovunque i tuoi discepoli, specialmente dove la loro vita è minacciata. Incoraggia chi è timido nel proclamare la salvezza che viene dal tuo Nome.

Noi ti preghiamo

 

Perdona o Dio clemente il male che compiamo e ispiraci sentimenti di bontà e fraternità. Fa’ che gli tutti uomini siano presto radunati nell’unica famiglia dei tuoi figli incamminati verso la casa dell’incontro con te.

Noi ti preghiamo

domenica 24 novembre 2019

Liturgia bizantina - XIII domenica di Luca – 24 novembre 2019




Filippesi 3,20-4,3

Fratelli, La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.

Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore così come avete imparato, carissimi!

Esorto Evòdia ed esorto anche Sìntiche ad andare d'accordo nel Signore. E prego te pure, mio fedele collaboratore, di aiutarle, poiché hanno combattuto per il vangelo insieme con me, con Clemente e con gli altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita.


Luca 18,18-27

 Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre». Costui disse: «Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza». Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi». Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco. Quando Gesù lo vide, disse: «Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio. È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!». Quelli che ascoltavano dissero: «Allora chi potrà essere salvato?». Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ancora negli occhi e nel cuore la festa che domenica scorsa ci ha riuniti in tanti luoghi assieme ai poveri di cui si celebrava la III giornata mondiale. Una memoria che la dice lunga su quanto essi siano in realtà poco presenti all’attenzione e alla preoccupazione degli uomini, e tanto spesso anche dei cristiani, tanto che papa Francesco ha avvertito l’esigenza di dedicare loro una domenica dell’anno liturgico per riportarli al centro dell’attenzione delle comunità cristiane.

Oggi abbiamo ascoltato nel vangelo il racconto di un ricco che, almeno per un po’, si fece povero davanti al Signore chiedendo a lui come vivere.

Ricco infatti, oltre ovviamente a chi ha molti beni, è chi ritiene di non dover mai chiedere, imparare, ricevere dagli altri. Perché il ricco è sempre superiore, al di sopra di chi ha davanti, e per questo si può permettere di giudicare tutti e fare a meno di tutti. Chi è povero al contrario ha bisogno di tutto, sa di non poter fare a meno dell’aiuto di nessuno, e tante volte ci colpisce la sua capacità di tessere le numerose relazioni umane da cui dipende la sua stessa sopravvivenza.

Quel ricco notabile davanti a Gesù depone i panni di chi sa tutto e chiede a Gesù cosa deve fare, come spendere una vita da cui ha ricevuto molto: «Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?» Certo, non può fare a meno, nel porre la sua domanda, di usare quelle formule di cortesia formale di chi vuole catturare la benevolenza dell’interlocutore, e Gesù glielo fa notare e rivela che l’ostentazione di quell’artificiosa umiltà dimostra proprio la mancanza di una vera umiltà del cuore.

Ogni pio israelita, continua Gesù, sa rispondere alla domanda del notabile: seguire scrupolosamente la Legge divina salva dal perdere la propria vita. 

Ma ecco che a questo punto quel notabile rivela la ricerca di un oltre: per trovare il senso della vita non gli è bastato fare ciò che ogni pio israelita sa di dover fare. Non gli è bastato obbedire alla legge per trovare la gioia della vita piena.

Il brano parallelo del vangelo di Marco segna questo passaggio con una notazione significativa: “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse…” (Mc 10,21). Cioè tutto cambia nel dialogo fra Gesù e quell’uomo: quello che si è detto prima diventa di poca importanza, mentre ora emerge che dietro le parole rivolte a Gesù c’è la ricerca di un senso della vita che vada oltre la giustificazione che ciascuno può darsi da sé con un’osservanza rigorosa. Solo ora, possiamo dire, avviene il vero incontro con Gesù, il quale solo ora fissa lo sguardo su di lui, ci dice Marco.



Sì, l’incontro col Signore si realizza quando il nostro cuore sente il bisogno di un oltre che non trova nell’ottemperare ai propri doveri, nel fare con scrupolo e puntualità ciò che si è già imparato a fare, ciò che si deve fare. Avviene quando realizziamo che solo nell’incontro personale con lui possiamo raggiungere quella vita piena che non ci dà nessun onesto compimento del proprio dovere.

 Il Signore allora gli rivela la via per trovare quell’oltre: “vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi.” Gli dà tre indicazioni. Innanzitutto “vendi tutto quello che hai”, cioè deve farsi povero, senza quell’ossequio che rivela un senso di superiorità o, almeno, di parità, ma con una coscienza umile di sé, di chi sa che, come un vero povero, non può vivere senza chiedere, imparare, ricevere dagli altri e da Dio, che tutto ci può dare perché possiede la ricchezza dell’umanità piena. E poi, continua Gesù, “distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli”, cioè non si può prescindere da un rapporto significativo con i poveri, ai quali donare il nostro grezzo voler bene perché loro lo trasformino in qualcosa di bello e prezioso come un tesoro che trova il suo scrigno in una dimensione, appunto, ulteriore, quel cielo che è la dimora di Dio con i suoi amici: i poveri e gli umili. Solo così, è il terzo invito di Gesù, possiamo divenire suoi discepoli: “poi vieni e seguimi”. In questo andare con Gesù c’è la realizzazione di quell’oltre del quale il ricco notabile sentiva il bisogno e che lo aveva spinto a rivolgersi a lui, anche se un po’ goffamente da ricco sapiente.


Ma ecco che la risposta di Gesù pone la necessità di una scelta. L’incontro con Gesù apre una via, offre un nuovo orizzonte denso di significato, attraente, ma poi sta a ciascuno la scelta di incamminarvisi.   

Quel notabile ha trovato ciò che cercava, lo possiamo ben dire, ha sentito lo sguardo di Gesù posarsi su di sé ed essere da lui amato, ha udito le sue parole, ma non vi ha affidato il suo cuore. La sua vita è rimasta ancorata alla sua ricchezza, hanno vinto le ragioni della prudenza, del buon senso e della convenienza secondo il mondo. È rimasto un uomo onesto e corretto, ma resta anche profondamente triste. 

Gesù trae mestamente le somme da quanto accaduto, con quelle parole divenute proverbiali “È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!” parole che spaventano i discepoli che erano con lui, i quali si chiedono impauriti: “chi potrà mai intraprendere un cammino così difficile come quello proposto da Gesù al ricco notabile?”. Gesù risponde all’obiezione dei discepoli: lui per primo ha percorso quella strada per poterla indicare agli uomini come un cammino percorribile. Come sempre, Gesù non chiede agli uomini ciò che lui non abbia, per primo, già vissuto. È lui che si è fatto povero nascendo come un uomo, piccolo e umile, donando tutto se stesso ai poveri che ha incontrato, nella docile obbedienza al Padre. Sì, veramente ciò che sembra impossibile agli uomini è possibile a chi si affida a Dio che non fa mancare la forza e l’amore per vincere la tristezza di una vita spaventata di seguirlo.
 
 

sabato 23 novembre 2019

XXXIV domenica del tempo ordinario - festa di Cristo Re - Anno C - 24 novembre 2019




Dal secondo libro di Samuele 5, 1-3

In quei giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha det­to: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.

 

Salmo 121 - Andremo con gioia alla casa del Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

 

È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.

Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 1, 12-20

Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 23, 35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi si conclude un anno con il Signore. Il tempo di Dio, cioè della nostra vita con lui, non segue il calendario degli eventi mondani, né il ritmo delle nostre vicende personali, ma ha una sua cadenza perché noi ci adeguiamo ad essa. La nostra tendenza infatti è far ruotare tutto attorno a noi stessi, imprimere alla nostra vita il ritmo delle nostre personali vicende. Oggi la Liturgia ci richiama ad un tempo diverso che chiude con questa domenica un anno e, la domenica prossima, ne apre un altro con l’inizio dell’Avvento. È una liberazione dalla schiavitù dei propri ritmi, gli alti e i bassi, i motivi di amarezza e insoddisfazione, le recriminazioni o le esaltazioni passeggere, per assumere invece una dimensione più matura e sapiente che è quella di un cammino con Dio dentro una storia ampia come l’umanità tutta intera. Non più i piccoli orizzonti agitati o depressi del sé, ma le grandi visioni che donano alla nostra esistenza la vera dimensione nella quale Dio opera, la dimensione cioè del suo Regno.
È la visione contenuta nella lettera ai Colossesi che abbiamo ascoltato, quella di una signoria di Dio sulla vita dell’uomo e dell’universo intero, proprio perché tutti possano vivere il destino di salvezza che lui ha preparato: Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.” È questo il messaggio che oggi ci giunge da questa festa nella quale ricordiamo che fine e pienezza della storia, del mondo e mia personale, è nella salvezza che Gesù è venuto ad indicarci con le sue parole e la sua stessa vita.

Ma in cosa consiste questa salvezza?

“Salvezza e sicurezza” nel linguaggio di questo mondo si coniugano con “forza e potenza”. Le politiche europee così giustificano la chiusura di porti e confini, per mettere in salvo la società europea sempre più invecchiata e ripiegata su di sé. Spesso si giustifica con la necessità di garantire la sicurezza perfino la guerra aggressiva contro certi stati sentiti come minacciosi. In Italia oggi serpeggia in certi ambienti persino il desiderio di un uomo forte che garantisca salvezza e sicurezza, giustificando a tale scopo anche una certa rozzezza di linguaggio, aggressivo e violento, e un agire spiccio e senza troppi distinguo. Ma può essere salvezza quella garantita a discapito degli altri, se non a danno degli altri? Non è forse una falsa sicurezza quella che si fonda su ingiustizie e squilibri?

La salvezza e sicurezza che Gesù promette nel suo Regno si fonda su un simbolo forte, possiamo dire il “trono” sul quale è assiso Gesù nell’esercizio della sua signoria sull’Universo: la croce. Essa infatti, paradossalmente, è il simbolo che rappresenta meglio come Dio esercita il suo potere che salva. Ma come può manifestarsi la signoria del Signore nel momento della sua umiliazione massima, nell’ora della sconfitta e della sottomissione alla forza del male, sulla croce?

La manifesta attraverso quel modo tutto particolare di voler bene di Dio che è la misericordia, il perdono.

Da un lato infatti la croce mette in luce l’assenza di misericordia che regna nel mondo di ogni tempo. I poteri della terra, Erode, Pilato, hanno condannato colui che non ha mai giudicato, ma ha sempre amato, senza colpa. Sulla croce Gesù si è fatto volontariamente colpevole per mostrare al mondo in modo crudo e tragico com’è il mondo senza misericordia: spietato, violento, ingiusto, disumano.

Ma la croce ci mostra anche la vera fonte inesauribile della misericordia. Infatti Gesù dalla croce non maledice, piuttosto invoca la misericordia del Padre per chi lo stava uccidendo: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34), e invoca per sé la misericordia degli uomini implorando, fra le sue ultime parole, “Ho sete” (Gv 19,28). Invita Maria e Giovanni ad accogliersi l’un l’altra con la misericordia di un figlio e di una madre (Gv 19,26-27). Guarda con occhio misericordioso al suo compagno di sventura, un criminale pentito: “oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Per questo la croce è per i cristiani non tanto il simbolo della vittoria del male sull’uomo, ma un simbolo che il male può essere vinto con la misericordia invocata da Dio per gli altri, chiesta agli altri per sé, sollecitata agli uomini per gli altri uomini.

Don Primo Mazzolari fa rivolgere da Dio Padre queste parole davanti al Figlio crocifisso: “Mio Figlio m’ha legato le braccia. Egli ha legato per sempre le braccia della mia giustizia, per sciogliere eternamente le braccia della mia misericordia” ed aggiunge: “L’uomo visto dall’alto della croce … è quella povera creatura che prima di essere colui che ci fa morire, è colui per il quale moriamo.”

Fratelli e sorelle, non a caso noi cominciamo ogni domenica la nostra liturgia con l’invocazione “Kyrie eleison, Christe eleison! Signore abbi misericordia!” Invochiamo la misericordia di Dio, perché sappiamo che essa è la porta che ci introduce alla sua presenza e dona la sua compagnia, che ci consente cioè di ascoltare e conoscere la sua volontà di salvezza per noi. Non rivendichiamo i nostri diritti o non ci vantiamo dei nostri meriti; non chiediamo a Dio di essere “giusto” con noi, ma misericordioso, perché solo così siamo introdotti all’incontro con lui. Invocando la sua misericordia noi ci sottomettiamo alla sua signoria ed entriamo a far parte del suo regno. Non è allora un gesto scontato e ripetitivo, ma una richiesta di cuore di ricevere la sua visita che salva, di accogliere il suo amore che trasforma le vite.

Accettare anche noi la sua signoria significa allora essenzialmente far nostra la sua passione di amore e di misericordia che trasforma il mondo dal di dentro e lo avvicina sempre più alla gioia senza fine del Regno. Ne riceveremo una grande libertà, da un orizzonte angusto e dalla schiavitù del male che vorrebbe legarci sempre più tenacemente al suo desiderio di morte, alla spietatezza della disumanità.




 
Preghiere



O Signore nostro Gesù, ti ringraziamo per la misericordia che doni a chi ti cerca e con la quale continui ad amare ogni uomo. Fa’ che ci rendiamo sempre conto di quanto ne riceviamo da te, per poterlo ricambiare con generosità,

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci o Signore Gesù a sconfiggere la forza del male con il bene, a neutralizzare l’odio con la benevolenza, a vincere la violenza con la mitezza, come tu hai fatto sulla croce,

Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Dio per un anno passato in tua compagnia che oggi si conclude. Fa’ che il nuovo tempo che si apre sia un tempo di conversione e di ascolto del Vangelo,

Noi ti preghiamo

 
Accogli con benevolenza Dio quanti ti cercano, anche se non sanno bene come fare a trovarti. Mostra il tuo volto misericordioso e benigno che attira ognuno verso di te,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Dio ogni uomo e donna debole e colpito dalla forza del male. Ti preghiamo per i tanti che a causa della guerra sono colpiti nel corpo e nello spirito; dona loro consolazione e speranza,

Noi ti preghiamo

 
Ti preghiamo anche o Dio per tutti coloro che fuggono dal loro paese in cerca di un porto sicuro e un futuro migliore, concedi loro di trovare sempre l’accoglienza dei tuoi discepoli,

Noi ti preghiamo.

 
Proteggi o Padre buono ogni uomo che si affida a te per trovare consolazione nel dolore e salvezza nel pericolo. Per chi è prigioniero e oppresso, per chi è anziano e malato, salva tutti o vero amico degli uomini,

Noi ti preghiamo

 

Guida e proteggi o Dio il papa Francesco che si è fatto pellegrino in Asia, perché sia sempre pieno del tuo Spirito di amore e di misericordia e indichi ad un mondo disorientato la via della salvezza,

Noi ti preghiamo

giovedì 14 novembre 2019

XXXIII domenica del tempo ordinario - Anno C - Giornata mondiale dei poveri - 17 novembre 2019




Dal libro del profeta Malachìa 3, 19-20
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

Salmo 97 - Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.
Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore.

Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani, +
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra.

Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 3, 7-12
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

Alleluia, alleluia alleluia.
Risollevatevi e alzate il capo,
perché la vostra liberazione è vicina.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 21, 5-19
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi la Chiesa celebra in tutto il mondo la III giornata mondiale dei poveri che papa Francesco ha voluto istituire per mettere al centro della nostra attenzione la realtà di quanti sono “scartati” nella nostra società e non attraggono pertanto la nostra attenzione. Sì, il papa ha sentito il bisogno di un richiamo esplicito al ruolo che i poveri hanno nel piano di salvezza annunciato da Gesù, cioè quella “buona notizia – vangelo” che è venuto a portare, perché non basta il costante richiamo che il Signore ne ha fatto con le sue parole e i suoi gesti.
I poveri sono gli unici infatti con i quali egli si è identificato (“quello che avete fatto ad uno di questi piccoli lo avete fatto a me”); gli unici che ha dichiarato beati (“beati i pover, i perseguitati”), assieme a quanti sono loro amici; gli unici che ha esplicitamente indicato come i primi destinatari del suo Vangelo (“i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”); quelli ai quali promette la sua vicinanza speciale che dona conforto e salvezza (“venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò”); quelli che più facilmente hanno accesso al Regno di Dio (“è più facile che un cammello entri per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei cieli”).
Ebbene questa è la prima cosa sulla quale l’odierna giornata mondiale dei poveri vuole farci soffermare: i poveri non sono una realtà trascurabile per chi si dice cristiano. Eppure non sempre noi ne teniamo conto, sia come interesse, sia come solidarietà concreta.
Eppure in essi è svelato il segreto della salvezza che la nostra fede ci vuole proporre. Troppo spesso infatti noi crediamo che la salvezza sia una sorta di premio per chi riesce a superare un difficilissimo percorso a ostacoli, fatto di rinunce, sacrifici, mortificazioni. Ma che Dio sarebbe quello che premia chi sceglie per ciò che rende infelici? La salvezza non è nel togliere delle cose dalla nostra vita, ma nell’aggiungere ad essa quello che è ancora più prezioso e bello, che è la capacità di voler bene agli altri, a Dio e a se stessi con un amore veramente traboccante, quello di Dio stesso. E il suo è un amore appassionato e fedele che rende felice chi lo vive. I poveri sono quelli che lo capiscono meglio, e per questo ce lo testimoniano in modo più credibile.
Non lo capisce invece chi si ritiene ricco, ed esserlo non significa solo avere molti beni, ma anche credersi pieno di risorse, esperienze, capacità, intelligenza e furbizia, successo, ecc... Ricco è chi non deve chiedere mai, non ha bisogno di aiuto, può fare a meno di tutti, ha già capito, è sicuro di sé, sa sempre come comportarsi ed è all’altezza della situazione qualunque essa sia. È ricco chi crede di avere sempre qualcosa in più degli altri, tanto da poterli guardare con un senso di superiorità e da poter giudicare ciascuno dall’alto della sua sapienza. Il vangelo ci presenta diversi tipi di ricchi: c’è il ricco epulone che vive nel lusso e disprezza il povero lazzaro moribondo alla sua porta; c’è il fariseo che disprezza nel tempio il pubblicano peccatore, perché si sente più onesto; sono ricchi i sapienti che mettono alla prova Gesù cercando di trarlo in inganno, perché si sentono più furbi e sapienti di lui.
Ebbene il ricco è chi ha un cuore e una mente abituati a non sentire mai bisogno di chiedere, imparare, ricevere. Nemmeno da Dio pensa di poter imparare e ricevere, e per questo nemmeno sa cosa sia il suo amore.
Il povero invece è abituato ad aver bisogno di tutto, a chiedere e a mostrare la propria inferiorità. È mendicante di denaro e di attenzioni e il suo cuore e la sua mente sono abituati a chiedere per sopravvivere.
Ecco che allora si capisce la predilezione di Gesù per i poveri e perché da essi egli era cercato e invocato: malati, indemoniati, mendicanti, peccatori, gente disorientata e spaurita dalla vita. Persino un ricco per un momento si fece povero e per una volta fu tentato di chiedere a Gesù come doveva vivere: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” ma quando Gesù glielo disse: “va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!” prevalse in lui l’essere ricco e il vangelo conclude tristemente: “Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.” Ad essi infatti voleva più bene e rinunciò ad arricchirsi di Gesù.
Cari fratelli e care sorelle, noi tante volte siamo come quelli di cui ci parla il vangelo oggi: “alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi”, cioè sentiamo bisogno di poter fare affidamento su qualcosa di solido e duraturo, e cosa è più rassicurante delle nostre ricchezze, nel senso che dicevo prima? Senza di esse ci sentiamo perduti, ma Gesù li mette in guardia: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta” ed infatti una quarantina di anni dopo i romani invasero Gerusalemme e rasero al suolo il tempio, nonostante la bellezza e solidità delle sue pietre, ed esso non sarà mai più riedificato.
La risposta di Gesù non era la minaccia di una punizione, come forse pensarono i suoi ascoltatori, né una forma di disprezzo, ma la sapienza di chi sa che la solidità delle pietre di questo mondo inganna e passa col tempo: “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, … sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.” Gesù invita i suoi discepoli a perseverare, cioè a continuare a costruire l’edificio della propria vita con pietre più durature, quelle del suo amore, generoso e senza limite, perché solo così la vita sarà duratura e niente andrà perduto.
Ed ecco che allora i poveri ci si presentano ancora come realtà salvifica; pensiamo ad essi come i padri della chiesa li definivano: i nostri avvocati. Essi davanti a Dio nel momento in cui saremo chiamati a tirare le somme della nostra vita, gli ricorderanno i nostri gesti di amore sollecitati proprio dalla loro indigenza, e questi gesti saranno raccolti da Dio onnipotente come pietre durature e solide mentre tutto il resto impallidisce e scompare. La nostra posizione sociale, la gloria effimera dei nostri successi, le furbizie, i giudizi malevoli, ecc… crolleranno come le pietre del tempio: belle, sontuose, ma passeggere.

Ringraziamo allora il Signore perché il suo vangelo non rincorre i ricchi nei loro vani sogni ingannevoli di autosufficienza e superiorità, ma mette al centro chi è povero e non lo nasconde, non fa finta di non esserlo e non rifugge da questa condizione, perché Dio, come dice il Salmo 113: “solleva dalla polvere il debole, dall'immondizia rialza il povero, per farlo sedere tra i prìncipi, tra i prìncipi del suo popolo.
  
Preghiere
  
Donaci o Signore la sapienza di vivere come tuoi figli poveri e piccoli, bisognosi del tuo sostegno e di edificare una vita buona nutrita del tuo amore,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio Padre misericordioso i nostri sforzi di essere tuoi discepoli fedeli, ascoltatori della Parola e docili esecutori dei tuoi comandi,
Noi ti preghiamo


Perdona la durezza dei nostri cuori o Dio, che ci fanno cercare la sicurezza in ciò che non vale e non dura. Aiutaci a far affidamento su di te per imparare la vita del vangelo che non  si consuma,
Noi ti preghiamo


Guida o Signore Gesù chi ti cerca e non sa come incontrarti; stai accanto a chi si è perduto nelle vie che non conducono a nulla. Indica a tutti la via del voler bene generoso e gratuito come il modo migliore e più appagante di vivere,
Noi ti preghiamo


Accogli o Padre del cielo tutte le vittime della violenza, consola i feriti e chi ha perso tutto. Raduna i dispersi e ridona speranza e coraggio a chi deve affrontare la durezza di un futuro incerto,
Noi ti preghiamo


Fa’ o Signore che la sensibilità e la generosità dei tuoi discepoli soccorra chi è nel dolore a causa della forza del male che schiaccia chi è povero e debole. Apri i cuori di tutti noi alla compassione per chi sta male,
Noi ti preghiamo.


Guida e proteggi o Padre il nostro papa Francesco, perché mantenga fisso lo sguardo a te nell’indicare alla Chiesa e agli uomini di buona volontà il cammino del Vangelo verso la nostra salvezza,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio tutti i cristiani nel mondo, specialmente i più deboli e i perseguitati. Fa’ che il vangelo sia per loro un sostegno capace di renderli operatori di pace in un mondo diviso da odi e rivalità,
Noi ti preghiamo



venerdì 8 novembre 2019

XXXII domenica del tempo ordinario - Anno C - 10 novembre 2019




Dal secondo libro dei Maccabei 7, 1-2. 9-14

In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». E il secondo, giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture. Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita». 

 

Salmo 16 - Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.

Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. 



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 2, 16 - 3, 5

Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene. Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno. Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù Cristo è il primogenito dei morti:
a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 20, 27-38

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo celebrato la scorsa settimana la festa dei santi e il ricordo di coloro che sono morti. Si tratta, possiamo dire, di due aspetti della stessa realtà, quella che raccoglie assieme in un’unica larga famiglia tutti i discepoli oggi sparsi sulla terra e quanti ci hanno preceduto nella lunghezza del tempo passato. Sì, siamo e continuiamo ad essere un’unica grande famiglia. La morte, espressione suprema del male, vuole separare in due la nostra famiglia dei viventi con quella dei defunti, come fossero due realtà non comunicanti, ma nella nostra fede nella resurrezione e nell’amore di Dio che non abbandona nessuno questa grande divisione viene annientata. O meglio sì, essa è visibile e la sperimentiamo in tutta la sua drammaticità nel momento della scomparsa di qualcuno a cui siamo legati, ma allo stesso tempo gli occhi della fede ci fanno andare oltre e ci permettono di ritrovare l’unità della famiglia i cui membri sono accomunati prima di tutto dal fatto di essere stati amati da Dio, sia che stiamo in terra che in cielo. Anzi, proprio perché il fondamento dell’appartenenza a questa unica grande famiglia non è in noi o nei legami di sangue ma nell’adozione a figli da parte di Dio che ci ha così tanto amati, abbiamo la certezza che in essa nessuno è dimenticato, anzi solo in essa l’esistenza del più umile e piccolo è raccolta amorevolmente dal Padre, trasfigurata dalla sua misericordia e resa eterna in attesa della resurrezione finale dei nostri corpi.

La Liturgia di questa domenica insiste ancora sulla realtà della vita oltre la morte.

Non c’è dubbio che la domanda sull’aldilà è una di quelle questioni che attraversa nel profondo tutta la vicenda umana. I sadducei, un movimento religioso di intellettuali, negavano la resurrezione dai morti. Del resto, su questo tema, La fede ebraica aveva raggiunto solo molto tardi una certezza. Nella Bibbia essa sarà espressa chiaramente solo nel libro dei Maccabei, come leggiamo nella prima lettura, cioè alla fine del II secolo avanti Cristo.

In esso viene narrata l’eroica resistenza dei giovani Maccabei la cui fede veniva insidiata dal re Antioco IV. Ad essi il re voleva imporre con la violenza di rompere l’alleanza con il loro Signore e di fare un compromesso col paganesimo accettando di relativizzare la loro fiducia in Dio: in fondo che male c’era nel mangiare un tipo di carne invece di un’altro, come facevano tutti? Ma proprio qui è il motivo della resistenza dei giovani, fino a morire: fare come tutti, e non come Dio aveva chiesto loro, significava uscire dalla storia di amore che aveva legato Dio al suo popolo, scelto e amato da Lui nella lunghezza di una storia di liberazione dalla schiavitù e di fedeltà anche nei momenti più bui del tradimento. Quello che Antioco voleva imporre loro non era un piccolo compromesso insignificante, ma piuttosto voleva dire rinnegare la storia di amore di cui erano figli, per farsi figli dell’amore per se stessi, mettendosi al sicuro.

In fondo è la stessa tentazione che viviamo tante volte anche noi davanti a scelte difficili nelle quali siamo tentati di prendere la via più facile, diversa da quella indicata da Dio. Ci giustifichiamo dicendo che in fondo tante cose si equivalgono, non c’è poi così grande differenza. Ma il problema non è tanto e solo la gravità dell’atto in sé, ma il fatto che compiendolo ci estraniamo dalla famiglia grande dei figli di Dio, da lui adottati mediante il suo amore, e scegliamo di diventare figli di noi stessi nell’amore per se stessi. È questa la gravità della scelta più facile o più “normale” che tante volte ci sembra un compromesso accettabile e senza conseguenze.

I Maccabei giustificano la loro scelta, dalle conseguenze così tragiche, proprio nel fatto che restando fedeli a quell’amore che li ha resi figli di Dio egli salva la loro vita facendo sì che non si perda nel nulla, ma venga raccolta e resa eterna anche dopo la morte, come eterno e fedele è il suo amore, facendola risorgere. Al contrario Antioco e quelli come lui che vivono scegliendo per l’amore per se stessi si tirano fuori da quella famiglia grande e numerosa dei figli di Dio.

Il re e la sua corte si stupiscono della fermezza dei giovani, ma non se ne lasciano interrogare, non colgono in quel gesto un segno della fedeltà ad un amore più grande ma lo interpretano come una bizzarria, una forma ingenua di stupidità.

Così anche oggi tante volte la scelta della fedeltà al Vangelo sopra ogni altro interesse viene giudicata ingenua e sciocca dal mondo, che non la capisce e non l’apprezza, eppure essa non solo riempie di senso l’esistenza di chi la vive perché, appunto, fa vivere come figli di un Dio buono e misericordioso, ma offre la prospettiva di un senso che va oltre la morte e scioglie quella paura dell’ignoto e del mistero che l’accompagna e la rende spaventosa. Possiamo dire che là dove attecchisce il Vangelo e spunta un segno di amore, anche piccolo, sboccia la vita che non finisce. Per questo, nella professione di fede, noi diciamo “credo la vita eterna”, ossia la vita che non finisce, e non “credo nell’aldilà”. Il paradiso infatti possiamo viverlo sin da oggi nella famiglia larga che riunisce tutti i figli amati da Dio.


Preghiere


O Dio che sei fedele al patto di amore che hai stretto con gli uomini, rendici capaci di accogliere con gioia e gratitudine i segni della tua predilezione e vivere come tuoi figli fedeli,

Noi ti preghiamo

Rendici, o Signore, fin da ora cercatori della vita che non finisce e operatori del tuo Regno dove nessuno è dimenticato. Fa’ che guidati dalla tua Parola giungiamo al porto sicuro nel quale ci attendi,

Noi ti preghiamo


Ascolta o Signore l’invocazione di chi ti cerca. Mostrati misericordioso e benigno a chi desidera affidare a te il proprio destino: fa’ che sappia restarti fedele,

Noi ti preghiamo


Non guardare o Dio ai segni del nostro poco amore, ma alla speranza che poniamo nella tua misericordia. Sii benevolo con chi ha fiducia nel tuo perdono,

Noi ti preghiamo


Guida e proteggi chi ti cerca, o Dio; accompagnalo col tuo amore perché trovi la forza di riconoscerti Signore e re della propria vita,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre buono chi è debole e povero. Guarisci i malati e salva tutti i bisognosi di consolazione e aiuto,

Noi ti preghiamo.

Proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque diffusi. Raduna la famiglia umana nell’ovile dei tuoi discepoli perché nessun odio e guerra li divida mai,

Noi ti preghiamo
 
Salva o Dio chi è morto confidando in te, raccogli i dispersi che non hanno saputo o potuto cercarti sulle vie della vita, radunali nel tuo amore misericordioso nella casa dove hai preparato un posto per ciascuno,

Noi ti preghiamo