domenica 31 ottobre 2021

Festa di Ognissanti - Anno B - 1 novembre 2021

 




Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 7,2-4.9-14

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

 

Salmo 23 - Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Dalla lettera prima lettera di san Giovanni apostolo Gv 3,1-3

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Venite a me,
voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, oggi commemoriamo tutti i santi che ci hanno preceduto nella lunghezza del tempo, dalle origini dell’umanità fino ad oggi. La santità infatti non è prerogativa di pochi, ma è la vita a cui sono chiamati tutti. L’umanità, ci dice il libro della Genesi, ha impresso in sé il segno della somiglianza con Dio e realizzare questa somiglianza è il traguardo delle nostre esistenze. Sì, diventare come Dio deve essere il nostro traguardo, cioè capaci di voler bene come lui.

È un traguardo possibile, alla portata di tutti, nonostante la nostra natura fragile e limitata, proprio perché Dio oltre che un corpo ci ha impresso dentro il suo sigillo, il marchio indelebile della sua santità, cioè del suo modo tutto speciale di vivere amando tutti.

Il brano dell’Apocalisse che abbiamo appena ascoltato ci aiuta a capire meglio tutto ciò.

L’Apocalisse è un libro particolare della Scrittura, perché ci offre una visione di noi e del mondo invertita, cioè vista dalla parte di Dio. Giovanni in un momento di grazia è stato ammesso a vedere il mondo come lo vede Dio, e le sue parole di oggi iniziano con una visione: “Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».” La visione parla di due forze: angeli che devastano e un altro angelo che deve imprimere il sigillo. È la rappresentazione della eterna lotta del male contro il bene. In ogni generazione e in ogni luogo della terra questa lotta si svolge implacabile. Ne vediamo i segni nelle profonde ferite che tanti uomini e donne e la natura stessa portano nel corpo e nello spirito. Questa lotta ci coinvolge, anche se noi magari cerchiamo di sottrarci, spaventati, in un angolo tranquillo e riparato. Ma non dobbiamo temere la lotta, perché il sigillo di Dio ci viene donato dal suo messaggero, esso è la Scrittura e i Sacramenti. Possiamo essere sicuri, ci dice l’Apocalisse, che il male non sarà lasciato libero di svolgere a pieno la sua azione devastatrice, prima che tutti i figli di Dio non siano segnati dal sigillo del suo amore che li rende vittoriosi sulla forza del male.

Infatti vittoria sul male non significa eliminazione o fuga da esso, ma riuscire a subirlo senza esserne sconfitti, cioè imprigionati in logiche di odio, violenza, vendetta. È quello che Gesù visse nella sua passione.

L’immagine dell’Apocalisse è quindi piena di speranza e ci consola: la devastazione del male ha un argine potente in Dio che non vuole che nessuno ne sia vinto, prima che il suo sigillo, cioè il suo modo di vivere volendo bene a tutti, non lo renda vittorioso su di esso.

È una vittoria che, come dicevo all’inizio, coinvolge tutti, senza distinzione: “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.” Non è il destino di una élite di pochi perfetti, è il popolo di Dio tutto intero ad essere immune dalla macchia della sottomissione al male. Può accadere che esso lasci un segno profondo, fino alla morte, ma non saremo da lui sottomessi e vinti, cioè resi suoi strumenti. È il senso di quelle vesti candide, mentre la palma nella mano ci ricorda la palma di coloro che accolsero Gesù some il loro Signore e re, al suo ingresso a Gerusalemme. Sì, per essere immuni dalla schiavitù del male bisogna aver accolto Gesù, il suo Vangelo come il proprio Signore e maestro, come colui che ci guida nella vita di tutti i giorni. Al termine del brano dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato Giovanni chiede chi siano questi uomini vestiti di bianco e la risposta è: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”.

è una frase che ci rivela l’identità del santo. Egli è innanzitutto uomo e donna della “tribolazione”, cioè della fatica di vivere il Vangelo, nonostante le difficoltà, gli ostacoli, le tentazioni a fermarsi in un angolo tranquillo.

Poi hanno un abito bianco, perché lavato nell’amore di Gesù fino al sangue.

Infine hanno assunto le fattezze dell’Agnello: mitezza, vulnerabilità, docilità alo pastore buono che li guida.

È il senso anche delle parole di Gesù che indicando la via della felicità ai suoi, cioè le beatitudini, richiama la fatica, la lotto, anche la sofferenza di chi, pur di non farsi strumento del male, tribola per mantenere il sigillo impresso in lui da Dio, per realizzare il suo sogno e la sua visione di un popolo di vittoriosi, ancora con la palma in mano con la quale hanno acclamato che Gesù è il loro Signore e maestro, l’amico che non tradisce e non dimentica. È quello che i santi hanno vissuto nel tempo passato ed è quello a cui ciascuno di noi è chiamato.

 

Preghiere 

  

O Signore nostro Gesù Cristo, aiutaci a tornare da te per essere lavati dal sangue del tuo amore infinito e per riempire la nostra vita di esso,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Dio chi si allontana da te e cerca con orgoglio l’illusione della forza di questo mondo. Aiuta ciascuno a ritrovare la via dell’umiltà e della docilità al tuo volere,

Noi ti preghiamo

 

Sostieni o Dio quanti annunciano e testimoniano il Vangelo che rende liberi di amare e di operare il bene,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Signore quanti ti cercano nella via umile del servizio ai fratelli e alle sorelle più piccoli. Fa’ che ti incontrino come Signore della consolazione e Padre della speranza,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Dio le comunità dei discepoli che si riuniscono nel tuo nome. Perché nessuno sia più perseguitato a causa del Vangelo e si realizzi l’incontro e l’amore fra i popoli,

Noi ti preghiamo

  

Consola o Padre misericordioso chi oggi è nel dolore: i profughi, i migranti, gli anziani, i malati, i senza casa e senza famiglia. Dona a tutti la salvezza,

Noi ti preghiamo.

 

Dona ad ogni popolo o Dio pace e prosperità. Perché cessino le guerre e la miseria non affligga più nessuno,

Noi ti preghiamo

  

O Dio, Proteggi e accompagna papa Francesco, perché con la parola e l’esempio sia guida e sostegno a chi ti cerca,

Noi ti preghiamo

venerdì 29 ottobre 2021

XXXI domenica del tempo ordinario - Anno B - 31 ottobre 2021

 

 


Dal libro del Deuteronomio 6, 2-6

Mosè parlò al popolo dicendo: «Temi il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore».

 

Salmo 17 - Ti amo, Signore, mia forza.
Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore.

Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.

Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato.

Dalla lettera agli Ebrei 7, 23-28

Fratelli, [nella prima alleanza] in gran numero sono diventati sacerdoti, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore. Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso. La Legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 12, 28-34

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, uno scriba si avvicina e interroga Gesù chiedendogli: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” Egli è un uomo colto e sensibile, e la sua domanda è intelligente. Infatti esprime con queste sue parole la convinzione che nella vita esista una priorità dei comandamenti a cui obbedire. È pertanto una domanda non ovvia, anzi, è cruciale perché si tratta di decidere per che cosa spendere la vita. Un rischio sempre presente infatti, soprattutto quando la nostra esistenza è affollata di cose da fare ed è tutta incentrata su se stesso, è proprio quello di mettere tutte le cose sullo stesso piano e dare ad esse lo stesso valore. L’ordine di importanza viene allora attribuito dal caso, oppure dall’istinto, oppure dall’umore del momento, o dalle regole sociali, ecc... Esistono poi tutta una serie di “maestri” che cercano di imporre un ordine di importanza secondo un proprio vantaggio. Pensiamo alla pubblicità: si tratta di un meccanismo che sfrutta ogni strumento possibile per imporre un ordine di importanza delle cose da comprare o da fare, a vantaggio ovviamente di chi le produce. Ma poi, ad esempio, i telegiornali ci suggeriscono in modo subdolo l’importanza degli avvenimenti, mettendo in primo piano magari eventi frivoli, per farne passare in secondo piano altri ben più significativi, oppure con il martellamento delle notizie, o con il linguaggio stesso con cui sono presentate, ecc...

La domanda dello scriba pertanto non è di secondaria importanza. Possiamo infatti lasciar decidere al caso o a qualcuno interessato la scala di importanza delle cose da credere, da fare, da desiderare nella nostra vita? Credo valga la pena fare nostro questo interrogativo e prestare attenzione alle nostre scelte, a volte ritenute ovvie e scontate, ma in realtà dettate da una scala di valore ben precisa che ci proviene da chissà dove.

Gesù risponde citando la Bibbia: attinge sempre dalla sapienza della Scrittura per trovare le risposte alle domande della vita. È importante notare però, allo stesso tempo, come Gesù interroga e fa parlare la Scrittura. Il Signore infatti non usa la Bibbia come un manuale di norme da osservare. I farisei, ad esempio, avevano elaborato un prontuario di leggi codificate, tratte dalla Scrittura, a cui attenersi scrupolosamente per mantenersi puri e irreprensibili davanti a Dio. Rispettare queste norme era la garanzia per non cadere in una condizione di peccato. Gesù invece va in profondità per cogliere nelle parole della Bibbia la sapienza che viene da Dio.

Un padre della chiesa diceva che la Bibbia è come un grande macigno di granito, ma la Parola di Dio sono quelle scintille che scaturiscono da esso quando lo scalpellino lo prende a martellate. Cioè ci vuole lavoro duro e paziente perché la Bibbia ci parli e riveli la Sapienza che Dio ha riposto nelle sue righe. Gesù dunque, nel rispondere allo scriba, cita un versetto del Deuteronomio “amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” ma poi vi aggiunge accanto un altro versetto del libro del Levitico: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Così facendo lega indissolubilmente l’amore per Dio con quello per gli uomini, quasi a farne un unico grande comandamento che ha la priorità su tutti gli altri.

Lo scriba riconosce la profondità e verità di questa risposta che riassume che cosa è più importante nella vita. A ben vedere, la caratteristica fondamentale di questo comandamento è che dà il primo posto agli altri: a Dio e al prossimo. Da qui tutto inizia, afferma Gesù, dal ridare la giusta centralità agli altri, mentre spontaneamente siamo portati a mettere al centro noi stessi. Da questo derivano tutti gli altri comandamenti per vivere una vita buona e giusta. Ogni comportamento ha validità se fondato sulla legge del primato dell’amore per gli altri.

Infine dobbiamo notare l’espressione che usa Gesù: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Il Signore cioè vuole usare come metro dell’amore per gli altri quello che comunemente è il più grande, e cioè l’amore per sé. Se impariamo a voler bene a Dio e agli altri almeno quanto normalmente amiamo noi stessi, già abbiamo raggiunto una misura molto alta. Ma poi aggiungerei che legare l’amore per gli altri e quello per sé sta proprio a indicare come le due forme di voler bene siano indissolubilmente legate: senza mettere gli altri al centro della nostra vita, non raggiungeremo mai il nostro bene.

Tutti, dice il vangelo, restano ammutoliti dalle parole di Gesù. C’è una verità della vita, che la Bibbia esprime, che si impone con evidenza e forza, se onestamente ci mettiamo in suo ascolto. È quello che avvenne quel giorno davanti alla risposta di Gesù, ed è l’atteggiamento che anche noi dobbiamo maturare davanti alla Scrittura che ci viene annunciata a Messa. Con umiltà e onestà riconosciamo la priorità di una sapienza che ci rivela come essere felici, come afferma il brano del Deuteronoimio che abbiamo ascoltato: “Ascolta, o Israele, e bada di mettere in pratica [i miei comandi], perché tu sia felice”.

 

Preghiere 

 

Aiutaci o Signore a cercare sempre prima di tutto ciò che veramente vale, cioè vivere la priorità dell’amore per Dio e per i fratelli. Insegnaci a trovare nei tuoi comandi la felicità della nostra vita,

Noi ti preghiamo

 

 

 

Aiutaci o Dio a valutare in ogni situazione il nostro agire sulla misura del bene per gli altri, perché partendo dal fondamento solido del Vangelo costruiamo una vita buona e giusta,

Noi ti preghiamo

 


Perdonaci o Signore ogni volta in cui abbiamo fatto prevalere il nostro interesse a danno degli altri, dimenticando il tuo esempio e insegnamento,

Noi ti preghiamo

 

 

Come quello scriba saggio aiutaci a soffermarci sulle cose importanti della vita e a porre a te le domande cruciali su ciò che è bene per noi. Insegnaci con pazienza a costruire una vita santa e giusta,

Noi ti preghiamo


 

Sostieni o Padre misericordioso quanti nel mondo hanno bisogno del tuo aiuto e ti invocano. Fa’ che sappiamo farci strumento del tuo amore per gli umili e i poveri,

Noi ti preghiamo

 

 

 

Consola o Dio quanti soffrono e sono nel dolore per la guerra, la violenza, la povertà e la malattia. Manda il tuo Spirito a guarire le ferite del corpo e dell’anima,

Noi ti preghiamo.

 

 

Guida con amore o Signore Gesù la famiglia dei tuoi discepoli che si radunano ogni domenica attorno al tuo altare. Donaci la forza di restare sempre uniti a te e di tornare ogni settimana a nutrirci del tuo corpo e sangue,

Noi ti preghiamo

 

 

Non permettere o Dio che nessuno dei tuoi figli si disperda nei sentieri del male, fa’ che tutta l’umanità si ritrovi presto in un’unica famiglia, uniti dall’amore fraterno e dalla fiducia in te,

Noi ti preghiamo

sabato 23 ottobre 2021

XXX domenica del tempo ordinario - Anno B - 24 ottobre 2021




Dal libro del profeta Geremia 31, 7-9

Così dice il Signore: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito».

 

Salmo 125 - Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Négheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. 

Dalla lettera agli Ebrei 5, 1-6

Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo: «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek».

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 10, 46-52

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. 


Commento


Cari fratel li e care sorelle, il Vangelo ci descrive Gesù mentre cammina. È in partenza dopo una sosta a Gerico e lo accompagnano diverse persone che il Vangelo definisce con precisione: i discepoli e molta folla. Sono due gruppi diversi, come due cerchi che si stringono attorno a Gesù. Uno, quello più interno, è costituito da quanti seguono Gesù ovunque lui vada; l’altro, quello più esterno, è la folla radunatasi per l’occasione. Sono i curiosi, gente di passaggio, persone attratte dall’eccezionalità dell’incontro con quel Maestro così fuori dal comune, ma non lo seguono ovunque lui vada. Di lì a poco lo perderanno di vista e, forse, non sentiranno mai più parlare di lui, la loro vita si svolge su altri orizzonti.

Questa descrizione, sommaria ma efficace, dei diversi tipi di persone che incontrano e seguono Gesù descrive anche noi. Di quale cerchia facciamo parte, ci interroga oggi il Vangelo? Di quelli che seguono Gesù ovunque lui vada, ovunque lui li voglia condurre con sé, o di quelli che stanno a guardare lui che passa, magari con simpatia, anche con ammirazione, ma restando fermi lì dove si trovano e restando senza Gesù, dopo che lui ha preso un’altra strada?

A volte dobbiamo interrogarci su questa differenza, profonda e significativa, fra il discepolo e lo spettatore che osserva Gesù, ma da lontano.

A questi gruppi si aggiunge una terza persona che non fa parte di nessuno dei due: Bartimeo. Anche lui sta fermo per strada, ma, racconta il Vangelo, appena si accorge che Gesù passa comincia a gridare e a invocare il suo aiuto. È un mendicante cieco, non vede, ma sente, avverte la sua presenza e grida per attirare la sua attenzione, fa tutto quello che può per farsi notare. Gli altri anche vedono Gesù che passa, ma non esprimono il desiderio di incontrarlo.

Questo Vangelo ci pone una domanda: a volte “vedere”, cioè conoscere bene, sapere, essere informati, capire, avere chiare le dimensioni e le caratteristiche di un fenomeno e di una persona, non significa farsi toccare in profondità. Così avviene anche per la nostra fede. Conoscere, sapere, essere informati ed esperti a che serve, se questo non ci porta a voler stare sempre con lui, a seguirlo ovunque lui vada? Il cieco non sa niente, ma sente la voce e sceglie di stare con lui.

Qual è la differenza principale fra il cieco e la folla? Il primo non nasconde il suo bisogno, anzi ne fa il motivo per attrarre l’attenzione di Gesù. Strano! La folla, e noi con lei, crediamo che dobbiamo mostrare il nostro lato migliore, attraente, e nascondere il lato debole, le fragilità, se mai ammettiamo di averne. Invece Bartimeo urla a Gesù il proprio bisogno, la debolezza del suo stato, la mancanza di cui soffre di più e invoca la salvezza. Bartimeo si fa forte della sua debolezza, noi ci sentiamo forti della nostra presunta forza. Il cieco fa’ quello che dice L’Apostolo Paolo, uno che ha capito in profondità Gesù: “quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10).

Ma ecco che avviene qualcosa di inatteso: la folla dei simpatizzanti si frappone fra lui e Gesù, come una barriera. Eppure non è gente che ce l’ha con Gesù, non pensa male di lui e non vuole ostacolarlo, solo disprezza queste espressioni eccessive e non sopporta che qualcuno esibisca in modo così impudico il proprio stato di bisogno. È la reazione normale che abbiamo davanti ai poveri che infastidiscono, sono molesti, senza dignità, ma in realtà la loro colpa principale è quella di metterci davanti alla realtà del bisogno materiale e spirituale, cosa che ci fa così male e paura che preferiamo alzare un muro pur di non vederli.

Ma Gesù sente e vede. Non resta indifferente, anzi raccoglie quel grido soffocato dalla folla come la cosa più preziosa. Dice il libro del Siracide: “La preghiera del povero attraversa le nubi” (Sir 35,21) e pure la muraglia umana dei benpensanti.

Con umiltà Gesù chiede a Bartimeo: “Che cosa vuoi che io faccia per te?” e obbedisce alla sua richiesta, lo guarisce dalla cecità. Cos’è che rende Gesù così docile ad un cieco mendicante ed estraneo? La fede di quello: “Va’, la tua fede ti ha salvato.” Ma come, non è Gesù che ha compiuto il miracolo e lo ha guarito? L’incredulità rende Gesù impotente, non può “imporre” il bene a chi non lo chiede e non crede che lui possa darlo. D’altronde lo dice Gesù: la fede in lui può spostare una montagna (Lc 17,6), potrà allora anche guarire la cecità.

Cari fratelli e care sorelle, presentiamoci al Signore come siamo, poveri e malandati, carenti di tutto e pieni di difetti, ma soprattutto fidiamoci che l’incontro con lui ci cambia radicalmente. Una volta guarito il cieco, dice il Vangelo, “lo seguiva lungo la strada.” Ora anche lui è un discepolo e da Gesù si lascia condurre e lo segue, senza restare fermo a guardare dal bordo della strada lo spettacolo della vita che scorre.

 

Preghiere 

 

O Signore Gesù, aiutaci a mantenere viva la speranza che il male possa essere vinto dal bene. Fa’ che non prevalga in noi il pessimismo realista di chi accetta come normale il mondo così com’è.

Noi ti preghiamo

 

Come il cieco Bartimeo, o Dio nostro salvatore, anche noi spesso siamo bloccati senza poter vedere un futuro migliore. Aiutaci ad avere come lui speranza in te e di invocarti come fece lui,

Noi ti preghiamo

 

Fa’ o Signore Gesù che siamo pronti a riconoscerti quando passi accanto alla nostra vita. Aiutaci a restarti vicino nonostante il timore e l’incertezza, per obbedire con prontezza all’invito a vivere il Vangelo.

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Dio la rassegnazione dei nostri cuori. Guarisci la nostra cecità che non ci permette di riconoscerti,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Padre misericordioso quanti sono nel bisogno: i malati, chi è senza casa e famiglia, gli anziani, gli stranieri e i profughi. Fa’ che sappiano trovare conforto da chi, imitandoti, si fa loro vicino,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Dio del cielo quando ci abituiamo al male e lo viviamo come normale. Fa’ che non cessiamo di invocarti per trovare la forza di combatterlo operando il bene.

Noi ti preghiamo.

  

Proteggi o Signore quanti sono in difficoltà per la loro fede in te, chi si affatica per il vangelo e chi rischia per costruire la pace fra i nemici.

Noi ti preghiamo

  

Sostieni o Dio la tua chiesa che riunisce tutti i tuoi figli dispersi per formare la famiglia dei discepoli. Aiutala a farsi annunciatrice audace e instancabile della Parola che salva,

Noi ti preghiamo 

sabato 16 ottobre 2021

XXIX domenica del tempo ordinario - Anno B - 17 ottobre 2021

 


 Dal libro del profeta Isaia 53,10-11

Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità.

 

Salmo 32 - Donaci, Signore, il tuo amore

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. 

Dalla lettera agli Ebrei 4, 14-16

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.  

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Figlio dell’uomo è venuto a servire
e dare la vita in riscatto per molti.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Marco 10, 35-45

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo appena ascoltato un passo del Vangelo di Marco in cui si descrive una scena assai comune: Gesù che cammina attorniato dai dodici. È la “normalità” della vita del gruppo degli amici del Signore e rappresenta bene la vita dei discepoli: seguendo il Signore assieme ai fratelli e alle sorelle. L’uno e gli altri sono, nel Vangelo, i compagni inseparabili del discepolo, il quale solo eccezionalmente è descritto da solo o, al massimo, in coppia, come quando sono inviati a predicare nei villaggi. Il discepolo è, per definizione, colui che vive sempre nella compagnia del Signore e dei fratelli. È quello che sperimentiamo anche noi: il cristiano non può vivere lontano dalla compagnia del Signore, che si fa più concreta e reale proprio la domenica, da cui il “precetto” di partecipare alla Santa Liturgia, cioè il momento nel quale Gesù parla attraverso il Vangelo proclamato e si offre come nutrimento nel suo Corpo e Sangue che diventa la forza e il sostegno della nostra vita intera. E sempre la domenica sperimentiamo anche la compagni dei fratelli e delle sorelle: la Liturgia infatti è un evento comunitario, mai individuale, e la presenza degli altri si fa ancora più concreta e direi travolge il nostro isolamento e infrange la solitudine.

Nel racconto dei Vangeli c’è un momento in cui i discepoli sono ciascuno da solo, senza il Signore e senza i fratelli e le sorelle: è il momento del tradimento e della dispersione, durante la Passione del Signore: tutti fuggono, ciascuno per conto proprio. Giuda da solo vende Gesù e da solo va incontro a lui per consegnarlo ai soldati; Pietro da solo va nel cortile della casa del sommo sacerdote e sempre da solo rinnega Gesù per tre volte. Tommaso rimane incredulo perché era da solo, mentre gli altri insieme incontravano Gesù risorto nel cenacolo.

Questa deve essere anche la nostra esperienza: anche nella separazione “forzata” della quotidianità, quando siamo dispersi ciascuno nelle proprie occupazioni, cerchiamo di vivere sempre assieme al Signore e ai fratelli, ricordiamone le parole, e facciamoci vicini a quanti incontriamo, restiamo con loro nell’affetto e nella preoccupazione.

Camminando con i dodici, come avviene durante la Messa, Gesù parla, ed è il momento in cui sperimentiamo l’intimità che gli consente di rivolgersi a noi a cuore aperto e di manifestarci i suoi sentimenti più profondi. In questo clima, come ci racconta l’evangelista Marco nei versetti appena precedenti il brano che abbiamo ascoltato oggi, Gesù confida il destino che lo attende a Gerusalemme: persecuzione, arresto, morte e infine, dopo tre giorni, la resurrezione. Davanti a questo squarcio sul futuro che attende Gesù, Giacomo e Giovanni fanno a Gesù una richiesta: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra.” È una domanda ambigua e piena di insidie. Infatti da un lato manifesta il loro attaccamento al Signore, tanto da voler essere quelli che, in futuro, gli staranno più vicini, dall’altro però manifestano l’ambizione di primeggiare sugli altri e di garantirsi posizioni di privilegio.

Gesù davanti a questa richiesta non si scandalizza eccessivamente. Non reagisce come davanti a Pietro che gli aveva detto che non potevano accadergli cose così tragiche, al quale dice: “Vai dietro a me, Satana!” In qualche modo Gesù sembra apprezzare che Giacomo e Giovanni ambiscano a restargli per sempre vicino, nella gloria, ma nega che ciò possa passare attraverso quella che i due intendono come la concessione di un privilegio. Piuttosto spiega come ciò possa realizzarsi, e cioè esclusivamente passando attraverso “il calice” e “il battesimo” che lui stesso sta per accogliere, cioè il dono pieno di tutto se stesso.

In secondo luogo Gesù precisa che non è sbagliato voler avere il posto più vicino a lui, ma questo significa farsi ultimi, umili servitori degli altri: “chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”, cioè esattamente come ha fatto lui: “il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire.” Vivere nel servizio degli altri, ecco il modo di restare per sempre vicini al Signore, facendosi imitatori di lui, tanto da divenire uguali a lui, pur in tempi, situazioni e modi diversi. È la storia della santità che ha visto in ogni luogo e in ogni tempo una folla di uomini e donne vivere così e, in questo modo, ritrovarsi nella gloria accanto al Signore Gesù, come noi li pensiamo.

Cari fratelli e care sorelle, come è facile anche per noi sentirci i primi, i più grandi, facendo il confronto con gli altri, i loro peccati ed errori. Ma non dimentichiamo mai che il modello con cui confrontarsi è il Signore. A lui dobbiamo guardare ed imitare, non basta contentarsi di non essere proprio i peggiori, bisogna piuttosto assumere il suo modo di vivere, a costo di faticare e subire insuccessi, essere giudicati male o anche ostacolati, pur di servire gli altri, specialmente i più piccoli.

 

Preghiere 

  

O Signore Gesù donaci un cuore pieno di compassione per te che vai a morire e per ogni uomo e donna nel dolore, perché vincendo la paura saremo rivestiti della forza della tua resurrezione,

Noi ti preghiamo

  

Aiutaci o Signore Gesù a restarti vicino e a non allontanarci mai da te. Fa’ che non vincano nel nostro cuore le preoccupazioni per noi stessi che chiudono il cuore all’ascolto del Vangelo,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Dio perché riconosciamo nella storia i segni potenti del tuo amore e proclamiamo con le parole e la vita la potenza irresistibile della tua resurrezione,

Noi ti preghiamo

  

Vinci o Padre misericordioso i legacci che tengono avvinti i cuori di chi è nel peccato e collabora con il male. Fa’ che, liberi dalla schiavitù, tutti noi possiamo divenire operatori di bene e costruttori di pace,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi o Signore Gesù coloro che sono minacciati dalla violenza e dalla guerra. Fa’ tacere le armi e concedi a tutti di vivere in un mondo di pace,

Noi ti preghiamo

  

Guarisci, o Dio medico buono, le malattie del corpo e della mente che colpiscono i nostri fratelli e sorelle. Dona a tutti i malati sollievo nel dolore e consolazione, apri i loro cuori alla speranza,

Noi ti preghiamo.

 

Dona forza e coraggio a chi annuncia e testimonia il vangelo. Per tutti i cristiani dal cuore tiepido e le mani chiuse, perché il tuo santo Spirito li scaldi e li apra al tuo amore,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per papa Francesco e tutti i pastori della chiesa, perché siano testimoni fedeli e annunciatori audaci del tuo vangelo di pace e misericordia nel mondo intero,

Noi ti preghiamo

sabato 2 ottobre 2021

XXVII domenica del tempo ordinario - anno B - 3 ottobre 2021

 


 

Dal libro della Genesi 2, 18-24

Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno de­gli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.

 

Salmo 127 - Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.

Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele! 

Dalla lettera agli Ebrei 2, 9-11

Fratelli, quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio - per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Se ci amiamo gli uni gli altri,
Dio rimane in noi e l’amore è perfetto
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Marco 10, 2-16

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.  

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia di oggi ci fa incontrare Gesù mentre un gruppo di farisei gli fanno domande su come devono essere gestiti i rapporti umani. Lo fanno a partire dal caso del matrimonio e della possibilità che dava la legge di Mosè di ripudiare la propria moglie. Dietro quella domanda, fatta per mettere in difficoltà Gesù, e non per un interesse sincero, si legge un’idea dei rapporti umani, e quindi anche di quelli coniugali, che anche oggi è molto diffusa, tanto da non essere messa in discussione. È l’idea che un rapporto se non risponde più al nostro desiderio di soddisfazioni perde ogni significato. Non conta più la storia vissuta in comune, le realtà che ha determinato o fatto nascere, le altre persone coinvolte. È l’idea consumistica applicata alle relazioni: quello che non mi serve più lo getto via, così compro un’altra cosa che, per ora, mi dà più soddisfazione, poi si vedrà. Il rapporto, si pensa, vale per quello che serve a me, quindi, se non mi serve più che me ne faccio? Diventa un peso inutile, che non mi lascia la libertà di passare ad altri rapporti magari più soddisfacenti. Ed ecco allora che l’interesse di quei farisei si concentra su quali norme possono liberare l’uomo da questi obblighi e fornire una via di uscita, come prevedeva la legge giudaica con l’atto di ripudio della moglie.

La risposta di Gesù a questa domanda, così attuale, si compone di due parti. Prima infatti afferma come il rapporto coniugale, ripeto, analogamente a ogni altro rapporto umano, nasce dalla constatazione originaria di Dio al momento della creazione che “non è buono che l’uomo sia da solo”. È questa l’idea fondamentale di uomo sulla quale si fonda la concezione cristiana dei rapporti umani. Essi cioè si basano sulla natura stessa dell’uomo che se è da solo non è pienamente umano, rimane privo di una parte importante: gli altri. L’uomo, dice Dio, è pienamente tale solo nell’essere con altri, nell’avere assieme a sé altri uomini e donne che lo completano. Per questo nella natura umana come Dio l’ha creata è scritto anche il rapporto coniugale, come l’unione intima di un uomo e una donna nel matrimonio. Dio chiama quella parte “mancante” di sé “un aiuto” perché permette che non prevalga la tentazione malvagia di isolarsi e allontanarsi dagli altri.

Accanto a questa spiegazione teorica, Gesù compie anche un gesto esemplificatore. Alcuni bambini gli si avvicinano, in quel gesto ingenuo e spontaneo possiamo leggere l’innato desiderio dell’essere umano di stare con gli altri, e non solo per convenienza. Ma intervengono i discepoli e vogliono allontanare quei piccoli con argomenti di opportunità: danno fastidio, sono antipatici, ecc…, essi vorrebbero impedire quel correre di bambini verso Gesù per ingenuo interesse.

Il Signore rimprovera i discepoli, perché con quel loro modo di fare confermano quella mentalità mondana a cui facevo cenno, cioè che il rapporto con altri ha senso e valore solo quando mi serve o mi conviene. I bambini certamente non portano nessun guadagno e possono essere facilmente considerati un inutile fastidio. Gesù insiste: non allontanate nessuno, tantomeno i bambini, perché in quel loro spontaneo “andare incontro” agli altri c’è il segreto della natura umana a cui tutti dobbiamo assomigliare.

Davanti a queste parole e gesti di Gesù potremmo dire che esse sono belle, ma nella realtà agisce anche la forza del male, nelle sue espressioni diverse, che opera per dividere gli uomini e mettere gli uni contro gli altri. Tutti ne abbiamo fatto esperienza, a volte anche dolorosamente. Come contrastare questa forza?

Gesù ne parla, affermando che esiste una forza più forte della divisione ed è forza di unione: il perdono. Sì, quello che comunemente si considera un gesto di debolezza, è in realtà una grande forza. Il perdono infatti crea un legame proprio dove il male ha provocato una frattura grave. Il perdono non significa dimenticare e fare finta di niente, questo è falso perdono, ma significa assumersi la responsabilità di combattere il male quando questo si fa presente nella vita di un altro e siamo noi a subirne le conseguenze. È questa la grandezza del perdono, perché ci rende capaci di farci carico di un impegno che, apparentemente, non ci spetta, ma che può avere la forza dirompente di liberazione per l’altro ma anche per noi. Subire un torto infatti, spesso significa coltivare desiderio di rivalsa, antipatia, odio, fino, addirittura, a giustificare il fatto che anche noi ci comportiamo in modo ingiusto. Perdonare significa combattere con le armi del bene perché sia sradicata la radice del male dal cuore del fratello, e così facendo, la sradichiamo anche dal nostro. Dimenticare e lasciar correre invece lascia la pianta continuare a fruttificare e, magari, a far cadere il seme della stessa cattiva erba anche nel nostro cuore.

Ecco allora la grande forza che Dio ci affida perché la divisione dagli altri, amici parenti o coniugi che siano, non venga accettata con fatalismo come un destino ineluttabile o come normale espressione dell’animo umano. È una sfida che dobbiamo far nostra.

A questo proposito oggi vogliamo ricordare una persona cara alla nostra terra e chiesa: S. Francesco di Assisi, del quale lunedì celebreremo la festa. Egli iniziò la sua esperienza di fede proprio partendo dalla coscienza del proprio peccato e dalla necessità di ricevere e offrire il perdono. Il suo movimento infatti entrò a far parte del più vasto fenomeno dei “penitenti”, cioè di quei cristiani che facevano del riconoscimento del proprio peccato e della richiesta di perdono a Dio la chiave del proprio vivere cristiano.

I primi compagni di Francesco si presentano come uomini felici di vivere il vangelo e, proprio per questo, suscitavano in chi li incontrava una domanda di perdono e di cambiamento di vita.

Francesco, uomo pronto a riconoscersi bisognoso del perdono, ci insegna che chi non sa perdonare gli altri chi non conosce il pentimento per il proprio peccato.

Dio però non ci lascia così come siamo, ma vuole la salvezza di ciascuno. Perciò ci invita a riconoscere il nostro peccato, a chiederne umilmente perdono e a prendersi la responsabilità, paradossalmente, non solo del proprio, ma anche del male che si manifesta negli altri.

  

Preghiere 


 O Signore Gesù, aiutaci a legare la nostra vita ai fratelli e alle sorelle con il vincolo dell’amore invincibile della tua carità. Fa’ che nulla possa dividerci e allontanare dagli altri,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni e rafforza o Dio del cielo l’amore che lega le famiglie, uniscile nel tuo nome da una generosità reciproca e dall’affetto che vince ogni male,

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù che dalla croce hai perdonato chi ti stava uccidendo, raccogli anche noi ai tuoi piedi perché diveniamo la famiglia indissolubile dei tuoi figli,

Noi ti preghiamo

  

Solleva o Padre buono ogni uomo dal peso del suo peccato, perché ciascuno sia liberato dal male che lo divide da tutti e sia riaccolto con affetto nella famiglia dei tuoi figli,

Noi ti preghiamo

 

Guarda con amore o Dio tutti coloro che sono colpiti dalla mancanza di lavoro, dall’incertezza del futuro e dalla precarietà dei mezzi di sussistenza. Apri alla speranza i cuori sfiduciati e fa’ che ciascuno abbia l’opportunità di un futuro migliore,

Noi ti preghiamo

  

Libera dal male o Signore tutti quelli che sono schiacciati dalla miseria e dal dolore. Dona guarigione, pace e salvezza al mondo intero,

Noi ti preghiamo.

 

O Signore benedici il lavoro di chi vive e testimonia la forza del tuo amore, come il nostro papa Francesco. Fa’ che grazie al loro impegno vinca sempre nel mondo il bene sul male.

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Padre buono chi si affatica per l’annuncio del Vangelo, chi serve i poveri, chi opera per la pace e la giustizia. Dona ad essi il coraggio dell’amore e la forza del perdono,

Noi ti preghiamo