venerdì 8 novembre 2019

XXXII domenica del tempo ordinario - Anno C - 10 novembre 2019




Dal secondo libro dei Maccabei 7, 1-2. 9-14

In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri». E il secondo, giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna». Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture. Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita». 

 

Salmo 16 - Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno.

Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.

Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. 



Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 2, 16 - 3, 5

Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene. Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno. Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gesù Cristo è il primogenito dei morti:
a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 20, 27-38

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo celebrato la scorsa settimana la festa dei santi e il ricordo di coloro che sono morti. Si tratta, possiamo dire, di due aspetti della stessa realtà, quella che raccoglie assieme in un’unica larga famiglia tutti i discepoli oggi sparsi sulla terra e quanti ci hanno preceduto nella lunghezza del tempo passato. Sì, siamo e continuiamo ad essere un’unica grande famiglia. La morte, espressione suprema del male, vuole separare in due la nostra famiglia dei viventi con quella dei defunti, come fossero due realtà non comunicanti, ma nella nostra fede nella resurrezione e nell’amore di Dio che non abbandona nessuno questa grande divisione viene annientata. O meglio sì, essa è visibile e la sperimentiamo in tutta la sua drammaticità nel momento della scomparsa di qualcuno a cui siamo legati, ma allo stesso tempo gli occhi della fede ci fanno andare oltre e ci permettono di ritrovare l’unità della famiglia i cui membri sono accomunati prima di tutto dal fatto di essere stati amati da Dio, sia che stiamo in terra che in cielo. Anzi, proprio perché il fondamento dell’appartenenza a questa unica grande famiglia non è in noi o nei legami di sangue ma nell’adozione a figli da parte di Dio che ci ha così tanto amati, abbiamo la certezza che in essa nessuno è dimenticato, anzi solo in essa l’esistenza del più umile e piccolo è raccolta amorevolmente dal Padre, trasfigurata dalla sua misericordia e resa eterna in attesa della resurrezione finale dei nostri corpi.

La Liturgia di questa domenica insiste ancora sulla realtà della vita oltre la morte.

Non c’è dubbio che la domanda sull’aldilà è una di quelle questioni che attraversa nel profondo tutta la vicenda umana. I sadducei, un movimento religioso di intellettuali, negavano la resurrezione dai morti. Del resto, su questo tema, La fede ebraica aveva raggiunto solo molto tardi una certezza. Nella Bibbia essa sarà espressa chiaramente solo nel libro dei Maccabei, come leggiamo nella prima lettura, cioè alla fine del II secolo avanti Cristo.

In esso viene narrata l’eroica resistenza dei giovani Maccabei la cui fede veniva insidiata dal re Antioco IV. Ad essi il re voleva imporre con la violenza di rompere l’alleanza con il loro Signore e di fare un compromesso col paganesimo accettando di relativizzare la loro fiducia in Dio: in fondo che male c’era nel mangiare un tipo di carne invece di un’altro, come facevano tutti? Ma proprio qui è il motivo della resistenza dei giovani, fino a morire: fare come tutti, e non come Dio aveva chiesto loro, significava uscire dalla storia di amore che aveva legato Dio al suo popolo, scelto e amato da Lui nella lunghezza di una storia di liberazione dalla schiavitù e di fedeltà anche nei momenti più bui del tradimento. Quello che Antioco voleva imporre loro non era un piccolo compromesso insignificante, ma piuttosto voleva dire rinnegare la storia di amore di cui erano figli, per farsi figli dell’amore per se stessi, mettendosi al sicuro.

In fondo è la stessa tentazione che viviamo tante volte anche noi davanti a scelte difficili nelle quali siamo tentati di prendere la via più facile, diversa da quella indicata da Dio. Ci giustifichiamo dicendo che in fondo tante cose si equivalgono, non c’è poi così grande differenza. Ma il problema non è tanto e solo la gravità dell’atto in sé, ma il fatto che compiendolo ci estraniamo dalla famiglia grande dei figli di Dio, da lui adottati mediante il suo amore, e scegliamo di diventare figli di noi stessi nell’amore per se stessi. È questa la gravità della scelta più facile o più “normale” che tante volte ci sembra un compromesso accettabile e senza conseguenze.

I Maccabei giustificano la loro scelta, dalle conseguenze così tragiche, proprio nel fatto che restando fedeli a quell’amore che li ha resi figli di Dio egli salva la loro vita facendo sì che non si perda nel nulla, ma venga raccolta e resa eterna anche dopo la morte, come eterno e fedele è il suo amore, facendola risorgere. Al contrario Antioco e quelli come lui che vivono scegliendo per l’amore per se stessi si tirano fuori da quella famiglia grande e numerosa dei figli di Dio.

Il re e la sua corte si stupiscono della fermezza dei giovani, ma non se ne lasciano interrogare, non colgono in quel gesto un segno della fedeltà ad un amore più grande ma lo interpretano come una bizzarria, una forma ingenua di stupidità.

Così anche oggi tante volte la scelta della fedeltà al Vangelo sopra ogni altro interesse viene giudicata ingenua e sciocca dal mondo, che non la capisce e non l’apprezza, eppure essa non solo riempie di senso l’esistenza di chi la vive perché, appunto, fa vivere come figli di un Dio buono e misericordioso, ma offre la prospettiva di un senso che va oltre la morte e scioglie quella paura dell’ignoto e del mistero che l’accompagna e la rende spaventosa. Possiamo dire che là dove attecchisce il Vangelo e spunta un segno di amore, anche piccolo, sboccia la vita che non finisce. Per questo, nella professione di fede, noi diciamo “credo la vita eterna”, ossia la vita che non finisce, e non “credo nell’aldilà”. Il paradiso infatti possiamo viverlo sin da oggi nella famiglia larga che riunisce tutti i figli amati da Dio.


Preghiere


O Dio che sei fedele al patto di amore che hai stretto con gli uomini, rendici capaci di accogliere con gioia e gratitudine i segni della tua predilezione e vivere come tuoi figli fedeli,

Noi ti preghiamo

Rendici, o Signore, fin da ora cercatori della vita che non finisce e operatori del tuo Regno dove nessuno è dimenticato. Fa’ che guidati dalla tua Parola giungiamo al porto sicuro nel quale ci attendi,

Noi ti preghiamo


Ascolta o Signore l’invocazione di chi ti cerca. Mostrati misericordioso e benigno a chi desidera affidare a te il proprio destino: fa’ che sappia restarti fedele,

Noi ti preghiamo


Non guardare o Dio ai segni del nostro poco amore, ma alla speranza che poniamo nella tua misericordia. Sii benevolo con chi ha fiducia nel tuo perdono,

Noi ti preghiamo


Guida e proteggi chi ti cerca, o Dio; accompagnalo col tuo amore perché trovi la forza di riconoscerti Signore e re della propria vita,

Noi ti preghiamo


Proteggi o Padre buono chi è debole e povero. Guarisci i malati e salva tutti i bisognosi di consolazione e aiuto,

Noi ti preghiamo.

Proteggi o Dio tutti i tuoi figli ovunque diffusi. Raduna la famiglia umana nell’ovile dei tuoi discepoli perché nessun odio e guerra li divida mai,

Noi ti preghiamo
 
Salva o Dio chi è morto confidando in te, raccogli i dispersi che non hanno saputo o potuto cercarti sulle vie della vita, radunali nel tuo amore misericordioso nella casa dove hai preparato un posto per ciascuno,

Noi ti preghiamo

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